Fantascienza americana classica in Technicolor, con effetti speciali per l'epoca pregevoli (di George Pal) che comprendono la creazione del suolo marziano in anni in cui su Marte non c'era ancora mai stato nessuno. La resa (oggi ovviamente piuttosto risibile) ci mostra il Pianeta Rosso che più rosso non si può, coperto da una sorta di moquette monocromatica dalla quale spuntano rocce nere spigolose. Il film racconta la storia - breve - di una missione spaziale partita per raggiungere la Luna e fatta invece deviare su Marte da ordini superiori. Il comandante (vestito come gli altri in perfetta tenuta da dopolavoro ferroviario, con tanto di cappellino!) passa dal comportarsi saggiamente al finire preda...Leggi tutto di crisi mistiche in seguito a un incidente mortale occorso a uno dei suoi astronauti (beccato in pieno da un meteorite mentre stava lavorando all'esterno del razzo). Caratteristica l'astronave ruota all'epoca simbolo stesso dell'insediamento umano nello spazio, molto divertenti gli effetti che danno la propulsione al razzo. Al di fuori però di curiosità legate agli f/x e all'estro scenografico di Pal c'è poco o niente: i soliti prolungati dialoghi tra astronauti, le considerazioni sulla carenza di materie prime sulla Terra, un rapporto solo accennato tra padre e figlio entrambi parte della missione. Difficile oramai seguire seriamente certi film, tanto più quando - come in questo caso - il futuro è rappresentato dall' anno 1980! Onesto con qualche punta di interesse, ma sommariamente deludente.
Per gli anni cinquanta questo film era davvero molto spettacolare, con i migliori effetti speciali (suggestiva la sequenza dell'asteroide infuocato), un vero e proprio secondo capitolo non dichiarato del progetto ottimistico sull'uomo nello Spazio iniziato da Pal con il precedente Uomini sulla luna. Ai giorni nostri, invece, è sfortunatamente molto poco considerato (a mio avviso, soprattutto per colpa della pessima versione italiana televisiva, accorciata e ridoppiata, che alcuni network privati trasmettavano, in particolare negli anni '80).
La parte neopositivista è proprio quella più caduca: in pieno 2020 la conquista dello spazio non appassiona poi molto e sembra terreno (di conquista) solo di tecnici e addetti ai lavori. A risultare interessante sono la cupezza di alcune considerazioni (la missione interplanetaria come profanazione dell'opera divina), gli ammicchi biblici (la neve salvatrice al pari della manna) e le scenografie, ingenue quanto efficaci. Sul giudizio finale grava purtroppo l'inconsistenza della prima parte, leggera e troppo chiacchierata.
Simpatico giocattolo ipercromatico dagli effetti che arrivano a noi mantenendo ancora, durante le sequenze nello spazio, un certo fascino. Peccato il registro indeciso che non prende una direzione chiara. Passa dal tono scanzonato al limite dell'insubordinazione, all’estasi mistico-religiosa sul rapporto uomo/universo, a un più prosaico neocolonialismo a caccia di risorse. Ogni spunto, se gestito con equilibrio, poteva offrire sviluppi interessanti, ma qui si traccheggia fino a chiudere con un’altra bella pulce nell’orecchio: i libri di storia possono essere facilmente taroccati.
MEMORABILE: Le tute spaziali con gli arti a soffietto; I “volontari” obbligati; Il funerale spaziale; La neve a Natale su Marte (memorabile in negativo).
Byron Haskin HA DIRETTO ANCHE...
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