Marisa la civetta - Film (1957)

La bella ed esuberante Marisa vende gelati in una stazione ferroviaria di provincia e si fa corteggiare da tutti i ragazzi che capitano a tiro. Sulla scia di Poveri ma belli, viene riproposta la coppia Allasio-Salvatori in una commedia degli equivoci non molto fantasiosa ma tutto sommato divertente, appartenente al filone rosa in voga in quegli anni. Da evidenziare la presenza di Pasolini tra gli sceneggiatori.

La solare e prorompente Allasio è una deliziosa civettuola che fa innamorare una turba di giovani, con in testa l’amico d’infanzia Aranda, il marinaio Salvatori, il fraterno Manni e il serioso Rabal… Neorealismo rosa per una commedia leggera, ove la scontatezza della trama è superata dalla regia spigliata di Bolognini, da felici disegni di ambienti (la balera dei soldati in libera uscita) e dai dialoghi veraci che recano l’impronta popolana dello sceneggiatore Pasolini. Simpatica la complicità tra Marisa e il suo piccolo amico aspirante playboy.

Una storia semplice e quasi "borgatara" centrata intorno al personaggio del titolo, procace gelataia laziale. All'apparenza banale, il film si segnala per la buona ricostruzione ambientale e una certa introspezione psicologica dei personaggi a cui non è certamente estranea (e lo si nota soprattuto nei dialoghi) la "mano" come sceneggiatore di Pasolini. Buona la prova degli attori.

Sembrerebbe a prima vista una delle consuete commedie rosa anni 50, con la solita girandola di amori che ruota intorno alla protagonista. Ma il film è percorso da una sottile malinconia, un senso di precarietà delle cose, dei destini dei personaggi che rimane al di là delle vicende narrate (le location principali sono una stazione e un porto, luoghi di passaggio per eccellenza). Per non parlare di certe ambientazioni popolari molto indovinate e realistiche. Da vedere.

Frasi come "Che noia essere belle" e "Ti sorride la vita eh, Marisa? Che ci vuoi fare... è la gioventù!" inchiodano come una sentenza il genere di film che il mestierante Bolognini ha diretto. Marisa Allasio, la bionda tutte curve che fanno mozzare il fiato, ripete per l’ennesima volta il suo ruolo che il titolo del film espone chiaramente. Commedia senza pretesa alcuna se non quella dell’intrattenimento di grana grossa che, tuttavia, trova nei personaggi e nella svelta regia una qualità insperata. Ambientato a Civitavecchia.

La Allasio-pifferaia imbambola i paesani e gli spettatori, all'unisono. Maggiorata ma con la faccia da ragazzina, viene "scritta" da Pasolini e Bolognini con ardore schiettamente immorale e al contempo modernissimo. Questo il personaggio. Però un film deve costruirsi su più ampie volute invece con la scatenata riffa di fidanzati siamo al gioco dell'oca. Fumetto è il vero incursore, di lingua svelta: gli dà fiato Giancarlo Zarfati, enfant prodige di Bravissimo e della Famiglia Passaguai. I coloriti apprezzamenti dei romani ammiccano alla veracità degl'imminenti accattoni pasoliniani.

Prorompente sensualità di Marisa Allasio circondata da vari partner, tra i quali spicca naturalmente Renato Salvatori che fa esplicitamente il verso a Marlon Brando. Niente di originale perché la Allasio riprende per l'ennesima volta il personaggio della bella provocante ma onesta, ma il film si fa vedere con piacere. Tra i ruoli minori spiccano un giovanissimo Mimmo Palmara e un vecchissimo Polidor.

Costruito sulla bellezza fresca e prorompente della Allasio (il cui nome non a caso è ripreso dal titolo), è una commedia leggera, di successo all'epoca per la celebrità della protagonista e per la briosa levità della vicenda, rispettata oggi - ben oltre i suoi meriti - per la firma di Pasolini alla sceneggiatura, Si ammetta pure che siano suoi i tocchi popolari, ma ciò non bilancia una mezz'ora finale abborracciata. I belli sono Salvatori, Manni (se la cavano) e gli spagnoli Aranda e Rabal (difficile dire chi di questi due sia il peggiore...). Bolognini dirige più che decorosamente.