Note: Presentato alla Mostra Internazionale d'Arte Cinematografica di Venezia 2021. Seconda versione cinematografica del romanzo di Frank Herbert. Seguito da "Dune parte due" (2024).
Denis Villeneuve riprende in mano il romanzo di Frank Herbert e, non spaventato dalla travagliatissima odissea che afflisse la prima trasposizione cinematografica (passata nelle mani di molti registi prima di incontrare David Lynch), s'imbarca in un'avventura che già in partenza sa di dover dividere in due diversi film. Ciò con cui abbiamo a che fare quindi - è bene specificarlo - è solo la prima parte di due, inevitabilmente destinata a deludere chi sperava di poter vedere conclusa - dopo due ore e mezza - la storia di Paul Atreides e dei suoi. La trama non può naturalmente essere diversa da quella portata...Leggi tutto in scena da Lynch, ma a differire profondamente è lo spessore - ben maggiore - che Villeneuve riesce a dare al film, intriso dello stile evocativo del regista, ricco di una magniloquenza ottenuta non tanto grazie alla grandiosità degli effetti speciali quanto alla potente mistica che sottintende a buona parte delle scene, così lontana dall'allegro baraccone lynchiano e invece sospesa, rimbombante di un sonoro potentissimo e totalizzante assistito dalla calzante colonna sonora di Hans Zimmer. Il pianeta Arrakis, con le sue dune e la minaccia sempre latente dei vermoni da sabbia, diventa un nuovo scenario futuristico avvolto dalla patina nebbiosa e inafferrabile dello stile di Villeneuve, vicino all'ambiziosa imponenza di Nolan senza dover pagar dazio a sceneggiature scritte in autonomia che ne smorzano l'impatto. Non che qui il copione sia dei migliori, sia chiaro, perché tra astrusi nomi di popoli e personaggi c'è da confondersi facilmente, all'interno di un filo conduttore che sarebbe in sé piuttosto elementare da seguire, se esposto correttamente. In fondo ciò che abbiamo di fronte è una lotta tra due casati interstellari, quello degli Atreides e quello degli Harkonnen, con questi ultimi pronti a vendicarsi dei primi che li hanno sostituiti (per volere dell'imperatore galattico) nella gestione di Arrakis, l'unico pianeta conosciuto dove si possa trovare la preziosissima "spezia", indispensabile coadiuavante per il volo interstellare. Il resto è la solita avventura paramessianica dell'eletto di turno, cresciuto per diventare guida riconosciuta di interi popoli in rivolta e in questo caso impersonato da Timothée Chalamet (il MacLaghlan di Lynch pareva più carismatico, a dire il vero). La forza del film tuttavia sta nella preziosa messa in scena di Villeneuve, che gioca molto sull'attesa, sulla contemplazione, sull'opprimente enormità delle astronavi cui si sposa una ieraticità parzialmente ravvisabile anche nei personaggi. Poca vera azione e una maestosità che talvolta sembra fare davvero a pugni colla rozzezza di certi passaggi narrativi. Le cadute di gusto nelle caratterizzazioni sono imputabili in parte alla matrice letteraria ma anche alla difficoltà di far convivere l'anima alta del cinema di Villeneuve con i tratti spesso fumettistici della storia, già causa dell'impatto modesto della prima trasposizione lynchiana. Molti gli spunti mal spiegati o lasciati cadere nel nulla, e anche se le qualità del film sono evidenti (legate principalmente alla padronanza superiore dei mezzi e al talento riconosciuto del regista), era auspicabile qualche compromesso in più con l'azione, senza voler puntare tutto su estasi e contemplazione. Scarsamente incisive Lady Jessica (Ferguson) e le fasi in cui compare, nonostante anche gli interni siano scenograficamente studiatissimi, minimali ma d'impatto. Non sono comunque gli effetti visivi la forza del film quanto piuttosto l'involucro sonoro, che abbinato a eccellenti scelte d'inquadratura ci immerge in un sogno rimbombante fuso nelle straordinarie musiche di Zimmer.
Estremamente godibile in sala, sarebbe un piccolo capolavoro se non scivolasse nell'abuso di ralenti (tra flashback e presagi) che nella seconda metà si ripetono fino a perdere d'interesse; inoltre la morbosità di Zimmer fa vertere tali passaggi più verso una pubblicità di profumi di lusso che verso piccoli exploit registici. Ottimo il cast e tutto il lavoro di scenografia e costumi, resi ancor più credibili da effetti speciali sobri e naturalistici. Aspettando il seguito, resta per distacco il miglior film di fantascienza degli ultimi anni, almeno per l'aspetto grafico.
La guerra per la spezia vista da Villeneuve ha il volto eccellente di Chalamet e un cast d'eccezione. Ma soprattutto un'epica costruita a puntino sulle sue palette polverose e sulle atmosfere rarefatte (Blade Runner 2049, anyone?) entro le quali si muovono i lineamenti affilati del protagonista ed è sostenuta da una colonna sonora di quelle che inviterebbero a seguire il film a occhi chiusi (Hans Zimmer). Ne risulta una grande produzione impreziosita da un ritmo quasi mai cedevole (a differenza del lavoro di Lynch) nonostante le oltre due ore e mezza di questo primo episodio.
MEMORABILE: La scena della mano; I sogni; Il primo verme; Il duello come inizio vero del percorso.
Torna l’epopea di Herbert dopo il passo falso di Lynch. Il regista Villeneuve riesce a rendere piuttosto fluido e chiaro un materiale narrativo piuttosto ostico in partenza e convince sull’aspetto scenografico, davvero affascinante e potente. Effetti speciali di grande spessore e scelta vincente del cast, con un ottimo Chalamet la cui prova è chiaramente in crescendo e che si aspetta ancora più maturo al sequel che probabilmente verrà. Ottimo il commento musicale di Zimmer. Da vedere.
La maestosità della messa in scena di questa trasposizione cinematografica di Dune è la cosa che più salta all'occhio durante la visione e rimane per i momenti successivi, grazie a un utilizzo del comparto tecnico a dir poco eccellente e alla regia di Villeneuve, impeccabile. Il cast ricco di nomi importanti fa la sua buona figura e va a comporre un parterre di personaggi misteriosi, forti, deboli e in perenne conflitto tra loro. Un blockbuster definibile d'autore, poiché il regista strizza sì l'occhio al pubblico generalista ma non dimentica l'importanza del romanzo.
Denis Villenueve si concentrata sulla prima parte del primo romanzo della saga di "Dune", mettendo in campo, come fece David Lynch a suo tempo, un cast di attori noti al pubblico. L'inizio è lento (serve, però, a presentare il giovane protagonista, i personaggi di contorno e gli antagonisti della vicenda); poi, quando spuntano gli intrighi di palazzo e i traditori, il film si ravviva con scene d'azione notevoli. Fantascienza che apre a un mondo desertico e insidioso, nel quale persino Jason Momoa dimostra la sua bravura nella parte del fedele Duncan.
MEMORABILE: Thimotée Chalamet/Paul Atreides che sogna ad occhi aperti il desertico pianeta Arrakis e Chani impersonata da Zendaya; Le astronavi-libellula.
"Dune" è un romanzo troppo complesso per ridurlo in un unico film. Bene la suddivisione in due parti e difficile pensare ci sia la previsione di avventurarsi in una trasposizione del ciclo intero (anche se potrebbe essere un altro ciclo alla Guerre stellari). Villeneuve evidenzia bene i toni arabi e medio-orientali dei freemen e condisce il racconto con l'aspettativa messianica. La sceneggiatura semplifica la complessità dei giochi politici e lascia irrisolti alcuni dubbi strutturali. Visivamente grande cinema. Un po' prolisso in alcune parti, ma il giudizio resta ottimo.
MEMORABILE: La scenografia nel suo complesso; Gli effetti a cui siamo quasi assuefatti.
Rarefatto, troppo. Assurdamente lento anche nei momenti che dovrebbero dare una scossa. Visivamente affascinante, ma vuoto per il resto, con l'aggravante di essere solo una prima parte, cosa che renderà sconosciuto il finale a chi non conosce il romanzo (come me) e non ha voglia di sottoporsi a un'altra lenta agonia di fantascienza autoriale. Villeneuve sceneggiatore toppa, salvandosi come creatore di immagini superlative, ma troppo manchevole per tutto il resto, con una storia che non convince mai e che non coinvolge nemmeno nei suoi personaggi. Bel cast.
Villeneuve si conferma una delle poche certezze del cinema contemporaneo: partendo da un materiale complesso da tradurre in immagini confeziona un film visivamente perfetto, curatissimo in ogni particolare che risulta essere una vera gioia per gli occhi. Se la prima parte è un po' lenta, anche perché serve a introdurre i tanti personaggi che popolano la storia, nella seconda il film spicca letteralmente il volo, raggiungendo una ormai rara capacità di sposare l'estetica a un racconto avvincente, epico e di largo respiro. Ottimi il cast (bene anche Momoa) e le musiche di Zimmer.
MEMORABILE: La scena della mano; Il duello iniziatico.
Grande cinema. Il materiale di riferimento è complesso ma l'abile Villeneuve fa capire anche a chi non è pratico del genere la situazione di partenza. L'atmosfera cupa, con magnifico contrasto di colori tra forze maligne e benigne, e una colonna sonora da urlo di Zimmer, rappresentano il convincente collante dell'operazione. La crescita di Paul, interpretato da un buon Chalemet, è ben costruita; tutti i personaggi sono degnamente collocati sulla rutilante tela creata dal regista. Convincente e avvincente.
MEMORABILE: Le presentazioni di Caladan, Giedi Prime e Salusa Secundus.
L'intento spettacolaristico di questa versione del regista canadese è sicuramente riuscito, per fantasia, inventiva e tecnologia al servizio di un futuro "medievalizzato" e avvolto da calura, sabbia e polvere nel quale si muovono le orde in competizione in uno spazio intergalattico. Le vicende soffrono di una certa oscurità che rallenta la percezione dei moventi dei personaggi principali e non si può far altro che assistere un po' passivamente, avvolti dal rombo esasperante che accompagna il vortice delle azioni, fino all'epilogo che "non chiude" e fa pensare a un sequel.
MEMORABILE: Le navicelle/coleotteri; Il verme della sabbia; Il ruolo della voce nel comando; Il laboratorio; Il dente "avvelenato"; Il barone nel liquido nero.
Seconda trasposizione del romanzo di Herbert di cui questo film rappresenta la prima metà. Si caratterizza per una magniloquenza tecnica e visiva a dir poco visionaria accompagnata dalle meravigliose musiche di Zimmer. Il film si prende i suoi tempi e sviluppa progressivamente un ampio gruppo di personaggi mentre non dimentica di mostrare i vari ambienti e pianeti grazie all'uso di lunghe sequenze paesaggistiche. Riesce nell'ardua impresa di rendere la complessità dell'opera e allo stesso tempo di mantenere un ottimo ritmo. Manca forse qualche guizzo di originalità, ma che bellezza!
MEMORABILE: La prova del dolore; La partenza per Arrakis; Il "faccia a faccia" con il verme delle sabbie.
Il mondo di Dune intriso di nuova linfa vitale risorge in un kolossal a dir poco magnifico, in cui tutti i reparti tecnici sono al top (impossibile citarne uno). Villeneuve non ripropone, crea, mentre gli occhi della Ferguson, attrice di raro talento e fascino, vi fanno da apripista, tra mille pericoli e rinnovate emozioni. Un'opera ricca di fascino destinata a catapultare Timothée Chalamet nell'Olimpo di Hollywood. Un contenitore di più talenti che porta alla realizzazione di un universo magnifico, in cui perdersi è d'obbligo.
Visivamente maestoso, quanto e più di Blade runner 2049, questo Dune di Villeneuve ha nella regia e nelle straordinarie musiche di Zimmer le sue colonne portanti. Il cast è quello delle grandi occasioni, su tutti spicca Oscar Isaac, ma lasciano il segno anche Brolin e Bardem. Meno centrato il personaggio di Zendaya che presumibilmente sboccerà nella seconda parte e un po' abbozzato Momoa. Le scenografie sono imponenti, i costumi perfetti e la fotografia riesce a trasmettere il caldo asfissiante del pianeta. Vista al cinema è decisamente un'opera di grande impatto.
Un'opera che gioca di sottrazione, che non ha paura di prendersi i propri tempi narrativi per introdurre lentamente tutti i tasselli della vicenda. Visivamente di ammaliante bellezza, con intere sequenze che strizzano l'occhio anche allo spettatore più esigente. L'atmosfera che Villenueve sa creare (aiutato enormemente da un Hans Zimmer in stato di grazia) è certamente il pregio più evidente di una pellicola che non ha cadute rilevanti e che si avvale di un cast di nomi di spicco (tutti a proprio agio nei rispettivi ruoli) nel quale Chalamet conferma di essere talento inestimabile.
MEMORABILE: L'incontro con la Rampling; Il dente che avvelena; I vermi che popolano le dune di sabbia.
In un futuro molto lontano alla nobile casata degli Atreides viene affidato il controllo della pianeta Arrakis, dove si trova una mitica "spezia". Prima puntata di questa saga fantascientifica, il film di Villeneuve ha tutte le carte in regola per essere definito un kolossal hollywoodiano: cast all stars, scene ed effetti speciali maestosi e coinvolgenti, colonna sonora da Oscar. Due ore e mezza di pura evasione nel segno della spettacolarità, da sempre cara al cinema americano. Da vedere in sala.
Lo si osserva da lontano come un pianeta sperduto nelle galassie: scenografie ciclopiche ed essenziali nel frastornate eco d'un sound design incessante, forme in movimento impermeabili all'emozione. Semplificando il romanzo di Herbert, sfumano preziose occasioni (la funzione culturale delle Bene Gesserit, gli effetti della Spezia sulla coscienza). La parabola messianica è attesa come una fase lunare, il pathos ancorato alla resa grafica di conflitti solo illustrati, la psicologia è nei volti ripuliti. Finisce sul dunque, ma il cliffhanger, più che vertigine, lascia un senso di vuoto.
Al netto dell'impossibilità di riproporre sullo schermo la molteplice complessità - soprattutto politica e religiosa oltre che narrativa - del libro, il lavoro della sceneggiatura è notevole, pur lasciando qua e là qualche oscurità per chi non conosce l'opera di Herbert. Villeneuve costruisce immagini e scene visivamente sontuose e di grande bellezza formale, sublimate da cromatismi che a tratti, specie nelle scene buie, raggiungono risultati eccezionali. Bella la prova del cast. Grandiosa la colonna sonora ritmatissima ed avvolgente, a volte quasi in modo totalizzate. Ottimo inizio.
MEMORABILE: La prova della mano, incastonata in una splendida scenografia; Il bagno "nero" del barone Harkonnen.
Una scenografia notevole, realistica come i costumi e gli oggetti, una colonna sonora che ben accompagna il film. La sceneggiatura riesce a rendere abbastanza bene una storia davvero complessa, complice un film piuttosto lungo e che, soprattutto, riguarda all’incirca la prima metà del libro. Un po' lenta la prima parte, più veloce la seconda. Gli attori principali, a parte un meraviglioso Oscar Isaac, deludono un po': troppo gracile Timothée Chalamet, troppo cupo Stellan Skarsgård. Bene ma non benissimo. Al sequel il compito di rendere questa versione di Dune un capolavoro.
Difficile gestire un'opera densa e complessa come quella di Herbert; ancora più difficile assecondare il botteghino. Villeneueve riesce in questo: una grande resa estetica - contemplativa e avvolgente - irrobustita da una gestione del sonoro che lascia attoniti (lo score di Zimmer, in tal senso, è davvero evocativo). La compressione narrativa, fisiologica, favorisce la fruibilità e lascia margine di manovra per sequenze d'azione riuscite. Non esalta l'introspezione dei personaggi, che perlomeno a livello scenico si fanno valere. Se non è grande cinema poco ci manca.
MEMORABILE: La prova della mano; I sogni premonitori; Il dente; Il bagno del barone; Gli scudi difensivi; I vermi delle sabbie; Gli ornitotteri; Il duello.
C'è sicuramente l'abilità di Vileneuve e Zimmer dietro all'essenza di questa reinterpretazione di "Dune", cosa che permette di superare una prova tutt'altro che scontata viste le aspettative e un inizio criptico. Il regista canadese, oltre a disegnare scenari e prospettive di indubbio fascino, assembla un cast eterogeneo che non pende dalla parte di nessuno (anche se la figura di Chalamet è centrale) e che gira a dovere per tutto il racconto. Effetti visivi dosati, ritmo posato ma che non perde colpi e diverse trovate visive che aiutano la pellicola a decollare.
Attesissima nuova versione di un grande classico della fantascienza sul quale hanno già sbattuto le corna molti autori e produttori. Denis Villeneuve è probabilmente l'unico regista contemporaneo in grado di ricreare quell'atmosfera di sogno, di incubo e di visionarietà che traspare da ogni pagina del romanzo. Un'impresa tutt'altro che facile, ma alla fine il film riesce a coinvolgere tutti i sensi.
Altro Dune, altre avventure interstellari tra bei scenari desertici, ripetitivi sogni premonitori, droni-missile con circuiti di mille valvole, scene di lotta da videogioco (terribili gli effetti di luce alla Tekken), personaggi - come nel precedente Arrival - spesso di grana grossa (su tutti il sotto-Steven Seagal Momoa), ridondanze e vacuità oltre il livello di guardia. Più sobrio e meglio girato rispetto al film di Lynch, pecca in una pesantezza che né i contenuti né - tolto qualche ben momento rocambolesco - le forma riescono a bilanciare. OST anonima, tipicamente hollywoodiana.
La cosa più difficile era rimanere fedeli al capolavoro di Frank Herbert, e si deve ammettere che l'ottimo Villeneuve ci sia riuscito, almeno in gran parte: molti dettagli sono stati volutamente (o no) tralasciati, ma nel complesso non può non meritare un plauso. Le componenti politiche ecologiche sono ben chiare, i personaggi ben descritti e interpretati (quasi teatralmente). Gli effetti speciali e sonori sono eccellenti. Visivamente impeccabile.
Perfetto dal punto di visto tecnico: splendide soprattutto le astronavi, i paesaggi desertici, i costumi. Eppure anche sotto questo punto di vista la versione lynchana era più sfolgorante e sfarzosa. Inoltre c'è una freddezza di fondo che riduce al minimo la partecipazione emotiva e che sembra tipica di Villeneuve. In definitiva perde il confronto con il pur sgangherato film di Lynch che aveva lampi di genialità qui assenti (pensiamo solo al pittoresco, indimenticabile barone Harkonnen di McMillan). Bene la Ferguson. Fortunatamente la solfa politically correct è ridotta al minimo.
Troppo lento. Le cose da dire per capire i concetti dei libri sarebbero centinaia, e invece si sprecano minuti interi con inquadrature di sabbie, erbe ed eserciti immobili (e primi piani muti) Peccato, perché il cast è favoloso: Skarsgard malvagissimo, Chalamet molto più espressivo di Frodo e Potter (stessi sogni, comunque), Momoa cameratesco e la bellissima Ferguson. Brolin, Bautista e Zendaya, sprecati in cambio di tanti campi lunghi di sabbia. Fa capire che molti hanno "rubato" dai libri di Herbert (a cominciare da Lucas).
MEMORABILE: Nel libro mano nella scatola è mille volte peggio; Dare acqua alle Palme era uno sfregio Harkonnen (non religione Fremen).
Stessa fedeltà al romanzo ma film di opposta natura: debordante ed eccessivo quello di Lynch, essenziale e quasi ascetico questo, il cui rigore si rflette nelle forme degli edifici e delle macchine, nei costumi e soprattutto nella palette quasi monocromatica della fotografia. Il risultato è visivamente appagante ma il racconto stenta ad appassionare e l'epilogo più che aperto pare troncato sul più bello. Visto il successo, la seconda parte verrà prodotta ma non era scontato e questa prima da sola non ha abbastanza sostanza, dando l'impressione di essere un prologo da 155 minuti.
Tanto maestoso e spettacolare quanto intimista e quasi sussurrato, tanto epico nel racconto della lotta per il controllo economico e politico, quanto sottilmente shakespeariano (Amleto) o evangelico nel disegnare la parabola di un figlio che lentamente e dolorosamente diventa consapevole delle sue responsabilità: romanzo di formazione di un adolescente che si affaccia a una realtà complessa e infida. Intensa folgorazione visiva che non tralascia la comprensione narrativa, al contrario del precedente tentativo di Lynch. Avvolgente.
Conferma l'enigmatica autorialità (e autorevolezza) di Villeneuve, la cui temerarietà nell'affrontare totem della sci-fi è corroborata da un gusto visivo e da un senso della narrazione affilatissimi, qui confermati soprattutto in una prima parte nella quale le sabbiose spire cinematografiche avvolgono lo spettatore restandogli addosso in ogni sensoriale anfratto. D'altro canto però, se da una parte alla lunga pesa l'evidente propedeutica seriale dell'opera, dall'altra emerge un endemica (?) tendenza all'inconcludente prosopopea. Cast ineccepibile con Isaac e Skarsgard da citazione.
MEMORABILE: Il "test" cui la veridica Bene Gesserit sottopone Paul.
Denis Villeneuve è una certezza e ci regala immagini maestose di ampio respiro. C'è da dire che scenograficamente Dune si presta molto bene alle corde del regista. La storia è fedele al libro e certe pomposità spariscono per dar spazio a un minimalismo essenziale. Ottima prova di tutto il cast compreso l'esile Timothée Chalamet. Nonostante la lunghezza notevole, si lascia a malincuore la visione aspettando il sequel per la conclusione.
A sua discolpa si può dire che perfino il famoso libro da cui è tratto è una risaputa storia di scontri tra razze cosmiche, rituali magici puerili e poco fantasiosi ragazzotti che sono il Messia senza saperlo, eppure il romanzo aveva il merito di discutere l'ecologia di "Dune" in modo non banale. Il film relega questo aspetto a un paio di minuti tra una scena e l'altra di scazzottate, per di più aggiungendo la solita terribile melassa Hollywoodiana tra discorsi retorici (e implicitamente militaristi) di padri aitanti e eroici pupazzoni che combattono contro i cattivi brutti e pelati.
A salvare il mondo è sempre solo uno, a rovinarlo invece sono tanti: Villeneuve prova ad innestare nella fantascienza un po' manowariana ed ecologista di Frank Herbert il suo virtuosismo cinematografico e intellettuale. Se del primo non si può parlare che bene, alcune scene sono gioia per occhi ed orecchie, sul secondo invece qualcosa da ridire ci sarebbe perché, nonostante appunto le sacrali intenzioni del regista, alla fine sembra un po' di assistere ad una storia infinita ingessata oltre che già vista e stravista. Il finale appeso nel deserto poi non aiuta. Rimandato.
Rispetto alla versione di Lynch, Villeneuve aveva il vantaggio di dover raccontare solo la prima parte della complessa trama della lotta della famiglia Atreides contro gli infami sgherri imperiali Harrkonnen per il controllo del pianeta Arrakis; eppure anche il canadese cade negli stessi errori di Lynch: banalità di storyboarding e assenza di comprensione drammaturgica dell'atmosfera straniata della saga niente affatto terrestre (e manco terrena) herbertiana. Dettagli costumistici e scenografici di JeanGiraudiana memoria. Cast spinto a interpretazioni inutilmente grottesche.
Nuova versione più ripulita e equilibrata dell'originale, che però non fa quel balzo che ci si potrebbe aspettare. I personaggi principali sono piuttosto convincenti, soprattutto gli Atreides, mentre gli Harkonnen sembrano più ridimensionati. Restano spietati sì, ma nell'originale risultavano anche psicopatici, come il disgustoso duca volante, qui meno caricatura, ma di minor impatto audiovisivo. La confezione comunque è di un certo livello, la colonna sonora piuttosto azzeccata e non invadente e i vermi delle sabbie fanno sempre la loro figura. Nel complesso, non male.
MEMORABILE: La...cornamusa? Mah; L'Harkonnen muratosi vivo per lo scopo; La liberazione sul mezzo volante; Il topo del deserto adattato; La vasca del duca.
Le forme lineari quasi minimal, i meravigliosi costumi e le ambientazioni sorprendenti, la storia, anzi le storie, la regia e le bellissime astronavi. Insomma, ci sono tutti gli elementi per tirare fuori un film davvero notevole, di grande impatto visivo ed emotivo. Si termina la visione con la consapevolezza che bisognerà - purtroppo - attendere molto per verdere e godere del seguito obbligatorio. Il buon Villeneuve piazza un'altra milestone sulla strada della settima arte.
Villeneuve affronta con ambizione un progetto rischioso e si assicura il successo dal punto di vista estetico: l'impatto cromatico cromatico della fotografia e la variegata colonna sonora ci trasportano a tutti gli effetti su mondi alieni, mentre la sceneggiatura ripropone i temi classici della tragedia in modo quasi operistico. Le due pecche principali sono la prova di Chalamet, poco intenso, e una sceneggiatura che esita nella parte finale, tradendo la natura da primo capitolo del film.
MEMORABILE: La prova delle Bene Gesserit; L'emergere di Shai Hulud dalle sabbie.
Per Denis Villeneuve portare nuovamente sul grande schermo l'opera letteraria di Frank Herbert non era impresa facile, ma il risultato è soddisfacente. La messa in scena è maestosa e agli ottimi effetti speciali si accompagna una colonna sonora che pervade tutta l'opera e che evidenzia i momenti di maggiore pathos. Quello che non convince del tutto invece è la scelta di proporre il racconto dando quasi per scontato che il fruitore conosca già i personaggi della vicenda. Questo complica non poco la comprensione della storia. Il taglio finale prelude al seguito.
Delusione Villeneuve. Il regista sforna un film ben confezionato, con singole scene a volte mirabili, che tendono spesso al giallo-duna, a volte poco incisive, ma che risulta molto noioso. La sceneggiatura è scombiccherata e il cast recita mediocremente. Nonostante i sei Oscar vinti, tutti inerenti l'aspetto formale, si può tranquillamente evitare di guardarlo: non si perderebbe niente di particolarmente significativo.
Non lo avesse diretto Villeneuve sarebbe da catalogare tra i kolossal troppo tali per piacere senza annoiare per larghi tratti. La firma del regista canadese obbliga però a considerare la grandezza degli elementi stilistici; e in effetti scenografia, fotografia, FX e riprese sono abbacinanti. Per non parlare del cast di prim'ordine. Il fatto è che se molti romanzi sono adattabili al cinema, non lo è quello di Herbert, come aveva già intuito Lynch. La storia troppo fitta di eventi e personaggi induce scarsa fluidità alla narrazione e impone una serialità che nuoce al prodotto finale.
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DiscussioneDaniela • 3/01/22 15:45 Gran Burattinaio - 5944 interventi
E' noto che quando ha deciso di dirigere un film che raccontasse solo la prima parte del romanzo di Frank Herbert, Villeneuve non aveva la certezza che finisse prodotto un sequel, dato che la decisione era legata al successo commerciale del primo capitolo. Il successo c'è stato, il sequel è ora in pre-produzione e dovrebbe uscire nel 2023 tuttavia vien da chiedersi che senso avrebbe avuto questo Dune in caso contrario. La mia è un'impressione personale, probabilmente viziata dal fatto che non ho amato il romanzo - uno dei pochissimi che non sono riuscita a finire di leggere - e neppure ho apprezzato il film diretto da Lynch nell'84, però mai come in questo caso ho provato la sensazione di un aver assistito ad un lunghissimo prologo. Certo, ci sono stati altri film dal finale aperto in previsione dei capitoli successivi, ma questo di Dune mi è sembrato più troncato che aperto. Insomma, mi pare che finisca proprio quando è sul punto di cominciare. Visivamente l'ho trovato uno spettacolo sontuoso, quindi meno di tre pallini non potevo dare, però...
CuriositàZender • 28/03/22 10:44 Capo scrivano - 48839 interventi
Premio Oscar 2022 al miglior montaggio(Joe Walker). Premio Oscar 2022 alla miglior scenografia(Patrice Vermette e Zsuzsanna Sipos). Premio Oscar 2022 alla miglior fotografia(Greig Fraser). Premio Oscar 2022 alla migliore colonna sonora(Hans Zimmer). Premio Oscar 2022 ai migliori effetti speciali (Paul Lambert, Tristen Myles, Brian Connor e Gerd Nefzer). Premio Oscar 2022 al miglior sonoro(Mac Ruth, Mark Mangini, Theo Green, Doug Hemphill, Ron Bartlett).