Nel Friuli del 1945 si regolano i conti tra partigiani di opposte fazioni. A Malga Porzus un gruppo di "bianchi" della Osoppo viene tradito e trucidato dai comunisti della Brigata Garibaldi d'accordo con i titini. Episodio fra i più sanguinari e meno noti della guerra civile italiana del 1943-45, la strage di Malga Porzus viene malamente sfruttata per farne un filmetto storiograficamente ridicolo, inutilmente revanscista e visivamente estetizzante. Cast di bellocci e televisivi. Sprecato Cavina. Triste cameo di Moschin.
MEMORABILE: Flaherty che attraversa un ruscello in ralenti: si parva licet, una citazione del "travelin kapò".
Accurata ricostruzione storica di un eccidio compiuto in Friuli dai partigiani comunisti contro quelli non comunisti, dai contorni complessi e inquietanti, a cui si aggiunge una riflessione attuale fra due invecchiati avversari, un dialogo per una pacificazione impossibile e necessaria. Il film cede talvolta alla retorica, ma soprattutto sembra rimanere su una narrazione superficiale: molta prosa ordinaria e poca poesia, nonostante le intenzioni. I virtuosismi attorali di Moschin rendono bene, così come la fisicità dolente di Cavina.
Film molto coraggioso negli intenti e nell'affrontare una realtà storica scomoda a molti, ha qualche fastidiosa caduta di stile come le sequenze dedicate ai "partigiani bianchi", descrivendoli come dei buontemponi intenti a giocare a carte o a sognare pasti diversi dalla sbobba quotidiana nelle malghe di Porzus. Nonostante i difetti il messaggio c'è e rimane. Veramente grande l'inizio e il dialogo tra Storno e Geko.
Una tragica pagina della resistenza narrata con stile asciutto da Martinelli che senza fronzoli e con accuse più o meno dirette descrive l'eccidio avvalendosi di Moschin e Ferzetti per l'attualità e di un sorprendente Crespi e un navigato Cavins per l'excursus storico. L'argomento trattato merita rispetto ed il compito sembra riuscito validamente.
Martinelli racconta un episodio che poteva essere davvero coinvolgente in modo piuttosto piatto; colpa di una sceneggiatura eccessivamente verbosa, che appesantisce una prima parte inutilmente lunga e noiosa. Meglio va dopo i primi quaranta minuti, quando finalmente si comincia a entrare nel vivo dell'azione e il ritmo si sveltisce. Buona la ricostruzione d'epoca, penalizzata però da una fotografia televisiva. Ottimo il cast: Cavina, Moschin e Ferzetti offrono prove maiuscole, coadiuvati da giovani promesse, mai sbocciate in futuro. Vedibile.
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