Un'organizzazione terroristica (Weather Underground) dispersa dai tempi del Vietnam torna alla ribalta delle cronache: non per nuove azioni ma perché uno dei componenti della stessa (Susan Sarandon) viene catturato dopo tre decenni di latitanza. E' il via di una reazione a catena che porta presto allo smascheramento di un altro del gruppo, quel Nicholas Sloan (Robert Redford) che da lungo tempo viveva sotto le mentite spoglie dell'avvocato Jim Grant. Stavolta però la polizia non riesce a beccarlo, e Sloan comincia una fuga per il paese alla ricerca degli antichi amici per chiarire cosa accadde all'epoca durante una sanguinosa rapina con morto. Sulle loro tracce si mette in luce un giovane, ambizioso...Leggi tutto giornalista (Shia LaBoeuf), visto che l'FBI pare piuttosto impotente... Redford regista ricade nei difetti dei suoi ultimi lavori: storie anche interessanti, sulla carta, ma svolte con scarsa propensione al coinvolgimento emotivo, appesantite da lunghe fasi dialogate senza che ve ne sia davvero la necessità. Il retaggio è quello del cinema americano dei Pakula e dei Pollack, che Redford ben conosce ma che non riesce ad adattare ai tempi, riproponendone più gli aspetti negativi che le qualità. E dire che i volti del cast più "in età" eran quelli giusti, da Nick Nolte a Julie Christie; il pesce fuor d'acqua è semmai LaBoeuf, con quell'aria da spocchioso liceale baciato dalla fortuna dopo che il suo capo al giornale (Stanley Tucci) era quasi pronto a prepensionarlo. A trasformarlo in eroe ci pensa una sceneggiatura che pesca a piene mani da meccanismi consunti celandoli sotto l'apparenza di una profondità narrativa che in realtà resta soprattutto nelle intenzioni iniziali; anche il colpo di scena "familiare" risulta più che altro una forzatura utile giusto a movimentare una staticità che cominciava a indurre sonnolenza. Il film manca d'incisività, di grinta, appare a più riprese spento e adagiato su una forma che le belle musiche d'atmosfera di Cliff Martinez (ex dei Red Hot Chili Peppers) rivestono di uno spessore in realtà quasi del tutto assente.
Ritorno alla regia di Redford con un film di tutto rispetto. La direzione degli attori è ottima e nonostante il finale sia messo sul piatto un po' troppo presto siamo di fronte a un'opera che mantiene fino alla fine un interesse costante. Grandissimi Redford e Julie Christie, mentre la colonna sonora di Cliff Martinez non è da meno.
Dopo cinque anni di assenza dal grande schermo (come attore), Redford torna e fa centro grazie a una storia emozionante, coinvolgente e con ottimi dialoghi. La sua regia è ancora diligente, accattivante nonostante il ritmo a volte rallentato. Superlativo il cast, dove lui giganteggia, ma nessuno gli è da meno, in particolar modo Julie Christie, Nick Nolte e Richard Jenkins. Buona la colonna sonora, finale quasi commovente.
Una vicenda complicata con coinvolgimento della CIA (per via di un fattaccio passato che ritorna alla cronaca), i volti noti impiegati nell'opera e non ultima la regia di Redford sono certamente i punti di forza di quello che si può definire un buon film di tensione, macchiato ahimè da inutili dialoghi prolungati all'inverosimile che affaticano la visione e lo spettatore. Una mezz'ora abbondante di meno non avrebbe guastato; anzi, avrebbe dato maggiore slancio alla pellicola.
Cinema classico, sicuramente debitore verso registi quali Pollack e Pakula, senza scene iper movimentate o scelte registiche azzardate, con un ottimo cast attoriale dei bei tempi che furono. Questi gli aspetti positivi. Redford però rallenta troppo i ritmi, infarcendo la vicenda di troppi nomi e dialoghi, appesantendo così la narrazione e perdendo un po' del potenziale che la storia aveva in sè. Molto belle e funzionali le musiche di Cliff Martinez. Con un pizzico di generosità ***.
Vecchie glorie e cinema vecchio stile, dove l'aggettivo vecchio non è da considerarsi spregiativo ma, semmai, un valore aggiunto. La storia è interessante e, se all'inizio si fa un po' di confusione (necessaria) con nomi e direzioni da prendere, al momento giusto tutto diventa chiaro e quasi scontato. Per certi versi ricorda un'altra famosa interpretazione di Redford, ma allora c'erano di mezzo un condor e più ritmo narrativo, qui si ristagna qua e là ed è la sola pecca imputabile a un lavoro molto professionale sotto tutti gli aspetti.
Film piuttosto impegnativo, con spunti molto interessanti. Purtroppo non basta un eccellente Redford, qui nel doppio ruolo regista/autore, a tenere su una pellicola con una trama poco credibile. Come si può pensare che un'organizzazione i cui membri si sono riciclati in insospettabili figure con posizioni di rispetto, si apra come niente fosse dopo trent'anni quando uno di essi decide di girare per tutti gli States rintracciando gli ex compagni in un battibaleno? E con l'Fbi alle calcagna che, come spesso avviene, non ci fa una gran figura.
MEMORABILE: Il giornalista sbarbatello, maleducato e ficcanaso, veramente odioso come personaggio. Nella realtà lo avrebbero stoppato dopo mezzo minuto.
Chiudere i conti col passato per i membri di una ex organizzazione terroristica ma anche confrontarsi con i propri vissuti personali. Un tema classico che Redford sviluppa secondo tempi e stili ultra classici. Gli riesce a metà: riflessione e azione si fondono discretamente ma alla resa dei conti manca sempre qualcosa. Il peso di La Boeuf è eccessivo se messo a confronto con quello dei mostri sacri che gli girano attorno. Buone le musiche d'atmosfera di Martinez anche se riciclano temi già conosciuti (vedi Sunshine).
Protagonista del grande cinema americano degli anni '70, Robert Redford che ha imparato la lezione dai suoi maestri dirige una storia che si rifà abbastanza chiaramente a quei modelli, sia pure aggiornati. Ne risulta un film, che non si può definire un capolavoro, ma che risulta ben fatto e godibile. Buona la storia, discreta la sceneggiatura, ottima la scelta del cast che annovera alcuni grandi attori e un coprotagonista (Shia LaBeouf) forse un pò intimidito al loro cospetto ma autore comunque di una prova più che dignitosa.
Tutto perfettino, dalla regia di Redford alla direzione del cast formato da attori di tutto rispetto (Jenkins, Cooper, Tucci, Nolte), ma nonostante ciò la sceneggiatura complica la vicenda terribilmente per poi svelarsi senza mordente non inducendo la riflessione, mantenendo la temperatura emotiva sotto lo zero. Manca la classe di un Eastwood (visto che lo stile è quello classico) o la concretezza di un Affleck. Purtroppo, viste le attese e le speranze, non va oltre la mediocrità. Algido.
Ho un debole per questi film con personaggi ben costruiti, dialoghi impeccabili, classicità formale. Quindi sorvolo sulle ingenuità (l'antincendio per fuggire da un palazzo circondato...) e mi soffermo sui pregi della storia, un memento dei foschi anni 70 americani (sì, ci sono stati anche là dei foschi anni 70). La fuga dell'ex attivista ricercato è un percorso a ritroso, verso un luogo che simboleggia un passato che inevitabilmente non passa. Gran cast di ex ragazzi impegnati di Hollywood (con un pezzo di bravura ciascuno). Laboeuf non mi convince mai.
Redford è padrone del mestiere e confeziona un thriller politico ben fatto e ottimamente recitato. Stranamente però la sceneggiatura, pur valida, sembra lasciare un po' sullo sfondo le tematiche sociali e concentrarsi più sulla vicenda fine a se stessa. Da un film dell'eterno attivista attore americano era lecito aspettarsi un po' più di profondità.
Il mascellone Redford ingaggia qualche vecchia volpe di Hollywood e prova a dirigere se stesso in un film che vorrebbe essere un thriller ma che via via perde quel po' di interesse iniziale; e poi non si può vedere un uomo di 75 anni che fugge tra i boschi inseguito dalla polizia! Sicuramente autoincensante oltremisura. Sempre brava la Sarandon.
Da buon attivista liberal qual è sempre stato, Redford tenta di recuperare il cinema di genere impegnato degli anni 70. La confezione dalla fotografia alle musiche è tutto fuorché classica e aderisce pienamente ai canoni cinematografici odierni. Inoltre la sceneggiatura è piuttosto inverosimile. Le vecchie glorie saranno pure fiere di mostrare le rughe, ma come si fa a mettere in scena un protagonista ultrasettantenne con figlia minore a carico che sgambetta nei boschi come un ventenne? Insomma, questo Condor ha le ali piuttosto spuntate.
MEMORABILE: Le varie visite ai vecchi compagni invecchiati; L'iniziale arresto della Sarandon; Il ricongiungimento finale con la figlioletta.
Un ex-terrorista viene stanato dopo anni e per lui sarà una fuga verso il suo passato non del tutto risolto che lo vedrà molto cambiato. Un "Come eravamo" dei tempi d'oggi, dove c'è tutta la nostalgia per gli ideali giovanili. rischiarati da un amore mai del tutto dimenticato. Tante glorie del passato ruggiscono come ai vecchi tempi, impreziosendo un lavoro che senza di loro sicuramente avrebbe meno valore. Tre vecchie glorie e di fronte uno Shia LaBeouf che fa quello che può.
Davvero un ottimo film: sceneggiatura ben scritta, regia solida e interpretazioni di alto livello, del resto il cast è impressionante anche nei ruoli minori, dal direttore Tucci al professor Jenkins passando per la Sarandon che, pur essendo il catalizzatore degli eventi, ha pochissime pose. Il protagonista è Redford, ma il nostro punto di vista è più vicino a LaBeouf (all'epoca venticinquenne) che pian piano ricostruisce un puzzle avvincente. Un pezzo di storia USA controverso: il governo e la leva per il Vietnam o i movimenti di protesta? Chi era più violento? Opera convincente.
Un ex-terrorista si è rifatto una vita e vive con la figlia, ma un fatto inatteso riapre vecchie ferite e lo obbliga a fare i conti con il suo passato. Un thriller "progressista" come è nelle corde di Robert Redford, qui anche regista, e che risulta credibile (e come lui Julie Christie). Buona la tensione soprattutto all'inizio, frettoloso e deludente il finale.
Redford non ha all'attivo tante regie e se questo può significare che vi si è dedicato solo per prodotti di sicura qualità, è anche un peccato, visti i nomi che in genere riesce a convogliare nei suoi progetti. In questo poi un cast eccezionale, tra protagonisti (lui per primo, Laboeuf, Christie) e comprimari (Sarandon, Tucci, Nolte, Gleeson, Jenkins). Forse troppi per una storia stile Condor trent'anni dopo, che manca di fluidità proprio a causa dell'eccesso di personaggi che vi compaiono, non sempre coesi. Film che comunque merita la visione proprio per le ottime interpretazioni.
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Forse sbaglio, ma non mi convice molto la datazione dei fatti. Si parla di contestazione alla guerra del Vietnam e di hippies, ma per tutto il film si dice che la rapina risale a trent'anni prima (e la storia è chiaramente ambientata ai giorni nostri), quindi nei primi anni '80. Ma in quel periodo la contestazione dei figli dei fiori contro tale guerra era finita da un bel pezzo. Inoltre il personaggio interpretato da Redford (che ha 75 anni, nel film potrebbe interpretare uno con qualche anno di meno ma non certo molti) nei primi anni '80 avrebbe avuto ben più di 40 anni, età che mal si accorda con le azioni di ribellione a cui il suo gruppo è associato. Insomma mi pare che tutto avrebbe retto meglio se i fatti si fossero svolti circa 15 anni prima rispetto a quanto raccontato nella pellicola (il romanzo di Neil Gordon dovebbe essere del 2003 e quindi la retrodatazione di 30 anni, se c'è anche lì, funziona meglio).
DiscussioneZender • 10/01/13 09:20 Capo scrivano - 48676 interventi
Una didascalia all'inizio dice: Nel 1969 un gruppo di radicali contro la guerra cominciano una campagna di attentati ecc... Quindi che l'azione cominci nel 1969 è assodato. Poniamo che Redford avesse una trentina d'anni all'epoca, ora ne avrebbe appunto una settantina, quindi la cosa torna. I Weather underground han proseguito comunque fino al 1976. Ora, forse l'azione non è contemporanea ma appunto si svolge nel 2006 o qualcosa del genere (o c'è qualcosa che ti fa dire che siamo nel 2012?)
Probabilmente hai ragione tu, più o meno le cose possono anche tornare. Quello che che mi faceva ambientare la storia ai nostri giorni è che nel film si parla di facebbok (che si è diffuso enormemente negli ultimi anni, anche se leggo che è stato lanciato nel 2004) e anche i telefonini mi parevano molto moderni (invece per quanto riguarda le automobili, non conoscendo bene quelle americane, non mi aiutano nel datare l'ambientazione).
Poi nei titoli di coda ho visto citare qualcosa stile "Anchorman '80".
Invece non credevo che l'attivita dei Weather underground fosse andata avanti fino al 76, immaginavo fosse finita molto prima e quindi se datiamo con quell'anno la rapina e ci aggiungiamo 30 anni e spiccioli arriviamo quasi ai giorni nostri.
L'età di Redford continua invece a non convincermi: se nel film ha una settantina d'anni, levandogliene una trentina si rriva a 40. Facciamo anche un po' meno, mi paiono comunque troppi per le azioni a cui è legato.
Comunque sono tutte fisime mie, effettivamente non c'è nulla di troppo dissonante (ma un po' si...)
Caesars ebbe a dire: Poi nei titoli di coda ho visto citare qualcosa stile "Anchorman '80".
Ho guardato su Imdb, tra gli inertpreti sono riportati:
Barry Bowman........80's News Man
Dan Gerrity.........80s newscaster
Clay St. Thomas.....80s Reporter
Quindi la rapina sarebbe agli inizi degli anni '80. Che c'entra a quel punto la contestazione alla guerra del Vietnam, di cui parla apertamente la Sarandon?
Non sono cose importanti, lo capisco, ma qualcosa continua a non tornarmi.
Comunque il film mi è piaciuto abbastanza (anche se mi aspettavo qualcosa di più).
DiscussioneZender • 10/01/13 12:26 Capo scrivano - 48676 interventi
Condivido il parere sul film; quanto al resto non saprei in effetti, non sono fisime tue. Qualcosa di strano c'è, e ne avevo avuto la sensazione anch'io guardando il film. Secondo me non è ambientato oggi, e appunto Facebook soprattutto in America è lì da un po'...
La contestazione: Weather Underground è partita con quella, ma oi ha continuato contestando altro. Non ricordo quando ne parli la Sarandon.