Prayers for the stolen - Film (2021)

Nell'immergerci la testa nella tinozza dei villaggi messicani ostaggi del cartello, Huezo predilige la via della quieta disperazione, tenendo fantasmatico e a latere il sempre serpeggiante pericolo. Ci dice di bambine ragazze donne costrette a un'allerta perenne, al lavoro sporco, a un mimetico imbruttimento per rendersi immuni allo stupro, sperando per il meglio mentre crescono nel peggio. Trabocca di inusitata intensità (Ana Ordonez Gonzales fa il rivelatorio paio con Maya Vanderberque) ma pecca di troppa delicatezza in uno specifico che si prestava a essere un cavallo di Troia.

Rispetto al precedente film, la Huezo sembra coltivare un barlume di speranza che verrà però poi spazzato via. Qui a farne le spese è soprattutto, ma non solo, l'infanzia rubata e violata. Ancora una volta la descrizione di un mondo privo di speranza è efficace e qui inoltre la regista mostra delle ottime doti estetiche che si estrinsecano in immagini spesso di grande bellezza. Nonostante gli orrori che racconta, la sceneggiatura si mantiene sobria e non approfitta mai delle sue piccole protagoniste e sa coinvolgere lo spettatore con grande delicatezza e intensità. Molto bello.

Neorealismo messicano reso in finzione documentaristica. In un villaggio attraversato dai "cartelli" (che uccidono, struprano, rapiscono per la prostituzione) le vite della piccola Ana e dei suoi coetanei, tra la scuola, la famiglia, i giochi dell'infanzia, la miseria, la paura. La rappresentazione per la platea internazionale di qualcosa che l'autrice conosce in prima persona, ammirevole per la denuncia ma il resoconto scheletrito di un luogo (tragico) del mondo non basta a elevare a opera d'arte l'impegno sociale che tuttavia brilla davvero in altri connazionali.