E chi meglio di Roberto D'Agostino poteva raccontare la parte meno edificante del mondo televisivo attraverso un “dietro le quinte” forse meno estremizzato di quanto noi “esterni” saremmo portati a pensare? D'Agostino è stato il re dello sciocchezzaio da salotto per anni, perlomeno fino a quando non è arrivato a spodestarlo Vittorio Sgarbi, che si è preso subito troppo sul serio risultando inevitabilmente antipatico a chi in quel mondo di finzioni e lustrini viveva con ironica consapevolezza. Si comincia subito con un Sergio Vastano conduttore di una trasmissione di rara beceraggine; perché MUTANDE PAZZE è molto esplicito: scene audaci, strip continui, doppi sensi a profusione... tutto...Leggi tutto rientra in una visione distorta della società in cui le donne vengono viste come “merce da sfruttare consapevolmente”, sapendo che sono proprio loro a ritenere l'atto sessuale un necessario sacrificio da compiere sull'altare del successo. Emerge un maschilismo alla massima potenza, in cui le protagoniste confondono femminismo e pseudoprostituzione senza alcuna logica. I personaggi del jet-set via cavo ci sono tutti: dallo stesso Sgarbi (impersonato da un sosia perfetto) a Tinto Brass (che nel film diventa Nando Crass) fino ad Aldo Busi (è davvero lui e si produce anche in uno strip integrale), mentre le attrici sono non a caso Eva Grimaldi e Monica Guerritore, due donne che della seduzione hanno sempre fatto un’arma vincente. Il film può apparire stupido (e senz'altro lo è), però possiede una dissacrante vena umoristica (prova né il finale che cita esplicitamente, dopo una baraonda stile Blake Edwards, addirittura l’Antonioni di ZABRISKIE POINT) e trova negli attori una recitazione a suo modo spontanea. Raoul Bova in comparsata sexy.
Quattro donne desiderose di successo sono disposte a tutto pur di "sfondare" nel mondo dello spettacolo. C'è la valletta televisiva, la presentatrice e la fotomodella, con amica a seguito. Il "tuttologo" Roberto D'Agostino, che sparava veleno sulla TV spazzatura, sembra esserne stato assorbito al suo interno: confeziona un film in tutto e per tutto d'impianto televisivo, anche se dissacrante (quando non feroce) al punto di restare nel limbo vedendosi precluso il passaggio proprio in TV.
Pellicola di una bruttezza disarmante. Un film d'impianto televisivo con un livello tecnico-recitativo sul livello Pingitore & co. Le sgallettate di turno, in primis la Grimaldi, recitano male - strano per la Guerritore - complice anche una sceneggiatura che non ha niente da dire e quando prova a farlo fallisce miseramente. C'è sicuramente di meglio in giro...
Osceno. Al di là dell’invincibile bruttezza del film, non si capisce cosa il regista volesse fare. Vera critica? Rappresentazione compiaciuta del mondo in cui sguazza? Moralismo convenzionale? Richiami a Eva contro Eva? Non aiutano le pessime recitazioni. Scordato il film, si ricorderanno la Capece Minutolo (soldi e sesso, come in Napoletani a Milano, del 1952!), Corazzari (il migliore di tutti), la Merlini (la migliore di tutte), Raho, Venantini, la conturbante Calì. La Guerritore impersona una donna insopportabile: ovviamente ci riesce benissimo...
Il contenuto del lavoro di D'Agostino è schietto e spudorato, una sorta di anticipazione/presagio di Vallettopoli. Per il resto il film fa acqua da tutte le parti, tra una regia da "buona la prima" e recitazioni raggelanti, con la Grimaldi, da sempre svampita, che sembra qui addirittura un po' ritardata. Sprecati la Merlini, Vastano e Venantini, presenti spero solo per motivi alimentari. Ridicolo il finale con tanto di Aldo Busi chiappe all'aria.
Film pecoreccio, che più pecoreccio non si può. Il cast non funziona propeio (tra tutti, la Grimaldi fa la sua figura). Non si sa quale fosse lo scopo del regista (far venire alla luce tutto il marcio che c'è nel mondo dello spettacolo, si suppone), ma guardando solo al film quasi tutto è gratuitamente volgare, senza un minimo di senso dell'umorismo e pietosamente banale. Ha un solo merito: precede il vero marciume di Vallettopoli.
MEMORABILE: La cassetta inviata al politico, con la ragazza che "gioca" con un uomo di sabbia.
Uno dei peggiori film mai visti. Già la scena iniziale è repellente con uno stupido gioco a premi perlatro mal interpretato (Vastano insopportabile). Un film che riesce a essere noioso e irritante, con attrici qui non all'altezza a cominciar da una decadente Guerritore per finire con Deborah Calì. Ci sono anche grandi volti del cinema di genere come Venantini, Raho e Corazzari, ma non bastano a risollevare un film davvero pessimo.
Se la scena finale di Il profumo della signora in nero è un simbolo per il giallo-horror Anni Settanta, l'ultima scena di questo aberrante film è la trasposizione delle risse tv degli Anni Novanta (ma anche 2000). Viene preso come capro espiatorio Vittorio Sgarbi (qui intepretato da un sosia) e iniziano a partire una sequela di schiaffoni; c'è anche il personaggio di Tinto Brass (addosso ad un fuori luogo Aldo Ralli). Naturalmente non c'è storia, non ci sono dialoghi e tantomeno la regia di Roberto D'Agostino. Guerritore... quanto t'hanno pagato per girarlo?
Aberrante commedia che vorrebbe essere una satira sul mondo televisivo risultando allo stesso livello del suo stesso bersaglio. Il linguaggio utilizzato dal regista è proprio quello che caratterizza la televisione, fatto di inquadrature profondamente volgari e permeato una totale sciattezza di fondo. Meglio sorvolare sulla sceneggiatura, composta esclusivamente da dialoghi terribili (specialmente quando vogliono far ridere), situazioni imbarazzanti e personaggi disgustosi. Cast agghiacciante. Tra i prodotti peggiori di tutto il cinema nostrano.
Terrificante. Classico caso di film che sbandiera intenti di satira e moralità ma che per assoluta mancanza di controllo della materia (e del mezzo) finisce con l'esser peggio della realtà che vorrebbe satireggiare. Dice: ma almeno ci si fa delle sane risate da commediaccia. Macchè: Laurenti e Tarantini paiono improvvisamente maestri del cinema, Cicero un gigante del pensiero (beh, questo a prescindere... ). Da salvare qualche - ebbene sì - tetta e culo, e i vecchi bandoleros (Corazzari, Venantini, Ralli) che onorano l'impegno.
Autocritica ambigua e troppo poco sincera del sottobosco politico-televisivo, dove di cinema non se ne vede: anche lo spettatore meglio disposto può legittimamente sospettare che ci sia troppo compiacimento, in questa anticipazione cheap dei trionfi di Dagospia col famigerato Cafonal. "Mutande Pazze" anticipa le rivelazioni postribolari di Vallettopoli: ma basta, per salvarlo?. Si salvano il cameo di Venantini e il becerume a comando di Vastano. Per i maschi, oltre alla Grimaldi sadomaso c'è la meteora Barbara Kero nel ruolo dell'amica arrivista.
MEMORABILE: La succitata Grimaldi sadomaso che seduce un giovane Bova con Orietta Berti in sottofondo.
È un film osceno, nelle due accezioni del termine. E se il contenuto proprio da quelle parti vuole parare, la forma è colpevolmente trascurata. Così l'iniziale simpatia per sosia (Sgarbi) e trashate assortite (Vastano, la Grimaldi a suo agio nella parte, la madre della starlette) viene erosa dalla ripetitività degli spunti e dallo stile (nemmeno) televisivo delle riprese. Meglio allora leggersi Dagospia che, per l'ironia e ricercatezza dei testi, è un vero cult.
Una delle tecniche più note di quelli che una volta si chiamavano "persuasori occulti" o comunque di chi pretende di condizionare socialmente e indurre l'uomo e la donna medii ad invidiare chi fa parte di un determinato ambiente, è il fingere ipocritamente di confutarlo solo per poterne invece parlare, "mostrarlo" e renderlo, in definitiva, desiderabile. E questo film è un classico di questo comportamento, di questo fingere di stigmatizzare l'ambiente nel quale si sguazza e del quale si è volgarmente orgogliosi di far parte.
Squallori e miserie di squinzie a caccia di successo e soubrette che cominciano a sentirsi sorpassate. A parte la realizzazione pedestre, infastidisce il tono chiaramente corrivo di questa pseudosatira del sottobosco televisivo, i cui personaggi vengono messi alla berlina perché/purché se ne parli. Cast imbarazzante, finale "apocalittico" che chiude degnamente un capolavoro di qualunquismo.
Da La Valle delle Bambole al Sottobosco dei Porcini e delle Porcelle: senza la volgarità televisiva, uno come D'Agostino non esisterebbe, ma garantire l'esistenza di uno come D'Agostino è una delle più tristi conseguenze della volgarità televisiva! Saggio di pressappochismo registico e recitativo, questo film ha il solo merito di avere fotografato un momento di passaggio: quello in cui malcostume, ignoranza ed inciuci trasmigravano da dietro le quinte alle luci della ribalta. Con grande soddisfazione di tutti: del pubblico, innanzitutto!
MEMORABILE: La rissa finale, sulle note de "L'Italiano".
Prima di darsi definitivamente al gossip con il noto sito scandalistico, D’Agostino ci ha provato anche con la satira cinematografica, con risultati purtroppo imbarazzanti. Più che un film, un’accozzaglia semi casuale di improbabili personaggi: Eva Grimaldi aspirante star che amoreggia con un imberbe Bova, Vastano conduttore-trash che spara freddure terrificanti, un sosia di Sgarbi e decine di donnine poco vestite. Verso la fine tocca vedere anche Aldo Busi correre nudo per il set. Terribile.
Roberto D'Agostino intraprende la strada da regista ma gli esiti sono piuttosto sconcertanti e in alcuni momenti raccapriccianti. Spiace più che altro vedere attrici del calibro di Monica Guerritore e Marisa Merlini in ruoli che non valgono la loro bravura. Non parliamo del resto del cast che ovviamente tenta (inutilmente) di dare un senso alla storia.
Sull'eroso crinale che separa la feroce autoironia dal profluvio gratuito di volgarità svetta, incontrastato, questo opus primum (e ultimum) del sempre acuto D'Agostino, dissacratore non moralizzante del mondo mostruoso in cui sguazza e che ha, perlomeno in parte, contribuito a creare. Impregnato di sesso fatto, parlato e intuito, puntuale nelle squallide caricature dei personaggi (Sgarbi e Brass sono due gocce d'acqua, Busi è il solito cortigiano di sé stesso), con qualche pessima performance (Grimaldi), ma assai meno banale di come lo si dipinge.
MEMORABILE: Le protagoniste femminili allo specchio; Il declino di Amalia-Guerritore; Busi desnudo e delirante; Il finale.
L'opera prima e unica dell'eclettico giornalista D'Agostino è a suo modo una fotografia sulla smania d'apparire di certe donne dello spettacolo. Un grottesco viaggio ultra trash nella volgarità della tv dei primi Anni '90; la dissacrazione della "donna oggetto" mutata in carnefice del maschio ancora potente ma corruttibile. Un film imperfetto, ma il suo intrinseco valore sta proprio nel suo essere scombinato, stordente (la house music) e persino stupido (l'esilarante finto Sgarbi). La Grimaldi ad hoc, un po' più ingessata la Guerritore.
Creatura dello stesso mondo che si auto-accredita a descrivere, l'opinionista e gossiparo D'Agostino esordisce alla regìa col piglio tipico di chi sfrutta il pretesto della condanna moralistica per legittimare volgarità e vacuità, pure con ambizioni presuntuosette da sociologo della decadenza da basso impero (la scenografia dello studio televisivo sembra alludere al Satyricon petroniano). Ma non c'è un'idea, né una trovata, non si ride mai e vengono deluse pure le aspettative erotiche che avrebbero giustificato una visione. Pessimo.
MEMORABILE: Il sosia di Vittorio Sgarbi, con il quale D'Agostino aveva ovvi motivi per togliersi un sassolino dalla scarpa, ma nemmeno questo tiro va a segno.
Roberto D'Agostino centra il bersaglio con un film all'apparenza sciatto ma che rappresenta in maniera feroce un mondo (in questo caso quello dello spettacolo) in cui l'arrivismo porta le donne a vendersi a chiunque. Il corpo diventa lo strumento principale di contrattazione; una merce da offrire in cambio del successo. Un catino di depravazione dove il furbo è chi la mette in quel posto agli altri e non chi è dotato di cervello. Tra il cast femminile emergono per bellezza e sensualità Eva Grimaldi e la voluttuosa Debora Calì.
Davvero tremendo! Le premesse potevano anche essere interessanti, cioè il mostrare cosa si è disposti a fare (o non fare) per un briciolo di visibilità sui teleschermi, ma l'intento fallisce miseramente e a parte il trash e il folle titolo non c'è altro, anche se va riconosciuto al film di svelare il marciume della società odierna. Mistero come ci siano finiti in mezzo Raho e Venantini.
Come il buon vino, anche questo film migliora con il passare del tempo. Nel senso che visto oggi è uno sguardo davvero impietoso e profondo su come era la televisione della Prima Repubblica. E' molto bravo D'Agostino a dimostrare uno sguardo né moralista né compiaciuto su come andavano le cose e la Grimaldi così come la Guerritore tengono bene il loro personaggio. Poi vedere Bova giovanissimo e ingenuo fa tenerezza. Insomma, ci si diverte.
MEMORABILE: La mamma della Grimaldi in pizzeria.
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B. Legnani ebbe a dire: Zender ebbe a dire: No, se però lo citi devi anche citare la fonte verificabile.
Stracult di Giusti. Scheda del film.
Esattamente. Si tratta di un aneddoto gustosissimo. B. Legnani, lo sai che sei molto antipatico? Ti ho inquadrato, sei uno di quelli che si aggirano per i cineforum e si guardano intorno continuamente, finchè non beccano almeno una persona a cui sottoporre la propria saccente considerazione. Adorabile in fondo. Antipatico ma folkloristico :-D Tvttb.
DiscussioneZender • 6/08/11 19:18 Capo scrivano - 48372 interventi
Se conoscessi Buono come lo conosco io ti accorgeresti di aver sbagliato grossolanamente inquadratura (càpita anche ai migliori). Anche perché dopotutto può esser preso allo stesso modo come saccente anche chi pretende di sparare giudizi sulla gente dopo qualche giro su un forum. Buono, per me, per il sito e per chi lo frequenta è adorabile senza troppe aggiunte (la volta che comprenderai come ci è stato sempre vicino e come si è comportato dal primo giorno lo capirai pure tu). E visto che ha semplicemente fatto un'utile precisazione che veniva dopo che nei post precedenti aveva già discusso con me di quell'intervista mi è sembrato un intervento nient'affatto fuori luogo.
Uomomite ebbe a dire: B. Legnani ebbe a dire: Zender ebbe a dire: No, se però lo citi devi anche citare la fonte verificabile.
Stracult di Giusti. Scheda del film.
Esattamente. Si tratta di un aneddoto gustosissimo. B. Legnani, lo sai che sei molto antipatico? Ti ho inquadrato, sei uno di quelli che si aggirano per i cineforum e si guardano intorno continuamente, finchè non beccano almeno una persona a cui sottoporre la propria saccente considerazione. Adorabile in fondo. Antipatico ma folkloristico :-D Tvttb.
Veramente era un messaggio di suggerimento a Zender... Avevo, infatti, quotato lui.
***
Vero: episodio esilarante.
Giusti, purtroppo, non dispone più del trailer che aveva preparato.
Zender ebbe a dire: Però allora qui non capisco, Buono: nella scehda del film non si fa riferimento a nessun aneddoto su Ghezzi e Giusti che vanno all'anteprima...
Zender, è alle pagine 533 e 534 del libro Stracult di Marco Giusti.
DiscussioneZender • 6/08/11 19:33 Capo scrivano - 48372 interventi
Azz, oggi sono più di coccio del solito. Pensavo alla scheda nostra che m'avevi fatto modificare :)