Pier Giuseppe Murgia, regista di poche speranze e sceneggiatore di scarso livello (almeno a giudicare da questo film), scrive e dirige una storia di ragazzini in fregola alle prese con le prime pulsioni sessuali e, cercando vanamente qualche sprazzo di cinema d'autore, fa spogliare i giovanissimi interpreti per stimolare gli amanti del proibito. E in effetti, va detto, Murgia dimostra d avere la mano sufficientemente pesante: l'allora dodicenne Lara Wendel (futura scream queen di tanti B-horror) non si fa problemi a mostrare ogni parte del suo corpo, così come la coetanea Eva Jonesco, né alcuna di loro manca di farsi cavalcare dal "ragazzo maledetto" Martin Loeb, vero seduttore in erba (in ogni senso,...Leggi tutto visto che l'intera vicenda è ambientata in una foresta nella quale questa specie di baby Tarzan sembra vivere). Peccato che il film sia girato male, privo di ritmo e troppo disperatamente arroccato nel tentativo di ingenerare nello spettatore chissà quali suggestioni bucoliche. Alcune immagini non sono neanche male, con il laghetto verde a dominare le migliori, ma la storia è davvero povera: si racconta di Laura (Wendel) e Fabrizio (Loeb), due adolescenti legati da uno strano rapporto di amicizia (ma non solo): lei ama lui, lui ne approfitta e la tratta come una pezza da piedi fino alla comparsa di un'altra ragazzina (Jonesco), che invece dimostra più carattere e diventa subito la compagna di giochi (ma non solo) perferita. Conclusione drammatica. Nessun altro attore al di fuori dei tre citati, recitazione approssimativa e descrizioni psicologiche da Bignami del sesso. Il cane lupo, nel prologo, si fa Loeb? Mah...
Un film oggi impensabile. Tre ragazzini di 12 anni, un maschio e due femmine, scoprono le loro prime pulsioni sessuali in mezzo ai boschi. C'è il tentativo di fare una sorta di favola, portando i tre ragazzini in una dimensione "a sè" rispetto al resto del mondo (nel film non si vedono adulti, né altri personaggi se non un cane lupo), anche per rendere meno pesante il tutto. Ma il film finisce presto coll'essere noioso, essendo mal sceneggiato e senza un vero sviluppo drammatico. Puro sensazionalismo.
Film famosissimo e tutti sappiamo il perché. C'è chi lo ama e chi lo odia; a me non è dispiaciuto, non l'ho trovato noioso. L'ho trovato al contrario interessante, un viaggio iniziatico non del tutto riuscito ma con una buona fotografia e un finale che stona con il resto della storia. Difficile dargli un giudizio definitivo.
La felicità della protagonista, un'acerba - ma già sensuale - Lara Wendel è solo apparente; provocata dalle prime gioie sessuali e dal piacere dell'amore. Il tema della gelosia, innestato su turbamenti di tipo adolescenziale, conduce però verso il terreno della tragedia. Nonostante la scabrosa tematica, in questo avvicinabile al più compiuto Nenè, il film di Murgia viaggia lento e sembra essere stato concepito con il semplice fine di scandalizzare a buon mercato. Gli attori son piccoli ma anche poco convincenti e la regia non aiuta, isolando il trio in un mondo a varie guise (piacere e dolore).
René Schérer, fratello del recentemente scomparso regista Rohmer, aveva "osato" dire nel suo saggio "Emilio pervertito" (1974) che i bambini hanno già e hanno diritto ad avere una loro sessualità, oltre ad altre verità scomode ("ogni desiderio d'educare è un desiderio pederastico pervertito", scriveva Schérer) e per questo fu aspramente criticato. Il film di Murgia sposa sostanzialmente la medesima tesi e lo fa in maniera delicata, senza farsi tentare da allusioni volgari o voyeurismi pedofili.
Sarebbe ora, ritengo, di rivalutare questo film senza le ingombranti lenti del perbenismo moralista: il sardo Murgia, ben 34 anni fa, ha il coraggio di sfidare e tentare di abbattere un tabù sociale e cinematografico: quello della sessualità (e sensualità) pre-adolescenziale. Lo fa in un modo certamente compiaciuto, spesso artefatto; però confezionando un'opera ben fatta, densa di poesia, di simbolismi interessanti, dall'atmosfera sognante ed eterea. Un film unico allora, impensabile al giorno d'oggi. A paraocchi smessi, un piccolo capolavoro.
Puro sensazionalismo per un film che ben lontano da carature autoriali non è capace
di far altro che vellicare i pruriti più empi e voyeristi dello spettatore. L'idea di
ambientare tutto in una dimensione di fiaba poteva essere interessante ma alla fine la realizzazione è pedestre e lo svolgimento delle vicende è francamente prevedibile.
Sciatto, senza ritmo e coinvolgimento. Triangolo amoroso tra dodicenni alle prime scariche ormonali che mischia un po' di psicanalisi, simbolismo, sadismo, sesso, senza lasciar segno. Tutti e 3 i pischelli sono bellamente antipatici, con il maschio (al pari della sua acconciatura) al top della classifica. Bella l'ambientazione rurale, un po' troppo insistite le scene di nudo e odioso il tiro al bersaglio al piccione. Non è tutto da buttare, ma poteva essere fatto meglio.
Filmetto piuttosto incolore, girato male e recitato peggio lungo una sceneggiatura francamente ridicola. Sinceramente mi è parso soltanto un pretesto, dietro l'ipocrisia della creazione artistica, per mostrare le nudità di due ragazzine all'epoca molto lontane dalla maggiore età. Ed ovviamente è solo questo il motivo per cui è tanto famoso o meglio "famigerato". La Ionesco e soprattutto Loeb poi sono del tutto insopportabili e l'ambientazione bucolica di una banalità senza fine. Disgustosa la scena di tortura, vera, di un povero uccellino.
Murgia realizza una favola crudele ma anche triste e commovente sulla perdita dell'innocenza e sul passaggio all'età adulta. Un'opera tecnicamente ben girata, ambientata in scenari silvestri che tolgono il fiato, con dialoghi di Barbara Alberti e musiche, malinconiche e bellissime, di Pippo Caruso. Durante la visione traspare innegabilmente una delicata poesia che stride però aspramente con le pesantissime sequenze di sesso, sul filo del rasoio hard, che vedono coinvolti i tre ragazzini. Facilmente etichettabile come "pedofilo", un film che attrae pericolosamente ed eticamente respinge.
MEMORABILE: L'inquietante presenza del cane Xylot, allegoria ingombrante e spaventosa della primordialità e dell'aggressività umana/ La struggente poesia finale.
Perfida "fiaba nera" sull'adolescenza perduta. Al di là dell'aspetto pedofilo, mi hanno impressionato le terribili sevizie a cui è costretta la Wendel, perpretate dai due demonietti della Jonesco (algida ninfetta) e di Loeb (faccia da fesso anzichenò). Il finale nella grotta ghiacciata, poi, mi ha fatto venire alla mente The hole e infino The descent! Murgia cita Alice nel paese delle meraviglie, il pendolo appeso tra i boschi e Il signore delle mosche. Il film altro non è che una favola crudele in un bosco "fatato" senza alcun adulto.
MEMORABILE: La Wendel costretta ad orinare davanti ai due demonietti e Loeb le orina pure addosso; la terribile scena della fossa; la Jonesco con l'arco.
Un film direi senza dubbio coraggioso, più che sensazionalistico (termine che userei piuttosto per cose come A serbian film). Non era facile evitare ogni morbosità, viste le tematiche; Murgia però riesce a creare una storia che è quasi una fiaba, sospesa in un ambiente bucolico e a tratti onirico, sempre in bilico tra gioie e paure dell'adolescenza. La psicologia dei tre ragazzini, che giocano a fare gli adulti senza capirne appieno il significato, è ben rappresentata; bravi i protagonisti, bella la fotografia, ottime le musiche. Tosto ma bello.
MEMORABILE: Le cattiverie del ragazzo; Il finale; I variopinti vestitini "fiabeschi" della Wendel.
Tra i film più controversi del cinema italiano, giudicabile seranamente solo "chiudendo un occhio" di fronte ad alcune scene la cui distanza con la pedopornografia appare, tecnicamente, non così eccessiva. Anche mettendo da parte l'aspetto morale, il livello rimane tutt'altro che eccelso: trama risicata, dialoghi risibili, tre giovani attori di livello tra il sufficiente (la Wendel) e il pessimo (Loeb). A soccorrere il film una confezione di tutto rispetto, con bella fotografia e musiche notevolissime. Scarso, ma a suo modo irripetibile.
Tanto di cappello al coraggio: solo pensare di poter fare un film con bambini che fanno sesso, merita riconoscimento almeno per la sfrontatezza. Poi però i dialoghi sono sciocchi, troppo "falsi" per dei bambini; la regia appare quasi amatoriale e non si comprende soprattutto lo scopo di una simile operazione. Non è una favola (vista la rappresentazione), non vi è un fine, non c'è un motivo valido se non quello di provocare qualche disagio e far parlare un po'.
Sbalzi umorali, giochi fanciulleschi mischiati alle prime esperienze sessuali, la vita e la morte in un desolante bosco vissuto solo dai tre protagonisti e dalla figura più che enigmatica di un cane lupo. Il tutto finisce in un calderone dove tra i nudi dei giovanissimi attori, un volatile preso letteralmente a frecciate e il prologo di dubbio gusto non possiamo fare a meno di pensare che Murgia si sia giocato tutte le carte del sensazionalismo. Fallimento.
Film controverso e inquietante, che narra le avventure estive di un trio di dodicenni (un ragazzo e due ragazzine) alle prese con pulsioni sessuali e divertimenti carichi di sadismo e crudeltà. Una favola nera poetica e cattiva, sconvolgente e al tempo stesso carica di dolcezza struggente, di forte impatto visivo anche ai giorni nostri. Odiosa la scena della tortura (vera) al piccione, per la quale tolgo il pallino in più che il film avrebbe meritato.
MEMORABILE: L'inquietante finale nella caverna (ricorda quasi Alien 2); La poesia che conclude il film.
Lei, lui e lei. Sarebbe il classico triangolo, non fosse per la giovane età dei protagonisti. Sinceramente mi aspettavo qualcosa di pessimo, a giudicare da quanto letto in giro, ma non mi è dispiaciuto. Confezione di tutto rispetto (bellissime le musiche) che riesce ad alleviare i difetti di un film imperfetto, autocompiaciuto nel mostrare nudità inutili ai fini narrativi e interpretato malamente, eppure dotato di un certo fascino... sesso, amore e morte, il tema non nuovo dell'estate che segna la perdita dell'innocenza. Onirico e fiabesco.
E mo come la mettiamo? Ecco: Maladolescenza è uno di quei film in cui il (pre)giudizio etico rischia (anche necessariamente) di obnubilare qualsiasi considerazione di merito cinematografico. Certo l'operazione di Murgia è tutto fuorché ingenua; si tratta di un'estremizzazione di topoi fiabeschi, la cui ambiziosa potenza allegorica cozza però con un "illustrazione" visiva stucchevole (gli imbevibili dialoghi, recitati perlopiù, ovviamente, malamente) ancor prima che stomachevole. Va tuttavia detto che si parla di un'età (e di un film?) che tanti vorremmo eludere.
MEMORABILE: Senza dubbio la citazione della magnifica poesia finale di Kosztolányi Dezső "Vuoi giocare?"
Reperto mediocrissimo di un'epoca oggi rimpianta. In altre parole: se la libertà dei Settanta, arditi e sperimentali, fa nascere delle nostalgie è anche vero che alcuni suoi prodotti estremi (come questo) non sono che semplici bizzarrie buone per l'esclusivo valore testimoniale. I giovanissimi protagonisti mostrano una coraggiosa disinvoltura mentre le brevi sequenze con Wendel e Loeb nel paese diruto vantano un'atmosfera fiabesca; eppure sulla distanza il film gira a vuoto suscitando solo una curiosa morbosità e nulla più.
Durante le vacanze estive tre ragazzini passano il tempo giocando in un bosco. Clima da fiaba gotica, ambiente naturale ma ostile in cui si scatenano impulsi sessuali e crudeltà assortite. I protagonisti sono oltremodo acerbi (la Wendel ha qualcosina in più) per situazioni evolute anche per degli adulti (il sadismo, la sfrontatezza voyeuristica, il render servi). Sensazionalismo d’accatto per i nudi gratuiti sottolineati pure nel prefinale. Conclusione pessima anche grazie a Loeb, di rara antipatia.
MEMORABILE: L’uccello trafitto; La poesia conclusiva.
Murgia tenta di creare una fiaba nera dai contenuti allegorici (il serpente, il cane, il bosco, la caverna...) sfruttando le minime location e i soli tre attori, ma se effettivamente le potenzialità sulla carta c'erano, non si può dire la stessa cosa della resa. Se alcune scene, tra le più spinte, sembrano stonare con il tono più delicato e onirico del film, altre nel loro fascino lasciano giusto intravedere il capolavoro che poteva essere, nonostante il rischio della tematica e dell'età dei protagonisti. Curioso, ma non del tutto riuscito.
Un film difficile e coraggioso, di cui è difficile parlare senza farsi sorgere tanti dubbi. La notoria presenza dei nudi di attori così giovani ha potere di annebbiare il giudizio che, comunque sia, non si traduce in bocciatura. Il film di Murgia riesce nel ricreare un'atmosfera da fiaba grazie a scenari, simboli e musiche evocanti l'arrivo dell'adolescenza e lo scaturire di sentimenti già adulti. La perversione si mischia a quel che rimane del gioco infantile, dentro la foresta nera un tempo incantata. Forse, tutto sommato, meno scabroso del precedente di Lattuada...
Se Murgia voleva essere trasgressivo, ci è riuscito in piena regola, al limite della sopportazione; ma lo fa come una pala meccanica in una cristalleria. L'idea di base poteva considerarsi anche buona, un'indagine del classico momento di passaggio nel quale l'amico di infanzia più grande non vive più gli stessi interessi, ma pulsioni non ancora comprese dalla controparte. Cattiverie, spietatezza e rivalità (Wendel-Ionesco) sono gettati in faccia allo spettatore come acqua gelata. Fiabescamente nero. Incompreso e certamente inaccettabile per i tempi. Murgia però ci ha messo del suo.
Fiaba magica, erotica, estremamente controversa, ambientata in uno scenario verde da sogno con tre soli protagonisti giovanissimi a reggere tutta la storia. Una storia per la verità spesso lenta e con momenti decisamente forzati ma che insegna qualcosa e ci fa ripercorrere una delle età più difficili della vita, specialmente leggendo la splendida poesia finale. Di trama c'è molto poco, la recitazione è quella che è, ma il film è pieno di momenti simbolici e di punti di interesse. Numerosi i momenti controversi, in una pellicola coraggiosa, semplice ma allo stesso tempo profonda.
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DiscussioneZender • 18/05/10 08:19 Capo scrivano - 48488 interventi
Cotola ebbe a dire: Credo ci siano un paio di errori nella scheda del Maestro. La Wendel e la Ionesco non avevano 15 anni ma bensì 12. Sì, in realtà (la recensione è evidentemente molto antica, quando i testi su certo cinema scarseggiavano) scriveva "quindici anni (o giù di lì)". Ho comunque corretto, grazie Cotola.
Un film così bieco da far pena. Mi avevano detto trattarsi di un thriller, invece sono diventato rosso come un pomodoro quando mi sono accorto di cosa trattava sto film.
Ed è girato in Boemia... forse volevano evitare la censura italiana!
Puah...
Da segnalare doverosamente la meravigliosa poesia che scorre sui titoli di coda, scritta dal poeta ungherese Dezso Kosztolanyi (e spiace davvero molto che un autore tanto sensibile e profondo sia così poco conosciuto all'interno dei nostri confini nazionali) :
Vuoi giocare? (Akarsz-e játszani? )
Dimmi, vuoi giocare con me?
Giocare sempre,
andare nel buio insieme,
giocare a essere grandi,
mettersi seri seri a capo tavola,
versarsi vino e acqua con misura,
giocare con perle, rallegrarsi per un niente,
indossare vecchi panni col sospiro pesante?
Vuoi giocare a tutto, che è vita,
l'inverno con neve e il lungo autunno;
si può bere un tè insieme
di color rubino e di fumo giallo?
Vuoi vivere la vita con il cuore puro,
ascoltare a lungo e temere ogni tanto,
quando sulla strada passa novembre
e lo spazzino, questo povero uomo,
che fischia sotto la nostra finestra?
Vuoi giocare a essere serpente o uccello,
fare un viaggio lungo con nave o treno,
giocare a Natale, sognando tutte le bontà?
Vuoi giocare all'amante felice,
fingere di piangere, un funerale?
Vuoi vivere, vivere per sempre,
vivere nel gioco, che diventa reale?
Sdraiarsi tra i fiori per terra,
e dimmi, vuoi giocare alla morte?
Guardate qui che ti fà uscire la Francia! Spero che venga editato pure qui da noi, perchè sono curiosissimo di vedere l'ex ragazzina "terribile" dietro la macchina da presa.
Gente, non fucilatemi, ma in fondo si tratta solo di un film, non di un porno. Cerchiamo di vederlo sotto una luce diversa. Ha del poetico, e mescola sapientemente dolcezza e cattiveria. Inutile scandalizzarsi più di tanto, ormai i ragazzini di oggi (e anche dei due decenni successivi) anche all'età dei protagonisti, sono abituati a fare ben più di quello che si vede nel film. Io l'ho visto solo una volta, spinto dalla pura curiosità (sentendo quanto tutti ne parlassero male), e mi ha infastidito più il piccione usato come tiro al bersaglio che non le varie scene di sesso e di nudo. Fermo restando che MAI E POI MAI permetterei ai miei figli (se mai in futuro dovessi averli) di prestarsi a performance di questo genere. Il fatto che il film non mi abbia sconvolto più di tanto (mi vanto di avere uno stomaco abbastanza forte, ho visto film del calibro del Salò di Pasolini o A Serbian Film senza impressionarmi particolarmente), non significa affatto che approvi le decisioni del regista e dei genitori degli allora giovani attori.