Un ornitologo (Von Treuberg) trova nel giardino di una villa un nastro aggrovigliato e abbandonato tra gli alberi. Lo inserisce in un registratore e ascolta la storia di due fratelli, Manfredi (Lee Lawrence) e Azzurra (Blanc): la donna si sposa a un pianista dall'animo stravagante, Timothy (Borelli) ma mantiene da tempo col fratello una relazione incestuosa, che caratterizza le loro esistenze e finisce al centro della storia. Davanti agli occhi dell'ornitologo, sempre più affascinato dalle sedute di Azzurra registrate sul nastro dal suo psicologo, si materializzano in immagini le vicende di questo ambiguo trio, con la donna che tra tutti sembra essere la più inquieta, preda di...Leggi tutto visioni quasi allucinatorie (si pensi alla notevole sequenza in cui si ritrova distesa all'interno di una sorta di labirinto decorato), non lontana da accenni lesbici coltivati con la provocante bionda che sta con il fratello. L'incipit, con quest'ultima che entra nella villa scoprendo Azzurra apparentemente senza vita nella vasca da bagno, ha i caratteri del giallo all'italiana, nel quale l'ornitologo potrebbe essere il perfetto detective suo malgrado. Col passare dei minuti tuttavia è evidente come l'interesse di Scavolini si rivolga piuttosto allo scandaglio psicologico dei suoi personaggi, con frequenti rimbalzi temporali che confondono i contorni di un film dall'impatto volutamente etereo, in cui la voce narrante si sostituisce spesso a quelle dei personaggi dando una inconsueta sensazione di sfasamento. Impreziosito dalla fotografia vivace di Romano Scavolini (fratello del regista), da una sinuosa eleganza nelle riprese che dona pregevole raffinatezza all'insieme, il film fallisce tuttavia nel coinvolgimento, fors'anche per colpa di un cast che al di là della Blanc, ideale per il ruolo assegnatole, non sembra proprio scelto al meglio, a cominciare da un Borelli che si fatica a immaginare come pianista di talento. Deboli anche le figure dello psicologo e dell'ornitologo, con quest'ultimo quasi apatico di fronte agli sviluppi narrati dal nastro. Fortunatamente nell'ultimo quarto d'ora i nodi vengono al pettine e i colpi di scena non mancheranno, ma a quel punto il film si è già sgonfiato da un pezzo, lasciandoci nella memoria brevi squarci di una Spoleto come sempre affascinante e per l'appunto un'escalation finale che ha tratti a suo modo geniali.
Le cose prendono piede solo dopo un'ora, quando si capisce che il finale meriterà d'essere visto (notevole, in effetti). L'idea di base (i nastri) era molto interessante. Poteva senz'altro essere condotta meglio, ma è chiaro che l'autore, più che un thriller, voleva un storia psicologica. Il Morandini (da me stimatissimo) incredibilmente (e assurdamente) scrive: "Più che di amore e morte, è meglio parlare di erotismo e sadismo da fotoromanzo porno".
La pochezza del budget impone a Sauro Scavolini di curare una sceneggiatura di tipo impopolare, composta da una struttura ad "incastro" (eventi che si svolgono avanti-indietro nel tempo, mentre un ornitologo, rinchiuso all'interno di una villa con ampio parco, ha rinvenuto un nastro magnetico, sul quale sono incise tracce che potrebbero fare risalire ad una strage). Lo sfortunato Peter Lee Lawrence (non è morto suicida, pur se lo si legge su imdb: si è spento a causa di un tumore al cervello) resta impresso, come il tragico finale...
MEMORABILE: L'inattesa svolta, data dalle trappole sparse dal proprietario della tenuta.
Notevole drammone che nel finale diventa un thriller che si lascia andare ad inaspettati effetti sanguinolenti. Il cast è davvero ottimo: la bellissima Blanc che si mostra desnuda fronte e retro, Lawrence, la De Santis (anche lei nudissima). Simili attori con le loro interpretazioni nobilitano il film, che non ho trovato eccessivamente lento. Funzionale la struttura a flashback. Ingiustamente sottovalutato, a mio avviso.
Uno di quegli strani frutti borderline di cui è disseminato il giardino del nostro cinema: grondante enfatiche ambizioni autoriali sin dal pomposo titolo, ma poi con un cast da tardo spaghetti-western col truce Rosario Borelli (accreditato come Richard Melville!). Di quelli per cui ti resta sempre il dubbio se si si tratti di un potenziale filmone tarpato dalla penuria di svanziche o di un lambiccato pasticcio con momenti di inconsapevole genialità. Il povero Hirenback/Lawrence anche senza la sua Colt 45 non era male...
Lento finché si vuole, ma originale soprattutto per il finale. Interessante il personaggio del professore, antiestetico e trasandato, ma dotato di esperienza e sagacia, che riesce a catturare la simpatia dello spettatore e arriva veramente a un passo dalla soluzione senza avere alcun elemento se non i versi degli uccelli, che "anche loro possono ferire". Se volete un thriller classico o un film d'azione lasciate perdere, ma se volete dell'introspezione senza neanche rasentare i capriccetti isterici, questo è un film che merita.
MEMORABILE: "Fascista" "Ma lei mi sta facendo un complimento".
Scavolini, a differenza delle omonime cucine, non è stato certo il "preferito dagli italiani", almeno come regista; tuttavia con questo film ha lasciato una discreta prova. Se non fosse per l'eccessiva lentezza della prima ora, dagli indubbi effetti soporiferi, il film avrebbe potuto essere molto meglio; infatti tutto il lungo "spiegone" finale merita la visione, riservando anche qualche buona trovata. Pure il cast non è niente male, a parte l'attore che impersona il professore, dalla dizione improponibile; bravi la Blanc e Lawrence. Singolare.
Una pellicola fascinosa caratterizzata da location suggestive e misteriose e da inquadrature mirate che contribuiscono ad evidenziarne il dramma dell'animo del protagonista. Il film si basa su una sceneggiatura particolare e può contare su ottime interpretazioni, specialmente quelle dei protagonisti. Il regista, nonostante il budget limitato, realizza un film altamente professionale ed introspettivo. Geniale il finale, che chiude perfettamente il film.
Rivisto dopo 6 anni in una ottima edizione in dvd che dà risalto a colori e fotografia di questo curioso thriller. Me lo ricordavo peggio, mentre invece il regista riesce a creare una storia abbastanza coinvolgente e comunque suggestiva. Si respira davvero un'aria di morte, durante la visione...
Stimolante ibrido tra dramma d’autore – raffinatezze ambientali ed erotismo morboso in anticipo sull’ultimo Eriprando Visconti - e consuetudini di un genere in pieno fulgore (il thriller italiano) da cui mutua il testimone involontario del delitto e i nastri magnetici come strumenti insieme di conoscenza retrospettiva (le sedute psicanalitiche della Blanc) e minaccia (i messaggi di morte incisi dall’assassino). Come già in Garringo, a Peter Lee Lawrence la veste dello psicotico calza a pennello, mentre il nudo posteriore della De Santis dopo la notte saffica è assolutamente da incorniciare.
Sicuramente una pellicola originale, molto lenta per larga parte, ma dotata di fascino antico e spietato, rilevatore del dramma malato e del suo tragico epilogo. Accompagnato da una colonna sonora maestosa ed inquieta, presenta una protagonista dal viso disturbato dalla follia dei sentimenti, perfettamente rappresentato dal pallore del suo viso, anticipatore della morte. Ma anche l'amore non è limpido, anzi è deviato ed irresponsabile; si alterna all'odio ed al disprezzo, ma imprigiona la vittima e la rende folle. Un film "a parte".
Fastosa agonia di corrotta borghesia: il filone è quello, questa variazione è esteticamente pregevole: splendida la fatiscente dimora di campagna e il verde accogliente ed infido del parco, un bosco da fiaba disseminato di trappole. Per tre quarti psicodramma, tra amori lesbici e incestuosi ed affabulazioni psicanalitiche, per un quarto thriller, con tanto di confessione incisa su nastro e testimone assediato. Un cocktail ben amalgamato per una sbronza triste, un brindisi solitario e malinconico. Amore e Morte mai così sinistramente parenti, fratelli (di sangue), come Azzurra e Manfredi!
MEMORABILE: La sequenza della strage, rapida, repentina, agghiacciante!
Drammone a tinte fosche notevole nella forma ma discutibile nei contenuti. Primi 55 minuti di grande lentezza (e grande noia), con bellissima fotografia e musiche tediosamente raffinate al servizio dell'autorialità più soporifera; mezz'ora finale con risveglio e inaspettato decollo della vicenda, con virata verso il thriller gestita con classe ed equilibrio. Fosse stato tutto di questo livello il film sarebbe stato notevole, ma non si può non tenere conto della prima piattissima ora. Sufficienza risicata, ma film degno di nota.
Esempio da manuale di film totalmente ignorato alla sua uscita, inghiottito da un pluridecennale oblio e inopinatamente risorto a status di culto dopo quarant'anni. L'ottima qualità visiva del dvd Cinekult contribuisce ad alzare il pallinaggio di un film più interessante nelle intenzioni che nei risultati, spesso soporifero e infestato da dialoghi inascoltabili come quelli fra la Blanc e lo strizzacervelli (personaggio degno di una causa per diffamazione da parte degli psicoanalisti veri). Però Erika e Orchidea un'occhiata la meritano sempre.
Opera estremamente personale e introspettiva, morbosa e affascinante, girata con gusto e stile. Si respira un'aria di morte e di decadenza fin dai primi fotogrammi, l'atmosfera è assolutamente seducente e l'attenzione dello spettatore resta sempre desta grazie ad una sceneggiatura ad incastro e ad una storia disgregata che praticamente parte dalla fine e poi si ricompone tassello dopo tassello. Ritmo lento e crescendo rossiniano con interessante la svolta thriller finale. Da recuperare.
Buono, questo thriller di Scavolini, originale e ben realizzato. La sensazione di tragico e di morte già si sente dalle prime battute, sebbene il ritmo non sia dei più alti. Ma questo non penalizza il film, che ha negli intrecci sentimentali ed erotici il suo punto di partenza, e la svolta thriller è sicuramente ben collegata con essi, cosa oltretutto nient'affatto facile, anzi molto ambiziosa. C'è anche un po' di cinica critica sociale alla borghesia (secondo me). Bella e brava la Blanc, bene anche il povero Lawrence e Orchidea. ***
Nonostante una buona idea (il ritrovamento del nastro) e l'intrigante location, questo dramma della gelosia spiccatamente anni '70 annoia da morire. Assemblamento posticcio di una lunga sequela di situazioni pseudoerotiche che sembrano sceneggiate da un adolescente ai primi pruriti. Bella e svestita la Blanc, ma il resto è noia.
Figlio della sua epoca. Lo dimostra maggiormente nei suoi punti deboli: le sedute "psicoanalitiche", i nudi mostrati in pose pittoriche (assolutamente da non buttare) e gli amori, morbosi, incestuosi e saffici, pezzo forte di quegli anni. Il montaggio è forse la cosa migliore, ma anche come si muove la MDP non è da disprezzare. La discreta regia si riflette attraverso la buona prestazione attoriale, dove spicca la figura del professore e dove interpreti principali e figure di contorno fanno la loro parte. Low budget professionale.
Un vecchio nastro ritrovato per caso è la traccia che porta ad alcuni delitti impuniti, compiuti in una villa semi-abbandonata. Il film è un thriller con vocazione drammatica, un po' legnoso nella trama, ma pur sempre morbosamente sinistro, grazie anche alla presenza indovinata di Erika Blanc, così straordinariamente lunare. Finale con nemesi.
Thriller di grande fascino, anche visivo, ma abbastanza estenuante per via del suo lento dipanarsi. Se si "sopporta" una prima parte molto statica e si riesce a entrare in empatia col vecchio professore, l'attesa degli eventi veri e propri viene ampiamente ripagata da una bella fase finale. Davvero bellissime le due donne.
L'unico film diretto da Sauro Scavolini (il più noto fratello Romano è produttore e direttore della splendida fotografia) è un decadente melodramma psicologico pervaso da un'atmosfera raffinata e malsana al tempo stesso. Ritmo lento, ma sceneggiatura ben strutturata, con una conclusiva sterzata thriller che lascia il segno. La Blanc era all'apice della bellezza e anche come attrice offre forse la sua prova migliore; notevoli anche Lawrence e una splendida De Santis. Pompose ma efficaci le musiche di Giancarlo Chiaramello.
MEMORABILE: L'ambientazione; La sequenza della strage; Il finale.
Se si riesce a superare lo scoglio della lentezza narrativa della prima ora, l'opera firmata da Sauro Scavolini (aiutato dal fratello Romano, che cura la fotografia) regala qualche sussulto, specialmente nella riuscita parte finale, che riscatta il tedio subito in precedenza. Niente male l'atmosfera generale (figlia di quei tempi) ed elegante la messinscena, valorizzata da una location principale davvero stupenda. Il rapporto malsano e morboso (nonostante l'uso di stereotipi) fra Azzurra e Manfredi induce più di una riflessione. Non male.
MEMORABILE: I nastri magnetici (una grande bella idea); La parte conclusiva.
Dramma decadente, dai toni viscontiani, sconta mezzi inadeguati rispetto alle ambizioni e una costruzione piuttosto cervellotica, con noiose digressioni psicanalitiche. L’ultima mezz’ora, in cui tutti i tasselli si incastrano e i rapporti torbidi evolvono in una spirale di follia e di morte, riscatta questi limiti. Lawrence, legato soprattutto al western, rivela buone doti drammatiche, mentre la Blanc e la De Santis dispiegano una sensualità lunare che esaspera la tragica cupezza del film.
MEMORABILE: I nastri; I nudi di Erika Blanc e Orchidea De Santis; Le tagliole; I “gesti di morte” di Manfredi/Lee Lawrence.
L'idea fulcro dei nastri registrati è intrigante e pur non possedendo il respiro lungo della durata, finisce comunque per tener in piedi il film. Paradossalmente la parte dedicata all'intrigo morboso sentimentale è di levigata tediosità, seppur nobilitato dalle "generose" Blanc e de Santis, mentre la accessoria parte del "presente", con l'untuoso custode Duse, il vecchio ornitologo von Treuberg vieppiù impegolato nel suo voyeurismo e Lee Lawrence che "svela" le sue tare, mostra bella consistenza. Scavolini alla ricerca del mosaico perde senso e ritmo.
MEMORABILE: La parlata dell'anziano ornitologo; L'assassinio di Duse; Il fondoschiena di Orchidea de Santis.
Certo, non sarà un film perfetto e non potrà contare su un ritmo esaltante. Ma lo stratagemma dei nastri ritrovati (attraverso i quali viene ricostruita quasi tutta la storia) permette di portarlo avanti senza troppi problemi, soprattutto se si supera lo scoglio della prima parte e se non ci si aspetta particolari sorprese. Poiché alcuni snodi narrativi sono abbastanza prevedibili così come, almeno per certi versi, il finale. Tra l'altro il meglio arriva proprio nei minuti finali in cui tutto si vivacizza. Non male.
Meraviglioso titolo che fa da specchio a una storia d’amore malato con pretese d’autore. La struttura narrativa si dipana su più livelli, ma senza perdersi mai in un groviglio inestricabile; in alcuni frangenti ricorda il giallo classico con l’enigma da risolvere, sebbene lo sfondo decadente e morboso nella vecchia villa lo elevi a qualcosa di più pretenzioso. Il ritmo un po’ blando potrebbe far storcere il naso a qualcuno, ma rimane comunque meritevole e, forse, non proprio adatto a tutti.
La struttura è innegabilmente opera di una abilità non comune. Purtroppo lo svolgimento si dipana in modo letargico (oltre che inizialmente confuso) e neanche l'impennata thriller riesce a scuotere più di tanto. Stilla, con parsimonia, decadente morbosità, ma solo per merito della bellissime attrici. Tipico film lambiccato che si presta perfettamente a una rivalutazione.
Ambizioso thriller psicologico contraddistinto da una lentezza esasperante. Trionfo di Erika Blanc come sorella incestuosa dello sfortunato Lawrence ma notevole anche la De Santis. Si salva dalla noia solo nei minuti finali quando la storia diventa più chiara. Sauro Scavolini meglio come sceneggiatore che come regista.
Elegante e raffinato quanto lungo e tedioso, questo film diretto da Sauro Scavolini che parte come un "borghese annoiato" e si sviluppa come un vero e proprio giallo solamente dopo circa 60 minuti di visione (quando la pellicola comincia finalmente a prendere un po di ritmo). Ottima fotografia e belle location vengono accompagnate inoltre da buone interpretazioni e belle musiche, ma il film pecca di lentezza e risulta leggermente noioso. Lento nei contenuti, ma impeccabile dal lato visivo!
C'è la realtà di ciò che vediamo sullo schermo, la realtà dei nastri e la realtà di ciò che raccontano i nastri; e infine v'è un quarto spazio, quello del giardino, un microcosmo isolato dal mondo esterno e dotato di proprie leggi dove brucia, in fretta e inesorabilmente, il dramma dell'intera vicenda. Come molti altri film di genere del periodo, il fascino soggettivo supera di una buona spanna il valore oggettivo; che pure, perdonate alcune lentezze, rimane alto, specialmente nel twist dell'ultimo quarto d'ora. Merita il recupero.
Amore e morte vagano a braccetto in un pericoloso giardino, dove nastri magnetici contenenti elucubrazioni fotoromanzesche (con anatemi) e micidiali tagliole giocheranno tutta la partita: psichica per i nastri, fisica per le tagliole. Il film vive di artifici in bilico e della radiazione attraente dei due attori cardine (Erika Blanc e Peter Lee Lawrence), addensando morbosità e liberando il languido mistero onnipresente. Non tutto è in asse ma si può sorvolare, ripagati dagli ultimi venti o trenta, rapsodici, minuti.
Unica regia per il cinema del pesarese Sauro Scavolini, visto con gli occhi odierni appare sicuramente datato ma confezionato con una certa eleganza: dalla bellezza delle ambientazioni ai dialoghi sofisticati fino alla scelta delle musiche. L'impressione però è che, dietro alla raffinatezza dell'involucro, ci sia poca sostanza e che l'operazione risulti perciò un puro esercizio di stile dell'autore. Notevole tuttavia l'accelerata impressa al ritmo nell'ultima mezz'ora, che fa meritare alla pellicola la piena sufficienza.
MEMORABILE: "L'amore corrompe la vita e ci inchioda alla morte".
Un ornitologo in cerca di ispirazione trova nel giardino della villa in cui soggiorna, dei nastri nascosti tra gli arbusti. Ascoltandoli incomincerà ad appassionarsi alla storia di chi viveva lì prima del suo arrivo. Sauro Scavolini, aiutato dal fratello Romano, dirige questo bel film drammatico che ha risvolti thriller e una carica morbosa non da poco. L'inquieta e bellissima Erika Blanc seduce e strapazza i suoi uomini (compreso il fratello) risultando una perfetta gatta morta, capace di accendere tragiche passioni. La sceneggiatura è impeccabile, così come la prova del cast.
MEMORABILE: L'interpretazione di Franz Von Treuberg e la bellezza mozzafiato di Orchidea de Santis.
Opera notevolissima, parte come film drammatico con più piani temporali che avvincono lo spettatore con una complessità affascinante per poi trasformarsi d'improvviso in un thriller, altrettanto appassionante benché alcune cose possano essere immaginate prima che vengano mostrate in video. Grande importanza ha la location, sia l'esterno del grande parco sia gli interni. È tutto cupo, morboso e inquietante. Anche la recitazione non delude. Film da seguire con attenzione e che non deluderà, specie gli amanti dei '70 e del loro cinema. C'è anche Orchidea De Santis. Ottimo.
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DiscussioneAlex75 • 15/06/16 17:46 Call center Davinotti - 710 interventi
B. Legnani ebbe a dire: Mauro ebbe a dire: B. Legnani ebbe a dire:
Mauro, puoi chiedergli se conferma il taglio al montaggio della scena con i due csc (la Mancini e Boschetti)? Manfredi, infatti, va a trovare due amici, ma non si vedono e lui ricompare a Fiumicino...
Scavolini mi ha detto che non è stata tagliata nessuna scena, aggiungendo che "nel film Manfredi non ha amici visibili."
Mah!
Quel brusco salto mi pare, se così stanno le cose, ancora più sballato.
Secondo me è stata una buona scelta quella di non mostrare gli amici di Manfredi... in questo modo se ne accentua la disperazione. Il "salto" per cui improvvisamente Manfredi viene inquadrato a Fiumicino, tutto sommato, non stona con l'andamento vorticoso dell'ultima parte del film.
MusicheAlex75 • 15/06/16 17:48 Call center Davinotti - 710 interventi
Estratto del tema principale, firmato da Giancarlo Chiaramello.
Alex75 ebbe a dire: B. Legnani ebbe a dire: Mauro ebbe a dire: B. Legnani ebbe a dire:
Mauro, puoi chiedergli se conferma il taglio al montaggio della scena con i due csc (la Mancini e Boschetti)? Manfredi, infatti, va a trovare due amici, ma non si vedono e lui ricompare a Fiumicino...
Scavolini mi ha detto che non è stata tagliata nessuna scena, aggiungendo che "nel film Manfredi non ha amici visibili."
Mah!
Quel brusco salto mi pare, se così stanno le cose, ancora più sballato.
Secondo me è stata una buona scelta quella di non mostrare gli amici di Manfredi... in questo modo se ne accentua la disperazione. Il "salto" per cui improvvisamente Manfredi viene inquadrato a Fiumicino, tutto sommato, non stona con l'andamento vorticoso dell'ultima parte del film.
Può essere, ma allora è sballato il citarli, indicando che li si va a trovare.
HomevideoZender • 24/07/19 20:06 Capo scrivano - 48481 interventi
Il film è uscito in Germania in bluray con traccia italiana per la Media Target Distribution GmbH e titolo Liebe und Tod im Garten der Götter:
Mauro, puoi chiedergli se conferma il taglio al montaggio della scena con i due csc (la Mancini e Boschetti)? Manfredi, infatti, va a trovare due amici, ma non si vedono e lui ricompare a Fiumicino...
Scavolini mi ha detto che non è stata tagliata nessuna scena, aggiungendo che "nel film Manfredi non ha amici visibili."
Che non abbia amici visibili è chiaro. Resta da capire il perché citarli, vedere il protagonista che va a casa loro, non farli vedere, con un brusco salto spazio-temporale. Non ha senso.
particolari molto interessanti il film ha un certo spessore molto curato nei particolari peccato che il regista non ne' abbia girati altri
B. Legnani ebbe a dire:
Mauro ebbe a dire: Ho contattato il regista Sauro Scavolini, principalmente per la villa. Ecco la risposta, che vi giro completa perchè ricca di curiosità
Caro Mauro, è vero, alcuni esterni sono stati girati a Spoleto e Gubbio ma non mi chieda il nome delle vie scelte allora solo a fini estetici. La villa - sia interni che esterni - si trova a Pesaro ed è Villa Premuda. La signora Premuda (che non c'è più) la concesse a me a titolo personale (amava i giovani artisti e allora, naturalmente, ero ancora giovane). La piscina vuota e il parco intorno fu una location trovata dalle parti di Palestrina. Ma non ricordo nè il nome nè i proprietari di allora. La cosa più curiosa e la più temeraria riguarda le soffitte di palazzo Farnese sede allora e ancora dell'ambasciata francese a Roma. Con una mancia al portiere ci lavorammo indisturbatamente tre giorni (la scena dei lenzuoli e la scena d'amore scoperta dal frate tedesco - interpretata da mio suocero - ed anche il massacro che Manfredi fa dello psicanalista. Un'altra curiosità: la sequenza del professore in treno è stata girata senza l'autorizzazione delle ferrovie dello stato, ma pagando semplicemente i biglietti del treno tra Spoleto e Gubbio. Beh, tempi eroici e indimenticabili. Tutto per amore del cinema. Non so se le sono stato utile ma se vuole sapere altro mi scriva. Sauro Scavolini
Mauro, puoi chiedergli se conferma il taglio al montaggio della scena con i due csc (la Mancini e Boschetti)? Manfredi, infatti, va a trovare due amici, ma non si vedono e lui ricompare a Fiumicino...