Comincia male, il film di Rubini, precipitando maldestramente verso derive sentimentali da fiction di quarta categoria e mettendo subito in luce la modestia della coppia giovane: Scamarcio scultore non brilla eccessivamente, Vittoria Puccini come oggetto del desiderio è bellissima (e pure nuda integrale a due passi dal laghetto) ma deboluccia, quanto a recitazione. Non basta saltare subito alle vie di fatto per evitarci una parentesi romantica stucchevole. Poi entra in scena Rubini critico d’arte e tutto cambia: il film acquista spessore, i personaggi si sfaccettano, la storia assume finalmente i connotati di (melo)dramma a tinte fosche e Rubini delizia con un’interpretazione non facilmente riconducibile...Leggi tutto a canoni comportamentali classici. Pare sincero, forse non lo è, di certo se è invidioso non lo dà a vedere e anzi. Ciò che più piace, in COLPO D’OCCHIO, è proprio la capacità di affrancarsi dalla banalità attraverso una sceneggiatura ben scritta che non lascia spazio a decodificazioni immediate, articolata in più fasi che la scelta di location sempre diverse (da Berlino a Roma, dall’Abruzzo a Ostia antica) aiuta a visualizzare e ad apprezzare. Certo, è principalmente grazie al Rubini attore se il film regge, ma è anche vero che non va trascurata l’inusuale scelta di muoversi nel campo di un’arte poco presente al cinema come la scultura e la buona descrizione degli ambiti in cui i personaggi interagiscono. Qualche forzatura (soprattutto nel finale) inficia la credibilità dell’insieme, però anche come thriller COLPO D’OCCHIO ha qualche buona carta da giocarsi. In definitiva un film che funziona a fasi alterne, con qualche pausa evitabile ma che si lascia seguire fino ai titoli di coda (sulle note della bella canzone delle Vibrazioni, degna chiusura di una colonna sonora di tutto rispetto firmata Pino Donaggio). Modesti e poco significanti i caratteri secondari, dall’amico tossico all’algida e (si vorrebbe) enigmatica Paola Barale. Un oggetto piuttosto insolito, per il panorama cinematografico italiano attuale, e per questo stimabile.
Giovane artista emergente soffia la donna a un noto critico d'arte. Sarà fredda vendetta. Rubini si cimenta col thriller all'italiana con una vicenda che parte come un triangolo amoroso e si trasforma in una seduzione del male. La scansione degli eventi ricorda molto Rosemary's baby e L'avvocato del diavolo, mentre le location (Torino, Venezia, Berlino, Abruzzo) richiamano a tutta una tradizione italiana. Rubini è grandioso, mellifluo e seducente, bravi e funzionali Scamarcio e la Puccini. La Barale sembra la Steele. Confezione molto buona. Godibile.
MEMORABILE: Il primo incontro tra Rubini e la Puccini dopo la separazione, girato come un duello western. Il finale alla Leone. La Venezia alla Roeg.
Deludente; se poi si pensa alla storia di Rubini regista, i primi venti minuti sono imbarazzanti; non è facile abbattere una stella nascente come Scamarcio, né fallire al botteghino con l'eroe di tante adolescenti... Eppure questo film ci riesce, nonostante l'impegno a rappresentare il mondo dell'arte in maniera mai così sentita ed approfondita in un film italiano; Rubini come attore è sempre un piacere, lo è ancora di più quando si fa crudele e maligno. Ma il resto gira confuso. E poi perché rifilarci la Barale?
Una buona idea mal realizzata. Il tema della vendetta, il rapporto tra critico e artista, un amore giovane distrutto da un intrigo diabolico... Ma la storia non decolla, impigliata in una trama approssimativa, con troppe coincidenze poco credibili, dialoghi sentenziosi, personaggi secondari pigramente costruiti. E un protagonista troppo meschino per essere malvagio. Non ha lo spessore dell'eroe del male, d'altra parte non è neppure simpatico... Davvero nessuna magia in questo noir raffazzonato.
I film che Rubini dirige servono a valorizzarlo come attore, più di quanto facciano le pellicole di altri in cui spesso si riduce a macchietta. Colpo d'occhio non fa eccezione: difetta (molto) nello script, (meno) nella regia, ma Pietro Lulli è uno di quei personaggioni che non si dimenticano, uno di quei caratteri villain che, a suo tempo, avrebbe interpretato con piacere un Welles in vena di gigionerie. Ed invece Rubini fa anche meglio. Recita sommessamente, subliminalmente, subdolamente. Come fa Lulli con le sue vittime Scamarcio e Puccini.
Incerto. Inizia all'insegna di un romanzo sentimentale dall'irritante languidezza, poi si sposta progressivamente verso i territori del thriller-noir, genere in cui Rubini non mostra una gran dimestichezza e i due comprimari Scamarcio e Puccini sono ben poco convincenti; tuttavia il personaggio mefistofelico e onnipotente di Rubini e il suo sapiente uso di spazi, ambienti e colori diversi conferiscono al film una modesta attrattiva. Un piccolo passo avanti, insomma, per il nostro cinema in piena crisi.
Tutta la prima parte procede col freno a mano tirato e si distingue solamente per l'apprezzabile "sintonia fisica" tra Scamarcio (prova senza infamia e senza lode la sua) e la Puccini, molto carina e con quel visino pulito perfetto per il ruolo. La componente thriller, per lo più psicologica, esplode alla distanza grazie a un Rubini viscido e spietato, che lascia il segno sia come attore che come regista con ottime scelte alla voce location. L'insulso cast di supporto e l'eccessiva durata del film però penalizzano il risultato finale. Solo discreto.
Alti e bassi in questo film diretto (ed interpretato) da Sergio Rubini: una storia che riprende quella eterna del pigmalione con il potente critico d'arte, la giovane promessa e la fidanzata di quest'ultimo nonchè ex amante del primo. Piuttosto debole la sceneggiatura con aspetti irrisolti e "snodi" di trama piuttosto improbabili. Buone la regia e l'interpretazione di Rubini; deludenti le prove di Scamarcio e (sopratutto) della Puccini, bella presenza ma attrice incerta.
Interessante quanto sprecato. Rubini si crogiola con compiaciuto narcisismo in un personaggio manipolatore e meschino (certi suoi buffetti in faccia fanno pensare al Volonté di Indagine), al punto da far venire il dubbio che il suo vero scopo fosse mortificare il giovane talento di Scamarcio anche nella realtà. Purtroppo il regista non corrisponde all'attore, e invece di spingere con decisione sul pedale del grottesco sfriziona di continuo, ingolfando la narrazione con vani ammiccamenti. La Puccini è bella, ma così moscia da farlo dimenticare.
MEMORABILE: Solo i mediocri imitano: gli artisti rubano!
Soffermadomi sulla realtà e non sulla romanza con sfondo di giallo, ci tengo a precisare: molte sfumature del film fanno parte dell'annosa lotta quotidiana dell'affermazione, come nell'arte nella vita. La Biennale di Venezia rappresenta un traguardo, la massima aspirazione alla quale non si può più rinunciare. Il Lulli (critico e abile burattinaio) è solo il mezzo talvolta malvagio per il raggiungimento del fine. Ottima l'interpretazione di Rubini.
Rubini regista può contare su alcune buone carte, a partire da Rubini attore alle prese con un personaggio sfaccettato e non banale. Di positivo anche una storia intrigante (a parte l'inizio uggioso), belle localizzazioni sia urbane che d'interni, una colonna sonora calzante. Però ad affondare ambizioni e film ci pensa una infelice scelta del cast: anonimo per quanto riguarda quello di supporto, quasi imbarazzante nel caso dei giovani amanti protagonisti (Scamarcio mima i tormenti d'artista in modo poco convincente, Puccini è lagnosa ed inerte come un ciocco). Peccato.
Parte iniziale stucchevole, ma necessaria; parte finale con trovata a sorpresa dell'ultimo secondo evitabile. Nel mezzo il film si muove bene sui binari di un sottile thriller psicologico, con l'ottimo personaggio di Rubini che si diverte a mischiare le carte in tavola. Bravo Scamarcio, la Puccini invece non convince.
Un plauso va sicuramente a un soggetto ambizioso e interessante che purtroppo, trasposto in sceneggiatura, perde gran parte della sua componente eversiva; se lo sviluppo sembra procedere degnamente, l'arrivo ingiustificatamente improvviso ed eccessivamente calibrato (?) del finale trascina il film nello sconcerto. Il progetto avrebbe meritato ben altri sceneggiatori, in modo da elevare la figura di "Lulli" - animandola di carisma e fascino malvagio - a "demone corruttore" e non a "cattivello insinuante".
Rubini regista manovra a suo piacimento Scamarcio e la Puccini e, ovviamente, se li mangia come attore: uno sguardo sull'arte e la voglia di successo che poteva assumere sfumature ancora più crudeli ed ambigue, quasi scespiriane, se ci fosse stato più coraggio; invece la storia, pur girata e fotografata bene e musicata ancor meglio, risulta prevedibile, troppo parlata e poco suggerita. Salvo il finale, a mio avviso non interpretabile esclusivamente in chiave positiva. Scamarcio sempre bello, Puccini graziosa.
Quando lo vidi al cinema mi piacque molto, soprattutto per via della Puccini (di cui mi ero già infatuato ai tempi di Rivombrosa), bella come una dea. Oggi devo ammettere che il film ha dei limiti piuttosto evidenti e che parte anche maluccio, ma il mix tra melodramma, thriller psicologico e spietata requisitoria sul mondo dell'arte rappresenta qualcosa di insolito e il finale beffardo (e parzialmente aperto) colpisce adeguatamente. Rubini meglio come attore che come regista, Scamarcio ha la giusta presenza scenica, la Barale è indigeribile.
Rubini regista confeziona un thriller psicologico abilmente trainato dal Rubini attore, che intriga con il suo fare mefistofelico e subdolo. La sceneggiatura non sempre scorre liscia, con qualche momento di stanca di troppo ravvivato però dalla cura per la messa in scena e dalle musiche di Donaggio. Scamarcio funzionale mentre la Puccini qui insignificante, dotata di poche modulazioni vocali ed espressive. Finale volutamente ambiguo ma che sa anche di liberatorio. Non male.
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Anch'io come il Davinotti ho trovato molto irritanti i primi dieci minuti del film(le sequenza d'amore sono ridicole,tutte incentrate su Scamarcio,la Puccini sarà pure bellissima ma è piallatissima...)...e stavo già sbuffando a tutto andare nella sala.Poi il film è cambiato,è decollato.
Concordo anche sul finale un po' ambiguo,in cui non si capisce bene come va a finire per il personaggio di Ribini.
Ma nel complesso è stato davvero un bel filmetto.
Ad avercene.
DiscussioneZender • 31/03/08 08:05 Capo scrivano - 48946 interventi
Effettivamente sto finale mica l'ho ben capito. SPOILER Soprattutto non ho capito l'atteggiamenteo del commissario e la risposta che gli dà Rubini... E' una sorta di confessione o che? Una collanina e una donna che piange non fan mica testo, come prova...FINE SPOILER
DiscussioneZender • 31/03/08 16:20 Capo scrivano - 48946 interventi
SPOILER Quello che io ho concluso è che Rubini comunque sarebbe dovuto andare in centrale (aveva accoppato uno, per difesa o non difesa) e che quindi i commissari lo accompagnavano. Resta da capire se la polizia appunto aveva capito qualcosa o no. O se magari Rubini regista pensava, mostrandoci un pianto e una collanina, di farci credere che così tutto sarebbe andato a posto e Rubini sarebbe stato smascherato. FINE SPOILER
io lo reputo un attore capace ma in questo film non mi ha convinto
DiscussioneZender • 9/08/09 09:33 Capo scrivano - 48946 interventi
Sì, forse non ha convinto troppo neanche me, a dire il vero. Penso in effetti che chi tiene in piedi il film sia sicuramente Rubini, sia chiaro. Dico solo che non demerita troppo, Scamarcio, ecco. Che come giovane artista di quel tipo posso anche capire che sia stato scelto lui, vista la sua nota aria da bel tenebroso. La Puccini invece è solo bella, brava (almeno qui) proprio no.
DiscussioneGugly • 1/11/12 19:25 Archivista in seconda - 4712 interventi
Zender ebbe a dire: SPOILER Quello che io ho concluso è che Rubini comunque sarebbe dovuto andare in centrale (aveva accoppato uno, per difesa o non difesa) e che quindi i commissari lo accompagnavano. Resta da capire se la polizia appunto aveva capito qualcosa o no. O se magari Rubini regista pensava, mostrandoci un pianto e una collanina, di farci credere che così tutto sarebbe andato a posto e Rubini sarebbe stato smascherato. FINE SPOILER
Io ho trovato il finale splendidamente ambiguo, forse non consolatorio: come è possibile dimostrare la manipolazione e l'istigazione che hanno condotto agli eventi che abbiamo visto?