Dei tanti "Frankenstein" prodotti dalla Hammer, THE REVENGE OF FRANKENSTEIN (che è il secondo) viene generalmente considerato il migliore. Forse soprattutto perché al centro della vicenda - ancor più che nel film precedente - c'è pure un Peter Cushing quanto mai convinto che avoca a sé anche lo spazio che in LA MASCHERA DI FRANKENSTEIN era del mostro (Christopher Lee). Qui il mostro c'è ancora - è vero - ma le sue fattezze sono quelle di un uomo qualunque: Frankenstein, scampato non si capisce bene come dalla ghigliottina, cambia nome, città e perfeziona i...Leggi tutto suoi studi arrivando a dar vita a una creatura composta sempre da arti presi da corpi diversi (lavora apposta in un ospedale dove può cinicamente sequestrare braccia e gambe amputate si pazienti) ma cuciti insieme senza che si noti il caratteristico effetto-collage. Il laboratorio è il solito concentrato di alambicchi e parti anatomiche sotto formalina e la storia, benché più "moderna" del consueto, resta piuttosto prevedibile e non troppo interessante, nonostante la discreta sceneggiatura di jimmy Sangster. E' sempre la stessa minestra, in sostanza, cucinata con qualche ingrediente più stuzzicante della volta precedente ma a lungo andare stantia. Cushing è un ottimo attore, indubbiamente, e rimane uno dei Frankenstein più identificabili di sempre, ma non basta. Si poteva forse puntare maggiormente sulle differenti identità del Barone in epoche successive, anche se già così - tutto sommato - il plot alterna bene le diverse anime di cui è composto. Gradevole, ma non molto di più. E il "nuovo" mostro finisce con l'essere fin troppo anonimo, nella sua normalità.
Secondo memorabile capitolo della saga prodotta dalla mitica Hammer Film. Scritto dal fedele James Sangsters e nuovamente diretto da Terence Fisher (il regista di punta della casa) è un horror bellissimo, di gran lunga superiore al precedente a cui si richiama nella scena iniziale. Tutto è incentrato sulla figura del Barone Frankestein, a cui dà il volto un intenso, meraviglioso Peter Cushing. Splendida la scena finale. Il capolavoro dell'intera saga.
Seconda puntata della serie dedicata al barone Frankenstein dalla Hammer, firmata sempre da Terence Fisher e interpretata dal solito mostro (di bravura) Peter Cushing. Non c'è più Lee nei panni della creatura, che stavolta assume sembianze del tutto umane e infatti la scena è tutta per il buon dottore e le implicazioni psicologiche che la vicenda assume man mano che ci si avvicina all'inaspettato e ottimo finale.
Degno seguito della grande saga di Frankenstein. Cushing villian come al solito è molto convincente (spietatissimo non esita a mutilare i suoi pazienti per ricostruire la creatura perfetta), la regia evita fronzoli inutili, tutto il cast è ottimo (cito Ripper tombarolo). Bravo anche Matthews. Da vedere sicuramente.
Dopo essere scampato alla ghigliottina (capro espiatorio un prete!) il barone Frankenstein assume la nuova identità del dottor Stein. In questa nuova veste riprende gli esperimenti per dare un nuovo corpo al suo deforme aiutante. Misurato, sul piano degli effetti speciali, seguito della nuova rivisitazione di un mito, sotto etichetta Hammer. Ormai gli sceneggiatori non sanno più dove pescare e arrivano a tessere un finale degno di parodia. Bravissimo, ad ogni modo, Peter Cushing.
Altra variazione sul tema, pur senza discostarsi troppo dal concetto principale, per questo seguito della Hammer, che riprende le gesta del dottore, ormai grande esperto di assemblaggio cadaveri (nel precedente episodio aveva fatto un lavoro assai meno buono). Qui infatti sfiora la perfezione, se non fosse per imprevisti effetti collaterali. Cushing è sempre convincente e il giovane medico è una discreta spalla. Ma le idee ormai sono poche e la narrazione inizia a risentirne, nonostante il ritmo si mantenga a un livello accettabile. Qualche discreto spunto comunque c'è e un'occhiata la merita.
MEMORABILE: L'esperimento con gli occhi e la mano comandati da un cervello a vapore!; Il "buon" dottore che fa la spesa (parti umane) nel reparto dei poveri.
Buon film su Frankenstein che vede ancora sugli scudi Peter Cushing in un'interpretazione solida e convincente che riesce ad alzare la qualità di un scorrevole fino alla fine. Non mancano certo le scene forti (per l'epoca), ben orchestrate al solito dal bravo Terence Fisher. ***
In questo seguito della Maschera di Frankenstein il barone vuole correggere il tiro: non più un essere mostruoso ma un uomo perfetto o quasi. È proprio la creatura che non convince a pieno, pur trattandosi di un buon film. La fotografia è ottima e l'ambientazione ottocentesca crea la giusta atmosfera gotica, anche se il dottor Frankenstein (un notevole Peter Cushing) stavolta è costretto ad aggirarsi in incognito tra vecchie spelonche e ammalati di bassa estrazione sociale.
Abbandonate quasi del tutto le tendenze orrorifiche del primo capitolo e non insistendo sui giudizi morali, il seguito degli esperimenti del Barone celebra la fiducia nel progresso e la tenacia dello scienziato. La classe di Cushing si trasmette anche al fedele Matthews, mentre Gwynn impersona un'inedita creatura: non più un mostro in preda a primitivi istinti belluini, ma un uomo mite e malinconico sino all'inevitabile imprevisto, questa volta cagionato dall'eccessiva pietà femminile.
MEMORABILE: L'incipit con la decapitazione; il linciaggio dello scienziato nell'ospedale dei poveri.
Più ricercato nella messa in scena - strepitose le scenografie e le saturazioni autunnali di Jack Asher - e più audace nell'elaborazione delle istanze prometeiche - introduce il tema della clonazione e trova un'inquietante identità tra creatura e creatore - il secondo capitolo della saga fisheriana enfatizza l'approccio autoriale alla matrice letteraria limitando gli affondi horror e facendo di Frankenstein l'esponente di una casta che dietro l'ostenta filantropia cela il bieco sfruttamento delle classi più povere. Stato di grazia per Cushing, il miglior mad doctor visto sullo schermo.
Il meno potente della trilogia fisheriana dedicata al "mostro" di Mary Shelley. Pur mantenendo la consueta tensione cromatica (grazie allo straordinario lavoro di Asher alla fotografia), la messa in scena pare per una volta non esser all'altezza della sapida carne al fuoco preparata da Sangster. Così alcuni spunti intriganti, quali l'ipocrisia filantropico-scientifica del mad doctor (ma pure di Kleve e Margaret) o la divorante istintualità dei personaggi (tutti persi dietro la loro ultima natura), non son sempre ben serviti dalle scelte di regia. Sfumato.
MEMORABILE: Il tentativo di linciaggio dei pazienti dell'Ospedale dei poveri ai danni del Dott. Frankestein.
Ancora una volta è Cushing a deliziare i cultori del genere con una interpretazione in cui il personaggio di Frankenstein brilla per amabilità, cinismo e volontà inflessibile. Purtroppo, come in quasi tutte le produzioni Hammer, manca il colpo d'ala dell'inventiva registica riposando il film esclusivamente su una brillante narratività. Azzeccato, invece, il "mostro", prossimo alla caratterizzazione della Shelley, anche se privo dei suoi tratti assieme angosciati e crudeli.
Sfuggito alla forca il barone Frankenstein riprende a esercitare medicina sotto falso nome, addirittura fondando un ospedale per poveri: ma è solo un pretesto per procacciarsi "materia prima" per i suoi esperimenti. Sequel non particolarmente centrato, assai meno horror del predecessore (la nuova "creatura" non è più un mostro ma un uomo gentile nell'aspetto e nell'animo): scelta interessante, ma Cushing è l'unico a essere veramente in parte e il film diventa un mero prologo a una catastrofe finale inevitabile ma sbrigativa.
MEMORABILE: La rivolta dei pazienti contro Cushing.
Un sequel piuttosto sottotono, che mantiene le atmosfere e i begli scenari dell'originale senza però saperli valorizzare con una trama altrettanto intrigante. Succede poco e niente in sceneggiatura, con pochissimi momenti davvero horror e una creatura sofferente e che crea poco sconquasso. Cushing comunque regala sempre grande spessore al personaggio, con la sua aria aristocratica che nasconde la pazzia dello scienziato.
Fisher torna alla regia collegandosi direttamente alla fine del primo e trasforma sempre più il barone in un villain anticonformista per cui parteggiare, contrapposto alla borghesia ipocrita e ottusa. Il plot pesca qualche idea dal ciclo Universal (l'aiutante deforme che vuole rinascere, come ne Il terrore di Frankenstein e Al di là del mistero), ma lo stile è tutto hammeriano: sangue scarlatto, dettagli raccapriccianti e un po' di ironia satirica (le pazienti a caccia di contatti diretti con Cushing) e perfida (i malati mutilati a tradimento). Superflua la Gayson. Finale eccellente.
MEMORABILE: Gli arti mozzati; Gli occhi nella teca che seguono il fuoco; Il trapianto di cervello; Il processo di deformazione di Karl; La rivolta dei pazienti.
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La scena nel quale il cervello viene messo in un recepiente
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