Da un romanzo di Ray Bradbury (citato anche il suo celebre “Cronache marziane” nel finale) un film di fantascienza che il francese François Truffaut ha trasformato in una glorificazione del libro come strumento fondamentale di conoscenza a discapito della televisione, vista come facile diffusore di massificazione e propagatrice di una globalizzazione negativa non distante dal Grande Fratello orwelliano. Fin dagli inusuali titoli di testa (recitati anziché sovraimpressi) le immagini sostituiscono le parole in un futuro tecnologicamente avanzato in cui i pompieri non spengono fuochi (le case sono in materiale ignifugo) ma bruciano i libri, oggetti tenuti nascosti da una casta...Leggi tutto di saggi che non accetta di conformarsi. Guy Montag (Werner) è un pompiere, ma poco a poco, grazie in parte alla conoscenza con una “strana” vicina di casa, ripensa alla sua situazione e… Qualitativamente FAHRENHEIT 451 può contare sulla splendida fotografia tipicamente settantiana di Nicolas Roeg e le musiche di Bernard Herrmann (il compositore di tanto Hitchcock), riuscendo così a offrire un prodotto formalmente ineccepibile. i primi venti-trenta minuti sono ottimi, con la regia che bene asseconda una sceneggiatura calibrata e lontana dalle spettacolarizzazioni americane. Poi però subentra una certa stanca: il film perde lo sprint e tende a ripetersi, riuscendo a risollevarsi decisamente solo con la trovata finale degli uomini-libro (per altro un po' ingenua, come gran parte delle storie scritte da Bradbury, in cui le incongruenze fioccano). Un buon esempio di fantascienza colta, un po' noioso ma condotto con stile e cognizione di causa.
Tratto da un opera di Ray Bradbury (Gli anni della fenice), Fahrenheit 451 prefigura una società dispotica dove è bandita la lettura e i libri vengono ingloriosamente bruciati. Il film è sopratutto una riflessione sul potere distorsivo dei media e pertanto è oggi più che mai attuale. Il suo limite è una certa "freddezza" narrativa tanto che alcuni passaggi appaiono a volte forzati e poco convincenti. Verosimilmente il genere non era nelle corde del prestigioso regista.
Alieno alla fantascienza, Truffaut deve aver trovato in Bradbury una consonanza nella visione nostalgica di questa società del futuro in cui i libri, messi al bando, sono il bene più prezioso. All'apparato visivo affascinante nel suo aspetto retrò non corrisponde purtroppo una valida sceneggiatura (ad es: la "conversione" del pur bravo Werner appare piuttosto frettolosa). Tuttavia, alcune idee (i pompieri incendiari, gli uomini-libri) sono talmente belle e poetiche da consegnare per sempre alla memoria questo film imperfetto.
MEMORABILE: Il rogo dei libri, con le copertine in primo piano, in particolare "Nexus" di Henry Miller che si consuma pagina dopo pagina.
Regime oppressivo brucia i libri, ma uno dei distruttori entra in crisi. La fantascienza non si addice a Truffaut, e del resto il regista è interessato a descrivere più la continuità con l'attualità che non i presagi di un mondo futuro. Ma non funziona, sembra un film low budget con poche idee. La cosa più bella è la biblioteca universale virtuale che Truffaut indica riprendendo in dettaglio i libri in fiamme. Insomma, contano più le intenzioni (e la bellissima storia di Bradbury) del risultato. Da segnalare le musiche hitchcockiane di Hermann.
Era inevitabile che un grandissimo amante dei libri come Truffaut si confrontasse un giorno col bel romanzo di Bradbury in cui si ipotizza una società in cui i libri siano banditi. Ne è venuta fuori un’ottima trasposizione cinematografica che si mantiene fedele allo spirito dell’opera cartacea. Semplice, sobrio senza inutili concessioni fantascientifiche fini a se stesse, emoziona ed appassiona in modo intelligente. Splendido il finale. Colonna sonora di Herrmann.
Metafrasi della distopia di Bradbury – società autoritaria e videocratica che reprime ogni libertà di pensiero ed espressione in nome di un egualitarismo innaturale e di una tecnologia massificante – alla quale Truffaut appone il proprio personalissimo sigillo: una narrazione lineare e garbata in perfetto equilibrio tra dramma e ironia con virata poetica conclusiva, la somma abilità nel guidare gli attori e il gusto per l’eleganza, qui favorito dalla fotografia a colori e dalla celebrazione bibliofila. Simpatici, per quanto inverosimili, i resistenti “Uomini-libro”.
MEMORABILE: I titoli di testa che, coerentemente al fatto che nel film la carta stampata è proibita, sono letti da una voce off anziché scritti.
Uno di quei film destinati ad essere ricordati per i loro difetti. Questo adattamento dell'omonimo romanzo di Bradbury risente infatti della poca dimestichezza di Truffaut con il genere fantascientifico, che si palesa nella difficoltà di spezzare la stasi e mantenere un ritmo coinvolgente nella parte centrale. Il film si distingue per la splendida fotografia di Roeg, satura di colori intensi e le musiche di Hermann. La critica ad una società consumistica e nichlistica che distrugge la cultura riesce comunque a trasparire.
Discreto film di fantascienza diretto da François Truffaut. L'idea, tratta da un romanzo di Ray Bradbury, è buona ma la realizzazione risente inevitabilmete del passare del tempo. Curioso il fatto di aver sostituito le sovraimpressioni dei titoli di testa con la loro "proclamazione" vocale. Un film d'impegno, sulla falsariga del "1984" di orwelliana memoria, che aiuta a far riflettere sull'importanza del libero pensare. Da vedere.
Potrebbe apparire lontano dagli usuali soggetti di Truffaut e invece non lo è affatto. Con grande mestiere (senza strafare con effetti visivi) e la sua inimitabile poetica, il regista affronta infatti temi ricorrenti del suo cinema: dalla pedagogia alla ribellione verso le regole. Il linguaggio è quello della distopia: un futuro in cui i libri sono al bando e a dominare è una televisione priva di contenuti; sesssant'anni dopo l'uscita della pellicola il dramma è che i libri non c'è neanche bisogno di bruciarli. Finale indimenticabile, colmo di speranza. Maestoso.
Altro capitolo del pervasivo triangolo Truffaut-letteratura-pellicola, complicato nel caso specifico dal fatto che ad essere adattato è un libro di fantascienza (a mio avviso già un paradosso ossimorico: non li reggo). Idiosincrasie personali a parte, il film è uno di quelli del grande Francois invecchiati peggio: troppo rigido negli attori, statico nella progressione narrativa, perfino la perfetta confezione (musiche di Herrman, fotografia di Roeg) contribuisce a creare quell'aria funereo-paludata che rende fastidiosa la visione. Comunque è Truffaut eh!
Tratto da un romanzo di Ray Bradbury, Fahrenheit 451 è la storia di una società in cui chi legge libri viene continuamente perseguitato. La fantascienza dell'epoca era avanti anni luce perché in grado di disegnare il mondo odierno sempre più schiavo della tecnologia e sempre meno incline a vivere emozioni vere. Strano che alla cabina di regia di questo film ci sia Truffaut, uno che le emozioni le sapeva vivere e rappresentare come nessuno mai. Ma forse ci voleva proprio lui per riuscire a dare il calore giusto (non quello delle fiamme) al film.
MEMORABILE: Il ricambio del sangue; L'allucinante schermo televisivo che la funzione di alienare le menti.
Diamo a Bradbury ciò che è di Bradbury: la visione di un'umanità ridotta all'abiezione di una felicità che tutto appiana e dimentica (che era già di Orwell e Huxley, fra gli altri) smuove ancora le coscienze. L'apporto di Truffaut a tale utopia negativa appare, invece, abbastanza esiguo. Se la messinscena, spartana e poco "futuribile", risulta efficace (e nel finale assolutamente affascinante), a convincere poco è la costruzione dei personaggi (specie dei minori), intellettualistica e ideologicamente meccanica. Riuscito a metà.
Trasposizione coerente di un’opera - per certi aspetti profetica - di Bradbury, che ritrae una distopia in cui una videocrazia disprezza la cultura perché teme l’indipendenza di pensiero. Truffaut, pur avendo poca familiarità con la fantascienza, attraverso intelligenti soluzioni visive, crea uno scenario inquietante, in cui il benessere diffuso stride con la totale assenza della parola scritta. Julie Christie, in due ruoli opposti, è sempre incantevole e ben figurano anche Werner e Cusack.
MEMORABILE: I titoli di testa declamati; I roghi; La reazione delle donne durante la lettura di Montag; Gli uomini-libro.
Ottimo. Da un capolavoro letterario, un film appartenente al cosidetto filone distopico (in contrasto col genere utopico): rappresenta una società futura nella quale i libri sono banditi e distrutti. Oskar Werner, che ricorda molto il Winston Smith di 1984, offre una buona interpretazione, le scene dei libri in fiamme sono ben realizzate e c'e anche il caratterista Diffiring. Ben diretto, un classico della fantascienza.
Bruciare i libri? Io pensavo che gettare la tele nel canale non avrebbe causato un inquinamento maggiore di quello della medesima sui nostri neuroni, ma questo film conferma che il pecoronismo, l'esser tutti uguali nell'imbecillità più universale dipende solo dal genere umano, è un suo libero arbitrio; ma neanche una dittatura così estrema potrà mai schiacciare del tutto la libertà di pensiero e il confronto. Inutile quindi cercare i demoni dove non ci sono, sia da una parte che dall'altra. Bello più per il titolo e per il colore che per altro...
MEMORABILE: Il martirio della vecchia; La cassetta degli spioni; Gli uomini-libro; La follia del capo delle forze dell'ordine.
Un'intelligente denuncia verso l'avanzare televiso; il desiderio di scardinare l'immondo sistema mediatico potrebbe anche essere valido, ma la narrazione didascalica perde sovente il ritmo a causa di una vicenda poco convincente. L'idea dei libri che non sono costruttivi è opinabile ma genera un'idea interessante.
Truffaut si cimenta con la fantascienza e lo fa "a modo suo". In un futuro dove il libero pensiero è abolito, i libri vengono messi all'indice. Colui che legge è sovversivo e per questo andrà punito. I pompieri hanno il compito di bruciare i libri: dalle manichette esce infatti un intenso e caldo fuoco purificatore. La resistenza si organizza come può e incomincia ad imparare i libri a memoria. il film è "freddo" e riesce a trasmettere in modo esemplare l'idea di un futuro in cui domina il nichilismo.
Truffaut dirige la trasposizione cinematografica del classico scritto da Bradbury. La regia e le musiche serrate conferiscono un ritmo vivace al film sopratutto nel primo tempo con un notevole calo nel secondo che si dilunga in momenti non indispensabili. Ben scelti Montag e sua moglie: rispetto al romanzo invece risulta molto addolcita la figura di Beatty (sembra un nazista) che ha un ruolo più marginale rispetto al romanzo. Il regista toglie molti particolari fondamentali dal romanzo: Clarisse assume molta importanza e manca Faber! Imperfetto.
Superiore al romanzo, che di ottimo aveva solo l'idea di partenza, ma non del tutto riuscito. Truffaut si cimenta con mestiere nella trasposizione della distopia e si getta nel film a piene mani, ma se alcune invenzioni sono ottime (i pompieri e la marcetta), spesse volte sembra invece che il gioco registico rimanga fine a se stesso. La rappresentazione del mondo futuristico è semplice ma efficace, con i libri ritrovati nelle case popolari mentre le villette borghesi sono piagate dalla tv. Eppure il ritmo è a volte stonato, il dipanarsi della sceneggiatura perde qualche colpo.
MEMORABILE: Il camion dei pompieri che avanza come un modellino con l'ossessiva musichetta; Il capitano impersonificato dal magnifico Cyril Cusack.
In una società futuribile i libri vengono bruciati ma un pompiere si ribellerà. L'impronta è romantica: difende la cultura e condanna la tv ed è velata di un effetto thriller alla Hitchcock. Protagonisti non sempre in parte (anche per il doppio ruolo della Christie) che restano in secondo piano rispetto alle scenografie da fantascienza. Le riprese dinamiche sono eccellenti.
MEMORABILE: La macchina dei pompieri in movimento.
451 gradi Fahrenheit è la temperatura in cui la carta brucia. Tratto dall'omonimo romanzo di Ray Bradbury il film tratta come si sa di una società futura (per allora) controllata, dove possedere libri è un grave reato. Tutto ciò che c'è da sapere viene dalla tv e tutti si vivrà felici e contenti. Nei libri non c'è niente, non hanno niente da dire, come sostiene il capo dei vigili del fuoco. Il film è ben girato e con un'ottima fotografia, l'atmosfera creata è perfetta, gli ambienti le persone sono freddi come si immagina siano in quel contesto.
MEMORABILE: La scena iniziale dove i pompieri (che incendiano piuttosto che spegnere) escono sul loro mezzo, è stilisticamente perfetta.
Grande esempio di cinema impegnato che dovrebbe far riflettere per il sempre attuale (ora come allora) pericolo derivato dalla distorsione delle notizie (spesso tramite mass-media pilotati, a capo dei quali, ovviamente, stanno le televisioni). Ispirato da un testo "orwelliano" scritto dal grande Ray Bradbury, focalizza l'attenzione (del regista e dello spettatore) sull'importanza della libertà di parola e sul significato profondo del termine "conoscenza". L'ignoranza rende più poveri e più schiavi. Sul piano tecnico, oltre alla bella fotografia, si ricorda la partitura musicale di Hermann.
Premettendo che il libro di Ray Bradbury mi è piaciuto moltssimo, il film diretto da Truffaut, che ha eliminato molto del romanzo, mi ha comunque coinvolto positivamente. Il problema è che in alcuni momenti tende a ripetersi. Bella l'idea iniziale dei titoli di testa recitati.
Una buona traposizione del libro, tutto sommato. Viene modificato qualcosa per esigenze cinematografiche e forse altro per mancanza di tecnologia adatta per i tempi (il segugio meccanico), mentre il personaggio di Clarisse viene ampliato e "fuso" con quello di Faber. Rende completamente - a ogni modo - lo spirito del romanzo. Notevoli i colori accesi, le scenografie e la regia di stampo hitchcockiano.
In un futuro distopico è vietato leggere e chi verrà trovato in possesso di libri verrà punito e questi bruciati. Nonostante siano passati più di 50 anni la trama è più attuale che mai perché ci mostra ciò che sta succedendo realmente ai giorni nostri, ovvero un uomo lobotomizzato dalla tv spazzatura che ha smesso di leggere diventando una specie di automa senza personalità (come la moglie del protagonista). Il ritmo è piuttosto lento e mostra un po' il peso degli anni, ma l'importanza del messaggio fa sì che il film meriti comunque di essere visto.
Piacevole trasmigrazione da romanzo a pellicola di un'opera che è una dichiarazione d'amore nei confronti del libro e del suo potere culturale, ultimamente sempre più sottovalutato. La regia di François Truffaut procede spedita, senza concedere troppo al fantasy, ma soffermandosi sui momenti chiave, come sui titoli che si consumano tra le fiamme, oppure sui nuovi "pompieri", esemplari viventi del controllo delle masse e del mantenimento dell'ordine. Non strepitoso (sceneggiatura non esaltante), ma significativo.
Un buon film, ma da un libro e da un regista di quel calibro francamente mi aspettavo di più. Inspiegabilmente vengono omesse alcune parti del romanzo, e alcune sono trattate con superficialità (per esempio, l'esecuzione di un uomo a caso per compiacere l'opinione pubblica); non parliamo poi del finale, molto diverso dall'originale. Ha anche molti pregi, ovviamente: fornisce immagini vivide ed è girato impeccabilmente. Non perfetto, ma è da vedere.
MEMORABILE: L'ambientazione ed i mezzi futuribili: solo Kubrick in Arancia Meccanica saprà fare di meglio!
Truffaut prende spunto dal famoso libro di Bradbury e lo cuce su misura. L'opera letteraria è deciamente altra cosa, soprattutto riguardo la descrizione dei personaggi. Il regista non sa rendere al meglio parti come il capo dei pompieri, furbissimo nel libro e quasi uno stupidotto nel film, a giudicare dal tipo di recitazione. Nel complesso comunque è un film godibile ed efficace, con una buona prova del protagonista (anche se a volte appare asettico e privo di espressioni). Bellissino il finale.
Prendete gli universi distopici ed ucronici di Fatherland e 1984, mescolateli e spolverateli con qualche effetto "speciale" alla Star Trek: ecco la dimensione assurda ma non del tutto improbabile di Fahreneit 451. Discreto film inquietante ambientato non si sa in quali coordinate spazio-temporali, ma con bel mordente profetico-ammonitivo sulle società vittime dei propri subdoli totalitarismi. Non è dato nemmeno sapere chi abbia vietato di leggere libri, ma il messaggio è chiaro e... "scottante".
Un film ottimo, nonostante i ritmi spesso un po' troppo lenti e l'inevitabile peso degli anni. A mio giudizio, proprio per il tema trattato, il film rende assai più di un libro l'idea di un mondo privo della parola scritta, come lo si intuisce già dai titoli di testa, dai fumetti senza "nuvolette", da un mondo governato e anestetizzato dalle immagini, dagli schermi, dai giochi di gruppo falsamente interattivi. Una pellicola che, vista ai nostri giorni, ci fa riflettere su molte "visioni" che agli inizi degli anni '50 erano solo fantascienza.
MEMORABILE: I titoli di testa "chiamati" da una voce femminile e assolutamente privi di scritte.
Tratto dall'omonimo romanzo di fantascienza di Ray Bradbury. La storia è bellissima. Vi è quasi la glorificazione del libro come strumento di conoscenza e di consapevolezza. Il regime si serve di pompieri per bruciare i libri perché pericolosi, in quanto le dittature vogliono che il popolo rimanga ignorante. La televisione, invece, è lo strumento per ottenebrare le menti. Truffaut sviluppa questa storia come sa fare un grande regista, servendosi di attori che danno il meglio di loro stessi con una recitazione propria dell'epoca. Vi sono momenti particolarmente toccanti e poetici.
MEMORABILE: Il rogo della casa in cui muore la donna; La scena finale.
Concepito da Truffaut come un atto d'amore nei confronti della carta stampata, Fahrenheit 451 stecca sotto il profilo della scrittura: Montag è una figuretta imperscrutabile, le cui azioni non suscitano un'autentica empatia nello spettatore e la cui "conversione" giunge frettolosa. Banalotte alcune trovate della sceneggiatura per descrivere la società totalitaria, mentre fanno pienamente il loro le scenografie squadrate e anonime e i costumi in odore di nazismo. Non mancano le sequenze memorabili: quelle dei roghi, ma anche il poetico finale.
MEMORABILE: La sequenza in cui un'anziana donna preferisce una morte atroce tra le fiamme all'abbandono dei suoi adorati libri.
Truffaut non sembra adatto al genere fantascientifico, ma la distopia del mondo di Bradbury è ben resa dal forte uso dell'immagine, dai colori saturi, dai vestiti delle squadracce di pompieri, dai roghi. Sebbene il protagonista risulti straniato come fosse uno spettatore, come il mondo imbambolato dalla TV che lo circonda, il coraggioso messaggio da portare è quello della difesa dei libri e dell'emancipazione dalle imposizioni oscurantiste del potere centrale, messaggio portato con certa maestria fino alle poetiche scene conclusive.
Chi meglio di Truffaut poteva dirigere e adattare questa trasposizione cinematografica del romanzo di Ray Bradbury? I libri sono il miglior pretesto per farci capire quanto velocemente se condizionati dai mass media possiamo dimenticare il nostro importante retaggio del passato ma anche che una piccola "fiammella" può ancora provocare forti reazioni emotive. Tematica di grande attualità messa in scena nello stile delicato ed efficace del regista. Un classico della fantascienza che non ha tempo e coiunvolge lo spettatore raffinato e sensibile.
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Pinocchio è il nostro unico grande personaggio, in una letteratura come quella italiana fatta più di autori che di personaggi.
La dimensione "scandalosa" di Pinocchio per me consiste nel fatto che Lorenzini, pur tendendo ad un romanzo di formazione moralista cattolico, non manca di far trapelare una certa simpatia nei confronti delle marachelle dell'anarchico burattino. Basti confrontarlo con Cuore di De Amicis, romanzo di ispirazione progressista e socialista ma nei fatti di tutt'altro impatto emotivo.