Illuminante esempio del particolare stile cinematografico di Jean Rollin, orgoglioso alfiere della serie z francese che è riuscito a creare attorno a sé, nel tempo, un vero e proprio alone di culto. In effetti LE FRISSON DU VAMPIRE (al solito molto più centrato il titolo originale, visto che i morti viventi in questione sono vampiri e non certo zombi) è un'opera cromaticamente eccessiva, quasi baviana nel suo contrapporre rossi accesissimi a sfondi di altri colori che contrastano magnificamente. Non sempre però, perché buona parte delle scene sono ambientate nelle camere del castello, spoglie e ben poco affascinanti. La storia vede due sposini in viaggio...Leggi tutto di nozze fare sosta al castello dei due cugini di lei, che si riveleranno essere due vampiri circondati da loro pari e da due servitrici molto devote. Giusta uno spunto veloce per trasformare il film in una serie di apparizioni vampiriche condite da lunghi dialoghi di scarsissimo interesse. Sono soprattutto i due cugini a vaneggiare in coppia, mentre il novello sposo cerca in tutti i modi di convincere la moglie che è meglio filare di corsa dal castello. Purtroppo lei è già preda degli influssi maligni (mentre si sta spogliando gli esce dal pendolo una vampira!) e la fuga non si rivelerà cosa facile. Un horror sgangherato, confuso, con molla carne al vento (nudità in abbondanza) e rischiarato qua e là da belle sequenze degne di miglior causa. Colonna sonora psichedelica decisamente ispirata dai Pink Floyd di Syd Barrett (un tema ricalca spudoratamente "Interstellar overdrive”).
Il mix erotismo horror, per quanto poco energico (siamo all'inizio dei "Seventies"), funziona soprattutto nel finale, nell'edizione insertata con estratti derivati da altra pellicola. Rollin predilige un clima ad effetto sedativo, in grado cioè di obnubilare la ragione e, in primis, la storia; che si sviluppa in maniera indistinta a causa, essenzialmente, della carenza di mezzi e del difetto dato da interpretazioni disastrose. Lento e a sublimazione di uno stato d'apatia cronica, che si sviluppa dal primo minuto di visione sino al finale.
Titolo assai rappresentativo dello stile di questo bislacco cineasta, e del suo catalogo di ossessioni e ascendenze colte tradotte in una filmografia indefinibile, fra l'autoriale e il regista della domenica a seconda del punto di vista (o dell'umore dello spettatore). Le trame non sono mai state una preoccupazione, i dialoghi sono preoccupanti, ma fra uno sbadiglio e l'altro Rollin indovina sequenze che lasciano di stucco (celebre la vampirazza bona che esce dall'orologio, idea che tornerà). Cut la versione italiana. Per amatori!
Immerso in scenografie meravigliose: il castello, il parco del castello, la cripta e con notevoli invenzioni visive (la vampira interpretata da Dominique nella pendola!!!). Cast sempre di fedelissimi, lascia molto a desiderare l'interpretazione dei due vampiri, ma nei film di Rollin bisogna farci il callo. Bello il finale in spiaggia (location molto usata da Rollin nei suoi film).
Piuttosto che per la storia, abbastanza sciapa e dai ritmi dilatati, su cui si incentra, questo film si segnala per il notevole stile visivo, tipico di questo regista pieno di idee e di invenzioni non poco originali che, infatti, restano nella memoria (basti pensare su tutte alla donna che esce dalla pendola). Tutto sommato divertente ma soprattutto sperimentale e bizzarro come lo sapevano essere solo i film di una volta. Oggi nessuno si sognerebbe più di fare un film così.
MEMORABILE: La donna che esce dalla pendola allo scoccare della mezzanotte.
Film di suggestioni visive ottenute con un uso del colore anomalo che esalta le atmosfere gotiche di cui la pellicola è satura. Tutto ciò sopperisce ad un trama confusa ed ad una recitazione dilettantesca. Il risultato è incerto, sempre in bilico tra il film d'autore e lo z-movie. Spiazzante l'interpretazione dei due vampiri, assolutamente fuori dagli schemi del genere, che aggiunge un tocco surreale forse non voluto. A suo modo un film unico nel suo genere.
Titolo italiano roboante per un pacco di proporzioni cosmiche. Lento, presuntuoso, comico senza volerlo e triste quando invece vuol far ridere. Fotografia satura virata sul rosso, musica clone dei Pink Floyd, protagonisti maschili insopportabili nella parte dei cugini "vampiri borghesi". Meglio la sposa Jullien e le due assistenti nane, queste almeno sempre o quasi nude. Un horror che non fa paura, un porno senza sesso. Il per certi versi avvicinabile (nel tema) Vampyros Lesbos di Jess Franco è di tutt'altro pianeta. Pessimo.
Rollin continuerà a dividere l'opinione del pubblico: genio o dilettante? Comunque sia a me le atmosfere gotiche e stranianti di questo suo classico son piaciute, grazie anche ad interessanti sequenze dove il rosso ed altri colori si fanno accesissimi e contrastanti, creando un effetto psichedelico accentuato pure dalle incredibili musiche seventies (dove predomina una chitarra elettrica dal suono ultra-fuzz). Di contro, la storia è minimale e lo svolgimento pare quasi improvvisato; spesso ci si annoia e il colpo di sonno è dietro l'angolo.
L'atmosfera gotica e le belle rappresentazioni sono le uniche cose positive (assieme alle donne spesso svestite) di un film mediocre e palloso. Cast maschile ignobile, su tutti i due vampiri "borghesi", cast femminile bello solo a vedersi. Musiche tipicamente anni 70. Non la ciofeca che si dice, ma siamo lontani da un bel film.
Stilizzazione assoluta del genere gotico-vampiresco, con i personaggi svuotati di ogni psicologia, le dinamiche relazionali ridotte a puri schemi (il)logici, formalmente improntato a un'erudizione estetizzante (anche non richiesta) e vivificato da una ricercatezza condotta con enfasi incessante e caleidoscopica. Ne emerge un gusto particolarissimo, tra lo stralunato e il naif, divertente e - non è una contraddizione - noioso. Parafrasando il folle titolo nostrano: di morti viventi non vi è traccia, di vergini neanche l'ombra, mentre la violenza è una pura questione di stile.
Folle ed anarchico dipinto su pellicola che osa con i colori e con le scenografie riuscendo spesso a supplire alle pecche tipiche delle "rollinate". La storia è poco più di un pretesto, ma probabilmente questo è uno dei titoli più rappresentativi del regista. Splendida collonna sonora psichedelica che contrappunta, con scelte melodiche non poco eversive, buona parte del lavoro.
In mezzo a cotanta astrusità è difficile scoprire che cosa volesse ottenere Rollin: un gotico vampiresco con sette pagane e sepolcri fumiganti, oppure una commedia, visti gli inserti umoristici e la parlata enfatica dei due cugini non-morti in tenuta hippy? Molto più semplicemente la solita «rollinade», che si gioca nel dilettantismo le possibili attrattive offerte dall’uso onirico del colore, dai richiami erotici dei generosi nudi femminili e dalle bizzarre epifanie della vampira. Riffs degli Acanthus in pura psichedelia d’antan.
MEMORABILE: I dialoghi alternati (o in simultanea) dei due cugini; le improvvise apparizioni della vampira; il “Dio cornuto”.
Ad una prima visione appare come un film inguardabile, dove ad una recitazione spenta e monotona (per non parlare del doppiaggio italiano) si accompagnano immagini e scenari di dubbio gusto. Con un po' più d'attenzione si può riconoscere un certo stile, un filo logico nella scelta delle spoglie scenografie, tra apparizioni vampiresche più o meno riuscite e succinte vestali dalla dubbia efficacia. Colonna sonora sicuramente azzeccata.
Firmato da uno dei numi tutelari del bis (e dell'hard) transalpino, il film procede sospeso fra il delirante e il ridicolo senza mai riuscire a pendere in modo deciso verso uno dei versanti. L'assurdo è di casa scena dopo scena - dalle grottesche disquisizioni erudite dei due cugini "neovampiri" alle apparizioni improvvise della vampira di lungo corso - ma l'ininterrotto florilegio di insensatezze non è privo qua e là di un oscuro fascino. Una visione la merita, se non altro per i bizzarri cromatismi, le sonorità pop e il bel cast femminile.
MEMORABILE: I micidiali punteruoli installati sui capezzoli della vampira "errante".
Notevole sul piano visivo, gotico: il castello, il cimitero e l'ottima fotografia dai colori forti di notte, naturali di giorno in vere location. Anche la musica dalla chitarra rock, distorta e grezza, si aggiunge alla riuscita di questo film vampirico, erotico e visionario. Molto in parte la vampira dal volto magro e che appare nei posti più impensati. I due cugini sono alti e magri, poco spaventosi come vampiri (nel film ci sono riferimenti lesbo e omosessuali poco incisivi) ma divertenti nelle loro spiegazioni sui culti pagani.
Alcune ottime soluzioni visive (i colori sono sfavillanti, quasi "baviani") non riescono a risollevare dal baratro un guazzabuglio senza senso: due sposini si ritrovano ospiti nel castello di due lontani cugini di lei che prima vengono dati per morti e dopo riappaiono come vampiri. Fin qui ok, ma impiegheranno ben 70 minuti per tentare di vampirizzare la cuginetta. L'impianto generale è desolante e forse le uniche cose da salvare sono le musiche e le due domestiche nude. A proposito: ma dove sono i morti viventi del titolo italiano? Mah! Pessimo.
MEMORABILE: Ogni scena che vede protagoniste le due domestiche nude.
Si aggiudica i due pallini per un soffio, specie per le suggestive ambientazioni pregne di storia (il castello, la cripta in primis). Alcuni dei ruderi sono stati "arredati" appositamente per il film, impensabile infatti che siano porzioni abitabili del maniero. Per il resto la noia regna sovrana, tra succinte attricette e una dimensione onirica troppo surreale. Nessuna violenza alle vergini e probabilmente nessuna vergine nel film. Una rollinata di un regista sopravvalutato. Perdibile.
Altalenante horror targato Rollin in cui si distinguono la visione personale e il modo d’intendere il vampirismo dell’autore, in particolare sotto l’aspetto visivo, vantando atmosfere suggestive in puro stile gotico. Improbabili e bizzarri i due cugini i quali si imbarcano spesso in dissertazioni astruse che complicano ulteriormente uno scritto zoppicante che sembra portato avanti a braccetto. Non è nemmeno tanto esplicito e spinto come si potrebbe pensare e le buone intenzioni sono condizionate da momenti di noia inevitabile.
La logica e qualsiasi nesso fra gli accadimenti sono aboliti, al solito; così come ogni parvenza di senso comune, sino al ridicolo. Rollin, quindi, è un fricchettone anarchico o solo un casinista? Propendo per la seconda ipotesi. E' indubbio, tuttavia, ch'egli possegga un bel talento visivo e che nel suo cinema si raggrumino svariate influenze sottoculturali e libertarie dei Settanta, miscelate in una pazza fantasmagoria. E stavolta l'apporto della psichedelia degli Acanthus è una marcia in più.
Rollin... il suo immaginario... Kitsch? No. Instabile? In parte. Affascinante? Si. In questo film: potere al figurativismo, ai cromatismi da rivista pop-porno, ai luoghi evocanti, all'apparato da officina decadente, alla sensualità anarchica, all'eterno femminino, ai deliri egittologici, al tardo-romanticismo da feuilletton horror, alla babele del macabro pulp lucidato, all'ottima musica. Il motore è il desiderio di fare cinema ostinandosi su un'ossessione iconica, con abbandono alla magia dello stile rischioso.
Due sposi in luna di miele sostano nel castello dove i cugini di lei e le domestiche praticano riti occulti. Gotico sui generis che trasuda anni '70 da tutti i pori (vampiri hippy-filosofi, vampire lesbiche, riti occulti lisergici, incessante colonna sonora acid rock, donne nude che escono da orologi a pendolo...): Rollin non è un incompetente e con la sua eleganza e la sua sfacciataggine riesce (come un Bava o un Franco) dove un Fisher non arrivava mai, fino a rovesciare il karma vampiresco nel cupio dissolvi finale. Adorabile.
MEMORABILE: La prima apparizione di Isolde che esce dall'orologio.
Acquari-cranio, scenografie botaniche, decor da museo postatomico, horrorlogi a cucù, biblioteche omicide, esoterismi egizi in un improbabile technicolor acido e sgranato, Draculhippies, L.S.D. raculesbo, visuogrammatiche da saluto militare di René Clair e Richter, una storia che non c'è fintamente intelaiata da eloqui farneticanti e parificata dall' allucinorama. Insomma, il sacro delirio impero: come se Polselli rivisitasse Moctezuma o quest' ultimo Polselli. Chicche che vorresti captare su una locale rincasando alticcio a tarda notte, ma che ti ubriacano alla grande anche da sobrio.
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Si, lo so che era già uscito per la Mosaico ma durando appena ottanta minuti era sicuramente cut, mentre questa, stando a quel che riporta il sito ufficiale della Mosaico, dovrebbe (il condizionale è d'obbligo) essere uncut.
;)
Gli autori, una band di liceali chiamata Acanthus, pubblicarono solo tale lavoro, scomparendo poi nel nulla.
Ecco come li ricorda Rollin in un'intervista a Peter Blumenstock:
"I thought it would be nice to work that in (the hippie culture). I liked the music of the group Acanthus very much. Jean-Phillipe Delammare, the brother of my assistant Jean-Noelle, had a little music publishing company. One day he told me that there were these young schoolboys, who had formed a group and liked the fantastic cinema, and that they wanted to work with me. That’s how we got together. They separated right after and never did anything else again. They disappeared”.
In casa ho un vecchio tomo sul cinema horror scritto da Massimo Moscati. Ho sempre notato che aveva una copertina particolare, ma non sapevo a quale film appartenesse quanto raffigurato. Solo poco tempo fa ho scoperto essere la locandina originale del film di Rollin