Del fumetto di Max Bunker & Magnus, nato sull'onda del successo di “Diabolik” ma forte di un'originalità notevole datagli dall’impagabile vena ironica e sadica dei suoi autori, nel film è rimasto poco. Il caratteristico costume col viso di teschio già è poco somigliante e creato in economia, ma ciò che più conta e che più manca è l’efferata crudeltà e spietatezza di Kriminal, vero trademark di uno tra i fumetti più “cool” dell’epoca. Nel film di Lenzi il malvivente ha il viso pulito e angelico di Glenn Saxson, sorta di Roger Moore giovane ma dall'aria meno interessante e si...Leggi tutto comporta mantenendo uno stile impeccabile più degno di James Bond che del personaggio cui presta il volto. Uccide un paio di persone, certo e senza troppi complimenti, ma gli fa assolutamente difetto quella creatività sanguinaria che era prerogativa del fumetto. La storia ruota attorno a un furto di gioielli finito male e comporta prevedibili scambi di persona, doppi giochi, inseguimenti e un po' tutto ciò che fa parte dei generi poliziesco, spionistico e noir. Lenzi dirige con mano ferma, tiene con decisione le briglie di una sceneggiatura complessa che avrebbe potuto sfuggirgli di mano in un attimo, sfrutta con mestiere i bei paesaggi turchi (la Spagna si vede meno), cerca insomma di dare una certa dignità a un prodotto che resta in ogni caso piatto, privo dell'inventiva che Bava userà per il successivo DIABOLIK; scenograficamente sufficiente ma nel complesso insulso e di routine. La figura del criminale mascherato non riesce a emergere. Belli i titoli di testa.
Sufficienza di stima per questa trasposizione del celebratissimo fumetto nero, assai più dirompente del buon Diabolik. Condizionato, come sarà anche Bava, dalla censura preventiva, Lenzi si muove sul familiare terreno dello spionistico, ma con pochi guizzi: contro ogni previsione sarà meglio il seguito del vecchio Cerchio. Gustosi però i titoli di testa e la colonna sonora di Romano Mussolini orchestrata da Pregadio.
Pessimo film che si ispira, malamente, al fumetto nato dalla creatività di Magnus e Bunker. La sceneggiatura è assolutamente ridicola e rende la pellicola priva di qualsiasi mordente o motivo di interesse. La regia di Lenzi è scialba e priva di un'idea che sia una. A mancare poi è soprattutto la vena, spesso ironica, di cattiveria e di violenza che caratterizzava gli albi a fumetti. Il personaggio di Kriminal poi non ha niente da spartire con quello cartaceo. Chi ha amato il fumetto lo detesterà. Gli altri si astengano.
Film che non regge il confronto con il Diabolik di Mario Bava. Sceneggiatura confusa, sequenze a tratti noiose, poca azione, niente ironia. Si salvano solo la regia professionale di Lenzi, l'ambientazione londinese e i titoli di testa. Lenzi ha fatto film migliori.
Lenzi attinge al repertorio bondiano di travestimenti, gadgets e donne belle ed infide rinunciando alla perfidia e alla violenza del fumetto originario di Magnus & Bunker. La sceneggiatura pecca d’ingenuità, l’azione e modestissima e i personaggi – a cominciare dallo scialbo protagonista Saxson – privi di spessore. Rapide, come sempre, le apparizioni di Stacy e Mingozzi.
Tratto da uno dei tre fumetti neri degli anni 60, "Kriminal" di Umberto Lenzi batte in velocità addirittura il Diabolik di Mario Bava, uscendo un anno prima, ma con risultati da filmetto di spionaggio abbastanza scandente. Si partirebbe anche bene, con la fuga dell'antieroe di Magnus & Max Bunker dalle carceri londinesi, seguito dai poliziotti dell'ispettore Milton (Andrea Bosic) in cerca della corona d'Inghilterra, ma poi tutto scade nel fotoromanzo più noioso. Saxon inadeguato, ritmo lento.
MEMORABILE: L'attrice spagnola Helga Liné nel doppio ruolo di Inga e Trude. Andrea Bosic ispettore Milton baffuto e non barbuto. I titoli iniziali a fumetti.
Kriminal la fa grossa e ruba la Corona D'Inghilterra. Pronto per l'esecuzione, viene incautamente liberato dal commissario che vuole salvarlo per poi risalire al tesoro. Rispetto a Diabolik questa pellicola non presenta gli stessi eccessi psichedelici. Mantiene forse uno stile più rigoroso, ma è l'assenza di una sceneggiatura adeguata a renderlo fiacco e prevedibile. Da salvare solo il finale che da fotogramma si trasforma in fumetto, quindi praticamente nulla.
MEMORABILE: "Il viaggio verso la forca è lungo..." "Un viaggio che non riuscirete a farmi completare."
Fumettone avventuroso dei tempi che furono, girato in vari posti lontani. La storia, scritta da Lenzi stesso a partire dagli albi dell'omonimo personaggio, non brilla certo per originalità, e la seconda parte è leggermente macchinosa: comunque preso per quello che è il film non dispiace, e la tutina giallo-nera di Kriminal da sola vale la visione.
Negli anni 60 era tempo di fumetti e film sui famosi fumetti italiani (Kriminal, Diabolik, Satanik). Come da tradizione il film delude parecchio chi è affezionato al fumetto e non solo loro. Si tratta infatti di un film scialbo, senza mordente... Non male il cast (ripreso in parte nel seguito) e belle le ambientazioni. Farà decisamente meglio Cerchio nel Marchio di Kriminal.
Filmetto molto colorato tratto da un celebre fumetto degli anni Sessanta. La violenza propria degli albi non trova spazio in questa pellicola di Lenzi ed anzi il tutto assume i toni di uno "007" dei poveri, con situazioni iper-stereotipate e dialoghi abbastanza improbabili. È il protagonista a non convincere: con la sua faccina da bravo ragazzo, sempre impegnata in un sorriso sornione, è molto distante dalla spietatezza e dal cinismo del vero "re del crimine". Ha la leggerezza di un musicarello e dovrebbe essere un "nero". Non riuscito.
Lenzi si ispira al noto fumetto Kriminal, ma il personaggio del film non ha la cattiveria insita nel suo alter ego cartaceo e pare più uno 007 dei poveri (ironia della sorte: Saxon assomiglia un po' a Roger Moore che interpreterà James Bond solo anni dopo). La storia è quella che è, piena di buchi e passaggi nebulosi, ma la pellicola si riesce a seguire grazie alla mano sicura di Lenzi. Nelle sequenze di "botte" sembra che i protagonisti si blocchino un attimo in posa proprio stile vignetta, creando un curioso effetto. Non granchè ma vedibile.
Visto oggi annoia un po': i soliti ingredienti da 007, spionaggio, Fantomas, il tutto senza una goccia di sangue e scene scandalo, dove il nero del fumetto è sbiadito. Lenzi gira bene, alcuni volti ricordano i disegni di Magnus, sopratutto le donne, (meglio della Konopka) come Helga Line. La tuta da scheletro è indossata poco, fa il suo effetto ma poteva essere resa meglio (è leggermente differente da quella disegnata nelle belle copertine di Luigi Corteggi).
Per cercare di apprezzare appieno il film bisognerebbe visionarlo pensando all'epoca di realizzazione. Oggi e già da tempo quando si pensa a un supereroe lo si immagina robusto alto e magari moro; i canoni dell'estetica allora erano talmente differenti... Ed ecco un Kriminal biondo e con un fisico comune; ma chi ama Lenzi riuscirà comunque a trovare qualche spunto di regia in pieno suo stile. Fumettistico e con un suo perché.
Un Lenzi sottotono porta su grande schermo Kriminal, fuorilegge protagonista dell'ononimo fumetto. Il risultato è piuttosto scadente, complici ritmo e sceneggiatura decisamente insufficienti, oltre a un cast non proprio di spicco. Si salvano di gran lunga la bella colonna sonora (che avrebbe dovuto essere più presente) di Pregadio e Mussolini e le ottime location, in perfetto stile lenziano. Bellissimi i titoli di testa.
Pur non rispettando quelle che sono le caratteristiche del fumetto, Lenzi riesce a interpretare a modo suo quel demonio umano che risponde al nome di Kriminal. Interessante e originale l'idea di mettere nei titoli di testa e in quelli di coda delle vere e proprie sequenze a fumetti, segno che si era un passo avanti rispetto ad altre produzioni dell'epoca. La trama non scorre così lineare, ma risulta abbastanza imprevedibile così come lo è d'altronde il soggetto.
Nato in edicola come prodotto di imitazione, al cinema invece è proprio Kriminal ad aprire il filone delle trasposizioni dei fumetti neri. Non c'è confronto con il Diabolik di Bava, che pur distante a sua volta dal modello originale saprà fare di necessità virtù buttandola sull'auto-parodia e sulla pop art; Lenzi invece rientra (godibilmente) nei parametri più comuni del grisbì vacanziero, con tutto il repertorio (belle case, belle donne, gas nervini, fotocamere nascoste, sostituzione di gioielli con dei falsi e di persone con dei travestimenti) del glamour sotto-bondiano imperante.
MEMORABILE: Il beat scanzonato di Mussolini/Pregadio; Le vignette sui titoli (di testa e di coda).
Il film, che vorrebbe essere una sorta di Diabolik in salsa poliziesco/gialla, risulta essere decisamente noioso, tanto che la durata percepita sembra il doppio di quella reale. I trick del protagonista per uscire dalle varie situazioni complicate dovrebbero essere quelli destinate a creare interesse, ma in realtà sono sulla stessa onda del resto. Una delle opere di Lenzi che non verrà ricordata negli anni.
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Zender ebbe a dire: Ecco, l'accostamento a Gil Cagné mi ha subito fatto capire chi era in Acqua e sapone! Un belloccio col baffo, ce l'ho in mente. Mi dispiace per lui, a questo punto.
Ne ho rivisto buona parte ieri sera. Che dire: una scemenza colossale. Ok per la sospensione dell'incredulità, ma qui ci sono alcune cose ai
limiti. Un esempio su tutti è quando una donna
va a parlare con l'ispettore Milton di Kriminal
ed inizia a parlare tranquillamente mentre è lì
presente un "tecnico del telefono" e l'ispettore
non gli dice di aspettare o fa uscire il tecnico
Roba da matti! Ce ne sarebbero altre ma non voglio spoilerare.
Cotola ebbe a dire: Ne ho rivisto buona parte ieri sera. Che dire: una scemenza colossale. Ok per la sospensione dell'incredulità, ma qui ci sono alcune cose ai
limiti. Un esempio su tutti è quando una donna
va a parlare con l'ispettore Milton di Kriminal
ed inizia a parlare tranquillamente mentre è lì
presente un "tecnico del telefono" e l'ispettore
non gli dice di aspettare o fa uscire il tecnico
Roba da matti! Ce ne sarebbero altre ma non voglio spoilerare.
Dai, non te la prendere. Il Kriminal di Umberto Lenzi mi è sempre sembrato un noioso fotoromanzo, con un interminabile e deludente finale. Molto meglio il seguito, "Il marchio di Kriminal", di Fernando Cerchio, dove tutto si butta sul ridere e sull'humor nero!