Vittorio Caprioli ritaglia per colei che era all'epoca sua moglie, Franca Valeri, un ruolo insolito e ideale, quello della prostituta romana ambiziosetta. Certo non vanitosa o montata, ma orgogliosa e coi piedi per terra, tratteggiata con cura e destinata ad acquisire uno spessore cinematografico davvero non comune grazie all’inimitabile personalità della Valeri. Se non fosse per alcune circostanze (memorabile la trattativa sotto al lampione, con le candele sostituite alle lire per mantenere l'incognito) non sembrerebbe di avere a che fare con una prostituta. Il carattere schietto di Delia, che la porta a dare rispostacce senza nemmeno farci caso, sa renderla insieme odiosa (per...Leggi tutto chi la incontra) e simpatica (a noi, soprattutto), forte e risoluta quanto d'improvviso debole e rassegnata. Un personaggio ricco di sfumature e chiaroscuri che si muove tra una Roma periferica di gran fascino (esilarante la descrizione del quartiere in cui vive) e una Parigi altrettanto fuori mano, dipinta non certo benevolmente (ma è notevole la fotografia di Carlo Di Palma). Non una sceneggiatura impeccabile, non una regia perfetta, eppure è uno di quei film che ti resta dentro, proprio per la grande umanità e credibilità della protagonista. Si sorride, ogni tanto si incespica in qualche passaggio a vuoto, ma il ritratto è notevole e ricco di gustose notazioni (la collezione di scarpe).
Delia, piccola prostituta non più giovanissima e prestatrice di soldi, si mette in testa di andare a Parigi, a trovare il fratello che non vede da tanti anni... Deliziosa commedia più amara che dolce scritta e diretta da Caprioli, e magistralmente interpretata da una straordinaria Franca Valeri. Impagabili le sue mises e acconciature, le sue manie, le intemperanze, i "flussi di coscienza" in ciociaro. Caprioli (che si ritaglia un ruolo secondario) indovina ambientazioni, dettagli e piccoli tocchi. Un gioiellino
MEMORABILE: L'assemblea dei cravattari, con tanto di meticoloso statuto
Un film divertente e triste, soprattutto amarognolo come la mattatrice, la mitica Franca Valeri, qui in uno dei più azzeccati ruoli della sua straordinaria carriera. La storia è semplice ma niente affatto banale, il personaggio principale è costruito con grande intelligenza e originalità. Molto realistiche ed emozionanti (per chi, come chi scrive, in parte ha potuto ancora vederle "dal vivo" in case di vecchie zie) sono le ambientazioni "italiane" del film: l'arredamento, le suppellettili, i tendaggi, l'abbigliamento, le acconciature.
Film molto particolare e incentrato esclusivamente sulle capacità espressive di una irresistibile Franca Valeri, improbabile prostituta in visita parenti a Parigi. Sullo sfondo, appunto, una Parigi di periferia, livida e triste, come i personaggi che la animano. Di fronte alla Valeri, al suo sorriso amaro, alla sua candida ingenuità, alla sua cadenza dialettale, tutto il resto passa in secondo piano (anche il fratello gay, Fiorenzo Fiorentini o Caprioli, ristoratore italiano pentito di essere emigrato in Francia). Da recuperare.
MEMORABILE: La trattativa della Valeri con un cliente, sotto un lampione.
Il film di una vita per la Valeri; nel senso che davvero qui è in assolo e sceglie un personaggio sgradevole e meschino (mai condannabile però): una prostituta non bellissima e un po' sfiorita che cova acredine verso la vita. Il marito regista la mette in piena luce, permettendole virtuosismi nei monologhi eccezionali e non illuminando mai la tiepida, mesta luce sotto la quale è messa sin dall'inizio. Una perla di due artisti anomali anche se popolari.
L'ottima Franca Valeri ha fatto un grande lavoro sui tic linguistici di Delia e sul suo accento: non è il romano popolare, né quello colto: è un "vorrei ma non posso": come Delia. Attempata prostituta con gusti e aspirazioni microborghesi, cerca a Parigi il "salto di qualità", sarà invece la facile preda di un mediocre opportunista. Commedia malinconica col grande pregio di non scadere nel patetico, o in facili sentimentalismi.
MEMORABILE: "Ma non l'hai mai visto un cinese?" "Pe' strada sì, ma dentro 'na casa mai...". Da applauso!
Gioiellino camp che non a caso ha il suo fulcro in una Franca Valeri in stato di grazia e nella sua prostituta-strozzina sciccosa, che va in Francia sognando inopinatamente un futuro radioso. Battute fulminanti nell'originale parlata cafona-snob, calate in situazioni paradossali, sono il sale di una storia che dai fasti iniziali mostra man mano le crepe della disillusione che affondano un personaggio amaramente perdente. Una decadenza anche cromatica dai vivaci fasti romani al grigiore della periferia parigina. Teneramente implacabile.
Farragine e stanchezza della sceneggiatura, fortunatamente in calando al progredire della vicenda, non opacizzano l’immagine realistica del gretto materialismo e dei sogni infranti dell’Italia del Boom; due aspetti fusi nell’eccezionale maschera ilarotragica di Franca Valeri, che da sola dona luce all’intero film attraverso dialoghi e soliloqui nel suo particolare vernacolo snob e sguardi ora entusiasti e speranzosi, ora malinconici e rassegnati. Minuziosa la cura dei costumi e dell’allestimento degli interni.
MEMORABILE: I figli di Caprioli che “testano” la Valeri; il tassista bizzoso; l’amarezza del ritorno a Roma espressa silenziosamente dal volto della Valeri.
Se la Valeri si fa ricordare per l'inimitabile inflessione (una sorta di parlata popolaresca ennui), è Caprioli a organizzare, in maniera quasi inavvertita, un sorprendente apologo sulla disillusione. Grazie a una serie di personaggi e vignette ai limiti dell'espressionismo (il fratello, i cravattari) si resoconta il disinganno di un'anima ai margini che vede sbiadire pian piano i propri sogni da piccolo borghese. Il finale, con la protagonista accalappiata dal pizzaiolo, è crudelmente conseguente a tale poetica.
Il garbo con cui Caprioli riesce a disegnare personaggi per l'epoca inusuali (una prostituta che cerca il salto di qualità nell'usura e un suo fratello omosessuale) senza mai trascendere nella volgarità né nel patetismo già basterebbe a farne un film notevole. A questo si aggiunge una descrizione di ambienti calligrafica (sia nella parte romana, ulteriormente divisa in due fra centro e periferie, sia in quella francese, deludente per la protagonista ma autentica e riconoscibile). La Valeri cafonal-chic con la sua battuta sempre (magari involotariamente) sfrontata è adorabile.
MEMORABILE: "Lei qui cosa fa?" "Il pizzaiuolo" "Uh, stavo perdendo tempo...".
Delia vuole realizzare un salto di qualità, uscire dalla routine piccolissimo borghese capitolina, sospendere per un po' "traffici" e guadagni e partire per un'idealizzata Parigi, restandone però disillusa. Tutto incentrato sulla personalità e lo sprint della protagonista che incarna un misto tra piccolezza morale e intellettuale e ambizione superiore ai suoi limiti, con i suoi tic comportamentali e soprattutto con un linguaggio "popolar chic" di sua invenzione, per comunicare e per rimuginare. Molto curate le ambientazioni, luminosa quella romana, grigia e opaca quella parigina.
MEMORABILE: Le acconciature e i vestiti di Delia; L'assemblea dei cravattari; La squallida sistemazione a Parigi; Il finale "turistico".
Franca Valeri amò Delia, personaggio tirannico e fragile, che contribuì a scrivere insieme a Caprioli (al tempo suo marito). I tic, gli abiti pomposi e la svelta parlata tra i denti annerita di sarcasmo modellano una prostituta decisamente sui generis, persino strozzina. Meglio la parte parigina in cui l'altezzosa signorina perde le certezze. Sempre indovinata la regia, come in ogni prova del mattatore napoletano.
MEMORABILE: Il fratello di Delia: "Lui è cinese, che non ne hai mai visto uno?". Lei: "Sì, ma mai in casa".
Che bel film, capace prima di molti altri di raccontare le disillusioni di un'Italia che stava conoscendo l'ubriacatura del boom e che quindi sperava in un futuro roseo che, con ogni evidenza, non si è poi avverato. Sceneggiatura in crescendo per un film che parte come una commedia in costume e diventa via via un apologo. Spaziale Franca Valeri, come sempre, un'attrice veramente unica.
Donna romana va a Parigi a trovare il fratello. One woman show della Valeri che si inventa un personaggio unico nel suo genere, quello della prostituta per campare che arrotonda facendo parte di una società di strozzini; il tutto con una precisione da segretaria e la parlata "borgatara chic". La seconda parte in Francia è un mesto ritratto di chi vive ai margini e Caprioli sa essere cupo senza cadere nel drammatico. La commedia fa sorridere a denti stretti, come le battute fulminee della protagonista.
MEMORABILE: La riunione degli strozzini; La cera in camera; Il telefono con lucchetto.
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