Note: Aka "Cleo Dea Dell'amore" o "Cleo la dea dell'amore". Film iniziato da Seth Holt, morto durante le riprese, e quindi finito da Michael Carreras, che non appare accreditato. Il film è tratto dal romanzo di Bram Stoker, "The jewel of seven stars", pubblicato nel 1903.
Interessante variazione sul tema della mummia che si basa sulla solida interpretazione del veterano Kier e sulle grazie della bella Leon. Il tema è poi trattato in modo nuovo (non aspettatevi la solita mummia bendata) e questo rende il film degno di nota. Nel finale si fa ampio uso di humor nero.
Seth Holt chiuse la sua carriera di regista con questo riuscito horror che si rifà ad un tema classico quale quello della Mummia (non a caso c'è di mezzo la Hammer), tentando di staccarsi dai cliché ormai consolidati; e così la sensualità (assai spinta per l'epoca) si fonde con il gore (ci sono, nel finale, effetti piuttosto estremi). La sceneggiatura non è banale e gli interpreti offrono una buona performance. La pellicola è resa particolarmente attraente dalla presenza "fisica" della mora Valerie Leon, in un duplice ruolo. Interessante...
Comincia in maniera allampanata, prosegue un po' tortuosamente facendo temere il peggio, ma poi trova la sua strada, risultando se non avvincente dotato di un suo stravagante, vintage aplomb magnetico. Tentativo riuscito della Hammer di irrorare il mummy's movie con vitale sangue muliebre. Il film di Holt ha il merito soprattutto di giocarsi le carte migliori con parsimonia: dall'asso (lo) del wellesiano Coulouris, ai collaudati Jolly di Kier e Villiers. Valerie Leon, Ice Queen dallo scultoreo petto, è una sacerdotessa del cui culto ci professiam adepti.
MEMORABILE: La morte di Coulouris in camicia di forza "fotografata" da sghembe angolazioni; La "mano morta".
Impossibile non notare le analogie con Alla trentanovesima eclisse (a questo successivo), solo che qui siamo nettamente al di sotto, sia per quel che riguarda l'impianto scenico che per intere sequenze al limite del ridicolo; ma chi ama l'Egitto non deve perderlo; se non altro per Valerie Leon, l'avvenente protagonista e per un certo gusto vintage che la pellicola ha acquisito con i decenni. Apprezzabile la messa in scena.
Deludente produzione Hammer che vanifica tutto il potenziale esoterico associato all’antico Egitto e alle sue simbologie a causa di una regia anonima e lassa ed attori mediocri. Il momento clou avrebbe dovuto essere il rito esorcistico, che invece viene allestito alla stregua di una noiosa conferenza... Qualche motivo per avvicinarsi al film: l’intento (maldestro) di uscire dagli stereotipi del filone delle mummie, le scenografie d’antan e il petto procace di Valerie Leon, attrice che, in ogni caso, non possiede nemmeno un centesimo del carisma di una Barbara Steele.
MEMORABILE: La mano mozzata; «Non si possono avere solo le cose buone, le cose belle, le cose sante. Non hanno nessun valore senza i loro opposti».
Nulla di che, intendiamoci: eppure questa pellicola iniettata di sangue; dai vivaci cromatismi e con tanto di maledizione egiziana si rivela alla fine abbastanza piacevole, gustosa e divertente. Ciò sebbene la trama sia scontata e non presenti particolari novità. Ma l'atmosfera vecchi tempi regge, gli attori sono più che dignitosi (occhio all'avvenenza della protagonista) e la confezione di buona fattura. In definitiva: non male.
Ispirato a un romanzo di Bram Stoker dei primi del Novecento. La Hammer, specializzata in film gotici in costume, sposta l'ambientazione nella contemporaneità e questo fa perdere fascino a una pellicola comunque poco riuscita, ma che malgrado ciò riserva piacevoli sorprese orrorifiche, attori ben scelti per i loro ruoli e un'atmosfera non male. La stessa opera letteraria è stata riproposta otto anni più tardi nel film Alla trentanovesima eclisse, il quale non si eleva come qualità a questo.
Reincarnazioni, maledizioni egizie... la solita zuppa, insomma. Il regista cerca di evitare il deja vu, ma la piattezza del suo stile e l'anonimato della recitazione non lascia scampo. Un flebile soffio erotico è garantito, per fortuna, dalla nerocrinita e occhiazzurina Valerie Leon: quando incede con un bel négligé scuro, capelli al vento e davanzale in poppa, regalandoci l'unico brivido dei novanta minuti, non possiamo che fischiare la nostra approvazione.
Interessante variazione sul tema egizio. Il sangue scorre abbastanza per essere un film anni 70 e anche i tocchi erotici (splendida e avvenente la Leon) non stonano con l'insieme. Rispetto al successivo Alla trentanovesima eclisse (tratto dallo stesso romanzo) viene privilegiato l'aspetto orrorifico (un paio di scene restano impresse) ed è molto curata la parte egizia.
Dopo un'ottima partenza in terra egiziana con tanto di riti nelle piramidi e una scena che avrà sicuramente ispirato Raimi, il film si arena un po' e procede su binari fin troppo scontati, col solito corollario di morti piuttosto violente e maledizioni secondo il consueto stile Hammer. Dallo stesso racconto di Bram Stoker sarà tratto anche Alla trentanovesima eclisse, che considero superiore. Da notare la straordinaria bellezza della protagonista Valerie Leon, gli altri attori, molto sopra le righe, sfiorano la parodia (il medico).
Si parte da un buon incipit e da alcune scene interessanti per poi arrivare a un pastrocchio noiosissimo di vari generi. Tensione e paura del tutto assenti. Il film è peraltro invecchiato male: sembra a tratti un gotico ambientato nell'Ottocento mentre dovrebbe essere contemporaneo. Recitazione mediocre. Valerie Leon è splendida ma non convince, sembra fuori contesto. A livello visivo invece il film non è male, con una buona fotografia molto colorata e alcuni effetti discreti. Ma non basta. Perché mancano completamente i tempi dell'horror. Mediocre.
Tratto dal romanzo di Stoker “Il gioiello delle sette stelle”, che ispirerà anche il successivo e migliore Alla trentanovesima eclisse, appartiene a quel periodo in cui la Hammer capì di doversi adeguare al mutare dei tempi, ma è difficile considerarlo tra i vertici della casa di produzione inglese, complici una narrazione farraginosa, un’ambientazione contemporanea che si percepisce a malapena e una tensione non proprio serpeggiante. All’attivo ci sono invece una confezione di buon livello, una conclusione ad effetto e la professionalità del cast con una Leon di statuaria bellezza.
Il titolo originale lo colloca nel ciclo hammeriano della mummia, ma il film è di ben altro lignaggio: tratto da Bram Stoker, contempla l'avvento di una divinità ancestrale e senza nome, che anticipa le Tre Madri di Argento. Holt ha uno stile eccezionale e riesce a evocare atmosfere esoteriche egiziane girando solo in interni. Il tema del femminile terrifico è all'avanguardia, peccato le vicissitudini produttive abbiano condotto a una risoluzione canonica del narrato. Ipnotico e affascinante, trova in Valerie Leon una presenza di grande magnetismo. Finale ghignante e polanskiano.
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HomevideoGestarsh99 • 29/04/14 15:37 Vice capo scrivano - 21546 interventi
La cover della vhs Multivision dalla collezione personale Gestarsh99:
Il film è tratto dal romanzo di Bram Stoker, "The Jewel of Seven Stars", pubblicato nel 1903 e, in una edizione riveduta e corretta, nel 1912.
Molto tarda la prima traduzione italiana (di Claudio De Nardi, Mondadori, 1992).
Una nuova versione apparve nel 1996 per i tipi della Rizzoli (traduzione di Federica Oddera).
Noncha17 ebbe a dire: Appartiene al ciclo de La mummia del '59: è il quarto.
Avrei i miei dubbi in proposito...
Per il solo semplice fatto che e tratto da un romanzo di Stoker ( quindi lo esula dal ciclo delle " mummie" hammeriane)
ALLA TRENTANOVESIMA ECLISSE ( che se anche non ne e un diretto remake, e tratto sempre dallo stesso romanzo) ne e l esempio lampante, nessun aggancio con la serie delle " mummie"
Non ho detto che è un sequel o un remake oppure un seguito dei precedenti. Ho soltanto che, come i precedenti due - che, anche loro, non c'entrano una mazza col primo - appartiene al ciclo de La Mummia del '59. Almeno, così è stato "spacciato" ai tempi..
Poi, ce l'ho e l'ho visto e, so anch'io che il plot è un altro. Ma, sicuramente, è più una reincarnazione (come accade ne La Mummia del '32 alla protagonista..) che un esorcismo o altro. E, comunque, ha qualcosa di "mummioso" anche questo! ;)
Non ho detto che è un sequel o un remake oppure un seguito dei precedenti. Ho soltanto che, come i precedenti due - che, anche loro, non c'entrano una mazza col primo - appartiene al ciclo de La Mummia del '59. Almeno, così è stato "spacciato" ai tempi..
Poi, ce l'ho e l'ho visto e, so anch'io che il plot è un altro. Ma, sicuramente, è più una reincarnazione (come accade ne La Mummia del '32 alla protagonista..) che un esorcismo o altro. E, comunque, ha qualcosa di "mummioso" anche questo! ;)
Ma da qui a dire che fa parte del ciclo della " mummia" c e ne passa...
Eppoi l " esorcismo" del titolo e farina del sacco dei titolisti italiani
Ovviamente le considerazioni di Buio, soprattutto in merito alla derivazione letteraria stokeriana, vanno rispettate.
Altresì vero che, prima del mutamento (a puro scopo commerciale) del titolo, avvenuto nell'estate del 1974 (quindi due anni dopo la sua uscita come Blood from the mummy's tomb) una qualche vicinanza (perlomeno nominalistica) la si potrebbe concedere.
Infine è altrettanto acclarato che all'epoca della sua uscita, il film di Holt si rifaceva all'immaginario Hammer del "mummioso", per dirla con il Noncha...