Sadisterotica-L'estate torbida dello tio Jess
Franco e il WIP, Franco che non riesce a districarsi dalle banalità e dai momenti di fiacca (il terribile finale "cartolinesco", il sottoplot che manco un b-movie degli anni 50)
Se lo si prende come puro WIP si rimane sconcertati dalla pochezza dell'insieme, con sevizie e sopraffazioni prossime allo zero, che impallidisce di fronte ai capisaldi del genere (penso solo a quelli nostrani), dove i classici topoi del (de)genere (torture, lesbismo, umiliazioni) sono condotte con stanchezza e non lasciano il minimo segno che possa destare dall'apatia.
Come opus franchiano rimane poco, giusto qualche frustata , gli elettrodi infilati nella vagina della Romay supplizio a
la Notte delle matite spezzate, una lesbicata con vagine che si cercano tra la Romay e la Martine Stedil (dove, ahimè, sono totalmente assenti le gustose slinguazzate) e uno strangolamento inaspettato in cella (modus operandi franchiano/sadisterotico delittuoso, come lo stesso Franco strangolerà Linda Hastreiter nella
Vergine tra gli zombi o Armando Borges ai danni di Aida Gouveia in
Sinfonia erotica)
Il resto è quasi imbarazzante, da una fastidiosa voce fuori campo, alla svolta (penosa) dei diamanti (che nemmeno in un krimi da quattro soldi) all'incipit da "poliziottesco" turco
Tra un direttore carcerario che assomiglia spiaccicato a Wes Craven, un secondino che pare il sosia sfigato di Quentin Tarantino, e detenute brutte e ben poco femminili (dove il doppiaggio italico ne rincara la volgarità fumettosa : "
La vita è una merda" (sic!), il Franco touch si sgonfia per un filmettino parecchio noioso, scritto male e realizzato peggio
Franco non sembra a suo agio con trame poliziesche e donne in prigione (a meno che non la butti sull'exploitation, che però qui latita), e si ritaglia pure la parte del duro (e improbabile) Bill (manco fosse un gangster alla Melville), che in una sequenza quasi metacinematografica di rapporto musa/mentore, compagna/amante/puttana, prende a sberle la Romay sul letto.
La Romay che emana meno fascino lussurioso del solito, giocando a fare "l'ammerecana", anche se caccia la linguetta come una serpentella vogliosa e gira con le tette fuori dallo stretto e conturbante vestitino
Solo Franco poteva mostrare le detenute che indossano tacconi, zeppe e zatteroni (più gli zoccoloni della Romay) e che dormono nude , dove la sua birichina MDP indugia sul loro folto sesso.
Franco, però, mi ha abituato a ben altro, quell'altro che qui arriva a stento e senza la sua forza dirompente e ipnotica sprigionata dalla sua erotomania, dalla sua lussuria delirante, dall'onirismo da fiaba per adulti che si respira nei suoi lavori migliori.
Di sculto assoluto la velocizzazione da comica nella sequenza in cui la Romay prende in ostaggio Wes Craven, cioè volevo dire il direttore del carcere (minacciandolo con una pistola) e escono insieme dalla prigione.
A dir poco atroci le musiche di Daniel White
Non pervenuti nemmeno gli squarci visivi ammalianti e improvvisi che Franco ficca dentro nelle sue opere
E non basta Lina Romay che dinnanzi a Wes Craven (vabbè, il direttore del carcere) bella comoda sul lettone, che si inonda le tette di profumo per odorare spizzichi dell'amato tio Jess
Il Franco che amo io stà fuori dalle sbarre di un carcere all'acqua di rose.