Pellicola norvegese che, nella prima parte, sembra pagare clamoroso pegno al clima de La goccia d'acqua, episodio de I tre volti della paura. Poi, su un piano psicologico, il film viaggia confuso tra omicidi (solo suggeriti) e un trascorso oscuro, vittima il protagonista passato attraverso tre adozioni e una matrigna cattiva, che non esitava a chiuderlo in una angusta cameretta. Il cadavere dell'inizio anticipita atmosfere tetre, decadenti e nefà ste: terreno sul quale l'ondivago personaggio si muove alla ricerca del fantomatico Peter. C'è o non c'è il fratello/suicida? Bel rifacimento di Spasmo.
MEMORABILE: L'arrivo nella camera mortuaria, con l'anziana matrigna distesa sul letto di morte.
Un cuore di mamma nero come la pece cresce esseri condannati all'infelicità , alla paura, mostri assassini scorticati vivi dai ricordi. Dopo un'incipit fulminante con l'incrocio di due sguardi di ragazzi "perduti", si dipana una storia di fantasmi ambientata dentro e fuori una casa nel bosco, putrida e popolata di fantocci mummificati, che cela nel suo ventre una camera delle torture. Niente di originale (Lynch docet), ma volti inediti (almeno per noi), ambientazioni nordiche suggestive, conti che non tornano e non possono tornare.
Horror scandinavo psicologico che, pur lavorando su ingredienti noti, riesce a riproporli con una certa originalità . È un po' macchinoso e per spaventare ricorre spesso a prevedibili espedienti (le apparizioni improvvise) tuttavia, con un buon uso di inquadrature, colori ed ombre, il regista riesce ad ottenere un’atmosfera particolare (molto Lynch specialmente nell’albergo e un po’ di Shyamalan nelle scene nel bosco) e il tema favorisce l’immedesimazione. Imperfetto, ma riesce a toccare.
Davvero interessante, questo gioiellino scandinavo che racconta una storia piuttosto semplice trasformandola in un puzzle da ricostruire basandosi non tanto sui dialoghi quanto su immagini, flashback e dettagli. Un thriller psicologico dalle atmosfere horror, cupo e macabro con forti suggestioni lynchiane, in bilico tra gotico e surreale, con più di un omaggio al cinema italiano "di paura" ma dotato di anima propria.
A tratti alcune cose saranno sicuramente già viste, eppure questo film scandinavo si avvale di diverse qualità : una discreta confezione (in particolar modo la fotografia); un'atmosfera riuscita, avvolgente e tenebrosa; un "salubre" clima marcio e putrido; una tensione (con più di uno spavento, sebbene qualcuno anche un po' meccanico) che si mantiene costante e che tiene vivo l'interesse fino allo scioglimento finale che è forse l'elemento più debole della pellicola. Una gradita sorpresa e quello che si dice un buon film.
Se l'horror orientale spesso si distingue per il suo ermetismo, per quello scandinavo possiamo parlare di introspezione, ed è il caso di questo horror psicologico dall'ambientazione piena di fascino nordico, con casa abbandonata nel bosco e uno strano albergo. Il soggetto è la metà oscura, sorta di doppia personalità ampiamente abusata nella storia del cinema. La domanda è: il film tratta il tema in maniera interessante? Purtroppo no, e se ci prova con la figura della madre/matrigna, dell'incidente, del fratello, il tutto è mal incastrato, approssimativo, prevedibile e noioso.
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CuriositàDaniela • 19/02/10 17:12 Gran Burattinaio - 5944 interventi
Il protagonista Kristoffer Joner interpreta il ruolo principale anche in Naboer (2005), un altro interessante horror scandinavo.
In entrambi i film ricopre un ruolo importante Cecilie Askeland Mosli.
NOTA 1 Per l'elenco della prima edizione (2006) vedere QUA Per l'elenco della seconda edizione (2007) vedere QUA Per l'elenco della terza edizione (2009) vedere QUA