Esordio col botto quello del figlio di Perkins, che narra di follia e satanismo con uno stile chirurgico e implacabile, distaccandosi nettamente dai soliti teen horror da bancarella
La sua opera prima è un viaggio gelido e raggelante nella solitudine, nell'alienazione e nell'incomunicabilità
Così, superficialmente, sembra una diversa rappresentazione del "posession movie" o "delpazzochescappadalmanicomioamenarstrage"
In realtà non e così semplicistico come appare, ma scava nel profondo abisso del male, nella morsa di creature tremendamente abbandonate a sè stesse, di un istituto sperduto tra le nevi, di ragazze interrotte, di qualcosa di diabolico che sembra l'unico appiglio per sentirsi vive.
L'ambientazione di
Kristy (il college semi abbandonato per le vacanze)fà da sfondo al malessere e al disagio , dove Belzebù può essere visto come unico appiglio per non morire dentro
Niente e come può sembrare, difficile prevedere dove Perkins jr voglia andare a parare. Le carte vengono mischiate, le certezze non sono mai tali, il racconto (di primo acchito confuso e criptico) destabilizza e disorienta (la foto di Rose tirata fuori dal padre ne è un esempio), e alla fine, quando il puzzle sembra che si componga, ti si ghiaccia il sangue nelle vene
Film a doppia faccia, a doppia chiave di lettura (si può propendere per la possessione demoniaca o per la pura follia) che colpisce duro e non fà sconti
Perkins ha il tempo per omaggiare anche papà (Joan nella stanza d'albergo, a letto e nella doccia) si serve di escamotage friedkiani per confondere e ingannare, usa il "possession movie" come cartina di tornasole, sorprende con immagini fredde e asettiche quasi kubrickiane e non si tira indietro quando la follia femminea esplode in tutta la sua furia devastante (le belluine coltellate sono tra le più realistiche e impressionanti mai girate, lontane anni luce dall'estetica della morte cinematografica) dove balza subito alla mente Erika De Nardo e i più turpi e sanguinosi fatti di cronaca
L'agghiacciante racconto sulle suore, l'adorazione di Satana nella caldaia, la risata trattenuta nel bagno, la vomitata post preghiera, le telefonate dall'inferno (come Sonny Montelli sentiva le voci nel suo walkman), gli incubi con l'auto incidentata, gli spasmi nel letto che si riproducono in oscene contorsioni, le decapitazioni rituali, l'ombra oscura che annebbia la mente e la ragione, la caldaia spenta, la valigia, la disperazione lancinante di Joan nel finale
Tutti tasselli di un opera peculiare, glaciale, rigida, dove il male secerne all'interno, cresce a dismisura e sfoga nella più cieca follia (la caldaia spenta è significativa) perchè "lui", alla fine, e solo dentro di noi.
A parte qualche steccata (l'esorcismo) è un film che seduce e spiazza, con picchi di vero dolore (la solitudine e l'incomunicabilità in primis)e per la sua narrazione rarefatta e sospesa, che potrebbe stare tra gli incubotici abissi di un Von Trier o di un Fessenden.
Impressionante la "mutazione" della Shipka, senza ricorrere a make up, vera e propria "faccia della morte" che mette davvero a disagio
Particolareggiante lo score del fratello del regista, con sonorità che ricordano quelle composte da Tim Krogg per
Mirror
Curioso come
Psycho III iniziasse con un "
Dio non esiste..." e si avvolgeva funereo sulla solitudine e i tormenti dell'ex suora mancata Maureen. E anche lì le coltellate facevano malissimo. La dinastia dei Perkins continua...
Da seguire attentamente e a mente lucida
Produce il regista di
The Strangers
Giù quelle mani troia!
Hai un buon odore