Metti che la nuova vicina di casa sia a sorpresa la ragazza con cui avevi avuto una turbolenta storia d'amore in gioventù. Come comportarsi? A trovarsi nella "scomoda" situazione un Gerard Depardieu sulle prime imbarazzato. Con sua moglie, soprattutto, che vorrebbe coltivare un normale rapporto di buon vicinato con la donna quando lui fa di tutto per evitare l'incontro fatale. Che avverrà, eccome, focoso come un tempo; anche perché lei, Fanny Ardant, non si tira certo indietro e anzi, non aspetta molto per fare la prima mossa. Rapporto travolgente, film un po' meno. Depardieu non sembra impeccabile (troppo assente, in più occasioni), molto meglio lei: combattuta ma risoluta, facile preda della passione...Leggi tutto eppure sempre lucida. Tanto che a dare di matto per primo è lui, incapace di controllare le proprie reazioni. I rispettivi coniugi stanno in ombra, figure impalpabili e malleabili, borghesi beneducati lontani dalle follie dell'amore e regolarmente all'oscuro di tutto. Gli incontri segreti si moltiplicano (in un albergo a ore del circondario) e il ritorno al focolare domestico e alla vita di tutti i giorni diventano la routine da cui evadere. Truffaut dirige senza vezzi come sempre, racconta la sua storia utilizzando come occasionale narratore la proprietaria di un circolo sportivo che parla in macchina e dice d'aver tentato il suicidio per amore. Non c'è grande novità nell'intreccio e inevitabilmente l'attenzione si concentra sui personaggi e sui loro volti trasfigurati negli eccessi melodrammatici di rigore; che non sono però mai banali né lontani dal reale. I toni sono talvolta sprezzanti, si guarda alla confusione mentale di Depardieu come a una condizione inevitabile e a quella di lei come all'atteggiamento di chi ha sotto controllo la situazione. Prima che i ruoli s'invertano, prima che un rimescolamento costante si traduca in un travaso di sentimenti che conduce allo shock conclusivo. Ben realizzato, scritto con grande equilibrio senza inutili virtuosismi, non lascia comunque molto al di là dello sguardo ficcante della Ardant, la cui insolita femminilità semina tracce in ogni scena.
La nuova vicina di casa di Bernard è Mathilde, una vecchia fiamma con cui in passato aveva condiviso un rapporto amoroso tormentato. La passione si riaccende e le vecchie ferite si riaprono. Truffaut esprime in maniera esplicita la sua visione dell’amore come malattia, intimamente legato alla sofferenza. Una visione forse eccessiva, che si riflette in lungaggini narrative. Peccato, perché il profilo psicologico dei protagonisti è ben delineato e le soluzioni drammaturgiche sono molto efficaci.
C'è chi racconta dell'impossibilità dell'amore: Truffaut qui narra una vicenda che tratta dell'impossibilità del non-amore. Ottimi Depardieu e la Ardant, della quale si sottolinea la fisicità simil-italiana. Come sempre, Truffaut non entra brutalmente nelle camere d'albergo, ma si ferma un attimo prima. Un bel film.
Truffaut ha una visione dell'amore dolorosissima. Non è esente da questa sua predisposizione La calda amante, che pur raccontando il riaccenderesi della passione fra due persone che si ritrovano dopo tanti anni, lo fa con un malcelato pessimismo di fondo. Bravi i due protagonisti. Film bellissimo ma che sofferenza...
O si fugge dalla passione, essendone rimasti scottati una volta, come fa la voce narrante - proprietaria del circolo di tennis - oppure dalla passione si viene divorati, come la protagonista Mathilde. Una tesi manichea, ma funzionale al racconto di una storia d'amore tra le più affascinanti e crudeli. Memorabile l'Ardant, che ha la fisicità e il carattere di un'eroina di tragedia greca, trapiantata sullo sfondo quieto della provincia francese. Tre palle e mezzo.
MEMORABILE: Il dialogo tra Mathilde e suo marito, quando lui trova le foto di lei e Bernard di dieci anni prima.
I due protagonisti cercano inutilmente rifugio nella sicurezza e nelle convenzioni della famiglia e società borghesi, ma si rivelerà un mero compromesso di fronte al riesplodere della passione più travolgente, assoluta, radicale. L'uomo non può nascondere a lungo la sua identità ferina, sembra suggerire Truffaut. Vibrante melodramma al servizio dell'ultima musa del regista francese, una Ardant affascinante come la vite selvatica, spigolosa, intensa. Sequenza conclusiva di straziante bellezza, grazie soprattutto alla fotografia di Lubtchansky.
La signora della porta accanto è probabilmente quello che più di ogni altro film di Truffaut può definirsi hitchcockiano, perché all'amor fou di matrice truffautiana si sostituisce un amore reso impossibile dagli eventi, che lascia pensare a Notorius. La storia è tutta lì, ed il garbo e la sobrietà del racconto vengono gradualmente sostituiti dai toni melodrammatici del finale, tanto tragico da risultare quasi insopportabile. Splendida interpretazione del duo protagonista, che ben plasma l'atmosfera cupa nella quale ci si ritrova.
Un gran film sull'amore. L'amore tragico e maledetto prende per i capelli l'idea che una buona condizione sociale possa sopperire all'istinto primordiale dell'essere carne e sangue. La disperazione che porta i personaggi a pervertire il sentimento supremo dell'amore è quanto di più accattivante si sia visto sullo schermo. Sublime.
Testamento artistico di Truffaut – il suo ultimo film sarà infatti di tutt’altro genere – porta l’amour fou all’esasperazione più tragica, raffigurando la “passione” nel suo significato etimologico di sofferenza e ricongiungendosi idealmente al lacerante finale di Jules et Jim. Tali tumulti interiori eruttano sul volto spigoloso dell'Ardant, stretta nell’abbraccio di Eros e Thanatos assieme all’esplosivo veterano Depardieu, e si amplificano in una messa in scena che sottolinea la quotidianità mondana e le cicatrici, anche fisiche (la narratrice invalida), lasciate dall’amore.
MEMORABILE: La Ardant, rimasta in sottoveste dopo che le si è strappato il vestito, azzarda con gran classe e disinvoltura un'autoironica posa da modella.
Film dallo svolgimento lineare che dà la continua sensazione che debba succedere qualcosa di intenso. Le motivazioni degli esiti principali rimangono ombrose, anche se facilmente riconducibili agli effetti che possono avere le passioni eccessive e Truffaut sa tenere in pugno con padronanza il doppio binario della semplicità e dell'introspezione. L'espressione carnale di Fanny Ardant è ideale per i risvolti passionali della vicenda.
Gelidità vs fuoco della passione, messa a fuoco oggettiva con espliciti rimandi ad Hitchcock e descrizione di un amore folle che travolge due persone oramai "sistemate", ovvero inserite in una normalità possibile per ognuno. Un film che respinge a causa della "terza" voce narrante ed attrae per i sentimenti messi semplicemente in campo dai due protagonisti: la Ardant conquista con la sua dolcezza condita di pazzia, Depardieu delinea un uomo normale travolto da un passato accennato pochissimo. Doppiaggio italiano mediocre.
Sicuramente tra i titoli più celebri del regista francese, è davvero un grande esempio di cinema. Amore e dramma si mescolano al meglio in questa opera di Truffaut che vede come splendidi protagonisti Gerard Depardieu e Fanny Ardant. Elegante l'incipit narrato dalla menomata signora, anch'essa "vittima" del nobile sentimento. Grande finale, atmosfere uniche. Film vero.
Francois Truffaut dirige non solo un magnifico film sull'amore ma anche un thriller sentimentale che per tensione ed impeto drammatico non ha nulla da invidiare a quelli del suo maestro Hitchcock. La perfetta combinazione dei tempi drammatici e di quelli sentimentali è la cifra stilistica dell'opera, che il regista dirige con grande bravura. Magnifici i due interpreti principali, che relegano gli altri attori sullo sfondo. Da non perdere.
Truffaut dirige con la sua consueta sobrietà un dramma sentimentale dalla trama basilare (e talvolta scontata, come nel prevedibile risvolto finale), ma con almeno un imprevedibile scossone (la scena della festa). Depardieu un po' imbolsito, perfetta Fanny Ardant. Qua e là si avverte l'ombra di Hitchcock: la mdp arretra (letteralmente) di fronte al sesso come quella del maestro inglese arretrava in occasione del secondo omicidio di Frenzy. Non un film rivoluzionario, ma indubbiamente intrigante.
"Né con te, né senza di te": questa frase incarna perfettamente il senso di questo gioiello di Truffaut. Si inizia con un passionale amore clandestino per finire nel turbinio incontrollato delle debolezze e delle insicurezze umane. Il regista francese ci regala, come sempre, un prodotto di altissima qualità dove lo studio psicologico dei protagonisti è curatissimo. Fanny Ardant è bellissima e intensissima.
Un'amore torna a galla dopo qualche anno tra i due protagonisti ritrovatosi vicini di casa. Ottima, profonda interpretazione di Gérard Depardieu e Fanny Ardant. Lei ossessionata e sofferente, lui insicuro e geloso. La trama, con le vicende interiori della narratrice, è ben strutturata, con un finale disperato.
Una sceneggiatura splendida. Una storia impossibile, fatta di autodistruzione, passione, delirio e dolore. La forza del film sta nell'iperealismo del tema trattato. Un'ossessione sentimentale (o carnale?) difficile da vivere, difficilissima da rinunciare. Il finale spiazzante ne è la prova. Uno dei film migliori che il maestro francese (e il cinema di questo genere) abbia mai concepito. Perfetti il cast, la regia e il messaggio.
Film molto riuscito ma, come tutti i film di Truffaut, troppo costruito. L'amore folle non si vede, non si percepisce ma si intuisce solo dalla suspense di alcune scene (la porta che sbatte, la scala a chiocciola) e dalla scelta della voce fuori campo della narratrice, che racconta sè stessa attraverso la storia dei due amanti, con un diverso finale, in una specie di sliding doors. Vita e morte sono casuali e l'amore ha un sapore amaro. In altre parole, meglio sole, senza amore e con una gamba sola. Depardieu sprecato, Ardant molto sensuale.
MEMORABILE: Né con te né senza di te, ma soprattutto non con te.
Porta all'apice la qualità sempre più espressamente tragica e funerea dell'ultimo Truffaut, biforcandosi in una sorta di scissione tra un profilmico molto carico (intensità degli attori, dialoghi estremamente secchi ed espliciti) e un piano diegetico talmente essenziale da risultare basico. Fondamentale risulta in tal senso l'apporto del cast con la Ardant, gemella di Adele H., cosciente e inane di fronte alla propria ossessione, mentre Depardieu porta in dote la sua fisicità e le esperienze con Pialat. Repulsivo, minaccioso, come il cinema per Truffaut: una fatale attrazione.
MEMORABILE: Il dialogo "rivelatore" tra Madame Jouve e Bernard; Le visite di Bernard a Mathilde.
Se la lontananza è come il vento, la vicinanza soffia via la cenere sotto la quale arde una passione mai spenta. E' quel che accade a due ex, ora entrambi sposati, che si ritrovano casualmente vicini di casa in questo che non è tanto un film sentimentale ma un thriller in cui i due protagonisti, come colpevoli/complici di un reato, sono sempre più stretti nella loro rete di menzogne e sospetti reciproci. Nella coppia, il carattere dominante è quello di Mathilde della magnifica Ardant, alla quale è riservata la decisione nell'epilogo bello e crudele di questo amore (im)possibile.
MEMORABILE: La scenata di Bernard dopo che Mathilde è rimasta in biancheria intima: si prova imbarazzo per entrambi.
Dramma sentimentale in cui Truffaut, more solito, descrive con la consueta maestria le "intemperie" dell'amore. Qui la passione dei due protagonisti (sontuose le prove della Ardant e di Depardieu) cova sotto la cenere, mai sopita, pronta ad esplodere alla prima occasione. Ottima le sceneggiatura con la sua capacità di delineare personaggi e situazioni. A tratti sembra quasi di essere dinanzi ad un thriller, tale è la tensione che il film riesce a trasmettere in chi lo guarda. Il finale non sorprende, anzi è quasi inevitabile. Notevole ed imperdibile per chi ama Truffaut e per chi no.
MEMORABILE: Il finale; "Né con te, né senza di te".
Un classico di Truffaut, che affronta in modo magistrale il tema dell'amour fou descrivendo una passione che non può essere abbandonata né compiuta. Il regista francese esplora, nelle sue dinamiche più ingovernabili e distruttive, la fase di massima tensione sentimentale e sessuale di una coppia, fino al punto in cui la via d'uscita può avere solo conseguenze drammatiche.
Intenso melò con due attori straordinari: un Depardieu totalmente rapito, a tratti violento, la Ardant più composta, razionale, ma ugualmente preda di una passione insopprimibile. Notevole l'idea della narratrice esterna, che invece il suo amore totalizzante lo rifugge, proprio per non trovarsene anch'essa travolta. Simbolica la porta che continua a sbattere, quasi non potesse chiudersi, come la relazione distruttiva dei due amanti protagonisti. Belle le location e come in tutti i film di Truffaut c'è grande cura per i caratteri secondari. Epilogo potente quanto amaro.
Per apprezzare questo film di Truffaut, uno degli ultimi, è fondamentale basarsi sul gioco di sguardi e parole tra i bravissimi Fanny Ardant e Gérard Depardieu, novelli vicini di casa dal turbolento passato. La storia infatti, a parte qualche momento meritevole di attenzione, è più o meno risaputa nel suo sviluppo e non offre particolari novità. Truffaut prova a metterci il suo genio, ma qualcosa manca, rispetto agli altri film. È comunque da vedere, per la presenza di situazioni e tecniche care al regista e perché comunque non annoia mai. Ottima la fotografia. Un buon film.
Un Truffaut compassato e molto vicino al nume Alfred mette in scena un'escursione nell'amore più ossessivo, quello che non lascia liberi nemmeno a volerlo. E sì che la perfetta Ardant ci prova per tutta la pellicola; stupisce piuttosto che l'altra parte di questo fuoco ardente sia un Depardieu qui un po' bolso e spaesato. La narrazione è comunque talmente elegante che non viene scalfita nemmeno da un certo eccesso di melò che fa capolino nei minuti finali. Manca forse quella ironia tipica del regista, stretta qui nella morsa dell'amour fou più serioso e fosco.
Coppia di ex amanti si ritrova per caso come vicina di casa. Polpettone amoroso di tenue spessore - ambientato in un paesino di poche anime e dove il duo gira bellamente in un albergo - che evolve tiepido ma che produce effetti devastanti. La conclusione richiama Chabrol, anche perché non c'è il minimo schizzo di sangue. La Ardant ha fascino, ma si ritrova in bocca alcune frasi da romanzetto rosa; Depardieu ha l'unico sussulto del film e come amante il ruolo non gli si addice.
MEMORABILE: Strattonata alla festa; Il sangue sul fumetto.
Il destino fa incontrare per caso due ex-amanti, dopo otto anni dalla fine della loro storia, quasi a pretendere un conto da troppo tempo in sospeso e, naturalmente, saranno scintille. Truffaut dirige, da maestro qual è, un film in cui è difficile non immergersi; una storia in fondo semplice, paradigmatica, mai banale, mettendo a fuoco le tipologie maschile e femminile così differenti, di fronte al fuoco divoratore dell’amore. Un cinema irraggiungibile che ha i tempi meccanici, irreversibili di un film di Hitchcock.
MEMORABILE: Lo strappo del vestito che mette in risalto all’improvviso il corpo sensuale della protagonista.
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Sì, è vero, sono d'accordissimo con te... d'altronde sono proprio le tonalità emotive che il film di Truffaut voleva comunicare allo spettatore... il film quasi come una partitura musicale ;)
DiscussioneGugly • 27/10/13 06:44 Archivista in seconda - 4712 interventi
Rivisto ieri sera: ancora una volta ha saputo catturarmi con la descrizione geometrica di un "amor fou" senza tempo e senza confini, quest'ultima caratteristica ben rappresentata da Depardieu il quale, se dopo la rottura della relazione era riuscito a "riciclarsi" in normale marito e padre di famiglia, con l'irrompere di Matilde ritrova i suoi istinti più oscuri e violenti.
Cotola ebbe a dire: Lo ricordo come un film magnifico: i commenti
di molti davinottiani rafforzano tale convinzione. Mi devo proprio decidere a rivederlo.
Merita davvero, adesso ho programmato la visone de L'ultimo metro'.
Direttamente dall'archivio privato di Buiomega71, il flanetto di Tv Sorrisi e Canzoni della Prima Visione Tv (sabato 8 marzo 1986) di La signora della porta accanto: