Un film non certo brutto, sia chiaro, ma forse troppo legato a realtà caratterizzate, di non così facile digeribilità per noi europei (almeno per me, europeo). Film gradevole, insomma, ma non sempre lineare (e non di rado un poco pesante) con un po' troppe sdolcinature: fra qulle visive talune possono rammentare quelle zeffirelliane. Imperdibile solo per Spielberg-dipendenti.
Capolavoro misconosciuto del grande regista americano, il film rappresenta un'elegia americana rivolta agli stati del Sud che hanno pagato alla nascita e crescita della società americana un prezzo altissimo in termini di segregazioni ed odio razziale. Attraverso la storia della famiglia, Spielberg costruisce un film di sentimenti ed identità utilizzando interpreti all'epoca non conosciuti (almeno a livello internazionale), ma in stato di grazia a partire dalla Goldberg fino a Danny Glover.
Bellissimo esempio di cinema, è una storia commovente che ritrae gli anni difficili della condizione femminile, aggravata in questo caso dal colore della pelle. Personaggi a 360 gradi, una prova eccezionale della Goldberg. Una storia di sentimenti umani che non si dimentica facilmente.
MEMORABILE: Shug intona la canzone per Miss Celie.
Uno dei film di Steven Spielberg che, pur avendo un ottimo soggetto e un bellissimo significato, non è tra i più riusciti. La noia non sembra mai sparire e seppur Spielberg abbia girato film molto più "pesanti" di questo, la pellicola in questione sembra non finire mai, dato che la durata eccessiva si fa sentire più terribilmente. Bravissima la Goldberg, meno il regista...
E' bella la storia di Celie, cenerentola nera senza principe azzurro che ama il colore viola, quello dei campi fioriti, l'unico bel ricordo della sua infanzia. Lo conserva sempre, quel ricordo, forse per questo riesce a sopravvivere a trent'anni di disgrazie assortite. Film che va visto senza paura di commuoversi, senza mettere paletti all'emotività, altrimenti non lo si apprezza più di tanto. Ma è anche una buona ricostruzione storica e un omaggio alla forza di tutte le donne che scelgono di non essere, a nessun titolo, schiave.
Spielberg è come Giano Bifronte: capace di andare all'essenza asciutta e scarnificata del cinema senza condizioni e senza fronzoli come ne Lo squalo o in Munich, ad esempio; oppure di immergersi in buonistica melassa di edificanti sentimenti, troppo facili da smerciare senza rischi e con profitto sicuro. "Il colore viola", pur presentando alcuni momenti di grande cinema, mi sembra rientrare nel complesso nella seconda categoria.
Celie deve destreggiarsi in un mondo difficile, razzista e misogino. Lei è l'ultima ruota del carro, conta meno di zero e per giunta è pure brutta... Whoopi Goldberg, in questa storia di quotidiane violenze e soprusi, è l'immagine dell'orgoglio femminile, con i suoi sorrisi spontanei ma nascosti agli occhi indegni che la circondano. Peccato che la patina da lacrima assistita che aleggia sulla pellicola ne smorzi la potenza evocativa, consegnandoci tra l'altro un finale da baci e abbracci non disprezzabile, ma un po' patetico.
Spielberg, in vena da film “strappa-Oscar”, attinge con astuzia e maestria a temi femministi, razziali e naturalmente al sempre valido “lacrimevole” conditi da una morale che ha lo stucchevole sapore del poema in versi di un bambino in piedi sulla sedia il giorno di Natale. Il racconto narra di donne sottomesso all’uomo, di nere (pardon, “negre”, perché questa è la definizione dispregiativa usata)... il tutto miscelato in una vicenda sentimentale in costume di sicura efficacia, specie per il gentil sesso dell’85. Visto al cinema.
Lavoro immaturo. Spielberg confeziona un film sentimentale, emozionante che però non soddisfa a pieno lo spettatore. Dopo i capolavori precedenti la differenza è molto accentuata. La domanda sorge spontanea: e se non lo avesse fatto Spielberg? Beh, se non lo avesse fatto Spielberg, non ne staremmo ancora parlando a tanti anni di distanza. Una storia un po' debole, ma che compensa con l'umorismo sottile, il cast eccellente, le colonne sonore, la fotografia, la ricostruzione.
Il contesto dell’America dei primi anni del ‘900 - maschilista e ottusa, misogina e razzista - per raccontare la storia di due sorelle legate da un amore fortissimo che oltrepassa le distanze. Lo Spielberg che meno mi piace, quello dei ricatti emotivi, del patetico che aleggia nell’aria e del romanzare fanciullesco un tanto al chilo; ma nonostante la patina sentimental-mielosa, emerge tutta la dignità e la forza d’animo di un’epoca, di donne coraggiose in grado di superare enormi ostacoli in un percorso formativo dolente e orgoglioso.
Spielberg trova nel romanzo della scrittrice Alice Walker, pubblicato qualche anno prima della produzione del film, tutto il materiale, a partire dal titolo stesso, che gli consente, al di là della storia (che pur aggiunge elementi per la comprensione di un soggetto trattato diverse volte dal cinema), di esibire le sue capacità tecniche, oltre che registiche, con particolare attenzione per una fotografia (ora non più attuale per via della eccessiva patinatura). Rimangono le buone prestazioni attoriali, aiutate anche dallo spessore dei personaggi.
Il colore viola è quello di un campo che rimane negli occhi della protagonista (una Goldberg in splendida forma) per tutta la sua sofferente esistenza e si contrappone al nero della sua pelle che la rende schiava alla mercé di padroni spietati. La storia affrontata da Spielberg è di quelle da far accapponare la pelle per la crudeltà a cui ci espone. Non si può rimanere indifferenti di fronte a quanto ci viene raccontato. Un pugno allo stomaco per ogni essere umano che si rispetti.
Il colore viola, ovvero alfa e omega di Celie, una donna di colore che vive nell’America dei primi del Novecento in cui segregazione razziale e disfunzionalità del nucleo familiare falcidiano la serenità del quotidiano. Pellicola che vive della brillante prova di una compagine di attori davvero capaci e comunicativi e della notevole perizia tecnica della regia di Spielberg, di ampio respiro e curata nei dettagli. Inevitabilmente in qualche occasione cerca di toccare corde prevedibili, ma appare una scelta voluta che ci può anche stare.
Due sorelle verranno separate per via di un matrimonio combinato. Ci sono temi forti come la sottomissione della donna e, in secondo piano, il razzismo all'inizio del XX secolo. Spielberg narra i fatti in modo da renderli digeribili al grande pubblico: niente violenze esplicite e momenti di ironica leggerezza. Ben diretto nella prima parte, diventa didascalico e prevedibile con la rivalsa della protagonista. Cast femminile che predomina su quello maschile, Goldberg di misurata intensità.
MEMORABILE: Le canzoni blues al locale; La scoperta delle lettere; La folla nella chiesa; L'impeto della Winfrey; La parentesi africana.
Non è il suo film più conosciuto, la trama non è commerciale, ma è il capolavoro di Steven Spielberg, che finalmente non strizza l'occhio al pop e racconta un'epopea, una storia bellissima, intensa, commovente e coinvolgente. Questo grazie anche alla straordinaria prova del cast (immensa Whoopi Goldberg, sottovalutatissima) e grazie a una fotografia da favola. Se Spielberg avesse sempre realizzato film così sarebbe stato forse il più grande di tutti. Indimenticabile.
Spielberg decide di puntare sin dall'inizio sul lato più emotivo dello spettatore, mettendo in scena situazioni molto drammatiche che nel corso del tempo tendono a sfumare quasi del tutto, lasciando spazio a storie di emancipazione e riscatto. Gli attori non brillano particolarmente e sono poco incisivi; migliore la parte tecnica, con un'ottima fotografia e dei bei costumi d'epoca, oltre a una sempre solida regia. In sintesi è il film che ti aspetti per i temi trattati, che mai sorprende né colpisce così tanto.
Nel ruolo dell'abusata Celie, Whoopi Goldberg offre forse la sua migliore interpretazione cinematografica di sempre. Anche gli altri componenti del cast arrichiscono in modo sostanziale l'opera. Splendidamente ritmato e sensibilmente scritto, "Il colore viola" rende giustizia all'argomento che tratta e i conflitti di Celie rimangono al centro dell'attenzione.
Nell'Alabama degli anni Venti dominata da razzismo e maschilismo, alla povera Celie capita di tutto: violentata da adolescente, venduta da un uomo violento ad un altro violento anch'esso, le vengono sottratti i figli e deve separarsi dall'amata sorella... Una sequenza sadiana di sventure della virtù che non cade nel comico involontario come talvolta accade con le saghe della sfiga, ma fatica a coinvolgere per la monotonia della sceneggiatura. Indiscutibile la perizia registica ma Spielberg quando affronta temi seri può risultare pesante e questo è un patinato "mattone d'autore".
Drammone in salsa razziale in cui è impossibile non empatizzare con la protagonista, non solo di colore ma pure brutta e, almeno all'inizio, ignorante e rassegnata; Spielberg non ci risparmia nulla tra voce over e musica sviolinante eppure, proprio lui che non ha avuto remore a mostrare materassini insanguinati di bimbi trascinati negli abissi sorvola sulla relazione omosessuale punto cardine del romanzo da cui è stato tratto il film; ancor più della Goldberg colpisce il personaggio di una non notissima per l'epoca Oprah Winfrey. Da vedere con fazzoletti alla mano.
MEMORABILE: Il fortissimo legame tra Celie e Nettie avversato dal Mister.
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HomevideoGestarsh99 • 25/02/11 00:33 Vice capo scrivano - 21546 interventi
Disponibile in Blu-Ray Disc dal 22/03/2011 per Warner Home Video.
Direttamente dall'archivio privato di Buiomega71, il flanetto di Tv Sorrisi e Canzoni della Prima Visione Tv ( "I Filmissimi", martedì 16 gennaio 1990) di Il colore viola:
DiscussioneGugly • 17/02/20 20:07 Archivista in seconda - 4712 interventi
Ho visto un documentario in cui Spielberg ammette che la storia d'amore tra Celie e Sugar è stato volutamente omessa perché ritenuta troppo scandalosa.