Note: 7 candidature al David di Donatello 2006: film, regia, sceneggiatura, attore protagonista (Bentivoglio), non protagonista (Rubini), fotografia, premio film commission Torino Piemonte (premio dei critici). Candidato ai Nastri d'argento 2007 per: non protagonista (Rubini), fotografia e scenografia.
Rimescolamento di dramma (che caratterizza la prima parte connotando il film in una direzione ben precisa) e giallo (che acquista lentamente importanza arrivando a prevalere nel finale, al punto di farci riconsiderare tutto alla luce delle nuove rivelazioni). Rubini, che dirige e co-sceneggia, ci fa respirare il sapore della sua terra, la Puglia (tra Brindisi e Lecce) e della sua gente senza tuttavia scadere nella cartolina per i luoghi o nella macchietta per la recitazione. I personaggi sono ben delineati e tutti dotati di buona personalità; a cominciare da Luigi (Bentivoglio), professore di filosofia che torna nel suo paese d'origine per sbrogliare una questione legata all'eredità...Leggi tutto paterna: la masseria dove suo fratello Aldo (Venturiello) vive e lavora potrebbe essere venduta e a volerlo è soprattutto il terzo fratello, Michele (Solfrizzi), mobiliere con mire politiche ma troppi debiti. Aldo però è prevedibilmente contrario mentre il fratello più giovane, Mario (Briguglia), sembra in altre faccende affaccendato lavorando in una comune per ragazzi con ritardi.
L'impatto con la famiglia mostra a Luigi come andare d'accordo non sia affatto facile: sono soprattutto Aldo e Michele a scontrarsi per via di vedute opposte e non bastano i buoni uffici del protagonista (che peraltro scopriremo perché ha lasciato la Puglia ricollegandoci al prologo, sulle prime enigmatico) a riconciliarli. Meno centrata la conoscenza sul posto della bella Angela (Di Rauso), legata a Mario, mentre fondamentale è l'incontro col boss locale, Tonino (Rubini), un usuraio a cui in molti guardano con spregio per motivi diversi: Michele perché gli deve dei soldi, Aldo perché gli ha sottratto l'amante dell'est. Sarà proprio Tonino a morire durante una processione, avviando di fatto apertamente il meccanismo giallo che costituirà la base di una storia che comunque si sviluppa in buona parte sulla costruzione dei rapporti tra le figure di primo piano (tra le quali non è compresa Claudia Gerini, destinata ad entrare in scena solo nelle ultime fasi in qualità di moglie di Luigi).
Scegliendo location suggestive tra scorci di paese, spiagge, masserie e torri abbandonate, Rubini mostra di saper valorizzare i punti di forza della sua terra, e se anche nel racconto non tutto fila liscio (senza considerare una certa fatica nel gestire alcuni snodi del complesso intreccio), se qualche scena non sembra affatto necessaria, se Bentivoglio non convince del tutto nonostante la consueta, solida prova, è da apprezzare la capacità di mascherare gli ingranaggi da thriller per svelarne sempre più particolari fino a colpire nel segno con due o tre buoni colpi di scena che valorizzano il finale.
Peccato per gli inciampi che parzialmente minano la fluidità del film, perché invece molti dialoghi mostrano la maturità con cui la sceneggiatura affronta i lati oscuri di ognuno dei personaggi portandone alla luce le loro indecisioni, massime in colui che si trova ad essere il centro di gravità della storia, il termine ultimo di ogni decisione, punto di vista attraverso il quale leggere quanto accade. Imperfetto, a tratti sopra le righe ma verace e per numerosi aspetti gustoso, a cominciare dalla caratterizzazione viscida, untuosa, di un Rubini che si imbruttisce per portare in scena il suo spregevole usuraio. Musiche di Pino Donaggio assai presenti e non sempre adeguate.
Tra i migliori film diretti da Sergio Rubini (che riserva per sé un ruolo secondario ma molto significativo realizzando una bella prova di recitazione). La terra è un thriller che si mescola con le suggestioni evocate dal tema del ritorno a casa del protagonista (un pugliese trapiantato da anni nel nord Italia) intepretato da un intenso Bentivoglio. Il regista presenta un indubbia capacità evocativa che sfrutta al meglio il bellissimo scenario offerto da natura e borghi pugliesi che fanno da sfondo a un film riuscito.
Un professore pugliese torna al paese natio e si trova coinvolto nelle beghe dei fratelli. Causa: il ras locale e la terra ereditata dal padre... Un bel film ispirato a "I fratelli Karamazov", dove Rubini (molto bravo) si incarica di interpretare il laidissimo usuraio motore del giallo. Gli attori fanno a gara in bravura, con Bentivoglio e Venturiello che sembrano trattenere l'accento pugliese per non svelare il loro legame. Solfrizzi e Briguglia interpretano le loro nevrosi senza gigioneggiare. La Gerini è il legame con l'oggi.
Pasticciato melodramma di Rubini, che riprende temi già utilizzati nel precedente e più pregevole L'amore ritorna, ma virati tutti in negativo con una grossa patina di cinismo. La storia parte bene ma si ingarbuglia presto in un eccesso di melò e noir. Rimane un'indubbio mestiere di regia e direzione attoriale, una buona confezione e soprattutto l'ottimo ruolo che Rubini si tiene per sè. Bravi comunque anche gli altri attori, in particolar modo Bentivoglio e Venturiello. Gerini un po' spaesata.
Certo, il tema del forzato ritorno dell'emigrato, in un paese che sembra non essere più suo, è già stato sviscerato. Tuttavia Rubini, senza inciampare in una critica facilona, un soggetto caricaturale o, antiteticamente, in uno scorretto distacco, ci invita a scorgere questo interessante connubio tra una ben nota, amara realtà e il romanzo giallo. corale il film, bravi i protagonisti (salvo qualche iperbolico tratteggio), brulla "la terra".
Da rimarcare: alcuni primi piani e location assolate (tipo la masseria) scelte da Rubini, le prove di Bentivoglio, Venturiello e dello stesso Rubini veramente laido. Da buttare: Solfrizzi caricaturale, il Briguglia frenato, lo sviluppo sgangherato della storia, l'ennesima processione di paese, i critici che lo hanno incensato. Nel mezzo le donne: una Gerini espressiva ma di contorno e la solita attrice in rampa di lancio (la Di Rauso) che si esibisce mezza nuda: quasi un must per un film italiano.
Una buona regia e una trama ben articolata; pur rimanendo sempre in superficie e quasi mai approfondendo ciò che al film darebbe una connotazione di giallo o di thriller; quindi ne esce fuori essenzialmente un drammatico. Bravo Bentivoglio e piuttosto scanditi i tempi, ma la magia della location (da pugliese) so che non è affatto ben sfruttata, partendo dal fatto che nella provincia di Brindisi la gente non ha accento barese. Si segue bene, ma molte scelte ricadono in una confezione più da televisione che da cinema.
La terra è la storia di quattro fratelli, diversissimi tra di loro. Il più grande, emigrato anni addietro, si trova costretto a tornare al paese natio nel quale ritrova i fratelli immersi nei propri guai. Poi un omicidio, due sospettati ed una soluzione inaspettata. Film gradevole, con ottime interpretazioni di Rubini (sua anche la regia), Bentivoglio e Venturiello. La Puglia splendida attrice non protagonista.
Ottima prova di regia del Rubini pre Colpo d'occhio. Mesagne, piccola cittadina pugliese, è l'attrice più incantevole del film ed è supportata da tre attori intensi e affiatati (Bentivoglio, Venturiello e Solfrizzi) e due inutili e fuori ruolo (Briguglia e la Gerini). Difficile e ben interpretato il "Tonino" di Rubini. Le facce di Venturiello e Bentivoglio mi portano prepotentemente indietro di 23 anni... a Marrakech Express! Un tuffo al cuore.
Questa terra meridionale così aspra ed assolata è motivo di contesa (e ripresa) fra quattro fratelli così diversi fra di loro, ma in fondo così uniti. Il film resta in bilico tra dramma e parodia, thriller ed ironia, regalandoci intensi momenti di pathos e svelando verità (alcune risapute) sul mondo variopinto e contraddittorio del Sud Italia. Non perdetevelo.
Il ritorno alla terra natia è foriero di rancore, morte e riconciliazione; Rubini lo sa bene e nella sua assolata Puglia trasporta un melodramma figlio della letteratura di Dostoevskij (“I fratelli Karamazov”), di Proust (“Alla ricerca del tempo perduto”), della provincia corrotta, dell’emigrazione, del divario tra Nord e Mezzogiorno e del giallo, che vi penetra nella seconda parte. Tutti questi aspetti si palesano nelle vibranti interpretazioni dei protagonisti e dei caratteri marginali, a testimonianza delle risorse di un cinema italiano ancora vivo e vegeto e pronto a rimettersi in gioco.
Premetto una doppia partigianeria (la passione per Rubini, l'odi et amo nei confronti della mia terra d'origine), che mi rende criticamente orbo. Dopo alcuni passaggi nostalgico/folkloristici, Sergio ritrova l'anima ultima del suo cinema: una affettuosa ferocia, un cuore russo, unico metro capace di colmare la distanza antropologica che ci divide da ciò che è nostro ma non ci appartiene più. La terra è ben più atavica della "roba" verghiana. Di fronte a essa vinti siam tutti: chi ne è posseduto, chi si illude di poterla cambiare, chi è partito... per sempre?
MEMORABILE: La scorsesiana processione dei Santissimi misteri, scena dell'omicidio; Il Tonino intagliato da Rubini nel sudore e nella forfora.
Gustosamente a metà tra dramma e thriller, è una piccola e gradita sorpresa questo film di Rubini. Sin dalle prime immagini presenta uno stile interessante ed un plot intrigante. In seguito alcune scelte narrative risultano un po' più "facili" e prevedibili ma il film è ben scritto e tiene botta, avvincendo fino in fondo. La regia di Rubini è buona così come la sceneggiatura che intreccia sapientemente le storie dei vari personaggi. Bravi gli attori. Davvero un buon film: essendo di marca italica la
cosa non è da poco.
Un thriller all'italiana a tutti gli effetti, con tanto di beghe familiari ambientate nelle terre del Salento, tanto amate dal regista. E difatti in quanto a fotografia Rubini gioca in casa, anche se poi si diletta in un genere da lui poco battuto riuscendoci con discreta bravura. Il problema è che a volte i tratti più "gialli" della storia perdono la loro caratterizzazione per andare appresso al melodramma dei vari fratelli in lotta tra loro, mantenendo un equilibrio piuttosto scialbo tra i due generi in ballo.
Ottimo film di Rubini, che delinea alcuni aspetti ancora molto diffusi di una terra bella ma difficile (per alcuni aspetti) come la Puglia. La pellicola è un riuscitissimo mix tra thriller e dramma ben diretto, ben sceneggiato, ma anche ben interpretato. Magnifiche le interpretazioni di Bentivoglio, Venturiello e dello stesso Rubini (davvero losco e difficile il suo ruolo). Benissimo anche Solfrizzi, mentre Briguglia appare sottotono; di contorno invece la Gerini. Stupende le location pugliesi. ***!
MEMORABILE: L'omicidio durante la processione; Il personaggio di Rubini
E’ un piccolo capolavoro del Sud questo thriller drammatico ideato da Rubini, ispirato nella fotografia, nelle ricerca delle location (colpisce la piazza, spesso completamente vuota), nello studio dei personaggi; è presente anche una trama gialla, ben architettata... insomma c'è tutto, fino ai titoli di coda con una spiegazione che non si sente e intervallata dai numerosi passaggi oscuri in galleria, a sottolineare luci e ombre della vicenda. Bentivoglio appare molto ispirato, senza nulla togliere agli altri.
MEMORABILE: La Chiesa di Roma (scatola con candela); L’arrugginito cartello di Mesagne.
Dramma familiare in salsa pugliese in cui si narra una solida vicenda di usura e tensioni tra fratelli. Sviluppo narrativo avvincente con un Bentivoglio intenso ben coadiuvato da un laido Rubini e un appropriato Solfrizzi. Le riprese, ben miscelate con le musiche di Donaggio, esaltano l'incontaminata e selvaggia natura pugliese.
Buon dramma familiare misto a noir con il quale il bravo regista Rubini torna a farci godere di alcuni scorci suggestivi della sua Puglia. Buono il cast, che dà spessore a personaggi (i quattro fratelli in primis) molto diversi e sfaccettati. La tensione cresce man mano che la vicenda entra nel vivo, grazie anche a un commento musicale adeguato. Sceneggiatura abbastanza solida.
Rubini torna in Puglia per raccontare un dramma familiare a tinte fosche in cui la storia, che parte in sordina, rivela piano tutti gli intrighi che si snodano attorno a un omicidio, all'ombra di ulivi secolari e cattedrali sonnacchiose. Ennesima prova da maestro per Rubini, che si riserva un ruolo secondario (ma molto significativo) per dirigere al meglio un buon cast in cui brillano Bentivoglio e Solfrizzi, che indovina tutti i tempi cinematografici. Sceneggiatura priva di sbavature e splendida fotografia. Un piccolo capolavoro.
MEMORABILE: La processione del Venerdì Santo, molto ben ricostruita; L'accordo di Bentivoglio con la moglie di Rubini.
Un Rubini particolarmente ispirato, che si muove a metà tra giallo e dramma familiare, in una terra assolata e arida che fa da perfetto scenario alla scaltra sceneggiatura. Ottimo il cast, che regge bene il gioco (su tutti lo stesso Rubini in panni mai così laidi) e dà la giusta veridicità regionale alla vicenda. Ultima parte con classici flashback che ricostruiscono una soluzione non semplice da intuire, per un film davvero riuscito. Buone le musiche di Donaggio.
Professore milanese torna in Puglia per un'eredità. Ritorno alle origini nel quale, una volta esaurite le componenti territoriali e familiari, c'è la svolta nel giallo. Proprio con l'uscita di scena di Rubini il film si sgonfia avviandosi verso una soluzione prevedibile e difficile da dimostrare. Lo stile di Rubini assomiglia a quello di Tornatore per la rappresentazione ambientale e le venature thriller. Bentivoglio regge il ruolo mentre gli altri protagonisti incidono poco; anche l'entrata in scena della Gerini non apporta granché. Musiche centrate ma eccessivamente ripetute.
MEMORABILE: Il taglio sul collo; Lo scambio alla processione; La falsa testimonianza.
Procacci e Rubini già dai tempi de La bionda avevano in mente questo film, ispirato ai fratelli Karamazov. Il progetto si è poi evoluto (Bentivoglio che doveva essere il fratello minore è diventato il maggiore), ma lo spirito è rimasto intatto ed è indubbiamente affascinante. Un dramma familiare a tinte gialle, con un omicidio che sconvolge una storia che pareva segnata e sposta luci e ombre sui personaggi. Tutti ben scritti e interpretati. Salda la regia, che restituisce l'aridità dei paesaggi ma soprattutto delle persone coinvolte. Buon film.
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