Ingmar Bergman rielabora una leggenda svedese del XIV secolo per un film che, più di molti altri suoi, ha lasciato il segno. Non solo per l'Oscar vinto come miglior film straniero ma per la forza e la semplicità del soggetto, che infatti Wes Craven riprenderà dodici anni dopo per il suo esordio L’ULTIMA CASA A SINISTRA (in Italia “rifatto” come L’ULTIMO TRENO DELLA NOTTE): una storia che si basa sul principio di azione-reazione. A un'azione turpe (lo stupro di una giovane) corrisponderà una vendetta spietata...Leggi tutto e premeditata, affidata al padre della vittima (Max von Sydow): le suggestioni maggiori vengono dalla passeggiata a cavallo nei silenti boschi svedesi, dove la tragedia verrà consumata in un clima quasi surreale. Ma la profonda indagine psicologica è soprattutto sviscerata nella nella mezz'ora finale, in cui gradatamente von Sydow prende coscienza dell'avvenuto omicidio e, pur non lasciandosi andare ad alcuna esternazione, cova dentro di sé una rabbia feroce che si sprigionerà nell'agguato conclusivo. Dialoghi ridotti all'essenziale, bello studio sui volti e sulla particolare espressività dei personaggi. Bergman conferma di essere regista di caratura superiore, pur ricadendo in una certa lentezza narrativa (ma meno che in altre occasioni) e non stupendo per forza con la grandiosità della messa in scena. Si ha l'impressione di assistere a un cinema “diverso”, intimista e lontano anni luce da quello hollywoodiano. Un cinema fatto di sentimenti, di semplicità e, alla fine, di indubitabile efficacia, a volte straziante.
Bergman narra questa storia da diversi punti di vista (anni dopo la realizzazione, in un momento di sconforto, definirà questa sua opera "una miserabile imitazione di Rashomon"), e lascia che siano le emozioni a parlare. Certe vette emotive nella seconda parte del film hanno pochi confronti anche nella sua filmografia; alla fine affiora un barlume di speranza, persino in modo esplicito, cosa rarissima per il maestro svedese. A suo modo, un unicum nell'itinerario bergmaniano intorno alla sofferenza dell'uomo.
Capolavoro di eccezionale intensità drammatica e di straordinario rigore filmico, una storia (e una regia) capaci di trascendere il campo dell'arte per nutrire anche il "genere", come è giusto e nobile. Colossale prova di Von Sydow, senza eccessi o barocchismi che avrebbero contraddistinto (anche opportunamente, non si può essere tutti svedesi!) i registi di altri interpreti. Nessuno (nemmeno Dreyer e Eijzenstein) ha saputo filmare i visi in primo piano come Bergman.
Ottimo dramma di Bergman, iniziatore suo malgrado del filone "Rape & revenge". Ma rispetto ai film "moderni", che vireranno verso la violenza gratuita e sulla ricerca dello shock visivo, il film di Bergman entra a pieno merito nel cinema d'autore, grazie alla bellezza spettrale del bianco e nero - divino nelle scene della foresta - e per lo stile narrativo tipicamente europeo (per esser precisi: nord-europeo), fatto di lunghi silenzi, momenti riflessivi e un'eleganza formale che non cede neanche nelle scene più "dure". Grande cinema, senza dubbio.
Ha ispirato numerosi sceneggiatori che poi hanno applicato la formula stupro/omicidio seguito dal più o meno casuale incontro con i genitori della vittima. Un dramma atipico per l'epoca, molto violento ma solo nell'immaginario (e non è poco!) anche nei confronti di un bambino. In alcune situazioni può apparire prolisso ma solo perché abituati al "tutto e subito". È un'opera di cui consiglio la visione soprattutto agli amanti del genere sopracitato.
1997. Roma, La Sapienza. Primo esame di Storia del Cinema: Bergman. Avessi visto per primo questo oscuro gioiello, piuttosto che gli oscuri mattoni Persona o Monica e il desiderio, non sarei andato in giro così tanti anni a dire che Bergman è solo un pesantone patentato. Un rape and ravenge ante litteram, asciutto, brutale, realistico e allo stesso tempo visionario, onirico. Insieme a Fanny e al Settimo sigillo il miglior Bergman di sempre, a mio avviso. Finale con quel tocco di crudeltà che non ti aspetti, in cui le vittime commettono eccesso di difesa.
È un Bergman abbastanza didascalico questo della Fontana. Sempre pervaso dal rapporto controverso con la religione, che trova nel finale accenti di disperazione e speranza. Può essere letto in chiave intimista, è fanciullesco nel ritratto di una Karin incapace di leggere ogni presenza del male, sempre ben fotografato e statico nelle inquadrature ma non il capolavoro da molti descritto.
MEMORABILE: Ma tu vedi, Dio! Tu vedi, vedi la morte di un innocente, vedi la mia vendetta e non l'hai impedito. Io non ti capisco!
Inconsapevole iniziatrice del rape & revenge che ne erediterà impianto narrativo e personaggi-tipo, l’opera è in realtà coerente con l’intero corpus bergmaniano: una drammatica meditazione su problemi filosofici e religiosi come il silenzio di Dio, il mistero del Male e la convivenza tra cristianesimo e paganesimo, qui nello scenario di un Medioevo fiabesco denso di presagi e simboli. Magnifico Von Sydow nell’autorevolezza ieratica di capofamiglia e giudice supremo, nell’affetto paterno, nella ferma determinazione della vendetta e nella disperazione della preghiera per il perdono. Lustrale.
MEMORABILE: Il vestito rivelatore; Von Sydow si prepara alla vendetta («Va’ a prendermi il coltello da scannare!»); la preghiera finale.
Le emozioni sono violente in questo film, eppure non sono minimamente esternate; i visi rimangono immobili, gli occhi bassi, ma questo fa sì che si capisca alla perfezione il terremoto interno, disperato e senza rimedio dell'enormità della scoperta, l'assassinio dell'unica e amata figlia, creatura pura e più che innocente. Bergman è bravissimo a condurre un lavoro essenziale con pochi dialoghi ma che quando ci sono lasciano il segno e il rapporto con Dio in una società medioevale e la scoperta della assoluta libertà, da Lui concessa all'uomo.
MEMORABILE: La scena dello stupro, la violenza è ancor più violenta nella brutale semplicità dei movimenti.
Sembra incredibile ma questo film può essere quasi considerato il capostipite del genere “rape and revenge” (tanto che a questa pellicola si ispirò Craven). In realtà in Bergman le cose sono, ovviamente, più profonde e complesse. Come in tanti film del regista, il rapporto tra l’uomo e Dio è di centrale importanza: un Dio apparentemente inerte che non impedisce i vari atti di violenza compiuti. Alla fine però non manca la speranza. Non è una novità che la fotografia di Sven Nykvist sia fenomenale.
Fanciulla pura ed innocente viene aggredita nel bosco da tre pastori che, dopo averla violentata ed uccisa, troveranno riparo proprio nella casa del padre di lei. Vendetta terribile, mentre Dio continua a guardare altrove, ma nell'epilogo scorga un rivolo di speranza... Film crudele, pessimista ma non disperato, valorizzato da una fotografia stupenda, è fra i più belli del cinema bergmaniano, ma inspiegabilmente meno osannato rispetto ad altre opere più introspettive e cerebrali. Quanti figli più o meno degni ha partorito questo capolavoro?
Tra cristianesimo e paganesimo, nobiltà e servitù, tra nobili valori e intenti aberranti prende forma questo bellissimo affresco su violenza, vendetta e redenzione. Nel bianco e nero di Nykvist duro come le pietre, una storia di sangue e crudeltà, dignità e morale, osservata da un Dio non ancora silenzioso, ma per nulla attento alle terribili nefandezze commesse nel mondo, impassibile dinanzi alle bestiali gesta umane. Granitico, come al solito, Max Von Sidow; bravissima in un ruolo non facile Gunnel Lindblom.
Con altri “capolavori” del maestro svedese condivide una certa refrattarietà cinematografica, intesa come incapacità dello schermo a “contenere” l’altezza delle tematiche e la profondità delle intenzioni. C’è di precipuo invece, in questo decadentistico morality play, una ancestralità filmico-leggendaria che ne ha fatto non a caso il capostipite di tanti rape & revenge. L'algida cornice pittorica contrasta perturbantemente con la scabrosità del quadro, gettando ancora sull’opera un'inquieta luce sinistra. Le grida restano più impresse dei sussurri.
MEMORABILE: Ingeri la serva che nell’incipit mescola e sentenzia; La presentazione e la caratterizzazione dei 3 vagabondi; Lo stupro subito da Karin.
Bergman riesce, tramite una storia di vendetta, a toccare i temi a lui più cari quali la fede e il contrasto tra Bene e Male. Lo stupro ai danni della fanciulla, ancora prima che l'uccisione, nient'altro è che l'azione distruttiva attuata dal Male nei confronti del Bene. Fino a qui tutto è nella norma, perché il Male è tale proprio per il suo agire contro il Bene. Spetta al Bene trovare un rimedio giusto e lontano dall'efferatezza della violenza. Bergman, però, sembra mostrare che non c'è fede che tenga quando si tratta di vendetta.
MEMORABILE: La profanazione dell'infinita purezza di Karin.
Straordinario. Il rapporto conflittuale tra uomo e Dio, in cui quest'ultimo non corre in soccorso di chi crede in lui. Ingmar Bergman sa come raccontare certe storie non preoccupandosi di ricorrere a scene forti (lo stupro) che per l'epoca erano per la censura insopportabili. Premiato con l'Oscar come miglior film straniero.
Nella Svezia Medioevale si consuma il dramma di una giovane ragazza e della sua famiglia. L'eterna lotta tra il bene e il male viene qui espressa nello scontro tra il profondo misticismo della famiglia e il demone corruttore di anime innocenti. Non è importante che vi sia un vincitore ma che venga messa in discussione l'essenza stessa della fede. Non c'è spazio per l'innocenza, tutti sono corruttibili di fronte al Male, nessuno escluso. Il senso di colpa trascina alla follia e solo un segno divino può mondare da ogni peccato.
Di fatto il film che ha ispirato L'ultima casa a sinistra di Craven, che ovviamente trasla tutta la sottigliezza e tutti i silenzi nell'exploitation. Anche nel film di Bergman la violenza non manca, anzi, la scena della vendetta, cruda e agghiacciante, in cui la bestialità di un uomo severo e timorato di Dio non riesce a essere frenata, è decisamente raggelante. Meraviglioso il bianco e nero in cui (molto) lentamente si sviluppa la storia, anche se più di quest'ultima colpiscono i contrasti religiosi e certi simbolismi. Bello ma pesantuccio.
MEMORABILE: Il rospo nel pane, efficace rimando alla contaminazione di ciò che è puro; Il monologo notturno del servo.
Difficile rimanere impassibili di fronte a un’opera di tale livello, capace di arrivare così in profondità e lasciare un segno tangibile. Il dramma della vergine scardina per primo le emozioni e viene amplificato da una rappresentazione archetipica di un nucleo familiare del Medioevo, ancora imbrigliato tra paganesimo e cristianesimo e condizionato dalla cecità morale che da questo conflitto deriva. Ieratico e profano si mescolano in un turbine melmoso gestito ottimamente da Bergman che sugella una pellicola indelebile e indimenticabile.
Anticipatore del rape and revenge? Sembrerebbe di sì visto che quando al buon cristiano Von Sydow stuprano e ammazzano la figlia, lo stesso passa alla tremenda vendetta, previo rito pagano scandinavo. Molto ben girato, in uno splendido bianco e nero, per l'epoca doveva essere molto violento (sia la scena dello strupro che la vendetta sono piuttosto espliciti). Sicuramente il tema dell'assenza di Dio emerge con evidenza. Ottimi gli attori, tra cui spicca il grande max Von Sydow.
Un film di vendetta in stile Bergman; permeato di silenzi, di gesti e sguardi, di figure estreme che agiscono qui all'interno di un contesto medievale (lo spunto è una novella del XIII secolo). Una prima parte spensierata seguita da una seconda inaspettatamente crudissima, violenta, pietrificante. I personaggi sono caratterizzati con l'accetta dalla sceneggiatrice Isaksson, ma in maniera sempre inequivocabile. Assoluti anche i quesiti sollevati durante la visione, come il rapporto con la divinità e la rivelazione del libero arbitrio.
MEMORABILE: L'incontro inquietante nella capanna sul fiume.
Numerose venature simboliche attraversano il film: lo scontro fra un paganesimo istintivo e il Cristianesimo, tra la scelta naturale della vendetta e il perdono; l'uomo è inquieto come il fumo entro il tetto di una casa poiché ignora gli spazi infiniti sopra di lui dice uno dei protagonisti: la sequenza finale, con l'acqua che sgorga a simulare la purezza della fanciulla uccisa, sembra dissipare ogni ansietà ricomponendo un nuovo ordine sotto un cielo benigno. Ottimo il cast.
La storia abbastanza essenziale, tratta da una leggenda medioevale svedese, conta poco. Il film affascina molto di più per l'importanza cinematografica: ancora una volta Bergman stupisce per la ricreazione di un medioevo allegorico, forse non storicamente attendibile ma veritiero nella nostra immaginazione, grazie a pochi tocchi registici da maestro. Il meraviglioso bianco e nero e la fotografia fuori dal tempo giocano qui un ruolo fondamentale, così come lo strabiliante interesse per le facce e i primi piani, su tutti il bambino e Von Sydow. Lento ma esteticamente affascinante.
Sullo sfondo di una Svezia cristianizzata nella forma ma non nella sostanza viene messa in scena la fiaba nera, gravida di simbolismi premonitori, con protagonista l'angelica Karin (Pettersson), martirizzata sulla strada della chiesa da un'Antitrinità pastorale su cui ricadrà, implacabile, la vendetta del Padre (von Sydow). La redenzione lumeggiata da Bergman giunge tardiva, un rivolo d'acqua che lavi via la lunga scia di sangue innescata dalla logica medievale del taglione: argomento moralmente impugnabile, ma contraltare forse necessario alla ferocia connaturata nell'essere umano.
MEMORABILE: Lo scacciapensieri; Ingeri insidiata nel bosco; Sovrapposizione tra le fiamme del focolare e la testa del pastore; Il rivolo d'acqua miracolosa.
Bellissimo film ispirato a una tragica leggenda medievale svedese. Una fanciulla viene violentata e uccisa da due pastori girovaghi e il padre compirà una tremenda vendetta. Splendide inquadrature, fotografia e attori bravissimi. Notevole la ricostruzione medievale, i costumi mentre scarne le scenografie. Un film in cui si svela il talento del regista svedese.
Giovane ragazza incontrerà dei briganti nel bosco. Ambientazione medioevale per una sorta di Cappuccetto Rosso dai tratti mistici. Nonostante i simbolismi siano numerosi, la trama ha una fluidità degli eventi e una sintesi nell'epilogo di una certa violenza. Le questioni religiose sono viste in tono pessimistico, anche se viene data una speranza consolatoria. Solita grande fotografia che dà profondità ai momenti senza dialoghi.
MEMORABILE: La violenza nel bosco; La vendita della veste; Il ragazzino scagliato contro la parete.
Per inserire un commento devi loggarti. Se non hai accesso al sito è necessario prima effettuare l'iscrizione.
In questo spazio sono elencati gli ultimi 12 post scritti nei diversi forum appartenenti a questo stesso film.
DISCUSSIONE GENERALE: Per discutere di un film presente nel database come in un normale forum.
HOMEVIDEO (CUT/UNCUT): Per discutere delle uscite in homevideo e delle possibili diverse versioni di un film.
CURIOSITÀ: Se vuoi aggiungere una curiosità, postala in Discussione generale. Se è completa di fonte (quando necessario) verrà spostata in Curiosità.
MUSICHE: Per discutere della colonna sonora e delle musiche di un film.
In DVD per la BIM dal 27 Dicembre 2012.
La precedente edizione (Bergman Collection) era (sempre) targata 20th Century Fox (formato 1,33:1).
Quella in uscita ammonisce sulla migliore resa visiva grazie a "nuovi master in hd"...Mah.
HomevideoXtron • 1/02/13 17:39 Servizio caffè - 2229 interventi
Ecco la nuova edizione BIM
Audio italiano e svedese
Sottotitoli in italiano
Formato video 1.33:1 pillarbox
Durata 1h26m52s
Extra Filmato "Bergman e la censura", booklet in formato .pdf, .mobi (Kindle) e .epub (iPad)