Rassegna THICK AS A BRICK – Livello 6 (20/08/2014)
Ludwig (durata: 3 ore e 48 minuti)
Dopo un mese di silenzio dovuto da sfrattamenti e nomadismo, la rassegna continua in territorio toscano. E per gettarsi nuovamente a capofitto nell’universo dei mattoni filmici la scelta è ricaduta su uno dei titoli più attesi della lista, il Luchino Visconti più chilometrico, un bel filmone in costume di quasi quattro ore di durata, Ludwig.
Dopo dieci minuti introduttivi sulla vita di corte bavarese, roba da far temere assolutamente il peggio (l’episodio viscontiano di Boccaccio 70 mi uccise di noia, ed era un mediometraggio), ecco che entra in scena il bel personaggio di Romy Schneider (magistralmente doppiata da Maria Pia di Meo) e il film decolla. Un decollo totale, magistrale, che fa volare il film in zona capolavoro per almeno un’ora, con un ritmo e un calore umano che conducono per mano lo spettatore alla scoperta del personaggio principale. Il Ludwig che appare in questa prima parte è qualcosa di stupefacente, toccante, quasi commovente: una creatura utopista, infantile, tenera ed eccessiva allo stesso tempo, quasi alla Tim Burton se vista col senno di poi, resa indimenticabile da un Helmut Berger indescrivibile, tra le figure più fotogeniche mai viste in vita mia, sempre sul filo del ridicolo (ma senza mai andare oltre e scadere nella comicità involontaria) ma in grado di emozionare con ogni sua singola espressione.
Poi qualcosa comincia ad incrinarsi, come se la progressiva grandezza di ciò di cui Ludwig si circonda inizi a sovrastare il film e lo stesso personaggio. Le scenografie si fanno sempre più grandiose, solenni, ma il protagonista diventa sempre più distante, così come i suoi tormenti, nonostante l’introduzione dell’elemento omosessuale (si noti il mitico Marc Porel in un ruolo curioso per chi l’ha apprezzato come attore di genere) e la progressiva discesa nella follia potessero lasciar sperare in un coronamento di quanto visto nella prima parte. Il legame tra il film e lo spettatore (o meglio, tra il film e il sottoscritto) si sfalda e si arriva alla parte finale senza vera partecipazione emotiva, col personaggio ormai esterno e distante (e infatti la scena clou avviene fuori campo), nonostante l’oggettiva bellezza di tutta la parte conclusiva.
Tutto il resto è storia ed è puro Visconti, dalla perfezione formale (anche se, devo dire, mai visti esterni tanto suggestivi in un film del buon Luchino) all’impostazione barocca e teatraleggiante. In definitiva film notevole e, per gli appassionati del Tarr, nemmeno troppo pesante se preso per il verso giusto, nonostante eccessi e difetti. Vale la pena di rischiare…
Voto: ***!
Peso specifico: TT