Siamo nella Napoli del 1944: lo sbarco Alleato è cosa fatta, gli americani risalgono la penisola senza quasi più trovar traccia dei tedeschi. In questo scenario storico parte integrante della nostra cultura, Liliana Cavani traspone in immagini l'omonimo romanzo di Curzio Malaparte (nel film Marcello Mastroianni), ufficiale italiano cui spetta il compito di fare da tramite tra quel che resta del nostro esercito e le truppe americane (comandate qui dal bravo e umano Burt Lancaster). Il film racconta di una città unica vista con gli occhi dello straniero, che fatica a comprendere riti e tradizioni d'un mondo per lui a tratti incomprensibile. Come reagire, ad esempio, di fronte...Leggi tutto alle offerte di un mafiosetto locale (uno straordinario Carlo Giuffrè) che pretende di vendere al chilo i suoi prigionieri tedeschi? I soldati s'inseriscono nella vita dei vicoli, invadono i bordelli, s'innamorano mentre l'eco della guerra (i campi minati...) non s'è certo ancora spento. Come ritratto storico LA PELLE, tecnicamente ben diretto da una Cavani evidentemente consapevole degli enormi mezzi messi a disposizione, ha la sua efficacia: la vivacità degli incontri tra le due culture in uno scenario suggestivo piace; molto meno piace la storia in sé, il rapporto tra Mastroianni e la bella aviatrice americana che questi deve scortare mostrandole Napoli, le brevi e inutili comparsate della Cardinale, i dialoghi... Incredibile la crudezza di alcuni effetti speciali, degni di uno splatter tout-court. Si vedono le viscere fuoriuscire dal corpo di un soldato vittima di una mina e l'investimento (nel finale) di un civile da parte di un carro armato: l’uomo viene spappolato in primo piano dai cingoli in una sequenza impressionante e prolungata.
Non facile mettere insieme un grande istrione, Curzio Malaparte e una grande regista, Liliana Cavani. Il film è pieno di significati, forse eccessivamente didascalico, avanza tra alti e bassi, ogni tanto sale ai massimi livelli, inventando un protodocumentarismo, molto efficace, al punto che alcune scene sembrano autentiche. Per esempio il canto dei "femminielli" con tanto di riferimenti ancestrali, sicuramente riconducibili ai riti pagani e della parthenope più segreta, vuole rendere giustizia al romanzo estraendone la parte più intima e viscerale.
Film assolutamente affascinante nelle atmosfere, nella caratterizzazione dei personaggi e ovviamente nella regia. Un film che vuole rappresentare una certa decadenza in un determinato periodo storico. Ambientato a Napoli nel 1944 in un particolare frangente storico in cui regna la confusione dei sensi. Le scene di sesso sono credibili cosi come il caos che fa da cornice al film.
Un punto di vista femminile sulla decadenza di una società (in)civile, appena uscita - sconfitta - da una guerra. Ispirata da un romanzo di Curzio Malaparte (intellettuale dell'epoca che ha rielaborato con certa affinità talune intemperie mitteleuropee) la Cavani frena sul versante degli eccessi, ma coglie con certosina attenzione i risvolti profondi e significativi di un'epoca destinata a ripetersi, nel perfetto sincretismo dei "corsi e ricorsi storici". L'ottimo cast sorregge lo spirito documentaristico (ma con anima) di una regista incline all'approfondimento e dotata di grande talento.
La Cavani rispetta lo spirito del libro di Malaparte, un insieme di racconti nella Napoli liberata, nella Seconda Guerra Mondiale. Il filo conduttore è proprio lui, Curzio Malaparte (Marcello Mastroianni), personaggio discusso, all'epoca ufficiale di collegamento con l'esercito americano, che tra realtà ed esagerazioni dipinge un quadro che spazia da una Capri godereccia, ai bassi napoletani dove tutto si vende, perfino le "creature", per sopravvivere e non morire di fame. Scene piuttosto forti e liberatori che giudicano e che vogliono apparire.
MEMORABILE: La vergine di Napoli e i prigionieri venduti a peso, il massimo della creatività partenopea.
In una Napoli sconsacrata e violentata (siamo nel 1944) il protagonista Malaparte è l'ufficiale di collegamento tra la città e i liberatori americani. E si vedono tutti gli strascichi della guerra e della fame: i bordelli, i morti, i mafiosi locali che vendono al chilo i prigionieri tedeschi, i bambini venduti agli ipersessuati soldati maghrebini. Mastroianni-Malaparte guarda tutto con disincanto e distacco. Questo film è anche un documento dovuto perché gli orrori talvolta vanno soprattutto mostrati. Per conoscere e non dimenticare.
Il film non riesce a rendere appieno le macerie e le miserie della guerra, meglio rappresentate nel libro. "Si crede di lottare e di soffrire per la propria anima, ma in realtà si lotta e si soffre per la propria pelle. Tutto il resto non conta". Questa citazione è il compendio di un film in cui la fame spinge a tutto: vengono venduti i figli ai militari, si vendono i militari a peso e si fa spettacolo con la verginità della propria figlia. Un Mastroianni un po' moscio nella parte di Malaparte non fa mai decollare il film.
Una visione la meriterebbe anche solo per rispolverare un momento storico che si tende sempre più a ignorare, come anche per la curiosità dell'eruzione del Vesuvio. Il film è una sequela di situazioni dure da ingoiare; dominano la miseria più nera, l'ignoranza più assoluta e la scaltrezza come unica via di sopravvivenza. Si rasenta il massimo, è sconvolgente quanto Ultima fermata Brooklyn, solo che qui si parla della situazione di Napoli e dintorni al momento del passaggio delle truppe alleate... Cavani-Mastroianni-Malaparte = fiducia che tutto sia vero.
MEMORABILE: Mano; Sirena; Copribernarda; Campo minato; Vendita di adulti e bambini per altro; Pacchetto di sigarette; Il fatale dito sul cranio; La festa finale.
Liberamente tratto dall'omonimo romanzo di Malaparte, ne rispetta l'atmosfera di sospensione e drammaticità. La regia della Cavani è incisiva e delicata allo stesso tempo e ben rende la tragicità del periodo in una Napoli devastata e caotica. Mastroianni ben interpreta il ruolo di Malaparte e la sua enigmatica visione della realtà circostante. Bene anche il resto del cast attoriale. Buon film.
Ambientata a Napoli tra il 1944 e il 1945, al termine della Seconda Guerra Mondiale, l'opera della Cavani è un trasposizione dell'omonimo romanzo di Curzio Malaparte. Il grande cast a disposizione, in assoluta linea con l'atmosfera che talvolta strizza l'occhio a un certo cinema onirico/felliniano, è di fatto l'asse portante di una vicenda in definitiva a tratti scontata. Alla leggerezza dei testi si sovrappone un campionario di immagini raccapriccianti e disgustose che hanno il sapore della compiaciuta scaltrezza registica.
Generale italiano aiuta gli Alleati durante la liberazione di Napoli. La sceneggiatura si basa su varie vicissitudini belliche tra prigionieri venduti a peso, sesso indiscriminato e altre atrocità. La Cavani compone il suo quadro senza fare scandalo ma lascia parlare le immagini nella sua crudezza. Mastroianni serve come cicerone ed è perfettamente in parte; nota anche per Giuffrè. Resa a volte televisiva, anche se si denota un certo sforzo produttivo.
MEMORABILE: La compravendita dei prigionieri; Le chiacchiere al soldato morente; Il carrarmato smontato; Il prosciutto a letto.
Liliana Cavani HA DIRETTO ANCHE...
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CuriositàZender • 1/10/13 20:49 Capo scrivano - 48839 interventi
Dalla collezione "Sorprese d'epoca Zender" il flano del film: