Franz (Sami Frey) e Arthur (Claude Brasseur) conoscono Odile (Anna Karina) a un corso di inglese. BANDE A PART è la storia del loro incontro, dell'amore di entrambi per questa giovane ragazza ingenua e dagli occhi dolci. Ma Franz e Arthur non sono due personaggi qualsiasi. Sono dei poco di buono, che si divertono a giocare con i sentimenti di Odile pur essendone attratti. E quando scoprono che lei lavora nella villa dove tale Stolz custodisce un mucchio di soldi, progettano di coinvolgerla nel furto. Sullo sfondo di una Parigi invernale che il bianco e nero rende ancora più fredda e desolata, Godard adatta un romanzo di Dolores Hitchens (“E’ notte e viene l'alba”)...Leggi tutto facendo per l'occasione anche da narratore. Tra alberi spogli, periferia, la Senna e i grandi viali parigini il film procede con delicatezza e gusto nella scelta di dialoghi mai banali. Il rapporto tra i tre privilegia quello tra Arthur e Odile, con Franz a fare quasi da terzo incomodo. Perché Arthur è il più spigliato e sa subito come conquistare il cuore della ragazza, affascinata dal savoir-faire di Arthur. Il colpo alla villa comincia a diventare centrale solo nella seconda parte, quando si capisce che le mire dei due, ancor più che alla ragazza, sono dirette all’ “argent”, ai soldi dell'invisibile Stolz (invisibile perché esiste solo come vittima predestinata fuori dai giochi). BANDE A PART, diventando col tempo un cult grazie anche all’apprezzamento del solito Tarantino (che ha chiamato così la sua casa distribuzione), è un film semplice, diretto ma molto aggraziato, in cui Parigi svolge un ruolo fondamentale.
Film classico nel suo genere, tipicamente francese anche se poco "godardiano", unisce amore, noir, disagio giovanile, nel raccontare la storia di due amici, della donna di cui entrambi si innamorano, della lusinga del denaro facile e di un colpo destinato a finire male. Bianco e nero perfetto, attori in parte, rapporti equivoci, ribellione senza causa, Parigi, gli anni '60. Ce n'è più che a sufficienza per creare il cult. Da vedere.
Uno dei film godardiani più sopravvalutati, in cui il regista francese dà vita ad una sorta di Jules e Jim in salsa noir anche se le atmosfere non sono certo quelle tipiche del genere. Il motivo è che Godard, come spesso accade nei suoi film, mescola elementi di vario tipo che non sempre si amalgamano in maniera adeguata. Per questo motivo il risultato è sicuramente non disprezzabile ma troppo discontinuo sebbene a tratti riesca anche ad affascinare non poco come nella scena della corsa nel Louvre, omaggiata poi da Bertolucci in The dreamers.
Piccolo capolavoro di Godard che conferendo ad un banale reato di provincia la levatura di un noir e ad un triangolo sentimentale la tensione di un melò, sfocia in un afflato tragico teatrale e disincantato. Splendido il contrappunto vocale e narrativo del regista, innamorato di poesia e racconti, che scruta e risponde ai silenzi, spiazza portando addentro e fuori il suo pubblico. Godard demistifica e seduce perché fa il tifo per gli eroi; compone e scompone con agilità un ritmo la cui spericolata leggerezza dissacra, rimugina e rimescola la cultura museificata. Affettuoso e pop.
MEMORABILE: Un minuto di silenzio e... il balletto! La traversata del Louvre in 9 minuti e 43 secondi. L'uccello che nasce senza zampe per non posarsi mai..
Due amici progettano un furto da una vecchia signora grazie alle informazioni di una compagna di corso. In un clima soprattutto da operetta, Godard gira un noir a basso costo; il crimine non è molto credibile come dinamica e vengono inseriti siparietti gratuiti o volute omissioni di particolari. In certi passaggi si nota una grande leggerezza che fa dimenticare la frammentarietà della storia. Anche la presa diretta aiuta dando autenticità. Lo stesso Godard fa da voce narrante per riassumere la storia.
MEMORABILE: Il minuto di silenzio; Il balletto a tre; Al Louvre di corsa; Lo scambio a fuoco.
Prima metà del film troppo lenta, seconda metà decisamente più godibile ed attiva. Godard è comunque maestro nello scegliere dialoghi mai banali e soprattutto a definire tre protagonisti così atipici, in una situazione così atipica (ricordiamoci che siamo nel 1964, Bertolucci riproporrà lo stesso tema molto più tardi in una chiave molto più esplicita): una specie di menage a trois dove l'attrazione si mescola con gli interessi personali. Il finale, lieto ma assolutamente non deludente, è l'apice del film.
MEMORABILE: Il mitico balletto dei 3 nel bar, intervallati dalla voce narrativa di Godard che ne descrive i pensieri.
Sullo sfondo, una maldestra rapina; in primo piano, un manifesto della Nouvelle Vague che, al pari del più compatto Fino all’ultimo respiro, rinnova il linguaggio cinematografico perseguendo concretezza e quotidianità attraverso il montaggio scomposto, l’inclusione dei tempi morti e un narratore onnisciente esterno (Godard stesso) che acquista una valenza riflessiva quasi metafilmica, tanto da staccare l’audio durante alcuni suoi interventi. Al centro della comunella a tre dagli echi truffautiani scoppietta una splendida Anna Karina, nel personaggio della solare e oscillante Odile.
MEMORABILE: La lezione d’inglese; il balletto dei tre nel bistrot; la corsa nel Louvre.
A rivedere un Godard anni ’60 non si può che restare ammirati dalla compenetrazione tra punto di vista registico e cinema. Godard ha (re)interpretato il mezzo espressivo, coniugando con tanta naturalezza stile visivo e concezione teorica da identificarsi con esso. Bande à part è un capolavoro i cui eterodossi momenti di fragranza valgon più della perfetta struttura conchiusa di tanti buoni film. Vorremmo far comunella col balletto davanti al juke-box, la corsa al cardiopalma nel Louvre, il canto nel metro di Anna Karina, essere parte di un cinema à part.
MEMORABILE: Le mani in tasca e il cappello di Sami Frey; Il brutto muso di Claude Brasseur; La Parigi livida e nebbiosa; Anna Karina rannicchiata dietro al palo.
Dopo 54 anni rimane non solo estremamente godibile ma dinamico, vivo, quasi attuale, nel linguaggio. Si potrebbe quasi credere che il cinema moderno affondi qui parte delle sue radici. Numerose le idee messe in scena, diversi i momenti di follia, alcuni destinati a rimanere nell'immaginario. Ma sopra a ogni cosa un gran ritmo, che, assieme a un gran senso del movimento di camera, a una sceneggiatura ben scritta, a un senso dell'ironia che fa da contrappunto al cenno di dramma in ogni scena, restituisce l'immagine di un cinema senza tempo (con buona pace di Eliot).
MEMORABILE: Il balletto al bar; la corsa nel Louvre; la canzone di lei in metro.
Giunto all'ennesima opera Godard, sfruttando gli strascichi delle scintille delle Nouvelle Vague, rifilma idee già apparse in numerose pellicole precedenti (partendo da Jules e Jim). La regia rivoluzionaria e avanguardista c'è ancora, ma la novità si è ormai persa e le eleganti acrobazie godardiane non bastano a sorreggere una sceneggiatura che, come al solito, lascia molto più spazio alla maniera che alla sostanza. Rimangono il buon personaggio di Odile e i geniali giochi registici per dipingere il "trio", tra specchi e piccoli gesti infantili.
MEMORABILE: Il titolo del film stroboscopico nei titoli di testa; Il minuto di silenzio.
Deluso dalla ricca quanto ingerente produzione de Il disprezzo Godard decide di tornare alle origini, a girare in b/n, a coinvolgere la moglie-musa, a omaggiare il poliziesco americano di serie B ma anche il realismo poetico del "cinema dé papa" un tempo odiato, manifestando scoperta nostalgia per gli esordi non solo suoi ma di tutta la Nouvelle Vague, arrivando anche a citare l'ex-amico e rivale Truffaut (il triangolo allude a più riprese a Jules et Jim). Forse non è il migliore del regista, ma in compenso uno dei più iconici in assoluto (le citazioni non si conteranno).
MEMORABILE: Il ballo di gruppo nel bar e la corsa all'interno del Louvre.
Godard si incentra sulla narrazione, raccontando alla sua maniera la storia di tre ragazzi che organizzano una rapina, ma del tutto sconclusionata e improvvisata. I tre personaggi, senza apparente passato, si spostano in continuazione in una Parigi in b/n, concentrati unicamente sul loro presente, pressoché asessuati, pur investiti da una sessualità “nascosta”. Il risultato è spiazzante, generando perplessità, pur se con una fotografia così nitida da imprimersi nella memoria di chiunque presti attenzione alla storia. Gloriosa la scena del ballo a trois.
Due piccoli delinquenti con il mito di Billy the Kid spingono una giovane e riluttante domestica ad aiutarli a compiere un furto. Straordinario e perfetto omaggio di Godard al cinema di serie B non solo gangster, visto che il terzetto si esibisce anche in un numero di danza. Non si può non immergersi completamente in una storia affascinante e senza speranza, in cui Godard fa da burattinaio e anche da narratore.
MEMORABILE: Il balletto nel bar; Il modo di attraversare il fiume con una barca legata con una corda; La finta sparatoria iniziale.
Arthur e Franz si innamorano di Odile e tentano il colpo grosso in casa della zia di lei, dove un pensionante tiene molto denaro in contanti. Stiloso quanto basta per interessare e anche piacere, finisce per esserlo fin troppo per non stuccare a tratti. Valida la trovata della voce extradiegetica che fa (e a tratti parodizza) il narratore onnisciente. La recitazione straniata, brechtiana degli attori ci può stare, essendo il film anche una critica alla vacuità di certa gioventù. Citazioni di Shakespeare, Poe e London. Vedibile senza aspettarsi troppo. Tra **! e ***.
MEMORABILE: Il minuto di silenzio (che in realtà dura 35 secondi); La scena del ballo, con il narratore onnisciente che descrive i pensieri dei personaggi.
Con gli stilemi avanzati dalla stagione della Nouvelle Vague, Godard mette insieme - senza autentica ispirazione - la storia di due perdigiorno piuttosto vacui che si contendono tiepidamente una bella e altrettanto svampita ragazza (Karina), ma con un secondo fine che si concretizzerà solo in una manciata di minuti nel finale. Si assiste a una sequela di situazioni imbarazzanti per la loro insipienza e legate da una voce off che vorrebbe "nobilitare" un sostanziale vuoto narrativo solo in parte ripagato dalla bella fotografia in b/n e da qualche interessante virtuosismo di macchina.
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Secondo Wikipedia il film è circolato in Italia, in una limitata serie di sale cinematografiche, col titolo "Separato magnetico". Questa non la sapevo proprio...
DiscussioneZender • 4/03/18 18:15 Capo scrivano - 48372 interventi
Dopo sette minuti dall'inizio del film Odile (AnnaKarina) passa davanti a un cinema che sta programmando Scuola di spie aka Agent Secret S.Z. (1958), uscito nelle sale francesi il 27 ottobre 1958 (fonte IMDb).
Più importante, dal punto di vista dell'individuazione del periodo di lavorazione del film, quello che vediamo al minuto 53, cioè un cinema che sta programmando Faccio saltare la banca (1964), (titolo originale Faites sauter la banque!, come si legge nel fotogramma) uscito nelle sale francesi il 25 febbraio 1964 (fonte IMDb). Quindi almeno questa inquadratura non può essere stata girata prima di tale data.