Inizio al fulmicotone che non lascia un attimo di respiro (discoteca, approccio, rapimento, incidente, fuga e caccia), in quello che è un survivor movie che si ammanta di riverberi fiabeschi e ancestrali, prende derive sempre più surreali e diventa quello che il sopravvalutato
Revenge, alla fine, non è stato.
Non si può parlare di "rape & revenge" (lo stupro ai danni di Eve, in realtà, non viene commesso) ma di rivalsa femminea sul maschio alfa, di un ritorno allo stato ferino (ad un certo punto, Eve, viene pittata, in volto,con lo sparo improvviso di un fucile da softair. dai colori alla
Braveheart, regredendo allo stato di cacciatrice ferina e non poco fuori di testa, tra urla selvagge e evoluzioni da amazzone), dove la natura (e i suoi abitanti, che siano daini, corvi, cinghiali) la protegge e le fa da habitat per mutarla in una creatura vendicativa e guerrigliera.
Fumettoso nello stile (il suo regista parla chiaro), che pian piano lambisce i toni rancidi del grottesco (il povero Andy continuamente sbertucciato, squarciato, tumefatto, per finire , nastrato sugli occhi, a correre nel bosco e a sbattere tra gli alberi stile
Intacto, la mamma zombi resuscitata a colpi di teser, i soldato del softair che appaiono, nella nebbia, in stato pseudoallucingeno come nemmeno nei
Serpenti della notte di Friedkin o nel nella nuova versione di
Grano rosso sangue) e che portrebbe far storcere il naso ai puristi della plausibilità, ma che nelle intenzioni di Paronnaud diventa metafora sulla perdita del contatto con la realtà, come se il bosco, fosse una dimensione a sè, un'altro mondo al di fuori di quello che conosciamo, dove la preda diventa cacciatore e il cacciatore preda, tirando fuori gli istitnti più animaleschi di chi è, in un primo momento, braccato e senza, apparente scampo.
Di mezzo sozzi filmetti porno/snuff, uno dei villain più luridi, bastardi e viscidi degli ultimi dieci anni (grandissimo Worhalter, con quel ghigno da scellerato stampato sulla faccia), una caduta liberatoria, nel fiume, che stà tra quella di
Rambo e della nuova Jennifer da non violentare, baci gay prima del violento impatto con il cinghiale in mezzo alla strada che darà il via alla pericolosa partita, madri perforate, nelle orecchie, dalle frecce e almeno un momento disturbante che pare uscito da
The Poughkeepsie tapes (la manzotta che fa la scemetta davanti alla telecamera di Worhalter , fingendo di avere paura, facendo le faccette buffe, che, poi, quando si prende uno sberlone in piena faccia tutto cambia, per ritrovarsi su uno squallido e infimo set di un porno/snuff :
Apri le gambe) e tutto suggellato dal martellante score pseudocarpenteriano.
Verso il finale (nel complesso residenziale, tra guardie notturne imbecilli che si guardano brucexploitation sullo smartphone, cani lupo ringhiosi che salgono gli scalini come nel finale di
In compagnia dei lupi) si eccede, si va sopra le righe, tra tavolini e vetrate sfondate, lotte corpo a corpo, sonori pugni in faccia, dove il realismo della violenza va a farsi friggere e pare di vedere un cartoon di Tex Avery, smorzando la tensione palpabile che si era creata per quasi tutto il film, tra la Debay che sbraita invasata e Worhalter che le piglia di santa ragione, sibillando, con un sorrisetto che fa capolino nella maschera di sangue che è diventato, un canzonatorio
Ti amo.
Interessante il concetto di immergere un (de)genere ormai abusato in una situazione stralunata e irreale, ficcandoci dentro pornografia, dubbie prestazioni sessuali (la trovata del viagra se non "funziona" sul "set"), pseudoregisti psicopatici e misogeni cugini provinciali di Dino Velvet e una natura contro che non stà li a guardare (il corvo che si avventa sul set boschivo improvvisato del porno fatto al momento, con una corda, una telecamera e due vittime come "protagonisti").
Veloce, di breve durata (83 minuti scarsi scarsi), senza tanti fronzoli, con una dirittura di arrivo forse un pò troppo all'eccesso (e un racconto iniziale animato dalle ombre cinesi non azzeccatissimo) ma di gran defribillazione (soprattutto nel primo tempo), qualche stoccata violenta ben resa (il sasso in faccia, le frecce scoccate) e un sano, quanto deliziosamente crudele, divertimento.
I lupi non ci sono più, gli uomini si, purtroppo.