Storia d'amore tormentata tra un cuoco appena uscito dal carcere e una cameriera reduce da un rapporto infelice e poco incline ad aprirsi. Tratto da una commedia adattata per lo schermo dallo stesso autore, Paura d'amare vale sopratutto per la bella prova dei due protagonisti (Pacino e la Pfeiffer) che interpretano con grande finezza due personaggi delusi dalla vita e perdenti in cerca di riscatto personale. La sceneggiatura presenta una buona caratterizzazione psicologica dei due personaggi e una bella ricostruzione ambientale.
L'ultimo film che visto con i miei genitori al cinema e forse per questo motivo "poetico" (almeno per me); sorvolerò sul fatto che come si suol dire "m'ero fatto due c.....i". Sarà stata l'arroganza dei miei (allora) 17 anni... Rivisto in età più matura, ho trovato il film ben interpretato e con una certa passione. Merito senz’altro della presenza di due grandi attori che sanno rendere giustizia anche a sceneggiature lievi e fini a se stesse. Non è diventato di culto, ma il film ha motivo di essere considerato sentimentalmente valido.
Il problema di questo film non è quanto sia prevedibile il finale, bensì quanto è prevedibile tutto il resto, tutto ciò che viene prima dell'happy ending. E ci avevano provato, gli sceneggiatori, a trovare una cosa insolita: rovesciare lo stereotipo "gli uomini vogliono sesso, le donne vogliono amore". Poi, comprensibilmente spaventati dalla loro stessa audacia, si sono fermati a metà strada. Impagabile il contorno di amiche ciniche, amiche benintenzionate e amici gay ottimi consiglieri! Pacino e Pfeiffer a mezzo servizio.
MEMORABILE: "Tutto ciò che voglio è qui, in questa stanza!" Intendeva Al Pacino, oppure il controbuffet?
Non è la classica storia d’amore da fotoromanzo, anzi è realistica, di un romanticismo semplice e concreto, ed è sorretta da due personaggi che sembrano estratti dalla quotidianità. Inoltre riesce a far divertire e trova diverse battute che strappano più di una risata. Molti attori con ruoli solitamente da duro si sono cimentati in parti tenere e sentimentali. Pacino non raggiunge il livello di Eastwood o De Niro ma non demerita. La Pfeiffer invece sprigiona sempre tutto il suo fulgore anche nel ruolo di una donna complessata. ***!
Michelle Pfeiffer in una delle sue interpretazioni più autentiche: il suo volto pallido e scarno e lo sguardo distaccato e deluso sanno esprimere con grande intensità la disillusione e la diffidenza nei confronti degli uomini, conseguenza dalla precedente drammatica esperienza affettiva. Al Pacino riuscirà comunque a far breccia nel suo cuore, al termine di un estenuante corteggiamento, complice anche la struggente melodia di "Clair de lune" di Debussy. Apprezzabile l'ambientazione newyorkese per una volta umile e dimessa.
Piacevole storia d'amore che cerca con tutte le sue forze di non tendere al banale, specialmente con la caratterizzazione di Johnny, ma ci riesce solo a metà. Il punto debole è proprio il cuoco "stalker" che a tratti pare un po' troppo sopra le righe lasciando indirettamente la scena all'eccellente Frankie. Si apprezza comunque una N.Y. proletaria, di gente che sbarca il lunario e attende il proprio happy ending. Finale con una bella finestra su una nuova alba.
MEMORABILE: Lo spazzolamento alla finestra la domenica mattina.
Frankie e Johnny, Pacino e Pfeiffer, uomo e donna. Ecco, altro non serve per costruire un film d'amore che sappia far vibrare le corde dell'emotività. Due mondi apparentemente lontani ma mai così vicini, due stati d'animo che trovano nella congiunzione d'affetti la loro pienezza realizzativa. E tra un panino e una salsiccia giunge una rosa estemporanea, magari "artigianale", ma poco importa. Il trionfo dei sentimenti, giammai banale, in un'opera senza tempo e senza età. Ottima regia di Marshall.
MEMORABILE: "Togliti la vestaglia"... "Ok, ma solo quindici secondi".
Non più riuscito di tanto. La storia d'amore tra due dipendenti di un ristorante newyorchese all'inizio offre anche spunti interessanti, ma col procedere del film tende a perdere smalto e a diventare inutilmente prolissa. Tra gli interpreti decisamente meglio la Pfeiffer (sempre splendida), molto misurata, rispetto a Pacino che, come altre volte gli è accaduto, eccede in gigioneria e dopo un po' tende a stufare. Hector Elizondo, attore caro al regista, compare poco e, forse, se maggiormente sfruttato avrebbe dato una mano a risollevare il livello.
Storia di un amore tra un cuoco ex galeotto e una cameriera che vive con la paura di innamorarsi per un trauma vissuto da giovane. Marshall non dirige la sua solita commediola romantica perché qui caratterizza bene i due personaggi principali, tormentati entrambi per diversi motivi. Ed è quasi un film di formazione, visto che all'amore poi ci si arriva davvero ma con tanta fatica e molta pazienza. Al Pacino, nelle vesti insolite di sdolcinato spasimante, appare un po' spaesato, mentre la Pfeiffer, al culmine della sua bravura e bellezza, è più conforme alla parte.
Colleghi in una tavola calda di Manhattan, la cameriera Frankie e il cuoco Johnny iniziano una relazione resa difficile dal peso del passato: lei ha avuto relazioni infelici, lui è reduce dal carcere... Nella sua regia migliore, Marshall racconta cercando di evitare troppe banalità l'amore tra due persone ferite dalla vita avvalendosi di due attori nel pieno delle loro possibilità anche se sono proprio le scelte di cast a sminuire almeno in parte la credibilità dei personaggi: troppo fascinoso lui, troppo bella lei. Il risultato è buono, ma con più coraggio poteva essere migliore.
Umile romanzo popolare, con immagini urbane ruspanti, gode dell'ottima interpretazione della Pfeiffer, la cui angoscia del personaggio sembra volerne aggredire l'invincibile bellezza. Lo stesso non si può dire di Pacino, il cui mito mal si addice alla figura del tenero ex-galeotto invaghito: le compulsive avances, lo sguardo spiritato e vittimista e la traballante prestanza ne fanno un coprotagonista avulso. La fama del film è meritata, due cercatori d'amore distanti e diversi destinati a incontrarsi, ma mentre lei lotta contro il disincanto, lui gigioneggia fino allo smunto finale.
Frankie e Johnny: vite diverse, passati diversi. Si incontrano sul posto di lavoro. Per lui è una folgorazione, per lei qualcosa che non riesce a definire: non sa se le va oppure no. Johnny insiste: è fin troppo presente. Lei cede poi scappa, poi cede, poi scappa di nuovo... Garry Marshall dirige un film che ha dei momenti molto dolci ma che poi risulta molto prevedibile, pure troppo. Ottimi gli attori ma non solo i protagonisti, anche i comprimari (Helizondo su tutti) danno il loro contributo. Peccato, perché poteva essere realizzato meglio.
MEMORABILE: L'amplesso tra Frankie e Johnny.
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CuriositàDaniela • 15/11/20 21:06 Gran Burattinaio - 5936 interventi
Soggetto basato sull'opera teatrale Frankie and Johnny in the Clair de Lune del drammaturgo statunitense Terrence McNally, rappresentata per la prima volta a New York nel 1987 con Kathy Bates e F. Murray Abraham nei panni dei protagonisti,