Il film hippie per eccellenza, dedicato al movimento dei Figli dei Fiori americano. Molto politicamente corretto rispetto alla versione teatrale (del 1969), riesce comunque a scontrarsi con i luoghi comuni della società borghese americana rispetto alla voglia di vita e di ribellione di una generazione diventata carne da macello per la guerra del Vietnam. Cast di tutto rispetto e una trama sempre coinvolgente, arricchita da canzoni che sono diventate il simbolo di più di una generazione.
Milos Forman porta su grande schermo il celebre musical degli anni '60. Lo fa con grande ritardo e ciò nuoce un poco alla riuscita del film, che però rimane un'opera da vedere anche per la bravura dei suoi interpreti. Celebri le canzoni che si ascoltano a cominciare da "Aquarius" per finire con "Let the sunshine in". Purtroppo il messaggio pacifista che sottende il film è attualissimo ancor oggi.
Buona trasposizione cinematografica della celebre opera teatrale-musicale, nonostante gli anni passati dall’originale. L’effetto-nostalgia e l’effetto politico si stemperano in un discorso più universale contro tutte le guerre. Punto d’eccellenza: le coreografie originali di Twyla Tharp, per la prima volta coinvolta nel cinema. Assolutamente da brividi l’unica scena in cui Cheryl Barnes, al suo debutto, canta “Easy to be hard” con voce strepitosa, stretta nel suo cappottino in mezzo alla neve: lei da sola vale l’intero film.
Bella trasposizione filmica del musical teatrale. Sebbene leggermente in ritardo sui tempi (l'ultimo chiodo nella bara degli hippies sarebbe stato piantato dal movimento Punk solo l'anno seguente), il film offre una morale semplice semplice ma comunque sentita ed efficace; soprattutto offre un'ora e mezza di musica eccellente, con balletti coreografati in modo ideale e mai pacchiani o ridicoli (seppur l'umorismo sia talvolta volutamente presente). Visto oggi è comunque uno spaccato d'epoca, ed è consigliato più che altro ai nostalgici.
Discreta riduzione di Forman del musical teatrale del 1967. All'epoca il film uscì fuori tempo massimo (l'America già faceva i conti con Apocalypse Now e The Deer Hunter) e, visto oggi, l'effetto è di ancor minore impatto (la morale universalmente pacifista è piuttosto stucchevole, i personaggi sono macchiettistici, etc,...). Ciò premesso la realizzazione è di buon livello, coreografie e musica in primis, senza dimenticare un finale amaro che rinuncia all'happy ending. Vintage.
Celeberrimo musical che ha fatto epoca non tanto per la sua qualità musicale quanto piuttosto per i “valori” espressi che sono diventati un vero e proprio manifesto hippy. Discreto anche se da un regista come Forman era lecito attendersi di più. Bella la parte finale con il brano “Black Sunshine”, che a distanza di anni continua a fare il suo effetto.
Per varcarne la sgargiante soglia bisogna amare il musical (un genere e un mondo a sé) e aver creduto alle esultanze peace&love del sessantotto (un genere anche questo…): condizioni selettive, diciamo, non proprio peregrine… Messi da parte cinismo e disincanto, "Hair" riserva brani accattivanti, personaggi di sostanza e un robusto intrattenimento. La coreografa Twyla Tharp non ha trovato al cinema una dimensione confacente, ma l'esuberanza del canto - Cheryl Barnes con "Easy to be hard" su tutti - soddisfa. Il finale ha il dono (raro) della sintesi e ci risparmia di prolungare il pianto.
Musical pacifista ed antimilitarista. Belle le coreografie ed ovviamente le musiche dirette non da un esperto del genere come Milos Forman. Certo è comunque che dura un po' troppo e delle scene le avrei eliminate. Nonostante ciò, si posiziona fra i migliori musical di sempre.
Oggigiorno è inevitabilmente datato e forse lo era anche quando uscì, ma ciò non toglie che la musica sia ottima, le coreografie siano ben realizzate e l'umorismo risulti gradevole. Fra l'inizio sulle note di "Aquarius" e il finale con "Let the sunshine in", la durata notevole non si fa sentire, in questa sarabanda dal gusto vintage, scanzonata ma non ingenua, con un messaggio pacifista che rimane tuttora attuale. Finale non banale. Un buon musical, in definitiva.
MEMORABILE: "Easy to be hard" cantato da Cheryl Barnes.
Gli anni settanta all'apice della loro essenza per una pellicola carica di energia, voglia di vivere e di amare. La libertà assoluta e la trasgressione dietro l'angolo, tipica di quegli anni, ottimamente rappresentate da un abile cineasta, da alcuni ingiustamente sottovalutato, in questo musical nostalgico e pacifista ricco di messaggi più o meno celati, tra le righe dello script e tra le immagini commoventi divertenti e irriverenti del film. Cult.
La Jeannie incinta di non si sa chi ma che vuole tenersi il bambino e che a un certo punto esclama "Io vengo dal Kansas!" non può che richiamare la figura di Dorothy de Il mago di Oz, da cui però è distante anni luce. E se là si esaltavano l'appartenenza e i valori della famiglia ("Voglio tornare a casa" ripete Dorothy) in Hair si apre la strada, pur tra molte contraddizioni, alla ricerca di nuovi valori su cui fondare un mondo migliore (il testo originale è di 15 anni precedente il film). Temi in qualche modo comunque ancora oggi attuali.
Musica e testi perfetti. La cosa impressionante è che questo film riesce a trasmettere una carrellata infinita di emozioni umane semplicemente raccontando una storia di cui già conosciamo tutto, ma è proprio il modo in cui viene raccontata a fare la differenza. Un capolavoro da guardare e riguardare (possibilmente cogliendo i testi dei brani tramite i sottotitoli).
La migliore trasposizione possibile del musical omonimo, diretto dal regista Milos Forman che celebrò con quest'opera lo spirito giovanile e della controcultura contestatrice degli anni '60. Il film ha il suo principale pregio nella eccellenti coreografie e in numeri musicali di grande livello, impreziositi da una suggestiva ambientazione urbana. Invecchiato benissimo nonostante gli anni trascorsi.
Visto sul piccolo schermo perde parte della verve che probabilmente su di un palco ha avuto più modo di esprimere. Le canzoni trasformano il set in brevi esibizioni coreografate, molte delle quali risultano fuori luogo rispetto al contesto "urbano" utilizzato, altre funzionano meglio esprimendo una forte componente critica e assolutamente "hippie". Certo, un film del genere visto sul finire degli anni '70 aveva il suo perché...
Vero e proprio manifesto generazionale e rappresentazione impeccabile del way of life americano sul finire degli anni 60. Forman dirige uno dei musical più indovinati e famosi di sempre (l'altro è Jesus Christ Superstar) utilizzando tra l'altro un cast per niente altisonante: Savage e D'Angelo sono ad inizio carriera e Williams poco più di un discreto caratterista. Onore al merito quindi a Forman, alla sceneggiatura e ovviamente alla colonna sonora che, con pezzi come Aquarius, è passata alla storia proprio come il film.
Un musical riuscito, figlio dell'epoca hippie che canta un inno ai capelli lunghi come sinonimo di libertà totale, all'amicizia e alla pace. Simpatica la trama, onesto e senza pretese con un macabro e beffardo finale. Ottime le musiche e deliziose alcune sequenze. Doppiaggio italiano non all'altezza.
L’adattamento da figli dei fiori viene salvato dal verde di Central Park lasciando in disparte la metropoli. Inizio avvincente pieno di energia dove vengono espresse le tematiche pacifiste senza metafore (vedi l’accenno a masturbazione, droga, sodomia); il prosieguo che vira nel militaresco resta piatto anche per via delle canzoni, che incidono meno. La denuncia finale lascia ancora i brividi: cambiano le epoche ma non l’accumulo di tombe senza nome in un cimitero nazionale. Durata un filo eccessiva.
Discreta ma non straordinaria trasposizione dell'omonima rappresentazione teatrale che tanto successo ebbe a Broadway a fine anni '60. Purtroppo in certi casi il cinema non riesce a eguagliare la potente e spontanea forza rappresentativa del teatro, ma il film non è da buttare via. Ottima la fotografia e buona anche la scelta del cast; c'è Savage alla seconda prova dopo Il cacciatore e i quasi esordienti Treat Williams e Beverly D'angelo, bravi e promettenti. Le memorabili canzoni sono il vero piatto forte. Qualche scena noiosa stanca un po'.
Ritratto di un'epoca ormai lontana ma non datata e uno dei capisaldi del genere musical, la trasposizione di Forman resta fedele all'originale teatrale senza sfigurare in nulla. Il cast se la cava più che bene (ottimo specialmente Treat Williams) e le coreografie rendono bene l'atmosfera che la storia vuole rievocare. Per appassionati, ma anche per chi vuole avvicinarsi per la prima volta al genere.
Milos Forman ci regala questo musical pacifista e antimilitarista che se la prende con l'inutilità della guerra (e nel caso specifico di quella del Vietnam). Tante le canzoni e le coreografie entrate nell'immaginario collettivo. Indipendentemente che piaccia o meno, il film ha lasciato il segno perché manifesto di un certo tipo di cultura e perché il messaggio che ci porta è ancora tremendamente attuale. Un cult hippie e non solo.
Tratto dal celebre musical sulla cultura hippie dei 60's, se fosse uscito dieci anni prima sarebbe stato un capolavoro. Milos Forman ha un grande senso dello spettacolo, lo dimostrerà anche nei successivi Ragtime e Amadeus, ma la differenza la fanno canzoni immortali come "Aquarius". Non manca nulla: amore, misticismo e droghe a volontà. Discreti gli attori, anche se Treat Williams capellone non è il massimo. Finale da brividi con l'inno pacifista "Let The Sunshine In".
Versione cinematografica della fortunata pièce di Broadway in cui Milos Forman alterna cose buone ad altre quantomeno discutibili. Ottima l'ambientazione newyorkese nella quale si susseguono le splendide coreografie, stupende le canzoni che sono diventate un cult che resiste nel tempo e bravi gli attori, quasi tutti all'esordio. Da dimenticare invece certi spazi vuoti e noiosi come la lunga scena onirica. Il messaggio pacifista, però, arriva potente e inalterato ancora oggi.
MEMORABILE: La scena finale in cui Berger e Bukowski si scambiano i ruoli facendo sì che il primo si imbarchi e muoia in Vietnam; La splendida O.S.T.
Musical sorprendente e generazionale. Era la generazione dei figli dei fiori totalmente in antitesi alla classe borghese ben raffigurata durante una festa in cui il protagonista si mette a ballare sulla tavola. Milos Forman riesce a dar vita a un film pirotecnico nel quale chi viene a contatto con un gruppo di hippy viene attratto dalla loro spontaneità. Sarà così per un giovane in procinto di arruolarsi e per una donna affascinata da tanta genuinità. Un film che si ricorda per le musiche e i balletti ma anche per i personaggi, scanzonati fino alle estreme conseguenze.
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MusicheZender • 12/08/21 16:16 Capo scrivano - 48839 interventi
C'entra per modo di dire Lucius, PRIMA di inserire un disco devi verificare che corrisponda, non devo essere io a controllare che quello che scrivi non è corretto.
MusicheZender • 12/08/21 16:38 Capo scrivano - 48839 interventi
Il fatto è che devi sempre pensare che - tranne quando vedi immagini del film in copertina - si possa trattare di film omonimi, di cui il mondo del cinema è pieno. Pensa che il titolo in copertina può non voler dire assolutamente nulla. Va sempre verificato che esecutore e titolo del film corrispondano al film di cui c'è la nostra scheda, e e internet dà tutte le possibilità per la verifica.