Famosissimo, geniale titolo di quello che è un filmetto e nulla più, ma che è imprescindibile nel filone dei film lacrimogeni. È più facile far piangere lo spettatore che farlo ridere: questo film ci arriva pure senza nessunissimo problema, perché, pur nella sua semplicità quasi spoglia, banale, il meccanismo funziona. Ebbe successo anche la colonna sonora di Micalizzi. Visibilissima la Mancini (fa l'infermiera).
Forse il più famoso tra i vari lacrima-movie italiani. Compiaciuto, pieno di frasi ad effetto e di momenti imbarazzanti, ma con una colonna sonora lacrimosissima che riesce a tenere lontano il ridicolo. La parte prettamente strappalacrime comunque è concentrata negli ultimi 20 minuti e risulta un po' tirata via; il finale comunque è da antologia. Cast azzeccato e regia dozzinale, ma a tratti efficace. Da vedere almeno per la suo importanza.
Orfano di madre, trascurato dal padre, che ha una nuova fidanzata, si ammala di leucemia. Filmone strappalacrime con tutti i cliché del caso, inondato di musica di sottofondo per le scene clou (e non solo), è ammirevole per la spudoratezza con cui è stato girato sfidando il ridicolo. Ma gli attori sembrano convinti, e il piccolo Renato Cestié si impegna efficacemente, riuscendo a far spuntare una lacrimuccia anche allo spettatore più disincantato.
Famoso quanto brutto. A me i dramma-movie non sono mai piaciuti e il piccolo Renato Cestiè era il re incontrastato del genere. Belle le musiche ma, a parte questo, gli attori cercano solo di far piangere (e non so se questo risulti dalle interpretazioni): dramma, dramma e solo dramma. Molto scialbo, atroce il finale nel luna-park.
Inopinato successo commerciale, fa parte del fortunato filone dei film strappalacrime che ebbero molta fortuna in italia negli Anni Settanta. In questo sono racchiusi tutti gli stereotipi del genere (famiglie più o meno infelici, malattie eccetera), ma la combinazione è efficace allo scopo (portare alla lacrima anche lo spettatore più duro di cuore). Inutile dire che artisticamente il film è ben poca cosa.
Il "re" dei lacrima italiani. Solita solfa: mancato affetto, carriera assente, malattia, morte. Film del genere sarebbero anche belli, ma l'eccessivo sentimentalismo smielato, l'esagerare la tragedia, l'uso di frasi a effetto (che peccato non rivederci più!) li rendono, almeno al sottoscritto... un po' indigesti. Mediocre.
Non ci siamo. Premettendo che pure in questo genere prettamente italico si confezionavano discrete pellicole (Il venditore di palloncini e La bellissima estate, a mio parere, stanno un livello nettamente superiore), questo film sconvolge soprattutto per il tema musicale di Micalizzi e il finale iper-drammatico. Tuttavia il modo in cui il bambino arriva alla malattia ha veramente poco di sensato e il motivo "sociale" de Il venditore di palloncini sarebbe stato di tutt'altra pasta.
Lacrima movie ultra classico non del tutto onesto nel commuovere (la storia è di quelle strazianti, a maggior ragione se il protagonista è un bambino). Tutto sommato, però, il film è scorrevole e il cast abbastanza convincente. In genere commentando questi film si dice fazzoletti a portata di mano, ma nello specifico non basterebbe un lenzuolo.
Probabilmente il più famoso tra i lacrima-movies. A parte il tragico score di Micalizzi, d'indubbia efficacia, il film si ricorda più che altro per l'ultima mezz'ora e per la scena madre; il resto in realtà è meno commovente del previsto e racconta il tenero rapporto tra il bambino e il padre, non privo di qualche spunto interessante e meno stereotipato del solito, ben recitato dal duo Cestiè/Fehmiu (più la sempre graziosa Belli). Il ritmo non sempre regge, ma ci si distrae grazie a location ben fotografate; sopravvalutato, ma si fa vedere.
Due sono i lacrima movie fondamentali della filmografia italiana: Incompreso, che è un film ben sorretto dalla sceneggiatura, mentre l'altro è questo, che ha il solo pregio di una grande colonna sonora che ne decretò a suo tempo il successo. Gli ingredienti per commuovere ci sono tutti: bimbo orfano di madre, padre che lo trascura e leucemia letale, ma la resa è al limite del patetico.
Titolo storicamente importante, in quanto dà la stura al lacrima-movie italiano e lancia il biondo Renato Cestiè a vittima predestinata del genere. Tuttavia la trama, schematica e esilissima, trova il necessario pathos solo nel tragico epilogo, poi rivisitato in chiave magico-circense da Mario Gariazzo nel potente Il venditore di palloncini. La bambina mangiona Margherita Melandri si fa carico dei momenti più infantili e spensierati.
MEMORABILE: L'acquisto della cravatta e del disco; la serata al luna park.
L'ultima neve di primavera... Bel titolo, sicuramente migliore del film (caposaldo, comunque, dello spaghetti-lacrima). Se lo si guarda come reperto archeologico di un genere ha i suoi elementi di interesse; valutato per il valore filmico in sé è poca cosa e non raggiunge nemmeno l'ombra della sufficienza. Una volta visto può essere archiviato nella cartella chiamata "dimenticatoio".
Uno dei "lacrima-movie" di maggior successo al botteghino negli anni '70, registra anche l'esordio dietro la macchina da presa di Del Balzo, che di questo genere di pellicole farà il suo cavallo di battaglia. Gli ingredienti sono quelli noti e non c'è nulla che possa sorprendere lo spettatore, ma bisogna riconoscere che il tutto è confezionato con una certa dignità, soprattutto grazie alla prova del piccolo Cestié e allo score di Micalizzi. Bekim Fehmiu fornisce una prova corretta, così come la sempre bellissima Agostina Belli.
Prendete un bimbo orfano di mamma, aggiungete un padre assente, l'ombra incombente di una matrigna e una grave malattia, condite il tutto con della musica struggente, fate bollire a fuoco lento per un'ora e mezza circa... et voilà, il melodramma perfetto è pronto. E, badate, è un eufemismo: in realtà si tratta di una vigliaccata organizzata a tavolino, perchè sfido anche i cuori più duri a trattenere le lacrime, soprattutto negli ultimi dieci, strazianti minuti, da antologia del cinema tragico.
MEMORABILE: La meravigliosa, indimenticabile, colonna sonora.
Lacrima-movie che rispetta tutti i cliché del genere e utilizza tutte le armi a sua disposizione per far piangere lo spettatore, riuscendoci. È vero che artisticamente non è certo un capolavoro, ma è anche vero che per gran parta della sua durata evita inutili patetismi, lasciando tutta la tristezza a un finale invero molto bello. Questa è una nota di merito per un film che scorre bene e fa riflettere sull'uso che facciamo del nostro tempo. Buona la prova del cast, col piccolo Renato Cestiè habitué del ruolo. Musica bella ma un po' troppo presente e forzata. Si può guardare.
Il film che ha inaugurato la stagione dei lacrima/movie anni '70, resta uno dei più noti del filone, vuoi per il titolo suggestivo vuoi per la splendida colonna sonora di Franco Micalizzi. Tutto è studiato a tavolino per commuovere, ma bisogna dare atto a Del Balzo di non aver calcato eccessivamente la mano con il melodramma, fatta ovviamente eccezione per la parte finale in cui è impossibile trattenere le lacrime. Bravo il piccolo Cestié (che del genere diventerà l'icona), professionali Fehmiu e la Belli, la Melandri bambina mangiona regala i momenti più spensierati.
Il plot (bimbo orfano di madre trascurato dal padre che troppo tardi si rende conto delle sue colpe) è molto simile a quello di Incompreso di pochi anni prima ma il film diretto da Comencini aveva una dignità cinematografica che questo, mediocre nella sceneggiatura e sciatto nella messa in scena, non possiede. Entrambi al momento clou riescono a far piangere per l'effetto cipolla suscitato dalla vista di un bimbo morente, ma in questo caso si prova anche un certo imbarazzo per il palese intento punitivo nei confronti del padre farfallone, veicolato in modo tanto rozzo e ricattatorio.
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HomevideoZender • 1/12/08 08:59 Capo scrivano - 48855 interventi
In esclusiva dalla prestigiosa Geppo collection di Germania la rara fascetta New Pentax di L'ULTIMA NEVE DI PRIMAVERA!
CuriositàZender • 8/02/09 10:15 Capo scrivano - 48855 interventi
Dalla prestigiosa mostra itinerante "I flani di Legnani" curata per l'appunto dal caro Buono con il contributo al restauro di Zender, ecco il flano dell'Ultima neve di primavera: