Note: L'attore c.s.c. Alessandro Perrella (ha il ruolo del giornalista) è accreditato anche come aiuto regista. Dichiara di aver diretto scene integrative hard per le versioni estere.
Brutto film di Rondi, che mescola troppe cose, senza dare loro sufficiente credibilità. Pesa poi sul film il fatto che gli sgradevoli personaggi della Coluzzi (specialmente) e di Citti (doppiato da Oreste Lionello) non hanno quel fascino che serve: solo il grande Salerno, pur alle prese con un ruolo grottesco, riesce a avere un minimo di attrazione (magari trash). Rispetto a Tecnica di un amore, la Agren (che forse si doppia da sola, ed ha un personaggio finlandese, come al debutto) è meglio, il film no. Si sorride nel vedere Rovaniemi pensata come sperduto villaggetto con mini-stazioncina...
MEMORABILE: L'intervento, sorprendente, di Enrico Maria Salerno.
Secondo capitolo della Maietto-Agren story, ancora affidato al particolare Rondi, già autore del precedente Tecnica di un'amore. Parte bene, la Agren-Ingrid che prende il treno sulla neve e si vende per la prima volta funziona e lascia presagire del buon cinema. Ma de che! Purtroppo tutto si sfalda man mano, dal momento in cui Ingrid arriva a Roma e incontra una inadeguata Coluzzi e il folle Citti, delinquente con banda al seguito. Anche la fotografia (di Stelvio Massi), inizialmente centrata e suggestiva, pian piano scivola nel tirato via.
MEMORABILE: Senza dubbio la scena in cui Citti tortura Luciano Rossi, gli immerge il volto in un piatto di feci e gli mozza la lingua. Era il 1973...
Chissà dove ha battuto la testa Rondi prima di mettersi a girare questo non plus ultra dello scultissimo coabitato da un sordido Citti -fisionomicamente beniano, in quest'occasione- che lo risolleva un pochino, ma cinto d'assedio dalle armate del ridicolo a ogni minuto: bastino per tutti i dialoghi cacciati in bocca a Salerno, naufragante in situazioni che sono un inno all'umorismo involontario.
Non male. E' un film che mescola forse con un po' troppa disinvoltura temi diversi, ma al di là di qualche scena quasi imbarazzante (certe battutacce ad esempio si potevano evitare) i momenti riusciti non mancano. La poetica delle mignotte romane viene dritta dritta da Pasolini, e c'è persino Franco Citti pappone come nei primi due film del noto regista: peccato per quella irritante patina d'intellettualismo forzato che qua e là affiora nel film. In ogni caso certe libertà narrative, viste oggi dopo 35 anni, stupiscono ancora.
MEMORABILE: Le torture inflitte al povero Luciano Rossi.
Inizio curato, nel quale assistiamo al viaggio - su rotaie - della finlandese Ingrid (la splendida Janet Agren) e al suo immediato voto (consacrato con un mazzo di fiori) alla promiscuità ("Sono diventata una puttana!", recita compiaciuta la protagonista, dopo essersi concessa al primo uomo incrociato sul treno). Poi l'arrivo a Roma sembra sancire l'avvio di un altro film, con personaggi kitsch (la Coluzzi e Citti) e con una fotografia più trasandata. Alcune scene decisamente audaci (il supplìzio inferto a Luciano Rossi) non aiutano il clima della pellicola, oramai avviata verso il declino...
Mediocrissimo film che parte in quinta (la sequenza sul treno è favolosa) ma si sfalda appena Ingrid arriva a Roma. Assurdi i personaggi della Coluzzi ma sopratutto di Citti che, nonostante reciti bene, è poco credibile nel ruolo del capo di una banda di neonazi-papponi-terroristi. In particolar modo la politica sembra una forzatura; "stupenda" la battuta del compagno che indica in papa Giovanni XXIII il mandante dell'attentato! Totalmente fuori posto anche Enrico Maria Salerno. Film molto mediocre che, forse, ha come unico pregio i primi 5 minuti e gli ultimi 3.
Se siamo umani e d'animo buono, il nostro animo e la nostra sensibilità ne escono in poltiglia. Se però riusciamo a estraniarci e ci rendiamo conto che non ci si può improvvisare puttana avendo la presunzione di mantenere vivi i propri ideali di giustizia e ancor meno di poter entrare e uscire da quel mondo a proprio piacimento, ecco che anche un film così crudo può diventare venerabile. Brunello Rondi ce l'abbiamo solo noi!!!
MEMORABILE: Le torture, ma anche gli echi nella galleria delle due protagoniste
Film non riuscitissimo ma curioso. La partenza è buona, poi il film si perde tra umorismo di bassa lega e tocchi grotteschi, riprendendo i toni drammatici dell'incipit solo nel finale. Funziona Janet Agren, meno la Coluzzi, ottimo invece Franco Citti. C'è anche Enrico Maria Salerno, bravo anche in un ruolo assurdo. Fotografia discreta, non male la colonna sonora, a tratti quasi da film strappalacrime. Si può vedere.
È pronta a tutto pur di non tornare a casa: non solo a vivere apertamente la propria sessualità, ma anche a procacciarsi i clienti, eccitandoli con il proprio bellissimo corpo. La strada può essere madre, ma anche tomba; accoglierti ma anche ricacciarti nel peggiore dei modi, soprattutto se non ti adatti alle sue regole. La pellicola, nonostante l'ispirata interpretazione della Agren, si disperde dopo un ottimo inizio ma merita una visione, non fosse altro per il finale.
Dalla Lapponia con furore, alle botticelle con i coatti che fanno battute in tipico stile romanesco. Il salto è troppo ardito e il film perde subito la verve acquisita con l'ottimo inizio. Non bastano poi le scene di violenza sostenute da un Citti non troppo nella parte, per non parlare di Salerno decisamente fuori luogo. Neanche le due protagoniste, la Agren e la Coluzzi, riescono ad esprimersi a buoni livelli: la prima troppo trattenuta, la seconda troppo "alla romana". Insomma, un film non riuscito.
Rondi è regista controverso. Il suo cinema è come se si arrestasse ad un crocevia e non sapesse decidere se attenersi ai codici d’autore oppure votarsi all’exploitation: infatti, dopo il poetico incipit con la Agren tra la neve e l’efficace illustrazione di una Roma borgatara, irrompono le violenze barbare e sgradevoli commesse dal magnaccia Citti e dal suo pacchiano seguito di nazisti. Vaghe reminescenze felliniane – Rondi era stato più volte sceneggiatore del Maestro - si rintracciano nella sequenza magique degli echi e nel rituale erotico di Salerno, patrizio eccentrico. Stridente.
MEMORABILE: Ingrid butta via le mutandine ripromettendosi di non metterle mai più: un gesto solenne per dare inizio alla sua nuova vita da battona freelance...
Il film non convince nel suo complesso, specie nella caratterizzazione psicologica della protagonista. La prima parte inizia bene ma diventa ben presto abbastanza usuale e prevedibile, mentre resta nella memoria una seconda parte di particolare violenza (siamo ancora nel 1973!) e sadismo. Gli ultimi trenta minuti sono cattivi e spietati come oggi non potrebbe più accadere nel cinema nostrano. Lode al coraggio e a qualche
bel momento che non manca, ma nel complesso resta un film mediocre (ma non saprei dire se con o senza un perché).
Com'era bella la Agren da giovane. Film che alterna momenti interessanti a cose terribili. L'inizio in treno è ridicolo, come le battute della Agren per tutto il film. Però la scena del taglio della lingua ha una sua efficacia e riconnette allo spirito di quegli anni. Bravissima la Coluzzi. Certe volte si gira per Roma come se fossimo in un proto La grande bellezza (vedi la scena di Salerno). Non un bel film ma un'occhiata o due non dispiacciono se si è legati agli anni 70.
MEMORABILE: Il rituale di Urbano; La feroce esecuzione fatta da Citti pre Salò.
Un inizio buono e ben musicato farebbe ben sperare, peccato poi che il film deluda nel suo incedere. La Agren è tanto bella quanto purtroppo avara di epidermide (esclusa la sequenza con il bravo Enrico Maria Salerno), il resto del cast arranca, Coluzzi e Citti non mi sono piaciuti (col secondo che, nonostante la cattiveria del suo personaggio, sembra più la caricatura d'un magnaccia cattivo e nazistoide). Finale ovviamente amaro.
A causa di una grave violenza subita, Ingrid lascia la Finlandia e prende un treno verso Roma, dove inizierà la sua professione di prostituta. Esordisce così questo bislacco film a cui manca qualcosa per diventare "impegnato", oppure dove il disimpegno diventa la sua forza complessiva. Janet Agren è una maschera inespressiva, accompagnata ai volti di due grandi come Enrico Maria Salerno e Franco Citti. Finale che più tragico non si poteva.
Dramma da marciapiede incerto tra ambizioni autoriali e pulsioni sensazionaliste, che l’apparizione del nefasto nazista di borgata Citti fa virare verso un lugubre e cinico nichilismo. Salerno, che sproloquia con classe, sembra fuori posto in un contesto a tinte forti (non solo Citti, ma anche la Coluzzi e Corazzari sono sopra le righe) mentre la Agren dà la giusta intensità a un personaggio senza compromessi, senza speranza e senza gioia, corpo estraneo di una città “piena di niente”.
MEMORABILE: Il contrasto tra la patrizia logorrea di Urbano e l’essenzialità popolana di Claudia; Le “grotte”, che sembrano anticipare i “gironi” di Salò.
Ingrid è bella e strana, qualche tormento traspare dallo sguardo ma resta nascosto e non si riesce a decifrarlo: il personaggio viene abbozzato, incuriosisce, ci si aspetta che ne venga approfondito il disegno e non si fa caso agli scricchiolii di regia che si palesano sin dai primi minuti. La narrazione procede prendendo delle scorciatoie, la forma decade in una serie di schizzi illustrativi, gli eccessi non convincono per come sono condotti e intanto gli scricchiolii hanno creato crepe; infine quasi tutto crolla e le idee vanno in malora.
Dalla Finlandia a Roma, una ragazza in fuga da un passato misterioso si dedica al meretricio in un ambiente che però non ammette a nessuno di muoversi liberamente. Discreto pasticcio girato da Brunello Rondi che parte con delle buone intenzione ma che finisce spesso per cadere nel ridicolo involontario (Citti nella parte del pappone nazista e il suo gruppo ne sono un esempio). La crudezza di alcune scene, soprattutto nella seconda parte, riabilita in parte l'opera.
Il film, costruito alla buona grazie a cascami pasoliniani (la sequenza della Coluzzi sul carro che fa tanto Mamma Roma) e felliniani (il personaggio di Salerno), è meritoriamente sporco e laido. Procede, però, a sbalzi e tentativi non azzeccando mai il tono giusto: il registro kitsch e decadent con un bravo Franco Citti (pappa neonazista) mal si sposa a quello patetico e ricattatorio (lo stupro paterno, il finale dolente). Alla fine si apprezza di più l'episodio singolo o la buona volontà. Bella e anonima la Agren.
Pellicola dall'indirizzo incerto: a volte stravagante e triste, a tratti "ciaciarona" e poi violenta. Per finire diventa malinconica, con un finale piuttosto assurdo e non certo originale o indimenticabile. La Agren recita bene ma non è diretta nel modo opportuno né può contare su una sceneggiatura all'altezza di trattare un tema che poteva rendere ben oltre, se sviluppato con più piglio e meno stereotipi. Il capo della banda dei criminali è pazzo e sopra le righe, ma l'intero sistema della rappresentazione degli sbandati fa acqua dappertutto.
Rondi scrive e dirige un film tardamente pasoliniano, dal quale prende in prestito Franco Citti nel ruolo di un gangster filonazista, chiamato con la sua banda a colorare una "semplice" storia di prostituzione nella Roma-Babilonia degli anni Settanta. Una breve parabola di dissoluzione, più incentrata sull'atmosfera di tragica decadenza che sullo sviluppo di una trama lineare. Se non altro il film ha il pregio di essere grezzo e diretto - senza gratuità di sorta -, ma aggiunge poco a quanto già visto e detto nei film più illustri già a partire dal decennio precedente.
Storia melodrammatica di toccante realismo, che inizia bene ma naufraga con rapidità in un bizzarro pantano di thriller sconnesso a tinte trash. La bella Agren (in realtà svedese) interpreta una poco verosimile donna finlandese che parla perfettamente italiano e, non è dato saperne il motivo, si ritrova a Roma nei meandri della prostituzione. Sarebbe un valido film di denuncia sociale, specie per i crudi e controversi anni '70, se non s'arenasse in un tunnel d'eccessivi toni plumbei senza uscita. Il finale lascia l'amaro in bocca. Notevole la colonna sonora. Perdonabile ma evitabile.
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In questo spazio sono elencati gli ultimi 12 post scritti nei diversi forum appartenenti a questo stesso film.
Schramm ebbe a dire: Xtron ebbe a dire: Su IMDB viene classificato addirittura come "adult"
vabbé ma su imdb cominciano a star male forte, dai. non è possibile... F
Il film ha circolato hard in Francia.
Ora vado su IMDb a cercare di correggere.
DiscussioneXtron • 27/12/15 21:58 Servizio caffè - 2056 interventi
Il "problema" dei film adult su IMDB è che non compaiono nella ricerca a meno di essere un utente registrato.
Per guardare la scheda sono entrato tramite Google.
B. Legnani ebbe a dire: Schramm ebbe a dire: Xtron ebbe a dire: Su IMDB viene classificato addirittura come "adult"
vabbé ma su imdb cominciano a star male forte, dai. non è possibile... F
Il film ha circolato hard in Francia.
Ora vado su IMDb a cercare di correggere.
DiscussioneAlex75 • 26/01/17 17:50 Call center Davinotti - 690 interventi
Xtron ebbe a dire: Su IMDB viene classificato addirittura come "adult".
La stazione finlandese da cui parte Ingrid (Janet Agren) è in realtà un casello ferroviario situato sulla linea Sulmona-Isernia tra le stazioni di Roccaraso e Rivisondoli-Pescocostanzo a Rivisondoli (L'Aquila). Come aveva intuito Legnani siamo sull'altopiano delle Cinquemiglia. Grazie a Lucius per fotogrammi e descrizione.
Complimenti per aver trovato questa location. Sarebbe stato bello però che la troupe fosse andata veramente fino al paese di Babbo Natale per girare quei 2-3 minuti di scene :-)
Da utente abituale delle Ferrovie dello Stato, intuivo che la "stazione" di Rovaniemi fosse un casello italiano, ma immaginavo che fosse più a nord. Tra l'altro, Rovaniemi, pur non essendo una metropoli, non è nemmeno un paesello, per cui è improbabile che abbia una stazione così piccola. Del film mi ha attirato soprattutto il cast, ma la visione mi ha piacevolmente sorpreso e invogliato a guardare qualche altro film di Rondi (mi potrebbero interessare soprattutto Una vita violenta e Il Demonio).
MusicheAlex75 • 26/01/17 17:53 Call center Davinotti - 690 interventi