Sarà un problema mio, ma oggi come oggi mal sopporto le chincaglierie splatter e ultragore esagerate e schiamazzanti.
Dov'è finita la suggestione, la perdita dell'orientamento, il realismo, la crudeltà, il nichilismo, la ferocia, la cattiveria, il sadismo e il lento montare della tensione (che si fa via via sempre più insostenibile) del
capostipite? (che rimane un piccolo e grezzo gioiellino, nettamente superiore, anni luce, da questa splatterfeast tamarra e fracassona).
McLean ha più mezzi a disposizione e tenta di sterzare bruscamente dalla "placida" , apparente, calma piatta del primo
Wolf Creek, facendola letteralmente fuori dal vaso, con esagerazioni gore e situazioni grottesche (la strage dei canguri sulla strada, omaggio ipertrofizzato ad un cult della sua terra come
Wake in fright) che smorzano ogni possibile elemento di disturbo, talmente sono cartoonesche e indolori.
Tra poliziotti con la testa spappolata che nemmeno
Bad taste, o dati alle fiamme come nel primo
Interceptor (e il nume tutelare di Miller viene ancora scomodato nell'inseguimento stradale alla
Guerriero della strada, tirato per le lunghe), un grottesco (quanto farlocco) smembramento nella "macelleria mobile di mezzanotte" con tanto di evirazione prelevata direttamente dai nostrani
cannibal movie, l'inutile parentesi con la coppia di vecchietti protettivi, Mick Taylor che gioca alle
Terre selvagge omaggiando l'western aussie, la pagliacciata del quiz alla
Saw sulla storia d'Australia, una cantata e una bevuta manco fossimo sull'
Orca, il villain di John Jarrat costantemente sopra le righe, che snocciola battute alla Freddy Krueger (mentre i suoi deliranti discorsi misogini, nel primo capitolo, mettevano i brividi) fiero del suo campanilismo razzistico e del suo odio verso lo straniero che poggia piede sul suolo australiano (e anche la sua ingannevole paciosità, che in
Wolf Creek strideva e metteva a disagio, quì viene molto meno, facendolo sembrare un cabarettista alla corte di
Rob Zombie), e una parte finale totalmente copia e incollata dal secondo
Non aprite quella porta (tra composizioni cadaveriche, prigioniere ridotte alla stregua di scheletri viventi, trappole
deoadatiane, dedali marcescenti, corpi in via di decomposizione sparsi qua e la e pitbull sguinzagliati alla stregua dei
Guerrieri della palude silenziosa).
A parte la turista tedesca sparata in faccia, il voler trasformare la vittima maschile in una femminuccia (remember
La promessa di Satana?) e che ci sia un final boy al posto di una final girl, questo sequel (di cui, col senno di poi, non se ne sentiva il bisogno) è troppo urlato, baracconesco, senza un minimo di tensione o di inquietudine, dove ricalca le situazioni già viste (la coltellata alla schiena che recide la colonna vertebrale, il finale pressochè simile con le didascalie a seguire) e le esagerazioni action/splatter ne minano la credibilità e il realismo doloroso della violenza.
Che poi McLean giri bene è un'altro discorso, ma spreca il suo talento (dove nel primo
Wolf Creek donava tracce autoriali e personalissime), accodandosi alla moda del più trito torture-por alla
Hostel & co.
L'unica cosa davvero notevole e degna di nota sono gli sfx prostetici saviniani di Jason Baird, quelli si davvero gustosi.
Alla fine della fiera è esattamente l'antitesi di tutto quello che ho aprezzato in
Wolf Creek.
Più che questo sequel zeppo di steroidi/gore/pagliacceschi, sembrano interessanti i due romanzi (inediti da noi) che raccontano dell'infanzia e della giovinezza di Mick Taylor.
Il primo
Wolf Creek-Origin (scritto da Greg McLean stesso insieme allo sceneggiatore Aaron Sterns), racconta degli abusi subiti da Mick dai genitori ubriaconi, lo stupro e l'omicidio della sorellina e un serial killer che si aggira nei pressi della sua fattoria.
Il secondo
Wolf Creek-Desolation game (scritto da Brett McBean), narra di come Mick Taylor abbia affinato le sue tecniche omicide in Vietnam, e da dove nasce la sua passione per la caccia all'uomo.
Pare che i due romanzi affrontino temi insostenibili, come pedofilia e stupri sui bambini, violenza sugli animali e depravazioni sessuali sul modello di Henry Lee Lucas.