Note: Il soggetto è tratto dal romanzo "Le dodici sedie", scritto da due autori russi e pubblicato nel 1928 e già portato al cinema nel 1936 con "Keep your seats, please!".
L'addio al cinema (e alla vita) di Mazzacurati è una commedia garbata e avventurosa, con Mastandrea e la Ragonese sulle tracce di un misterioso tesoro custodito in una sedia. Ha confidato che è lì una carcerata in fin di vita (Ricciarelli): è il bottino di una rapina che ha nascosto in una delle sue sedie di casa. Dal momento però che gli arredi son finiti sotto sequestro, ai due (ai quali si aggiungerà Battiston in versione prete, anche lui al corrente del segreto) non resterà che rintracciare uno per uno gli acquirenti della sedia fino a trovare quella che contiene il malloppo. Uno schema già visto più volte (si pensi al Villaggio...Leggi tutto di HO VINTO LA LOTTERIA DI CAPODANNO, per esempio) e che prevede, nel ruolo dei diversi proprietari, un gran numero di partecipazioni straordinarie: da Albanese nel ruolo di due gemelli alla coppia Orlando/Bentivoglio venditori di quadri in tv, da Raul Cremona nell'abituale ruolo di mago cabarettista a Milena Vukotic medium; da Balasso che presta macchinari al centro benessere della Ragonese a Marzocca fioraio arabo in cimitero. Simpatici quadretti che compongono un'avventura veneta scanzonata e nobilitata dall'ottima espressività di Mastandrea, conclusa in montagna con una delle scene più spassose e originali. Niente di memorabile, con un Battiston sprecato, ma in fondo piacevole.
Commediuccia dell'assurdo che fa sorridere quel tanto che basta ma non offre niente di che. Quasi interamente incentrata sul volto da perdente del buon Mastandrea che duetta con i comprimari esattamente come ci si aspetterebbe. Neppure Battiston incide più di tanto. La nota migliore riguarda forse la parte della Vukotic e quella dei due montanari.
Mazzacurati esce di scena omaggiato dai tanti camei degli attori diretti nei suoi vari film e con un prodotto figlio del suo stile, con protagonisti sconfitti nella vita ma sempre carichi di speranza. Divertente ma pure amaro termina sulle Dolomiti, dove ci si sente più vicini al cielo.
Come in un ritrovo tra vecchi amici, la sceneggiatura del film offre l’occasione per la passerella d’addio del grande regista padovano. Inutile disquisire sulla bontà del prodotto filmico; questo è un convivio di grandi attori che, consapevolmente o meno, si trovano qui per celebrare le gesta di un amico. Restano, per gli spettatori, le risate e il testamento di un autore innamorato dei deboli, delle minoranze senza voce e di un nordest a tratti epico e folkloristico. Una terra da riscoprire pur con tutti i suoi limiti. Adorabili, se visti con gli occhi di Mazzacurati.
MEMORABILE: Il breve cameo di Orlando e Bentivoglio: esilarante.
Nell’insieme delle tante partecipazioni Mazzacurati si congeda col passaggio finale nella natura. La commedia purtroppo dice poco, si susseguono solo le vicende legate all’inseguimento del tesoro nascosto. La Ragonese non convince, Mastandrea nei panni del bonaccione stride e non basta la vivace parlata veneta a far simpatia; positivi comunque i camei di Bentivoglio e Marzocca. Lo stile registico è immutato ma è meglio ricordarlo per gli affondi nel mondo dei perdenti.
Divertente commedia giocata con elementi tutto sommato semplici (equivoci, fughe, etc) ma sempre con i tempi giusti e una buona sinergia tra gli interpreti principali, tra i quali forse l'unico sacrificato è Battiston in un ruolo poco caratterizzato. Ruoli del tutto fugaci per Orlando e Bentivoglio, mentre Mazzocca, la Vukotic, Balasso e la Ricciarelli acquistano un senso.
Dispiace, per ovvie ragioni, dover dire che questa opera di Mazzacurati non sia un granché, ma purtroppo è la verità. Si tratta di una commedia abbastanza banale e prevedibile che non trova brillantezza né nelle interpretazioni dei protagonisti, tutti abbastanza sottotono, né nella regia, che non presenta particolari elementi degni di nota. Ancora una volta il regista si schiera dalla parte dei più deboli, ma questa volta con poca lucidità. Bella la fotografia nell'ultima parte girata tra le montagne, ma è comunque un po' poco.
Quasi presentendo la fine Mazzacurati ci omaggia di un film in cui vi è la summa del suo modo di fare cinema. Una carrellata dei suoi personaggi sbilenchi sempre alle prese con pressanti problemi quotidiani che cercano di risolvere nei modi più strani. Situazioni surreali raccontate con il solito ironico gusto e la consueta umanità dell'ottimo regista veneto. Ultimo omaggio alla sua terra, dalla laguna alle montagne. Bravi gli attori protagonisti e carrellata a mo' di cameo degli attori che più gli sono stati vicini. Da vedere.
Il commiato di Mazzacurati, che realizza una commedia on the road abbastanza surreale in cui si sorride e si riflette. Bravo Mastandrea, ben coadiuvato dalla Ragonese mentre Battiston appare lievemente sacrificato. Numerosi i cameo di interpreti famosi, tra cui segnalo la Ricciarelli e un doppio Albanese.
Mazzacurati ci mancherà proprio per il suo talento nel raccontare la provincia e nel trattegiare i personaggi che la abitano. Il film è l'ennesima testimonianza del talento di un regista che sapeva girare commedie non banali, con un occhio attento alle difficoltà quotidiane della gente. Emozionante la carrellata dei suoi attori preferiti, tra i quali manca forse solo quel Marco Messeri con cui aveva iniziato.
Il congedo di Carlo Mazzacurati avviene con una commedia che conferma la capacità del regista di raccontare storie che restano saldamente ancorato alla provincia veneta. In questo caso la vicenda della ricerca di una sedia che contiene un tesoro è raccontata con toni leggeri ed ironici oltre che con una buona caratterizzazione dei personaggi principali. A rendere omaggio al regista molti dei suoi attori "storici", ma Valerio Mastandrea e Isabella Aragonese, per la prima volta diretti dal regista, non sfigurano.
Distribuito postumo nelle sale cinematografiche, La sedia della felicità è l'ultimo, impagabile lavoro del grande regista padovano. Commedie come queste riconciliano il pubblico con il prodotto cinematografico made in Italy. Perché se già la sceneggiatura prevede una serie di ingranaggi che girano al punto giusto, la sapiente mano del regista fa sì che tutti gli attori diano prove di grande spessore. Come lo strabordante Mastandrea, unico con i suoi sguardi. Semplicemente geniali poi le carrellate di camei presenti nel film. Da non perdere.
MEMORABILE: Lo spirito di Vumba; Il furto della sedia al mago; Da Nives; El mecagnedo e El mefradel.
Non fosse per la generale simpatia dell'operazione si dovrebbe parlare di un film inutile, già visto e senza un minimo di originalità (a cominciare dal palese rimando a un vecchio film di Mel Brooks, a sua volta tratto da un racconto russo). Persino nel repertorio dello stesso Mazzacurati c'erano già almeno due film sostanzialmente identici per temi e toni (La lingua del Santo e A cavallo della tigre). Di un terzo episodio non si sentiva il bisogno. Forse presagendone la fine imminente, gli attori cari al regista partecipano con un cameo.
Graziosa commedia con un sempre ottimo Mastandrea che stavolta ha come spalla la brava e simpatica Ragonese, Battiston - prete - un po' defilato ma incisivo, nonché una serie di illustrissimi comprimari, fra i quali spicca (curiosamente) Balasso, efficace nei panni dello strozzino. La storia ha ritmo e può vantare molte gag riuscite, si sorride spesso e il "tesoro" inseguito diventa presto di secondaria importanza rispetto alle rocambolesche avventure dei protagonisti. Divertente.
MEMORABILE: Mastandrea che di fronte al fucile spianato del pecoraro se ne esce con un: "morbido!", reminescenza della fantastica serie Buttafuori.
Grottesco e divertente, l'ultimo film di Mazzacurati è un'originale e bizzarra commedia, veloce nel ritmo e simpaticissima nell'abbozzo di personaggi completamente sopra le righe. La sceneggiatura è ricca di gag riuscite, con l'unica pecca di avere forse poca coesione tra i vari sketch. Mastandrea in gran forma, coadiuvato da una gradevole Ragonese e da un Battiston fantastico. Completano il quadro uno stuolo di illustri camei, tra i quali spiccano in particolare quelli di Marzocca e della Vukotic. Da vedere.
Mazzacurati ci lascia con una storia leggera, gradevole e scanzonata, giocata su una rocambolesca ricerca di un tesoro nascosto in una sedia. Si tratta di una farsa delicata, senza troppe pretese, ambientata nella provincia veneta di cui viene riportato un quadro di malinconica semplicità. Buona l'interpretazione da parte di un gruppo di attori italiani di comprovata professionalità.
L’ultima opera di Mazzacurati funge un po' da summa di tutto il suo cinema, dall’ambientazione nella provincia veneta all’umanissimo sguardo verso gli emarginati. Una surreale e divertente caccia al tesoro sullo sfondo di un’Italia marginale stretta nella morsa dalla crisi economica e popolata da un campionario umano di stralunate figure minori. Più che Mastandrea e la Ragonese, corretti ma non entusiasmanti, contano infatti gli spassosi camei affidati agli attori preferiti dal regista, che gli rendono omaggio con affettuose apparizioni.
MEMORABILE: L’impiegata sadomaso; Il pagamento con il pesce; Balasso avido noleggiatore di apparecchi estetici; I gemelli Albanese; Il volo del prete Battiston.
Ennesima versione cinematografica della grottesca e concitata caccia al tesoro già portata sullo schermo in Una su 13 e nel Mistero della 12 sedie, che ben si sposa con la vocazione di Mazzacurati all’avventura di piccoli eroi di provincia. Qui la declinazione in salsa da nuova commedia italiana si accresce del progetto ‘all stars’ che riempie di camei la narrazione. Film piacevole e divertente, con frizzanti spunti sul costume e l’attualità. Peccato che il finale si ammosci con un’idea farraginosa e un banale pistolotto sentimental-melenso.
Film che fa simpatia (e tenerezza). Fa simpatia perché è (dannazione!) l'ultimo di Carlone Mazzacurati, autore di tanto buon cinema e di un capolavoro che resterà. Fa simpatia per il suo essere così ingenuamente eppur pervicacemente stralunato, alieno alle regole commerciali e alle "wave" di maniera. Mette simpatia perché nei ruoli di contorno c'è mestiere, amicizia, generosità. Fa simpatia perché Battiston si sacrifica, Mastandrea fa il ruolo che sa e la Ragonese ha uno sguardo che fa innamorare. Fa simpatia perché con tenera umiltà mostra la crudeltà del tempo.
MEMORABILE: Natalino Balasso e la gag con la poliziotta interpretata dalla Maragno; Giusy Zenere insidia Mastandrea; La Ragonese "Madonna" sull'asinello.
La storia è semplice, magari banale considerando quante volte una situazione simile (la ricerca di un qualcosa normale ai più, ma un tesoro per alcuni) si sia vista al cinema. A una semplicità di fondo il film aggiunge il plus di una brava coppia di protagonisti, di ambientazioni relativamente inusuali e, soprattutto, di un campionario di guest star a cui il duo dovrà sottrarre quello che suppone essere l'oggetto della ricerca. Non è di certo il Mazzacurati migliore, però è un film alla fin fine gradevole.
In punto di morte, un'anziana donna confessa a un'estetista di aver nascosto un cofanetto di gioielli dentro l'imbottitura di una vecchia sedia. Inizia una caccia al tesoro in cui vengono coinvolti anche un tatuatore e un prete... Nel suo ultimo film, Mazzacurati propone una nuova trasposizione di un romanzo russo già portato sullo schermo con risultati modesti: grazie all'ambientazione distensiva nella provincia veneta e al cast fitto di camei illustri e gustose partecipazioni, il risultato è piuttosto piacevole, anche se purtroppo penalizzato da un finale con poco senso.
Carlo Mazzacurati HA DIRETTO ANCHE...
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HomevideoRocchiola • 22/08/19 08:28 Call center Davinotti - 1320 interventi
Disponibile in bluray marchiato 01 Distribution. Video ed audio sono praticamente perfetti.