Ha molte qualità, l'esordio dietro la macchina da presa di Rubini, quasi interamente ambientato all'interno di una piccola stazione del foggiano. E conta prima di tutto su una grazia non comune nel disegno dei due protagonisti, così diversi e in grado di completarsi: da una parte Flavia (Buy), ricca figlia di un banchiere, in fuga da un party dove il fidanzato (Fantastichini) cercava in ogni modo di costringerla al ruolo di garante in una vendita, dall'altra Domenico (Rubini), capostazione con tanto tempo da far trascorrere in attesa che passino nella notte (senza sostare) quei due o tre treni per i quali deve uscire in divisa, lanciare un segnale con la lampada e cambiare...Leggi tutto il binario. Un lavoro monotono e - ma su quello Domenico sta ancora rimuginando - sostanzialmente superfluo. In una sera di pioggia battente Flavia entra nella stazione e nella sua vita delicatamente, in attesa di prendere un treno per Bari che fermerà lì solo la mattina dopo. Raggiunta in breve sul posto dal fidanzato, già sull'orlo di una crisi di nervi, gli ribadisce di non voler tornare sui propri passi ottenendo di irritarlo ulteriormente e costringendolo a rientrare in villa convinto che lei cambierà presto idea. Ma intanto il tempo passa e Domenico, sempre col garbo e la cortesia dell'ingenuo giovane di paese, intrattiene a suo modo la giovane raccontandole di quanto s'impegni a cronometrare il tempo esatto dopo il quale il caffè bollirà (2'57" o 2'59" nel caso si metta più polvere), il momento in cui la ribaltina difettosa del mobile s'abbasserà da sola (ogni ora e mezza, pochi secondi dopo il rintocco della pendola), i minuti impiegati dal legno per consumarsi nella stufa... Notazioni bizzarre che scandiscono i migliori momenti del film, davvero felice quando è percorso da una sottile e azzeccata vena ironica che Rubini interpreta impeccabilmente trovando nella Buy la spalla ideale. Flavia è divertita dall'ingenua semplicità di lui, anche se talvolta torna coi piedi per terra ragionando sulla sua condizione di donna insoddisfatta e in chiaro contrasto col fidanzato. Questi tornerà in scena nella seconda parte dando una svolta imprevista al film e non in senso positivo: l'armonia e l'alchimia che fin lì avevano retto, pur tra qualche zoppicamento in regia e pause talvolta eccessive, si spezza lentamente per lasciare spazio all'irrompere dell'azione, con un vero e proprio assedio e una guerra di nervi che disperde l'equilibrio fin lì raggiunto per cambiare inaspettatamente le carte in tavola. E il film non ci guadagna, nonostante la consueta bravura di Fantastichini: era molto meglio quando mostrava gli impacci di Domenico alle prese con l'anziana madre via telefono o con il corso di tedesco da studiare sul libro tramite domande bizzarre. E' in queste scene, che riescono a restituire al meglio la mentalità di chi vive nelle stesse umili condizioni del protagonista, che il film trova la sua ragione di esistere e che la mano del Rubini regista si fa sentire; perché sa far sorridere, sa dare il necessario spessore ai personaggi, far risaltare le differenze tra classi sociali con semplicità e arguzia.
Notevole esordio registico di Rubini, che sforna un film abnorme e ricco di un fascino che deriva dall'inserimento di un fatto straordinario in un contesto non banale, ma banalizzato da procedure, da orari, da regolamenti. Rubini sa dare credibilità al suo personggio. La Buy, qui già fascinosa, crescerà col tempo.
Una commedia di Umberto Marino adattata per lo schermo da Sergio Rubini, regista, sceneggiatore ed interprete. Un film con pochissimi personaggi ma con una sceneggiatura che compie un encomiabile lavoro di caratterizzazione psicologica che, insieme alla riuscita ambientazione (una piccola stazione del sud) e alla buona prova degli attori, rende l'opera interessante e riuscita.
Notevole debutto da regista per Rubini, qui anche attore con gli ottimi Buy e Fantastichini. Pur denunciando la derivazione teatrale della storia, il film ha una vivida impronta cinematografica e riesce non solo a raccontare la strana storia dell'incontro di un capostazione con una donna in una notte di tempesta, ma a caricare i diversi segni di una valenza superiore: la stazione diventa così di volta in volta casa, zattera, castello, luogo delle possibilità infrante; mentre i treni sono l'altra opportunità. Insomma, un piccolo grande film.
Discreto film i cui punti a favore sono l'originalità di fondo e la bravura degli interpreti (la Buy e Rubini, in pratica gli unici veri personaggi). Purtroppo la pellicola non decolla mai del tutto e il ritmo lento condanna alcune parti alla noia. Comunque nel complesso è più che riuscito e l'idea di un film ambientato tutto in una notte e in una piccola stazione provinciale è davvero interessante.
Il debutto registico di Rubini lo segnala già come autore assolutamente originale (e ancora poco studiato) nel panorama cinematografico nazionale. Pur in un contesto fortemente tipizzato (la derivazione teatrale, la localizzazione del racconto nell'entroterra foggiano-garganico), il Nostro (detto con orgoglio regionale) costruisce un'opera universale, che si collega in qualche modo al genere noir ma a cui l'intensità degli attori (Sergio stesso, l'algida Buy e Fantastichini gran villain) donano un ulteriore quid di pathos. Ben dosato il crescendo drammatico.
Film perfettamente studiato, che non lascia nulla al caso presentando nel modo più naturale possibile il sentimento umano con vite che il caso fa incontrare, unisce per un breve istante e separa. Ottimamente descritto il piccolo universo del protagonista interpretato da Rubini, figlio di un ferroviere. L'alba la si aspetta insieme in un finale sotto certi aspetti liberatorio. Brava anche la Buy, probabilmente interpretando se stessa, (il che comunque è tutto dire).
Le donne i cavalier l’armi l’amori nel limbo per eccellenza, spartitraffico di esistenze sempre in moto in un mondo-vita a sua volta di passaggio; Rubini, guardiano del transito e di un sostanziale nulla burocratico, dovrà difendere il suo amore di una sola notte da uno stalker (un Fantastichini memorabile come sempre) con sussulti thrilling dirompenti non lontani da un Peckinpah. Ma il film funziona egregiamente anche quando si adagia sul tenero e sul buffo, sfiorando una comicità che ha del keatoniano. Un bijoux in mezzo a quel tristo astro nascente che sarà il cinema da tinello nostrano.
Fra fumetto e palcoscenico, il film è una prova di bravura formale di regia e recitazione. Ci si sente lontani dalla scena, proprio come a teatro, ma con una vista da vicino sui protagonisti. Il che rende la cura psicologica dei personaggi e dell'azione affascinante. La lentezza è funzionale alla tensione che la regia desidera creare e che riesce a rendere perfettamente. Un film italiano atipico. Un po' asfittico, ci prende e poi ci solleva alla fine della tensione. Ci si chiede il perché.
Prima regia di Rubini per un film atipico; tratto da una commedia teatrale ne eredita tempi e struttura dei dialoghi, ritmati e che riescono a non far pesare l'unità di luogo, tra qualche battutina sommessa e un buon lavoro introspettivo sui personaggi. La seconda parte scade un po' nell'inverosimile ma la pellicola rimane godibile e garbata, leggermente allucinata nell'ultimo quarto. Ottimo il trio di protagonisti, soprattutto la Buy, che comincia a lavorare sulla sua recitazione naturale e per sottrazione.
L'energica pièce di Marino trova un superbo adattamento cinematografico nel film d'esordio di Rubini alla regia. La location unica conferisce un senso di claustrofobia che accompagna l'escalation drammatica della vicenda, in cui il zelante impiegato ritrova grazie a un amore estemporaneo la forza per affrontare una situazione in cui sarebbe stato molto più facile defilarsi. Grande regia che asseconda lo stato di grazia dei protagonisti in un film che, pur con qualche rozzezza da opera prima, resta uno dei film più belli della decade. Chapeau!
MEMORABILE: Rubini che studia tedesco; La telefonata della mamma; La scansia rotta...
Il rapporto che si viene progressivamente a creare tra il pedante capostazione e la ragazza emancipata è molto ben descritto da Rubini (alla sua prima regia) e ben interpretato dai due protagonisti. La piccola stazione diventa un palcoscecnico teatrale efficace per rappresentare il dramma del confronto culturale e sociale nelle sue sfumature più intime ma anche nelle sue conseguenze più violente. Finale appropriato.
Tratto da una pièce, un film curioso che sottolinea il talento registico di Sergio Rubini, con tratti e atmosfere molto simili a quelle del primo Francesco Nuti. Un film che si basa sull'apporto di una sola location e soli tre attori, con un bravo Rubini, una Margherita Buy meglio che altrove e un Ennio Fantastichini a tratti un po' sopra le righe ma sempre valido. Si respira tanta amarezza, come capita spesso in questo tipo di film, e la bravura del regista sta anche nel mantenere vivo questo sentimento per l'intero film, senza cadere in melensaggini. Davvero buono.
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La gente che aveva assistito alla pièce teatrale si lamentò molto del finale della versione in sala, poiché molto differente. Oltretutto nella pièce il personaggio di Rubini è meno macchiettistico di quello portato in sala.
La stazione dove si svolge la vicenda e dove Rubini presta servizio è quella di San Marco in Lamis, servita dalle Ferrovie del Gargano, mentre Rubini indossa il cappello da capostazione delle Ferrovie dello Stato.
DiscussioneZender • 11/09/17 08:25 Capo scrivano - 48839 interventi
Sì, è già segnalato nelle location verificate, Pessoa.
B. Legnani ebbe a dire: Pessoa ebbe a dire: Zender ebbe a dire: Sì, è già segnalato nelle location verificate, Pessoa.
Chiedo venia Zender.
Io in realtà intendevo segnalarla come curiosità, visto che in effetti più che la location in sé intendevo evidenziare il blooper.
Pessoa, ciao.
Una considerazione. Se nel film si dice che si è San Marco, è un errore.
Se non lo si dice, non lo è.
Lo si dice?
Ciao Buono,
più che altro lo si legge, piuttosto spesso, nelle inquadrature esterne all'edificio, sui cartelli segnaletici. Poi lo si desume dai dialoghi con le stazioni limitrofe. Poi ci sono le fonti...
All’inizio del film, quando Rubini e a casa e sta per andare al lavoro, dalla tv accesa si sente la voce di Sandra Mondaini nel “Gioco dei 9” che presenta gli ospiti della puntata, poco dopo si sente anche Vianello.