Noioso, deludente. Le incredibile traversìe censorie gli hanno dato una nomea superiore ai meriti. Si tratta di una pellicola non particolarmente interessante, ravvivata da un grande Totò, attorno al quale, francamente, non c’è molto. Arnoldo Foà è doppiato. Enzo Garinei è accreditato come Garieni!
La prima regia (come unico regista) di Monicelli è questa commedia "on the road" la cui fama (per le note vicende legate alla censura) è superiore ai reali meriti artistici. Vale comunque per la possibilità di vedere il grande Totò alle prese con un personaggio un po' diverso dai soliti, dato che viene mostrato un aspetto più malinconico che brillante. Il film è però penalizzato dall'abuso dei luoghi comuni sulla sceneggiatura e sui dialoghi.
Ha un intenso sapore chapliniano questa storia in cui un quasi poveraccio (un poliziotto) si prende cura di una povera ragazza sola che vuole suicidarsi. Con una dinamica struttura on the road, la storia (sforbiciata pesantemente dalla censura di tutte le esche più realistiche e comuniste) mantiene uno straordinario equilibrio fra i toni del drammone larmoyant e quelli di un Totò davvero eccellente per la grande misura interpretativa drammatica in cui inserisce al momento giusto le sue gag fisico/verbali in incastri perfetti. Molto piacevole.
La trama è piuttosto semplice e soffre anche in molti punti dove il ritmo rallenta e dove le battute e le espressioni di Totò risultano inefficaci e quasi forzate. Sarà perché buona parte del film è sostenuta unicamente dal comico senza l'aiuto di nessuna spalla di sostegno. C'è poi una parte politica dove sinistra (camion dei comunisti) e centro (borghesi e Chiesa) sono descritti entrambi con benevolenza (meno i borghesi). In genere c'è abbastanza superficialità nelle situazioni e nei comportamenti, eccessiva anche per una commedia.
“Episodio” decisivo nella carriera professionale di Marione come nell’evoluzione della maschera del Principe De Curtis. Monicelli prosegue, dopo i film girati in coppia col socio Steno, il suo scandaglio di un umanità reietta e ultima, fatta di guardie, ladri, attori cani e ragazze perdute, ma è nuovo e totalmente suo qui un afflato umano caloroso ma asciutto, che trova in Totò un interprete ideale per maturità e volontà di sfidare i clichè del suo personaggio. Di sofferta dignità anche la prova della Ferrero. Appena ingenuo ma... incensurabile.
Un film tra il neorealismo e la commedia sociale con diverse puntate nella farsa da comica muta e un tocco poetico da assurdo gogoliano (la difficile realizzazione con le molliche di pane del naso del commissario). Il film di Monicelli, raccontandoci (alternando il comico al drammatico) le mille peripezie dell’agente di polizia Antonio Caccavallo che non riesce a “liberarsi” di Carolina, una povera ragazza incinta che aveva arrestata per sbaglio durante una retata, si carica, strada facendo, di una visione addolorata e toccante dell’esistenza.
Un Monicelli noto ma non ancora esperto dirige quella che è stata definita una "farsa intelligente", accennando a temi importanti come il suicidio, espressione critica (nelle varie accezioni) di un animo sensibile – sebbene la Ferrero non riesca a mostrarlo bene – e il lento sgretolamento dell'ipocrisia nel dopoguerra italiano (la stessa però che censurò numerose scene). Purtroppo il lavoro è reso meno pregiato dall'istrionismo di Totò non a tutti gradito, nonché dai lezzi comici e dall'impantanarsi della storia. Comunque non male.
Uno dei migliori lavori di Totò, che riesce a gestire perfettamente il suo personaggio in bilico tra comico e melodrammatico; merito anche di Monicelli e della sua regia ordinata e solida. Tocca un tema allora assai scottante, la gravidanza di una giovane ragazza di paese vittima di una avventura amorosa. Tutto il contorno puritano che la circonda è sapientemente messo sotto i riflettori per evidenziare gli aspetti più bigotti di una società spesso ipocrita. Piccolo, ma delizioso cameo di Tina Pica.
Film dalla vita travagliata a causa di beghe con la censura ma che può dirsi piuttosto riuscito; specie nella prima parte, che mescola sorrisi a sentimenti. Totò si dimostra ancora una volta mattatore (seppure tenuto un po' a freno) e la Ferrero se la cava sufficientemente. La seconda parte cala di ritmo e la pellicola ne risente. Attori di contorno non troppo coinvolgenti. In questo caso il riferimento è alla versione lunga del film. Nei titoli iniziali Enzo Garinei diventa Enzo Garieni.
Arrestata durante una retata di passeggiatrici a Villa Borghese, una ragazza fuggita di casa perché incinta deve essere ricondotta al suo paese dall'agente che l'ha incautamente arrestata... Pare impossibile che questa commedia dai risvolti buonisti ben ancorati alla tradizione sia stata oggetto di tanto accanimento censorio da diventare paradigmatica ma quello che allora dette ancora più fastidio della gravidanza indesiderata della ragazza ora appare l'aspetto più interessante, ossia l'interpretazione data da Totò nei panni di un umanissimo "tutore della legge".
La sceneggiatura di Flaiano regala a Totò uno dei ruoli più belli della sua carriera dandogli la possibilità di rivelare la sua grandezza di attore anche in un ruolo essenzialmente drammatico. Il Principe alterna con maestria serio e faceto in una storia che fece discutere l'Italia e che fu vittima di un singolare accanimento da parte della censura. Buona prova anche della Ferrero e del cast di contorno, benché la sfida col protagonista sia decisamente impari. Un film importante, forse in alcune parti ormai piuttosto invecchiato, ma capace ancora di regalare emozioni senza tempo.
MEMORABILE: La reazione dei parenti alla gravidanza della ragazza.
Agente di polizia deve riaccompagnare una ragazza al suo paese. Sebbene i risvolti siano da commedia, i temi sono importanti: prostituzione, molestie, tentativi di suicidio e gravidanze indesiderate. Totò non gigioneggia affatto e si mette in panni sempre più umani a richiamare il personaggio del padre ne Il monello. La storia on the road viene ravvivata da qualche gag, soprattutto in macchina, e nell'ultima parte si sfilaccia prima di un finale giusto e scontato. La sceneggiatura poteva approfondire di più i personaggi principali.
MEMORABILE: La macchina contro l'albero; L'incontro coi prozii; Il bottone da riattaccare.
Monicelli tira fuori da Totò il meglio (come già in altre occasioni) permettendogli di creare un personaggio umano e sfaccettato pur riempiendo le scene dei suoi classici giochi di parole e di alcuni tormentoni ("Adesso vediamo se schiaffo qualcuno dentro"). Il risultato è notevole, anche perché la trama (seppur datata) offre spunti riflessivi interessanti e sa ficcare il dito nella piaga del perbenismo italiano del dopoguerra, incorrendo nell'ingiustificato odio censorio. Una bella pellicola, da vedere.
Un film quasi leggendario soprattutto per l'accanirsi della censura che taglia scene, cambia i dialoghi e persino le canzoni che vengono cantate nel corso del film. Una giovane incinta è soccorsa da Totò poliziotto di buon cuore: sembra impossibile, ma è proprio la scelta dell'argomento a causare la persecuzione della censura. Per il resto è un film quasi ingiudicabile, anche se Totò sottotono è un evento di per sé.
Un Totò diverso dagli altri, più amaro, tenero e con meno spazio per battute e risate. Risate infatti quasi non ce ne sono, seppure la mimica del grande comico ogni tanto il sorriso lo susciti anche senza grandi gag. Si potrebbe parlare quasi di un film drammatico con tinte neorealiste, in cui Totò comunque si mostra ugualmente grandioso, ben coadiuvato dalla brava e bella Anna Maria Ferrero. Non manca comunque qualche bozzetto simpatico. Finale commovente e vero, con una curiosità: il fotogramma finale ricorda molto da vicino quello di Tempi moderni. Merita una visione.
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HomevideoZender • 11/02/08 14:57 Capo scrivano - 48959 interventi
Il 15 febbraio 2008 esce per la DNC il film in VERSIONE RICOSTRUITA E RESTAURATA (video: 1.33:1)
E' uno dei film più censurati della storia del cinema italiano, nella versione che venne poi distribuita pare che fossero avvenuti 31 tagli e 23 battute modificate. La commissione censoria ravvisò nel film oltraggio al pudore, alla morale, alla religione, alle forze armate e chiese decine di tagli. Alla fine il film uscì mutilato nelle sale quasi un anno dopo. Degli iniziali 2595 metri di pellicola il film dopo i tagli si ridusse a 2386 metri. Grazie ad alcuni ritrovamenti in varie cineteche il film viene riproposto in una nuova versione restaurata, in parte reintegrata delle parti mancanti, come lo si è visto alla Festa internazionale del cinema di Roma del 2007.
L'anno segnato nella scheda è il 1953, però ho trovato ovunque che le riprese iniziarono nel 1953 e finirono all'inizio del 1954 e che quindi il film fu pronto ovviamente solo nel 1954. Pronto, ma poi bloccato dalla censura, per cui in realtà uscì solo nel 1955. Quindi, l'anno giusto dovrebbe essere o quello in cui fu finito nella sua versione integrale andata perduta (1954) opure quello in cui il film uscì per davvero (1955), ma sicuramente non può essere il 1953, quando il film era ancora in lavorazione...
DiscussioneZender • 5/05/11 12:19 Capo scrivano - 48959 interventi
L'anno corretto è il 1955 infatti. Fa sempre testo il sito dell'Anica che riporta la prima visione in pubblico (ppp):
http://www.anica.it/archivio_b.htm
Ieri sera ho rivisto questo film e ho notato che il nome di Enzo Garinei, nei titoli di testa, è stato erroneamente scritto come "Enzo Garieni".
Non è la prima volta che nelle pellicole degli anni Cinquanta, Sessanta e Settanta si facessero questi errori.
E dire che all'epoca non avevano l'obbligo di inserire tutti i nomi come fanno oggi nei titoli di coda.
Nella versione originale Maurizio Arena con la voce di Massimo Turci fa la battuta "Io le conosco le guardie so carogne". La battuta venne censurata e quindi il ridoppiaggio co la voce di Sergio Tedesco fù "Io le conosco le guardie sò dritte". Ecco spiegato il cambiamento di voce nel doppiaggio di Maurizio Arena.