Ottimo film a metà tra il genere bellico ed il thriller. Merito della regia interessante del bravo Greengrass e di una sceneggiatura non banale, con alcuni colpi di scena e qualche bella considerazione, a scoppio ritardato, sul conflitto in Iran. Il ritmo è elevato e si mantiene tale per tutta la sua durata tranne un lieve calo nel finale (parzialmente consolatorio ma non troppo). Quel che si dice un solido film di genere come, purtroppo, non se ne vedono più tanti.
Per un'ora Greengrass e Damon ci regalano un racconto teso e spettacolare, dove non mancano riflessioni sui giochi sporchi dietro la guerra irachena (un classico) e sul come gestire il rapporto con i baathisti (spunto meno classico ergo più interessante) visto che la grande potenza è in affanno e comincia ad intravedere un rischio anarchia nel paese. Poi tutto si traduce in spari, inseguimenti e visori notturni: un gran peccato.
Fatto passare da noi come una specie di Bourne post-Bourne, è in realtà un solido film di guerra, dalla tecnica tradizionale ma con una morale innovativa e "obamiana". Greengrass affronta con la necessaria serietà la questione della guerra in Iraq e delle menzogne che la costellano, costruendo un'interessante concatenazione fra particolare e generale, individuo e società. A sorpresa compare un agente della CIA "buono", ma sicuramente i servizi segreti non sono trattati con i guanti di velluto. E anche per questo mi piace.
Jason Bourne smette gli abiti da civile ed indossa l'uniforme a stelle e strisce. Paul Greengrass tralascia le rese dei conti e si dedica al "bum bum" su larga scala. Lo scheletro complottista a scatole cinesi si confà alla perfezione con la passione autoriale. La situazione è calda, delicata, carica di tensioni: v'è bisogno in primis di trasparenza. È questo il messaggio che trapela sapientemente tra un godurioso roboare e l'altro. Pur non avendo in comune le medesime finalità, ritengo questo film valido almeno quanto un The Hurt Locker.
A metà tra il film bellico e il thriller investigativo, Green Zone è un'opera estremamente godibile e ben realizzata. Merito di una buona sceneggiatura che diverte ed informa, la regia personale di Paul Greengrass (che arriva dopo i convincenti film su Jason Bourne) e un valido cast con un convincente Matt Damon ed un giustamente ambiguo Greg Kinnear.
La sceneggiatura di Brian Helgeland (L.A. Confidential, Mystic River) propone un mix ben congegnato di azione e riflessione geopolitica; altri punti di forza, il montaggio nervoso, adrenalinico e la fotografia (di Barry Ackroyd, lo stesso di The Hurt Locker) che esplora tutti i toni dell'ocra nelle sabbiose sequenze diurne e del blu/verde per restituirci la notte inquieta di Baghdad. Le menzogne dell'amministrazione Bush/Cheney/Rumsfeld rappresentano una ferita ancora aperta per una parte dell'America.
MEMORABILE: Lo strepitoso inseguimento notturno a tre.
Non c'è niente da fare: la guerra degli americani è cambiata, nessuno applaude più se un sergente abbatte qualche cattivone, ma anzi si fanno spazio dubbi, voglie di contrattazione, riflessioni sul significato della guerra. Il rischio è che il tutto diventi un superficiale trattato di geopolitica, ad uso e consumo del pubblico americano. A parte ciò, il film di Greengrass non è male: la storia è abbastanza coinvolgente, i personaggi sono disegnati abbastanza bene (anche se per me Damon è un attore abbastanza scarso) e le scene di guerra sono ben fatte.
Film interessante per l'argomento (la recente guerra in Iraq) e per le menzogne sullo scopo per cui è stata fatta, menzogne che coinvolgono un po' tutti, una certa stampa compresa. Girato anche bene e con mezzi notevoli. Miller (Matt Damon), è il solito cow boy eroe e senza macchia, un classico nei film americani di questo genere e se la cava bene. Purtroppo va di gran moda girare le scene notturne di battaglie o di scontri, dove non si vede nulla e nulla si capisce di ciò che sta succedendo fino all'epilogo. Credo serva per coinvolgere di più.
Grazie anche alla sceneggiatura del navigato Helgeland, Greengrass riscopre il genere spionistico-bellico. La storia tiene ma fino ad un certo punto. Quando si tratta di tirare le somme i conti non tornano e tanta abbondanza nella preparazione alla verità sparisce via via in un risultato tanto risibile quanto telefonato. Ennesima denuncia - a metà - della guerra moderna (Iraq ed Afghanistan). Alla gogna le false notizie sulle armi di distruzione di massa. Cast poco azzeccato e montaggio caotico contribuiscono poi a farne un film evitabile.
Buon film che mette in primo piano l'attuale e terribile guerra in Iraq. La menzogna è il tema portante della pellicola, dove un bravo Matt Damon interpreta il classico "eroe" pronto a tutto pur di difendere quello in cui crede. La rabbia, guardando questo film, è tanta.
Splendido film di guerra che tratta la tematica scottante delle armi distruttive di massa in forza agli iracheni. Damon è assolutamente in parte e non va mai sopra le righe in un contesto bellico perfettamente adeguato. Spari, morte, elicotteri ed inseguimenti per le vie di Baghdad. Senza tregua sino al finale prevedibile ma non per questo meno affascinante. Da vedere.
Un tempo la verità stava dietro la rappresentazione ufficiale. Oggi persino la dietrologia è ufficiale; anzi, dietrologie intricate e di diverso spessore allontanano la verità rendendola inaccessibile ma tuttavia immaginabile. Le ragioni fantoccio della guerra in Iraq sono l'ottima ragione per questo film che unisce azione alla denuncia, che mischia ritmo audace e riflessione politica e umana. Matt Damon impeccabile.
Sembra un episodio apocrifo della serie Jack Ryan, fitto di colpi bassi e manovre losche tra le alte sfere messe giustamente in riga dal castigamatti protagonista. Helgeland e Greengrass sbertucciano l'ottuso e menzognero interventismo americano di bushiana memoria con un film action su sfondo guerresco dove l'adrenalina è poca rispetto al previsto e la telecamera continuamente mossa in modo ipercinetico fa venire il mal di mare fin dalle prime battute. Troppe ciance e momenti morti per una pellicola del genere. Bravissimo il sottovalutato Kinnear.
Non si può fare un film politico-bellico basandosi esclusivamente su complotti e sparatorie e pretendere che il pubblico non si spari un colpo in testa (tanto per restare in tema) durante la visione. Green Zone, parliamoci chiaro, è di una noia sconcertante. Due orette che sembrano seicento. Si salvano il bravo Matt Damon, gli iracheni e poco altro. Apprezzabile il fatto che sia contro la politica Bush.
Un film sulla guerra in Iraq pronto a denunciare le false armi chimiche di Saddam ed evidenziando il marcio arcinoto. Nonostante le buone intenzioni e delle adrenaliniche immagine in battaglia, la denuncia non è pungente e nemmeno documentaristica. Ci si limita a svolgere il compitino con un finale ambiguo.
Sorvolerò sugli scandalosi falsi storici e sulla stantìa quanto edulcorata rappresentazione filo-Usa della guerra che Green Zone offre, in quanto argomenti non adatti a questa sede. Fatto sta che questo filmetto di guerra un po' presuntuoso non prova neanche ad essere appassionante: la sceneggiatura è piattissima, si segue il tutto con grandissima passività, le lacune della regia, legnosissima, si fanno sentire soprattutto durante le scene d'azione e Matt Damon è sprecato. Lasciate perdere: in giro c'è molto di meglio!
MEMORABILE: "Le ragioni per fare una guerra sono importanti": Praticamente la base di ogni conflitto che si rispetti!
Mix fra il bellico tradizionale, il complottistico e il film di denuncia politica, Green Zone si rivela efficace solo sul primo versante, per l'ormai collaudata abilità del regista nel gestire scene d'azione concitate, inseguimenti e scontri corpo a corpo in cui la cinepresa pare essere una delle parti in causa. Per il resto il discorso, sia pure corretto, non aggiunge nulla di nuovo al già noto, lasciando ai margini il personaggio di Kinnear ed il ruolo dei mass media nella costruzione della grande bugia con cui venne giustificata la guerra. Film solido ma non proprio imprescindibile.
Nonostante sia in contesto bellico, lo definerei un film politico; svela infatti i retroscena che hanno portato alla campagna mediatica anglo-americana riguardo l'esistenza di armi di distruzione di massa in Iraq, giustificando così il successivo intervento armato. Solo che le armi non esistevano... Ben costruito e con interpreti saldamente nel ruolo, merita senz'altro la visione, come come i ricchi extra nella versione dvd.
Intrigante thriller bellico, dalla storia abbastanza originale e appassionante, con un sottotesto di denuncia sulla presenza americana in Iraq che lo rende meno vuoto rispetto alla media degli action odierni. Greengrass dirige bene (anche se non si toglie il vizio di creare eccessiva confusione nel montaggio delle scene d'azione) e Damon si cala a fondo nella parte risultando convincente. Un film di buon intrattenimento, sia per la spettacolarità che per i contenuti.
Il sodalizio Damon/Greengrass ripropone nell'Irak dilaniato dalla guerra il collaudato schema vincente dei film di Bourne: azione serrata, riprese concitate e di grande realismo, montaggio elegante. Basato sulle memorie di un reduce e con comparse molti soldati che hanno realmente partecipato alla guerra, il film indaga e denuncia le menzogne riguardanti l'esistenza di presunte armi di distruzioni di massa che hanno giustificato all'opinione pubblica l'avvio del conflitto e l'abbattimento del potere di Saddam Hussein. Da vedere, assolutamente.
Paul Greengrass HA DIRETTO ANCHE...
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Filmone di Greengrass con sfondo la guerra in Iraq, e qualche strizzata d'occhio allo spionaggio (per il genere sono stato un po' indeciso con drammatico). In uscita in aprile.
Vorrei porre una questione: gli ultimi film di guerra americani,riguardanti sopratutto l'Iraq, (ma penso anche alla Sottile linea rossa di Malick,li pero era piuttosto intimismo che denuncia) hanno segnato un cambiamento deciso nel immaginario guerresco a stelle e strisce. Da un punto di vista strettamente politico posso esserne felice perchè segna una maturazione, se non proprio dell'opinione pubblica, quantomeno del cinema. Pero dal punto di vista cinematografico secondo me questa tendenza richia di far diventare i film una sequela di spiegazioni, abbastanza didascaliche e superficiali, su fatti di geopolitica che magari in Texas sono sconosciuti ma che in Europa penso siano abbastanza notori (ad esempio qui si insiste tanto sulla divisione etnica dell'Iraq oppure sulla messinscena sulle armi di distruzione di massa) finendo per far diventare i personaggi un po' troppo stereotipati (qui Damon soldatino col dubbio, giornalista ingannata dal politicante etc...). Ora non sono qui a criticare le nobili intenzioni di questo tipo di approccio,mi chiedo solo se nell'ottica del film sia un guadagno.
Come anche tu dici è un bene che si passi da un cinema muscolare (se così era) a uno più riflessivo. A tal proposito ti segnalo anche che cambiano i soggetti come in questo che riguarda il post-war: The messenger https://www.davinotti.com/film/oltre-le-regole-the-messenger/20481
Anch'io noto un pò di didascalia/clichè non solo nel genere guerra ma anche in tutti i thriller ambientati in Europa ma credo sia inevitabile visto chi li produce.
Se poi grazie a questo didascalismo l'elettore texano impara che in Iraq le cose non erano proprio come lui si aspettava beh rallegriamocene visto che il suo voto alla fine influisce più del tuo e del mio.
DiscussioneZender • 10/09/10 18:27 Capo scrivano - 12 interventi
Penso che gli americani possano fregarsene del fatto che da noi il film risulti "scontato" nell'esposizione e con personaggi stereotipati. Se ritengono che al loro pubblico così non appare continueranno a farlo, e dopotutto credo che alla fase didascalica possa anche seguirne una più matura in ogni senso.
Sì certo che se ne fregano (anche perchè basta guardare il recente Mangia prega ama per farsi un'idea oppure Euro trip e le battute sulla Slovacchia) e hanno tutto il diritto di farlo,per carità.Quello che ho detto l'ho detto da europeo che guarda film americani. Spero vivamente che segua al più presto una fase matura a tutto tondo però bisogna anche dire che La grande illusione è del 1937 ed Orizzonti di gloria del 1957 ed io l'unica riflessione sul senso della guerra (intendo non manichea,tipo Platoon,oppure più concentrata sull'intimo come Il cacciatore o La sottile linea rossa, ma da un punto di vista politico) sulla guerra che mi ricordo da parte degli americani è,secondo me, il dittico di Eastwood che è del 2006.
Certo c'è Apocalypse,ma secondo me lì si trascende la guerra e la si usa per parlare dell'uomo (ed in fondo in fondo c'è pure un po' d'accettazione)
HomevideoGestarsh99 • 1/11/11 22:19 Vice capo scrivano - 21546 interventi
Disponibile in edizione Blu-Ray Disc per Medusa Video:
DATI TECNICI
* Formato video 2,35:1 Anamorfico 1080p
* Formato audio 5.1 DTS HD: Italiano Inglese
* Sottotitoli Italiano NU
* Extra Commento audio Paul Greengrass e Matt Damon
Scene tagliate con commento di Paul Greengrass e Matt Damon
Dentro la Green Zone
Il vero Miller
Baghdad ricostruita
Calibrazione Audio/Video by AVMagazine