Milano nera - Film (1963)

Milano nera
Locandina Milano nera - Film (1963)
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MMJ Davinotti jr
Anno: 1963
Genere: drammatico (bianco e nero)

Cast completo di Milano nera

Note: Da un soggetto di Pierpaolo Pasolini intitolato "La nebbiosa".

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La nostra recensione di Milano nera

Commenti L'IMPRESSIONE DI MMJImpressione Davinotti

Il produttore Renzo Tresoldi commissionò a Pier Paolo Pasolini una sceneggiatura intitolata "La nebbiosa" che poi, edulcorata nei suoi significati politici e ampiamente rimaneggiata, divenne la base di questo MILANO NERA, film visto pochissimo e smontato dalle sale dopo soli cinque giorni. E se ne può anche capire il perché, considerata la povertà dell insieme. E' la cronaca di una notte balorda passata da cinque “Teddy boys” milanesi tra le strade periferiche della metropoli, accompagnati nelle loro bravate dal fratellino di uno di loro: se ne scorrazzano in giro in motorino parlando dialetto (non troppo accentuato, a dire il vero) e sbeffeggiando...Leggi tutto chi capita a tiro; approcciando da galletti le donne che incontrano e portando chi ci sta in un seminterrato dove festeggiare insieme il Capodanno. La regia dei "desaparecidi" Gian Rocco e Pino Serpi non riesce mai a rendersi interessante, lo sparuto gruppo di ragazzi ben vestiti sembra quasi improvvisare senza tuttavia riuscire a rendere piacevole l'avventura. C'è qualche buona ripresa in bianco e nero della Milano meno inflazionata (ma a restare impresso è forse solo il finale allo stadio deserto di San Siro), ma diologhi e recitazione si perdono nel più tragico anonimato facendo apparire il film molto più lungo di quanto in realtà non sia (poco più di un'ora e venti): c'è chi suona il sassofono, chi grida, chi barcolla in preda all'alcol, chi ghigna... Il ritratto di una gioventù persa e senza ideali, che negli ultimi drammatici cinque minuti ritorna improvvisamente sulla Terra in un epilogo che Pasolini non aveva scritto ma che è forse l'unico momento in cui davvero si è portati a riflettere.

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Tutti i commenti e le recensioni di Milano nera

TITOLO INSERITO IL GIORNO 7/08/06 DAL DAVINOTTI
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Pol 26/11/07 18:30 - 589 commenti

I gusti di Pol

Un film che dovrebbe essere uno spaccato della Milano periferica di quasi 50 anni fa. Purtroppo vista con gli occhi di oggi la pellicola paga dazio ad un ritmo abbastanza blando, che non riesce a catturare fino in fondo l'attenzione nonostante qua e là ci siano scene interessanti. Il finale è con ogni probabilità la cosa migliore del film. La confezione del dvd cerca di spacciarlo per un proto-poliziottesco: non cascateci.

Undying 14/06/08 01:46 - 3807 commenti

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Un gruppo di giovani senza valori, decide di passare un capodanno all'insegna del "cattivo gusto". Si passa da un furto (in una Chiesa), allo sberleffo d'un ricco pederasta; si prosegue con l'accostamento di tre ragazze d'una famiglia perbene, abbordate e "usate" e via con l'assalto ad una coppia appartata in auto; ancora: un omosessuale deriso ed un allucinato finale all'interno dello stadio di San Siro. I "matti" si son portati dietro un bimbetto, che pagherà, suo malgrado, la vicinanza a cotanta stupidità. Noioso, lento, senza attenzione ai dialoghi (Pasolini c'entra?) e piuttosto confuso.

Bruce 26/11/08 09:58 - 1026 commenti

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Da un soggetto di Pasolini viene realizzato questo film strano, onirico, sperimentale, con attori esordienti, girato di notte (la notte di Capodanno) a Milano tra ladruncoli, prostitute e omosessuali. Non vi è nulla che possa piacere al pubblico ed infatti nessuno lo ha visto. Ma vi sono anche cose apprezzabili. Grande faccia da cinema l'attore che interpreta il "Rospo", capo del gruppetto di teddy boys e fratello del piccolo Ciro protagonista del tragico finale.
MEMORABILE: La scena finale girata dentro e fuori San Siro.

Renato 13/03/09 20:23 - 1648 commenti

I gusti di Renato

Deludente film girato su un soggetto originale di Pier Paolo Pasolini, non si sa bene quanto poi modificato dai due registi, allora semi-esordienti. In poche parole nel film non succede quasi niente, e quel poco che succede non è così interessante... per chi è milanese ed appassionato di calcio come me, vale la pena di vedere quantomeno gli ultimi minuti, girati in un San Siro deserto. Una sorta di reperto archeologico, più che un film.

G.Godardi 7/07/09 16:05 - 950 commenti

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Due registi che sicuramente sanno il fatto loro e che hanno studiato di tutto di più: arte contemporanea, musica dodecafonica, teatro d'avanguardia, nouvelle vague, cinema astratto tedesco, le sinfonie urbane. Ma non basta certamente tutto ciò per imbastire un buon film, qui c'è tanta carne al fuoco per un prodotto che non sa da che parte andare e si riduce in una giustapposizione di scene, ognuna della quale fa storia a sè. Preso a piccole dosi affascina, tutto in una volta indispettisce un po'. Rimane comunque una pellicola curiosa e interessante.

Nando 6/08/10 00:38 - 3906 commenti

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Una notte di Capodanno brava per cinque giovinastri più un bambino che compiono angherie e seduzioni varie. Uno spaccato milanese dei primi anni 60 girato in maniera forzata e tendenzialmente noiosa. Buona l'idea, messa però in pratica in maniera deficitaria. Tendente ai primi lavori pasoliniani ma privo della necessaria dose di poesia.

Giùan 23/06/11 16:37 - 4944 commenti

I gusti di Giùan

Uno di quei film di cui conoscere l'esistenza rischia esser più stimolante che vedere materialmente la pellicola. Da un soggetto pasoliniano, girato da due esordienti, un oggetto non identificato che dovrebbe raccontare la deboscia della periferia milanese anni '60 e si sviluppa invece come un film lunare, livido, notturno, lentissimo e non proprio consapevolmente popolato da zombi urbani ante litteram. Si ricordan scorci di città e nemmeno una faccia... tranne il bambino... forse. Curioso reperto.
MEMORABILE: Il finale a San Siro.

Il Gobbo 11/12/15 22:44 - 3015 commenti

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Oggetto poco identificabile dal titolo ingannevolmente scerbanenchiano. Ci sarebbe lo zampino di PPP ma siamo più in una zona ai margini dei territori in cui si muovevano i "non tanto regolari" di Simonetta. Intrigante, a cavallo fra sperimentazione e amatorialità; seppure esagera nell'evocare Godard e Sganzerla (eh la peppa!) ha ragione Giusti nel dire che è un film più moderno del tempo di uscita, considerato anche che fu concepito anni prima.

Rufus68 14/09/16 23:04 - 3966 commenti

I gusti di Rufus68

La doppia maledizione (l'invisibilità e l'accusa di infedeltà alla sceneggiatura di Pasolini) oggi può ampiamente esser sfatata: si ha perciò campo libero per una decisa rivalutazione. Il film, notturno e stillante (come la bellissima colonna sonora che mescola beat, jazz e Bach), nel suo andamento episodico cela un doppiofondo inquieto e senza speranza; e la tragedia finale, dominata figurativamente dalle inquadrature dello stadio deserto (simbolico dello "sviluppo senza progresso" di Pasolini), è di una disperazione lancinante.

Apoffaldin 17/01/25 10:00 - 268 commenti

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La base del film è una sceneggiatura di Pasolini intitolata "La nebbiosa" e scritta nel novembre 1959 dopo un periodo di formazione a Milano in compagnia, tra gli altri, anche di Teddy Boys. Il produttore che l'aveva commissionata e i registi, però, la modificarono impoverendola. Il montaggio è discutibile e la regia a larghi tratti improponibile: fuori-fuoco come se piovesse, troppi e troppo a caso per attribuirli a un voluto intento espressivo. Lo salvano dal macero i nobili (accantonati) natali, il finale a San Siro e un'interessante colonna sonora. Attori accettabili.
MEMORABILE: Rimbaud sulle note di Bach; "Siamo nel duemilaaa!!!" nella desolazione dello stadio vuoto.

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Schramm 8/10/23 13:39 - 4030 commenti

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Tre bravate, un furturello, l'indulgere verso accidia gola lussuria, tanta sguaiatezza menefreghista tipicamente adolescenziale al pari della presunzione di onnipotenza, scorribande etiliche senza meta, spauracchi ai danni dei passanti: basta questo ad annerire Milano? E se questa è nera, quella imbevibile di Lizzani come dovremmo definirla? Esteticamente stimolante ma socio-antropologicamente desueto non solo oggi ma già allora, strozzato dallo iato tra ciò che si vorrebbe rappresentare (con Pasolini in groppa) e ciò che non si può mostrare (il sovrappiù di realtà fuori dalla sala).

Reeves 19/01/25 08:52 - 2998 commenti

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Nella notte di Capodanno un gruppo di giovinastri milanesi si scatena seguendo gli istinti più bassi e raccontando il vuoto esistenziale nel quale vivono. Lo spunto iniziale pasoliniano passa subito in secondo piano rispetto alla volontà di fare un film che crei scandalo, ma l a scarsa adeguatezza di mezzi, regia e interpreti lo trasforma in un esperimento fallimentare.
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  • Homevideo Undying • 14/06/08 01:51
    Comunicazione esterna - 7567 interventi
    Disponibile in DVD per la Alan Young.
    La versione, che vien dichiarata integrale sulla custodia, dura 79 minuti contro gli 84 indicati su imdb.

    La qualità del video (B/N anamorfico 2.35:1) è eccellente, essendo rielaborata dal negativo originale.

    L'audio, invece, viene proposto anche in 5.1, ma si tratta invece di una traccia mono (chiara e nitida comunque).

    Extra, nemmeno l'ombra.
  • Homevideo Xtron • 10/03/12 11:56
    Servizio caffè - 2233 interventi
    Ecco un'immagine dal dvd Alan Young

  • Curiosità Rufus68 • 14/09/16 23:30
    Gestione sicurezza - 223 interventi
    Dopo una citazione del capolavoro di Delio Tessa, Caporetto 1917. L'è el dì di mort, alegher (Allegri, è il giorno dei morti):

    «Oh i bej coronn!» «Alegher!»
    «oh i bej lumitt!» «oh i pizzi,
    le belle tende, oh i pizzi!»
    «L’è el dì di Mort... alegher!»

    nel film è declamata una poesia di Rimbaud, Prima serata (Prèmiere soirée), in maniera piuttosto libera, alternando italiano e francese: si susseguono sesta, prima (che è anche l'ultima), quarta e seconda quartina:

    Elle était fort déhabillée
    Et de grands arbres indiscrets
    Aux vitres jetaient leur feuillée
    Malinement, tout près, tout près.


    Assise sur ma grande chaise,
    Mi-nue, elle joignait les mains.
    Sur le plancher frissonnaient d'aise
    Ses petits pieds si fins, si fins.


    - Je regardai, couleur de cire
    Un petit rayon buissonnier
    Papillonner dans son sourire
    Et sur son sein, - mouche ou rosier.

    - Je baisai ses fines chevilles.
    Elle eut un doux rire brutal
    Qui s'égrenait en claires trilles,
    Un joli rire de cristal.


    Les petits pieds sous la chemise
    Se sauvèrent : "Veux-tu en finir !"
    - La première audace permise,
    Le rire feignait de punir !

    - Pauvrets palpitants sous ma lèvre,
    Je baisai doucement ses yeux :
    - Elle jeta sa tête mièvre
    En arrière : "Oh ! c'est encor mieux !...


    Monsieur, j'ai deux mots à te dire..."
    - Je lui jetai le reste au sein
    Dans un baiser, qui la fit rire
    D'un bon rire qui voulait bien ...

    - Elle était fort déshabillée
    Et de grands arbres indiscrets
    Aux vitres jetaient leur feuillée
    Malinement, tout près, tout près.



    - Ella era ben poco vestita
    E degli alberi grandi e indiscreti
    Flettevano i rami sui vetri
    Con malizia, vicino, vicino ...


    Seduta sul mio seggiolone,
    Seminuda, giungeva le mani.
    Al suolo fremevano lieti
    i suoi piccolissimi piedi.


    - Io guardavo, colore di cera,
    un piccolo raggio di luce
    sfarfallare nel suo sorriso
    e sul suo seno, - mosca al rosaio.

    - Le baciai le caviglie sottili.
    Ebbe un ridere dolce e brutale
    Che si sciolse in un limpido trillo,
    Un ridere grazioso di cristallo.


    I suoi piedini sotto la camicia
    Si salvarono: "Beh, vuoi finirla?"
    - La prima audacia era stata permessa,
    Ma ridendo fingeva di punirla!

    - Baciai, palpitanti al mio labbro,
    I suoi timidissimi occhi;
    - Lei ritrasse la sua testolina
    Esclamando: "Ma questo è ancor meglio!...


    Signore, ho qualcosa da dirvi ..."
    Tutto il resto gettai sul suo seno
    In un bacio, del quale ella rise
    D'un riso che fu generoso ...

    - Ella era ben poco vestita
    E degli alberi grandi e indiscreti
    Flettevano i rami sui vetri
    Con malizia, vicino, vicino ...


    Poco avanti si recita invece parte d'una lirica di Giosué Carducci dedicata all'infelice amore del trovatore provenzale Jaufré Rudel per la contessa di Tripoli:

    - Contessa, che è mai la vita?
    E' l'ombra d'un sogno (s)fuggente.
    La favola breve è finita,
    il vero immortale è l'amor.

    anche se il protagonista sostituisce "vero" con "solo".
  • Musiche Lucius • 4/05/18 23:15
    Scrivano - 9054 interventi
    Direttamente dalla prestigiosa collezione Lucius, il 45 giri originale:

    Ultima modifica: 5/05/18 08:15 da Zender
  • Curiosità Apoffaldin • 24/01/25 10:20
    Pulizia ai piani - 276 interventi
    "LA NEBBIOSA" TRADITA

    Alla base del film c'è una sceneggiatura intitolata La nebbiosa e scritta da Pier Paolo Pasolini nel novembre del 1959. "Venti atroci giorni chiuso in un alberghetto a lavorare come un cane", ricorderà di quell'esperienza un anno dopo (cfr. Pier Paolo Pasolini, Cronaca di una giornata, in Paese Sera, 2-3 dicembre 1960). A commissionargli il testo era stato un industriale milanese, Renzo Tresoldi, che voleva fare un film sui Teddy boys della sua città a partire da un soggetto di quelli che furono poi i registi della pellicola: Gian Rocco e Pino Serpi. "Due ispirati", li definì Pasolini; del produttore disse invece che era "di famiglia ricca e onorata, da far conoscere a Gadda" (cfr. Pier Paolo Pasolini, Romanzi e Racconti, Milano, Mondadori).

    Eventuale sarcasmo a parte, di certo c'è che la sceneggiatura non piacque per niente a chi l'aveva richiesta e l'autore, non volendo correre il rischio di vederla stravolta, ritirò la firma e si sfogò: "Tutto era stato involgarito, sfatto, smussato, addolcito" (Pier Paolo Pasolini, Puzza di funerale, in Reporter, 16 febbraio 1960).

    All'inizio del dicembre 1960, quando la realizzazione del film era ancora in alto mare, Pasolini disse di aver avuto soltanto la metà del prezzo pattuito. Il resto "l'avete visto voi?" (Pier Paolo Pasolini, Cronaca di una giornata cit.).
    Appena arrivato a Milano Pasolini aveva incontrato il drammaturgo e paroliere Umberto Simonetta che gli aveva presentato il Teddy boy diciottenne Giuseppe Pucci Fallica detto Gimkana (che parteciperà al film come attore: uno dei pochi trait d'union tra sceneggiatura e pellicola). Lui e l'amico Paolo Uguccione, ventenne detto "El lobo", lo misero in contatto con gli ambienti che voleva conoscere e ben presto Pasolini chiese ai due di partecipare alla stesura della sceneggiatura come consulenti linguistici dei dialoghi, per conferirgli maggior ricchezza di sfumature e registri (dallo slang al dialetto al birignao borghese), cose che al produttore e ai registi interessavano fino a un certo punto (cfr. Alberto Piccinini, Il lato Teddy boy di PPP, in Pier Paolo Pasolini, La nebbiosa, Milano, Il Saggiatore, 2013, pagg. 9-19).

    Il titolo definitivo della sceneggiatura fu La nebbiosa ma Pasolini ci arrivò dopo una lunga scelta. Nico Naldini ricorda che all'inizio venne chiamata Polenta e Sangue (Alberto Piccinini, Milano nera, in Il Manifesto, 7 febbraio 1996), poi La ballata dei teppa e La rovina della società (cfr. Postfazione a La nebbiosa cit.).
    Dalla sceneggiatura di Pasolini passarono nel film cinque personaggi: Rospo (il capo della banda dei Teddy boys), Cino (che nella sceneggiatura è il fratello minore del Rospo mentre nel film diventa quello di Contessa), Gimkana, Teppa e Contessa. Ne La nebbiosa ci sono altri due personaggi (Mosè e Toni detto Elvis), in Milano nera vengono sostituiti dal solo Francesino.

    LE PREMESSE

    Il termine Teddy boy era iniziato a circolare nei giornali italiani nei primi anni Cinquanta per descrivere le gesta criminali dei componenti della banda di Paolo Casaroli (Alberto Piccinini, Il lato Teddy boy di PPP cit.). Alla base di tutto, della sceneggiatura stessa e della caratterizzazione socio-culturale ed economica dei personaggi, c'è un convegno tenuto a Venezia il 26 e 27 settembre 1959. Il commento che ne fa Pasolini è quanto mai eloquente: "Si è tenuto recentemente a Venezia un congresso di "uomini illustri" sul problema della gioventù traviata; da questo congresso è risultato chiaro perché esistono I Teddy boys: voglio dire non dai lavori e dalle discussioni del congresso, ma dal congresso stesso, dalla sua presenza: tanta presunzione pedagogica, tanta cecità reazionaria, tanto sciocco paternalismo, tanta superficiale visione dei valori, tanto represso sadismo, non possono che giustificare l'esistenza, in molte città italiane, di una gioventù insofferente e incattivita. Con simili padri ideali (...) i figli non possono che nutrire disprezzo per la morale vigente: disprezzo non critico, naturalmente, e quindi anarchico, improduttivo, patologico". (Pier Paolo Pasolini, La colpa non è dei Teddy boys, in Vie Nuove, n.4, 10 ottobre 1959).

    Per Pasolini i Teddy boys sono "i figli reali dei nostri avvocati, dei nostri professori, dei nostri luminari (...). Sono selvaggi piccoli borghesi, esemplari d'avanguardia della omologazione. Il loro modello sta a Londra, a New York, nei paesi scandinavi: ossia in società puritane, e a alto livello civile". (Pier Paolo Pasolini, La colpa...cit.). Così nella sceneggiatura i componenti della banda hanno tutti facce da bravi ragazzi che nascondono però qualcosa di sinistro e una violenza pronta a esplodere. Il Rospo abita in un grattacielo in periferia ma di lusso, e preziosi sono alcuni oggetti che possiede la sua famiglia. Di Mosè, che non partecipa alla colletta del gruppo con molti soldi, il Gimkana dice: "Uè, lercio capitalista, chi te l'ha mangiata la grana? Cià una ditta, con due o tre sbarbati che gli lavorano, e poi va a dire che non ha soldi?".
    Insomma, siamo lontanissimi dai proletari e sottoproletari delle baracche romane di Accattone. Di tutta questa caratterizzazione dei ragazzi nel film resta ben poco. Si intuisce soltanto che il Contessa è di famiglia benestante. Degli altri non sappiamo niente in nessun senso.

    DIFFERENZE TRA SCENEGGIATURA E FILM
    (CONTIENE SPOILER)


    Ricavate dalla mia personale lettura dell'intera sceneggiatura.

    È la contiguità, per non dire identità di carattere tra rispettabili padri borghesi e figli Teddy boys, tra ambienti all'apparenza inconciliabili moralmente e in realtà affini, a risultare disturbante e essere rimossa del tutto nel passaggio dalla sceneggiatura al film.
    Lo si nota soprattutto nella scena dell'abbordaggio e della successiva orgia con le donne.
    Nel film ci vengono mostrate tre ragazze che, sostanzialmente pregiustificate dalla loro età, seguono i Teddy boys con un fatalismo che è stretto parente del piacere: quello che gli sarà rimproverato dai ragazzi a fine serata con moralismo vacuo e qualunquistico. Tutto qui.
    Nella sceneggiatura invece le tre donne sono più adulte (due -Clara e Ornella- ancora giovani e belle, la terza -Nella- più matura e ingrassata) e vengono letteralmente rapite. Fanno tutte parte degli ambienti "bene" e aristocratici della città, ma Nella è anche una vera e propria portabandiera della reazione, dei valori espressi nel citato congresso di Venezia sulla gioventù traviata:

    Aveva ragione l'avvocato Morassutti al congresso (...). Se ero io Segni, altro che repressione. Avrei ordinato la forca!

    Clara si presenta come la moglie di un impresario e Ornella è la figlia di un professore dell'Università Cattolica che -è pronta a scommettere- nessuno dei ragazzi conoscerà. Invece Rospo dice che sa benissimo chi è: un amico di suo padre fin da bambino: avevano fatto l'Università insieme, "quei due poveri fessi", e erano stati tutti e due fascisti. E sarà sulla base di questa scoperta affinità che anche Clara potrà giustificare il suo desiderio di concedersi ai ragazzi.
    Rivolgendosi a Nella (ancora recalcitante ma che poi sarà la prima a cedere abbandonandosi a uno striptease integrale per rinverdire i suoi fasti di ex soubrette delle riviste di Macario) dirà:

    Ehi! Non essere così intransigente! Cerchiamo di prendere le cose con spirito (...) E poi, mascalzoni, mascalzoni. Sono figli di gente bene, in fondo...

    Del colloquio con il giovane omosessuale sequestrato, nel quale non è difficile vedere una proiezione di Pasolini stesso, resta molto nel passaggio dalla sceneggiatura al film. Non tutto però. Mancano, guarda caso, le considerazioni psicosociologicamente più scomode. Nella sceneggiatura (e non nel film) l'identikit del Rospo fatto dal giovane contiene anche queste parole:

    Odiate tutti i vostri padri, e il loro mondo (...) ma non li odiate abbastanza perché, in fondo, siete come loro (...) Tuo padre è un commerciante, o un piccolo industriale, magari ex fascista. E tu diventerai come lui, (...) magari con una moglie bigotta...come tua madre.

    Anche il finale cambia, e soltanto apparentemente in modo non essenziale. Nel film a morire è il piccolo Cino, vittima di un atroce scherzo. Mentre sta impugnando la pistola, il Francesino fa finta di essere stato colpito a morte da un inesistente proiettile partito per caso. Cino fugge fuori dallo stadio San Siro, terrorizzato da quello che pensa di aver fatto e inseguito dalle grida degli altri che gli preannunciano l'arresto e la galera. Nel piazzale, mentre continua a scappare, viene investito da un'auto guidata da un ubriaco. Così un finale rigidamente manicheo è servito: la morte del ragazzino come ultima, drammatica conseguenza delle bravate teppistiche dei Teddy boys e dell'incoscienza di un alcolizzato. Nella sceneggiatura invece Cino è davvero lo sparatore involontario del colpo di pistola che uccide Gimkana mentre sta facendo una serenata sotto la finestra della sua fidanzata.

    Il tutto acquista così un senso più compiutamente tragico in accezione classica: Cino diventa il martire dei disvalori nei quali sta crescendo prima ancora di averli fatti coscientemente propri: è contemporaneamente il carnefice e la vittima ideale che il destino impone a questa borghesia squallida e senza possibile riscatto. E non è un caso che l'aura tragica completamente assente nel film sia presente nella sceneggiatura fin quasi.dall'inizio. Qui infatti, subito dopo il furto in chiesa, i ragazzi vanno dal ricettatore e la moglie di lui, che è cartomante, predice che per uno di loro la serata finirà male.

    SCENE ASSENTI A ALTRE DIFFERENZE

    Molte scene presenti in sceneggiatura, specie nella seconda parte, non fanno parte del film. La più lunga è quella ambientata in un night club nel pre-finale, nella quale era prevista anche la presenza, come cantante, di Laura Betti. È interessante notare come la Betti, venuta a conoscenza della cosa molti anni dopo, cadde letteralmente dalle nuvole. In tanti anni di frequentazione Pasolini non gliene aveva mai parlato: emblematico di quanto poco l'autore ci tenesse a ricordare quel lavoro che così poche soddisfazioni gli aveva procurato (cfr. Postfazione a Pier Paolo Pasolini, La nebbiosa cit.).

    La lettura dell'articolo sui tipi di torture all'inizio del film non c'è ne La nebbiosa. Nel film i ragazzi ospiti del cameriere all'interno della villa si limitano a rompere un vaso, mentre nella sceneggiatura fanno un macello, distruggendo piatti e cristalli preziosi.
    Nella sceneggiatura la scena dell'orgia è più hard.
    Nel film le ragazze parlano dell'arte astratta, di Klee, Mondrian e Kandinsky. Ne La nebbiosa invece vengono citati Braque, Léger e Boccioni. Le citazioni del Tessa e il ballo sulle note di Bach e i versi di Rimbaud presenti nel film non compaiono nella sceneggiatura. Il personaggio della ballerina del film riprende in parte quello della Teddy girl Pupetta della sceneggiatura di Pasolini.

    FONTE PRINCIPALE: Pier Paolo Pasolini, La nebbiosa, Milano, Il Saggiatore, 2013.
  • Curiosità Apoffaldin • 26/01/25 10:09
    Pulizia ai piani - 276 interventi
    La storia si svolge durante la notte di Capodanno e la lavorazione del film si è adeguata, orientativamente e almeno in parte, a tale ambientazione. Al minuto 44, a esempio, un'inquadratura ci mostra un cinema che sta programmando Crimen, uscito nelle sale italiane il 21 dicembre 1960 (IMDb). Poi la macchina da presa, seguendo la camminata di Cino, mostra dei cartelloni che pubblicizzano la lotteria di Capodanno e piazza del Duomo con un grande albero di Natale.

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