Franco Nero si sdoppia e, per compiere una rapina, si fa assumere come archivista fingendosi storpio, mezzo calvo e con gli occhi marroni. Acquisita la fiducia del direttore prepara il colpo e, toltosi il travestimento, si trasforma nel bandito cui fa riferimento il titolo. Una buona idea di partenza che Alfredo Giannetti (autore di soggetto, sceneggiatura e regia) non sfrutta a dovere disinteressandosi sia della preparazione del colpo (risolta in quattro o cinque scene) che della sua effettuazione (anche questa riassunta in pochi minuti). Ci si aspetterebbe a questo punto un'analisi psicologica del profilo del protagonista, ma nemmeno questo appare a Giannetti un elemento importante; ci si limita...Leggi tutto a giocare con il travestimento e i toni sommessi scelti per caratterizzare Il Franco Nero archivista. Così si è costretti a riempire i vuoti inserendo personaggi piuttosto estranei alla vicenda (e inseriti in un secondo tempo, forzatamente) come la bella e molto sexy Dalila Di Lazzaro, semi ninfomane con un debole per i soldi, o il promettente Fabrizio Bentivoglio, inserviente in una sauna che ama “arrotondare” circuendone i clienti omosessuali. Qualche piccolo spazio anche per le indagini poliziesche successive alla rapina, per il commissario che le conduce e per qualche altro caratterista minore, lasciando sempre l'impressione di una sceneggiatura approssimativa che la regia anonima cuce male. Fortunatamente le musiche incalzanti di Ennio Morricone tengono su il ritmo e almeno nella prima parte il film si lascia seguire con un certo interesse. Poi crolla e scade nel banale, non riuscendo più a trovare tutti capaci di vivacizzarlo, viaggiando deciso verso un finale incolore. Edward Norton, in THE SCORE, riprenderà il personaggio.
Film che scorre via leggero e senza pretese. Regia approssimativa, tuttavia riscattata dall'interpretazione del versatile Nero e dal supporto della Di Lazzaro, di Bentivoglio e di Iavarone (l'acuto vigilante che ha capito tutto). Belle musiche di Morricone.
Filmaccio postpoliziottesco che concentra l'obbiettivo della camera su Franco Nero in preda a delirio narcisista; il racconto di un finto invisibile zoppetto che fa il colpo della sua vita è un'escamotage per fare primi piani sugli occhi del bel Nero. Quanto a trama e morale della visione siamo al grado zero; se poi si tien conto che nero è attore volenteroso ma non eccelso il gioco è fatto. Ridicolo!
MEMORABILE: Nero, mitra spianato, scuote la testa per far cadere i RayBan con l'unico scopo di farsi fare un close up degli occhi dalla cinepresa.
Divertente e intrigante questo film, che nasce sul finire del genere poliziottesco offrendone un'interessante alternativa. La storia è semplice ma efficace; Nero dà una prova migliore che in altre occasioni, anche se basare una carriera sulle inquadrature dei suoi occhi azzurri comincia a essere un particolare fastidioso. Nel caso di questo film, essendone il leit-motiv, la cosa ci può stare; anche le interpretazioni dei giovani Bentivoglio e Di Lazzaro convincono. Il ritmo è buono, supportato dalle belle musiche di Morricone. Per fan di Nero.
Divertente poliziesco all'italiana molto atipico: il genere nel 1980 era ormai moribondo, ma questo film lo tiene in parte a galla. Buono il cast, anche se la trama è davvero ridicola. Un film anni 80 da riscoprire con un Franco Nero in piena forma. Non male.
Interessante l'idea di fondo, non soddisfacente la messa in scena: film un po' troppo sciatto, siamo già dentro gli anni '80 ed un minimo di attenzione ai particolari poteva giovare alla pellicola. Si, perché è un film che lascia molto alla fantasia dello spettatore, anche se tocca molti interessanti aspetti della vita di un bandito. Abbastanza sconosciuto, ma gli appassionati hanno il diritto di riscoprirlo.
Parte bene ma alla fine non mantiene quello che promette trasformandosi nel solito
film con protagonista un uomo comune che diventa criminale per cercare riscatto e che vuole godersi il bottino nel solito paese esotico. Fino al colpo regge bene (per quanto i tentativi di dare sfumature introspettive al protagonista risultano abbastanza prevedibili) poi inizia un'escalation di inverosimiglianze che spesso
sfociano nel ridicolo e sono coronate da un finale scontato e improbabile. Godibile ma ben lontano dall'essere un buon film.
Curiosa pellicola di genere tardo-poliziottesco, ma che attinge soprattutto agli stilemi del classico film sul furto ingegnoso, cioè il così detto “colpo grosso”. Convincente l’interpretazione (anche in maschera!) di Franco Nero, che qui ha a che fare anche con la seducente Dalila Di Lazzaro nei panni d'una sguattera a dire il vero con temperamento “mignottesco”; il che non guasta. Un giovane Bentivoglio interpreta un gay sedotto dal “bel tenebroso” dagli occhi azzurri (Nero) ed il suo profumo (il legnoso "Denim").
1980, il poliziottesco è ormai in declino, il giallo italiano volge al tramonto. Questa pellicola riesce magicamente a contenere e fondere i due generi come la summa finale di un decennio. La trama è rispettabilissima, il ritmo avvincente e incessante (con la complicità delle musiche di Morricone), i personaggi si muovono con decisione, Franco Nero offre un'ennesima prova delle sue capacità interpretative, frutto di un connubio singolare fra semplicità e destrezza all'interno del ruolo. Ottimo film.
Un modesto impiegato si trasforma in abile ed aitante rapinatore. Pellicola non entusiasmante ma animata da una discreta narrazione e da un cast omogeneo nonostante il finale scontato e la carenza delle scene d'azione. Nero mette in risalto i suoi occhi e si fa bello con il Denim mentre la Di Lazzaro irradia fascino anche in grembiule.
Interessante thriller diretto però con una certa pacatezza e a basso ritmo da Giannetti con un Franco Nero bandito double face abbastanza convincente. La vicenda tutto sommato resta sempre viva ed interessante, pur se non travolgente, e rotola un po' in un finale così così. Pregevole esordio di Bentivoglio e battesimo pure per Scalondro, il commissario Manni di Non ho sonno.
Quasi un noir di Giannetti che si distingue per un discreto ritmo e alcuni passaggi di buon livello che richiamano il poliziottesco. Giannetti regista però sembra vittima del suo stesso script, molto approssimativo e con passaggi chiave poco credibili che tolgono al film spessore e dignità. Grande prova di Nero supportato da un cast di buon livello (la Di Lazzaro, Bentivoglio, Javarone, la Fierro). Molto bella la ost jazzeggiante di Morricone, che dona brio alla pellicola. Un film che si guarda bene se si riesce a tenere il cervello spento.
MEMORABILE: Le provocazioni della Di Lazzaro, che "zoccoleggia" con grande abilità.
Pensare che si sia partiti dal colore degli occhi di Franco Nero per impostare tutto il film sembra eccessivo; resta comunque il fatto che l'attore è il protagonista assoluto, sostenendo addirittura due parti. Se non si cerca il pelo nell'uovo nella sceneggiatura, che sorvola ampiamente su diverse cose per arrivare al finale prefissato, il film è godibile e ha alcuni aspetti interessanti, come la madre del protagonista e la guardia giurata dall'occhio fino. Nero recita come sempre e può piacere o meno, bella la Di Lazzaro, Bentivoglio doppiato.
Classico esempio di "Cosa saresti pronto a rischiare pur di essere felice?". La risposta in questo caso è "tutto". Per sfuggire al grigio di una Genova fredda e violenta, una vita condannata da fattori sociali, dal vortice di alienazione e miseria che fin dall'infanzia attanaglia il protagonista, Renzo passerà sulla testa di chiunque proverà a fermarlo! Bellissime le musiche del Maestro Morricone; unico difetto: il cercare di intenerire a tutti i costi lo spettatore quando entra in scena la madre malata!
Davvero azzeccata e quasi appassionante la prima parte: la sfida dell'intelligenza solitaria contro il sistema viene condotta con mano ferma e un andamento drammaturgico classico. L'ultima mezz'ora cala poiché vi si affastellano colpi di scena poco credibili nel rapido concatenarsi (la madre che riconosce il rapinatore). Bravo Nero, ma tutto il cast di contorno ben si comporta. Una nota di merito per Morricone (come potrebbe essere altrimenti?). Sottovalutato.
Si tratta di un thriller interessante basato sulla doppia vita del protagonista (un buon Franco Nero) ambientata in una Genova molto cupa, con diversi momenti di vera tensione, nonostante una trama fondamentalmente lineare, senza particolari colpi di scena. Non un prodotto straordinario, ma la discreta fotografia e un ritmo molto incalzante lo rendono molto piacevole e non annoia mai. Buone le musiche. Non male Dalila Di Lazzaro, sempre splendida.
Oltre il polizziottesco crepuscolare, né giallo né noir, il regista mette assieme un'idea originale nella trama e se giocata bene avrebbe dato un risalto al film che invece per la frettolosa sceneggiatura e i dialoghi poco più che demenziali (vedi gli addetti della mensa e troppe pomiciature fuori luogo) scivola a tratti nel pecoreccio. Come ci si possa far fregare da un mucchio di testimoni per motivi così banali dopo aver articolato un colpo pressoché perfetto non si sa. Nel finale la storia si complica dando spazio anche ai morti, evitabilissimi. Lieto fine piu che prevedibile.
MEMORABILE: La Di Lazzaro che mette le mutande sotto il naso di Nero.
Interessante trama non sfruttata a dovere. Nero è a suo agio di nuovo a Genova, questa volta nel ruolo di protagonista dal doppio gioco. Altri personaggi sembrano un po' forzati; la Di Lazzaro qui quasi ninfomane è stupenda anche in grembiule, collant e calzettoni. Certi episodi sono al limite della commedia parodistica e il fatto che tutti scoprano a turno (anche con particolari fin troppo banali) chi sia davvero il bandito ben prima della Polizia non aiuta a rendere più sensata la storia. In definitiva un discreto film, se si sorvola sulle varie incongruenze contenutevi.
MEMORABILE: La provocantissima Di Lazzaro; Il volo dal ponte del vigilante; La vecchia Austin A40 di Nero in versione sfigatissimo e umile impiegato.
Inusuale rappresentazione cinematografica della rapina fatta con destrezza, poiché non c’è un vero elemento principale. Tutto è raccontato con il medesimo “peso”: prima, durante e dopo il fatto criminale. Ci sono elementi di contorno che forse sfuggono all’attenzione, ma alla fine portano il loro conto al prodotto e non è una “cifra” da sottovalutare. Bravo il regista a caratterizzare i personaggi e farli “lavorare” in modo prevedibile ma razionale. Non annoia e anzi si brama di sapere come finirà, rischiando di percepire il bandito non così cattivo come invece, alla fine, sarà.
MEMORABILE: Lui spera che sua mamma muoia presto, perché è convinto che gli ha rovinato la vita (ma la mamma, forse, non ha finito di "nuocergli").
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Buiomega71 ebbe a dire: Ruber ebbe a dire: In home video?
No, Ruber, in Italia non e mai stato editato in home video
Esiste però una vecchissima (e rarissima) vhs svizzera (in italiano)
Peccato una altra grande mancanza che spero venga presto riparata da une dizione in dvd, al massimo la prossima volta che passa lo registro, sperando non sia cut.
In fase di edizione del mio commento è stato sostituito il termine "puttaneggia" con un più prosaico "zoccoleggia", ritengo per ragioni relative al comune senso del pudore.
Tralasciando tutti i possibili discorsi su questo tipo di censura, volevo solo precisare che io, che avevo inserito il mio termine tra virgolette, stavo citando Dante Alighieri:
"Di voi pastor s'accorse il Vangelista, / quando colei che siede sopra l'acque / puttaneggiar coi regi a lui fu vista" (Inferno, XIX 108).
Capisco tutti i tipi di tirate moralistiche, ma che si arrivi a censurare il Padre della nostra lingua mi pare un po' eccessivo. Chiedo gentilmente il ripristino del mio commento originale, anche perché il termine "zoccoleggia" mi sembra molto più volgare.
Grazie.
DiscussioneZender • 20/08/17 07:44 Capo scrivano - 48676 interventi
Sono accettati termini così se citazioni del film (e ogni tanto, possibilmente), altrimenti si può arrivare a citare con decine e decine di volgarità centinaia di poeti e autori importantissimi che li hanno usati. D'altra parte usando puttaneggiare solo perché lo usa Dante dovremmo allora poter usare tutti i derivati (visto che la radice è la medesima e di sicuro non sarebbe difficile trovare poi altre citazioni "colte" per ognuna delle principali trivialità della lingua) arrivando in breve a riempire i commenti di volgarità solo perché qualche volgarità è già stata utilizzata da altri in ambiti più alti del nostro. Togliamo la frase e facciamo prima, visto che hai ragione e anche il termine zoccoleggia non è proprio il massimo. Si può trovare sicuramente altro modo di esprimere il medesimo concetto.
Stranamente mi sento come Bellocchio (con tutto il rispetto) quando gli proposero di togliere la scena della fellatio in "Diavolo in corpo" perché così il film sarebbe parso meno volgare...
Purtroppo il regista di questo film non sono io per cui non mi resta che obbedire.
A questo punto lasciamo la frase così come l'hai modificata tu, è meglio di niente ed in fondo rende comunque l'idea che volevo dare e che nobilita le qualità attoriali della Di Lazzaro, un'attrice che personalmente mi piace molto, anche dal punto di vista della recitazione.
DiscussioneZender • 20/08/17 08:37 Capo scrivano - 48676 interventi
Mi rendo conto e credimi, non è proprio un ruolo che mi piace o mi appartiene. Se agisco così è esclusivamente perché so per esperienza come sia impossibile poi fermare una deriva di un certo tipo. Il produttore di Bellocchio non doveva pensare a conseguenze diverse da quelle più o meno immediate e tutte da dimostrare, io purtroppo sì.