Quello che impedisce di valutare serenamente un film che per molti versi è girato con un rigore classico poco comune, è l'incredibile numero di assurdità e incongruenze che lo affollano fin dall'inizio (andiamo, un vecchio con lo zaino che sfugge a due atletici agenti della CIA con tanto di visore a infrarossi...). A citarle tutte ci sarebbero da riempire pagine intere, a partire dalla superficialità con la quale gli agenti segreti teoricamente più abili d'America controllano la figlia (Laura Linney) dell'uomo che stanno disperatamente cercando e che a lei, è evidente, è legatissimo. Fossimo in un film di Bond simili leggerezze e altre tremende lacune logiche potrebbero anche essere perdonate...Leggi tutto (a fatica, in ogni caso), ma in un film che ha la pretesa di apparire sincero e credibile rappresentano un handicap pesantissimo. Più di una volta c'è da ridere veramente, di fronte a gente capace di farsi scappare il proprio uomo anche sorvegliandolo in duecento in una piazza. Detto questo, e rimarcate le assurdità della sceneggiatura di William Goldman, ci si può anche soffermare sugli altri aspetti, che ci offrono un Eastwood eccellente non solo come direzione del cast (lui stesso si costruisce un personaggio di ladro “gentiluomo” dai tratti indimenticabili), ma pure nella gestione della tensione. Senza voler strafare, la regia segue ogni pedina del gioco caratterizzandone bene la psicologia (esemplari l’ironico poliziotto di Ed Harris e la “Lady di ferro” Judy Davis nonché, ovvio, il viscido presidente USA tratteggiato da un impeccabile Gene Hackman). Qualche ingenuità di troppo anche nel finale, ma a quel punto il difetto è già chiaro.
Anche in questo film Clint Eastwood coglie l'occasione per raccontarci come la Giustizia, quella con la G maiuscola, non risieda nelle istituzioni di una nazione ma piuttosto nel profondo dei suoi individui. Si, proprio lui che è un ladro e quindi poco avvezzo a rispettare la legge, se ne farà paladino, mettendo così a rischio se stesso e la trascurata figlia, contro la massima istituzione degli Stati Uniti, il Presidente. Il film in sè, a parte quanto sopra detto, è vedibile e i meccanismi del giallo sono nella norma. Da vedere comunque.
Il limite più grande che penalizza irrimediabilmente l’opera è rappresentato da una sensazione di artificiosità scaturito da una scarsa credibilità della sceneggiatura. L’argomento trattato potrebbe avere una maggiore rilevanza per un americano, essendo il Presidente degli Stati Uniti l’oggetto di discussione, mentre per gli altri potrebbe non avere lo stesso impatto. Eastwood se la cava meglio come attore, mentre la regia soffre dei limiti intrinseci dello scritto. Non è indecente, ma allo stesso tempo nemmeno meritevole di grande considerazione.
Un Eastwood minore, con pesanti sfide alla logica e una messa in scena non proprio brillante. Ci si appassiona all'inizio, nella bella sequenza parallela della rapina e del presidente fuori di testa e più in avanti quando l'assistente del presidente (la Davis) riceve la collana. Nel resto del girato troppe incongruenze e banalizzazioni dei personaggi. Bipalla.
Tratto da un romanzo dell’autore italo-americano David Baldacci, Potere assoluto è un thriller con risvolti fantapolitici realizzato da Clint Eastwood con molta professionalità e il solito grande mestiere. L’opera non brilla certo per originalità e non è tra le cose migliori del regista ma si lascia vedere piacevolmente anche grazie all’ottimo cast impiegato, che vede alcuni tra i migliori nomi del cinema americano (lo stesso Eastwood, Gene Hackman e Ed Harris).
Dopo un brillante inizio, il film perde smalto, pur restando tutto sommato appassionante da seguire grazie agli eccellenti interpreti, Hackman e Harris in testa. Disturbano certe macroscopie incongruenze, in particolare l'eccessiva facilità con cui il ladro anarchico solitario mette nel sacco quelli che dovrebbero essere gli agenti più preparati del mondo. Una tale imbranataggine è ammisibile in film con intenti satirici oppure di pura action, ma non in una pellicola come questa che vuol fare un discorso serio sull'individuo e sul potere.
Discreta pellicola, nonostante alcuni personaggi, Presidente compreso, siano un po' troppo eccessivi nelle caratterizzazioni; su tutti, il Capo di Stato (anche se la scena col collier non è male). Clint invece è sempre una garanzia; e il suo atteggiamento, unito al fatto di "scivolare via come un'anguilla";, a detta di chi tenta di catturarlo, rende il tutto più interessante. La vicenda scorre senza particolari intoppi; e anche se la sceneggiatura non è di quelle che si ricordano e l epilogo con pubblica spiegazione, a dir poco difficile da far credere, il risultato non è male.
MEMORABILE: I due che tentano di beccarlo "Antiacido". "Ho il mio"; "Ogni volta che vedo la sua faccia, le squarcerei la gola"; "Ah, il dottor morte immagino".
Sarà anche un titolo minore nella filmografia di Eastwood, ma avercene di film minori come questo. Ben scritto e ottimamente diretto dal regista - attore, che regala almeno un paio di sequenze memorabili e un ritmo elevato. Ma il meglio è il cast. Eastwood non si discute. Se si discute Eastwood è finita. Hackman mostruoso come suo solito; Glenn e la Linney impeccabili. Ultimo film di uno splendido E. G. Marshall. Bella colonna sonora.
Il titolo non fotografa bene ciò che il film è. Più che di una critica ai massimi sistemi si tratta della lotta di un (anti) eroe emarginato contro gli sporchi potenti di turno (addirittura il premier americano). L'inizio è troppo bloccato e stiracchiato con un Eastwood forse nel ruolo più composto e taciturno di sempre. Procedendo la storia decolla pur senza raggiungere chissà quali vette. Il colpo di coda revanscista è degno delle migliori giornate di Clint. Troppe ellissi ed esagerazioni quando il protagonista inizia a comparire dal nulla in ogni dove.
MEMORABILE: Clint: "Si gioca a smerdatutto adesso signore, vuole partecipare anche lei?"
Drammone indigesto che passa piuttosto di frequente in televisione e che ho finito per vedere per intero a forza di pezzetti qui e lì. Il cast è stellare, davvero, soprattutto Ed Harris e Gene Hackman, straordinari; ma la storia è forzata e particolarmente poco credibile. Il problema non si esaurisce lì, perché il messaggio (la corruzione dei politici) è trasmesso in maniera davvero pedestre, spiattellato in faccia allo spettatore come fosse una torta. Peccato, perché poi il film si lascia vedere e il ritmo è discreto.
Fantapolitico di discreta fattura, che parte in maniera frizzante (l'incipit è da antologia) per poi afflosciarsi in una seconda parte più convenzionale, anche se qualche buona trovata non manca (la collana). Il ritmo resta buono e sostiene decentemente la pellicola. La prova degli attori è accettabile: Clint Eastwood ha fatto di meglio ma se la cava e Ed Harris è discreto nella sua compostezza.
L’inizio è eccelente: una riflessione meta cinematografica non nuova ma girata magnificamente. Il resto è meno scintillante, ma comunque molto buono, grazie ad un ritmo che si mantiene alto per tutta la durata ed a qualche altro colpo che ogni tanto viene messo a segno da Clint, il quale dimostra, ma non ce n’era bisogno, di sapere dirigere anche film di genere oltre che quelli di un certo spessore.
Grandissimo thriller politico in cui Eastwood dimostra di saper dirigere impeccabilmente una volta di più e di saper mantenere alto il ritmo fino alla fine. Anche se ci sono delle lungaggini qui e là, il cast nasconde qualsiasi difetto, per quanto è splendido: Eastwood stesso perfetto, Hackman gigantesco, Glenn e Harris in parte, la Linney bella e in un personaggio riuscito, Marshall enorme anche nella sua ultima interpretazione. Ottima l'ultima parte, da vedere.
MEMORABILE: Marshall: "Era come un figlio per me".
Con la lunga sequenza iniziale dell’occhio voyeuristico del testimone – un gran bel pezzo di cinema che ricorda un analogo frangente di Velluto blu – Eastwood affronta il thriller politico secondo le sue coordinate preferenziali: la giustizia messa in atto da un antieroe solitario (qui ladro gentiluomo), l’affetto familiare, la malinconia e il disprezzo per un potere sporco, ipocrita e corrotto. Impegno e puro divertissement si passano vicendevolmente la palla e gli interpreti (Hackman in testa) disegnano personaggi di buon spessore, anch’essi in equilibrio tra i due estremi.
MEMORABILE: Il sicario in ospedale implora «Pietà!». E Eastwood gli risponde (molto à la Eastwood): «Ho finito la scorta!!!».
La regia del buon Clint è solida come sempre e tutti gli interpreti offrono prova degna del loro nome; ciò fa sì che il film sia piacevole da vedere e tenga desta l'attenzione fino alla sua conclusione. D'altro canto però non si può ignorare il fatto che la trama richieda una dose di sospensione dell'incredulità degna di un fumetto di Diabolik (e questo per un film che vorrebbe essere "serio" è un difetto di non poco conto). Sono troppe le situazioni inverosimili che bisogna accettare per poter dire di trovarsi davanti a un buon prodotto.
Bell'intreccio complottista (ma con diversi angoli di verità) sul tema del potere politico, un lavoro dalle radici filosofiche più repubblicane che democratiche (parlando di Stati Uniti, ovviamente), meno assurdo dell'estremo Sesso e potere uscito l'anno successivo ma non privo di elementi e personaggi distensivi rispetto al raffinato argomento principale. Il finale, decisamente noir e di gran classe, ha il difetto di essere troppo semplicistico. Per il resto un film ottimo.
L'inizio si presenta promettente e la scena dell'omicidio/colluttazione con terzo incomodo a osservare rimane il momento migliore di questo thriller firmato Clint Eastwood. Siamo dunque nel campo di un cinema morale che ancora si interroga sul problema della giustizia e sulle angherie del potere. Buona le prima parte, nella seconda si decelera e si tende al dramma, con una netta diminuzione di tensione. Finale sottotono. Non male, si poteva aggiungere più pepe nell'ultimo quarto d'ora.
Un thriller fanta-politico costruito da manuale, con un grandissimo prologo e uno svoglimento che, sebbene meno brillante, mantiene l'intera opera su livelli alti, risultando sempre appassionante. Assenti i punti morti e con un Eastwood in stato di grazia sia dietro la macchina da presa sia sul set il film decolla che è un piacere. Se a questo aggiungiamo il resto del cast (tutti splendidamente in forma) e un ritmo narrativo sempre elevato, allora il grande film è servito. Da vedere.
Già dall'inizio "alla DePalma" (si, magari...) si capisce che Clint regista non era adatto a questo materiale e il resto del film lo ribadisce: la sua impostazione "classica" lo porta a privilegiare gli attori e i personaggi, anche quando deboli, a discapito del ritmo e della suspance. Tutte le scene con la figlia sono tentativi di dare "umanità" a un racconto che necessitava tutt'altra impostazione. Un thriller non brutto ma mediocre, nato vecchio, salvato dal mestiere del trio Eastwood/Hackman/Harris ma troppo ingessato per poter colpire.
Thriller fanta-politico che, anticipando di un anno il sexgate che portò all'impeachement di Clinton, ci conferma quanto agli americani sia sempre piaciuto immaginare - in un film - di essere governati da un presidente capace di ogni nefandezza (stupro e omicidio inclusi): si vede che è un lusso che sentono di potersi permettere (in tutti i sensi). Tuttavia, dopo un inizio coinvolgente, lo svolgimento si fa presto inverosimile e al contempo prevedibile, benché formalmente corretto. Non male, ma nella filmografia di Clint resta un titolo minore.
MEMORABILE: Clint nascosto dietro allo specchio semi-riflettente.
Se si esclude tutta la sequenza iniziale, magistralmente girata con un Eastwood attore capace di recitare senza aprire bocca e con la sola espressione del volto, il film scorre su binari semplici, con una sceneggiatura abbastanza dozzinale e prevedibile. Senza contare che Hackman è abbonato a ruoli del genere e quindi il tutto sa un po' di déjà vu. E' ovvio che il grande mestiere di Eastwood rende la confezione impeccabile, ma questa volta ha forse preteso troppo da se stesso vista la risicatezza della narrazione. Ottimi il resto del cast e il sonoro.
Gran film del buon Clint, inspiegabilmente sottovalutato. Tratta da un romanzo, la storia presenta forse situazioni fin troppo inverosimili in alcuni momenti, ma a parte questo lo svolgimento, la tensione e la narrazione sono di altissimo livello, con Clint ladro/eroe che combatte il marcio delle istituzioni, anche le più alte e pericolose. Belle le atmosfere, soprattutto nelle riprese notturne e benissimo il cast, dove anche i personaggi secondari con poco spazio sono caratterizzati al meglio, soprattutto il solito Hackman. Top.
MEMORABILE: Un anziano Clint che sfugge a due guardie del corpo presidenziali che hanno un terzo della sua età.
Thriller politico sulle nefandezze compiute dalle più alte cariche del potere, che inizia piuttosto bene ma poi accumula troppe inverosimiglianze (colpa del romanzo da cui è tratto?) per risultare appassionante e convincente fino in fondo. A non deludere è invece l'ottimo cast: sugli scudi Hackman, Harris e l'ultima interpretazione di Marshall, bravi anche Glenn, la Linney e la Davis, senza naturalmente dimenticare Clint, che come regista ha invece senz'altro fatto di molto meglio, ma tutto sommato anche di peggio...
Onesto thrillerone criminalpresidenziale condito gustosamente con le interpretazioni solide del granitico terzetto Eastwood-Hackman-Harris, tutti e tre alle prese con dei luoghi comuni ambulati. Per il resto si veleggia dignitosamente sulla sottile linea che separa lo scontato (la sottostoria con la figlia di Clint) dall'implausibile: alcune conincidenze o avvenimenti sono davvero eccessivamente sballati. Si tratta comunque di un film che fa quello che deve fare ovvero intrattenere senza troppe pretese o analisi politologiche per un paio di ore.
Ovviamente la storia è scarsamente plausibile, ma non importa. In fondo si tratta di una favola: il ladro gentiluomo, padre silenziosamente premuroso, contro i cattivi: Gene Hackman, gigione, presidente viscidamente sinistro e sessuomane, la sua capo di gabinetto arrivista e isterica, i pretoriani ciecamente fedeli alla gerarchia. Ma come è raccontata bene, con levità e una scioltezza narrativa che sembra naturale; è il prodotto di un alto artigianato maturato in decenni di professione.
Thriller a sfondo politico in cui il mitico Clint incarna la consueta figura di outsiders in rotta con la famiglia e in lotta contro il sistema. La partenza voyeuristica è fulminante, poi si prosegue in modo più ordinario con qualche incongruenza di troppo e un finale piuttosto inverosimile e affrettato. Anche la figura del cattivo presidente con il passare dei minuti si perde per strada. Ma in definitiva resta un buon prodotto di genere con almeno due sequenze d’antologia e alcune gustose caratterizzazione come quelle di Glenn e Harris.
MEMORABILE: L’iniziale sequenza del furto-omicidio; L’attentato al bar in stile JFK; “Pietà!!! Ho finito la scorta”; Il tentato omicidio della figlia di Luther.
Non male dopotutto. Certo da uno come Clint Eastwood ci si aspetta sempre di più. Un thriller che pur avendo poco o niente di originale e alcuni punti poco coerenti, ha di positivo che coinvolge ed è nella scorrevolezza della trama che ha il suo punto forte. Cast che non delude le attese: Gene Hackman una spanna sopra tutti gli altri. Discrete le musiche.
La prima parte del film è ottima, con la scena della rapina e dell'omicidio che rivelano tutto il mestiere alla regia di Clint Eastwood. Peccato che con il proseguire dei minuti la sceneggiatura inizi a perdere qualche colpo e il film a non avere lo stesso mordente dell'inizio. per fortuna c'è sempre Clint, con la sua espressività e qualità recitativa, a salvare la baracca e a tenere in piedi il film. Finale non entusiasmante, ma accettabile. Nel complesso un buon thriller che poteva essere sicuramente migliore, considerando l'ottimo inizio.
Leggero passo indietro per Eastwood, qui impegnato nuovamente in un thriller a sfondo fantapolitico con protagonista il presidente Usa come nel più efficace Nel centro del mirino. L'attore non è male nei panni di un ladro professionista coinvolto suo malgrado in un sordido complotto e gli snodi narrativi, per quanto fantasiosi, funzionano a livello d'entertainment; si ha però l'impressione di assistere a un film minore nella filmografia di Clint, nonostante le ottime prove del cast e la consueta eleganza registica, qui caratterizzata da atmosfere notturne livide e quasi lynchiane.
Provenendo da quel cinema generato e non creato dalla stessa sostanza del Classico, Clint non può che espettorare classicità, espirando Hitchcock a tutto mantice, quasi ne fosse fenotipale (se per vocazione o suo evocativo malgrado non è importante). Il potere assoluto-dissoluto è quello della regia, ladra dal cuore d'oro come il suo antieroe, che non ricorre più al farsi giustizia da sé, ma fa che la giustizia trovi il proprio sé (come avverrà più scopertamente in seguito). A carica presidenziale corrotta risponde con carica filmica dinamitarda sulla quale farci accomodare e godere.
Durante un furto un ladro assiste a un omicidio. Thriller che mescola intrigo politico, investigazione e sprazzi action. Eastwood carica il giusto e alcune scene sono riuscite (l'attesa dietro la porta blindata, i cecchini come contro JFK, il collier), oltre a portare in scena una specie di Arsenio Lupin che si cala dalle finestre. Peccato per la sceneggiatura troppo fantasiosa, con la polizia che condanna a priori il protagonista, gli agenti segreti tutt’altro che impeccabili e la figlia che appare dal nulla. Anche il finale è un po' tirato per i capelli, come risoluzione.
MEMORABILE: L'esecuzione della moglie; Il ballo col collier; La macchina precipitata; La siringa nel collo.
Sul Clint Eastwood regista e attore non si discute, grande mestiere sul dove piazzare la macchina e un ruolo incredibilmente elegante, nonostante vesta i panni di un ladro. Anche la direzione dei comprimari è eccellente; un Gene Hackman viscido e senza scrupoli, Ed Harris in parte, la Linney molto naturale. Il limite del film sta casomai nella sceneggiatura, che vorrebbe essere seria ma risolve alcune situazioni con leggerezza. Ma a Clint si perdona tutto.
A dispetto di svariati buchi di sceneggiatura e di scene alquanto inverosimili, Eastwood realizza un intrigante thriller dallo sfondo fantapolitico. La trama non è nulla di troppo originale, ma la sequenza dello stupro iniziale è da storia del cinema. Eastwood produce un thriller dalla tensione crescente e dal ritmo sostenuto, mostrando ancora una volta una regia solidissima ed efficace. Splendido il cast (Eastwood, Hackman, Harris e Linney) e soprattutto sfruttato divinamente. Interessante e profondo il personaggio di Eastwood, che interpreta un ladro gentiluomo ormai anziano.
Non granché il libro da cui è tratto, abbastanza deludente il film, con Hackman sotto tono in un ruolo simile a quello in Senza via di scampo, anche allora senza impressionare. Ma il problema è, stranamente, l'Eastwood attore, che non riesce a fornire il necessario carisma a un personaggio pure capace di farsi beffe dei servizi segreti USA. Anche la sua regia appare un po' piatta, limitandosi a proporre una storia che si dipana senza guizzi. Problema che si riproporrà in Fino a prova conraria e Debito di sangue: forse il thriller di derivazione letteraria non è proprio il suo genere.
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Non so quante delle incongruenze del film siano dovute al romanzo di partenza di David Baldacci e quante allo script di William Goldman. Visto il lavoro che solitamente svolge lo sceneggiatore, e avendo letto un (solo) libro di Baldacci, penso che la trama piena di situazioni inverosimili sia più frutto della fantasia di quest'ultimo.
DiscussioneZender • 14/05/14 14:31 Capo scrivano - 48844 interventi
Possibile, però è strano che le incongruenze vengano dal romanzo e non dallo sceneggiatore, costretto a semplificare la fonte, inevitabilmente.
HomevideoRocchiola • 30/12/19 10:08 Call center Davinotti - 1318 interventi
Il BD della Warner uscito nel 2010 resta un buon prodotto anche se da un film relativamente recente ci si poteva spettare qualcosa di più. L’immagine superpanoramica 2.40 appare pulita e nitida ma un pochino morbida con un quadro generale che poteva essere un pochino più dettagliato ed incisivo. Nelle scene più buie si ha l’impressione di perdere qualcosa. L’audio italiano in dolby digital 5.1 appare chiaro ma non molto potente nelle parti dialogate che necessitano di un rialzo del volume.