Esotico in trasferta mediolanense. L'esasperante monotonia della trama è di tanto in tanto rotta da alcune sequenze di forte impatto visivo e con un buon montaggio, come l'allucinante rituale afro con orgia frenetica. Particolarmente riuscita (grazie anche alle musiche) la descrizione della Milano by night: un tripudio di luci a neon, locali notturni e pubblicità a iosa, dove si insinuano scene di malavita che paiono estrapolate da un poliziottesco. Modeste le interpretazioni.
Se la storia è quel che è, almeno la regìa di Canevari regala qualche momento interessante. Ma il buon livello tecnico di certe riprese non può nascondere più di tanto la pochezza dell'operazione, anche perché le assurdità sono fin troppe ed il film denuncia una certa povertà produttiva, visto che per il 90% è girato in interni. Rimane interessante solo come curioso reperto d'epoca, a mio avviso.
L'aggancio cronachistico con gli scandali sessuali di cui si sarebbe resa protagonista la principessa Bagaya, ministro degli esteri ugandese ai tempi del dittatore Amin Dada, non libera il film da un alone di totale assurdità. Nonostante ciò, o proprio per questo, si respira quel fascino oscuro caratteristico delle bizzarrie indefinibili, fra farneticazioni politico-esistenziali e grotteschi festini voodoo di sapore polselliano. Il tutto sullo sfondo di una Milano notturna, surreale e inquietante. Comunque indimenticabile lo sguardo di Tina Aumont.
MEMORABILE: "C'è stato un solo bianco all'altezza della razza nera: Adolf Hitler!"
Insomma... Film famoso perché ispirato a reali personaggi dell'Uganda, non va oltre la dote della curiosità, peraltro dovuta specialmente alla successiva rivelazione sulla sessualità di Ajita. Canevari si diverte a inserire, a futura memoria, frasi all'epoca "innocenti", come "sei una donna completa", oggi ricche di ben altro significato. Trama sottile, ma ciononostante assurda. C'è ben poco da salvare, in questo film in cui un americano fa un'africana e una francese fa un'americana. Ma alla Aumont si perdona tutto.
Dramma con un velo di erotismo di una banalità e di uno squallore unici. Si è messa troppa carne al fuoco tra sparatorie (peraltro scollegate dalla trama!), allusioni sessuali e politica. Viene usato il nome di uno stato fittizio come è fittizio il nome del protagonista maschile (che si vede sì e no in tre scene), ma è chiaro il riferimento al dittatore ugandese Amin Dada. Alcuni momenti son proprio patetici e la noia regna sovrana, cast a dir poco sprecato. Da salvare solo la bella scena del rito vudù.
MEMORABILE: Al posto degli agognati soldi alla commissione per gli affari viene offerta della frutta; La contestazione con gli slogan fatti senza rime.
Ajita Wilson veste i panni della principessa Begaja, che le cronache allora recenti davano come piccante "amichetta" del presidente ugandese riempiendo curiosamente le cronache rosa dei nostrani rotocalchi. Il regista Cesare Canevari ripercorre a grandi linee i fatti, più o meno drammatici, infarcendo la pellicola di qualche scena dal sapore vagamente sexy. Il film è debole sotto l'aspetto della messa in scena, con dialoghi raffazzonati e immagini squallide, nonostante le location esotiche. Ci si trascina in una non molto avvincente storia.
Ancora non ci si è ripresi dallo shock iniziale di vedere sul set uno scotch diverso dal J&B, che il primo dialogo di Pistilli ci sbatte subito in faccia l’aria che tirerà e ci sarà da sbellicarsi. Infatti siamo investiti da un folle minestrone erotico, grottesco, comico, politico, sociologico, demenziale, onirico. Sembrano tutti sotto effetto lisergico, operatori e montatori compresi. È tutto sbilenco, sconnesso, buttato lì a caso come i grandangoli senza senso con l'ombra dell’operatore che entra nell’inquadratura. Un imperdibile trash della serie: "vedere per credere".
MEMORABILE: La giungla milanese con versi animali in sottofondo; Il nano capellone che sbuca dal nulla; I commenti di Walter Valdi; La squillo che canta ‘Ma mì’.
Cesare Canevari HA DIRETTO ANCHE...
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"La scegliemmo (Ajita, n.d.r.) perché io avevo bisogno di una nera e così andammo in un'agenzia di Milano di cui non ricordo il nome e mi fecero vedere tante foto tra cui quelle della Wilson.
Io pregai di non dire nulla sul suo passato da uomo perché altrimenti sarebbe stato uno smacco notevole per il film.
Devo dire che lei lo mascherò molto bene, anche se durante la lavorazione aveva sempre il timore che qualcuno scoprisse che non era una donna.
Mi ricordo che il direttore di una casa di distribuzione e un venditore all'estero, amici miei, che venivano ogni tanto a trovarmi, se la sono portata via... se la sono portata in Spagna... in gita.
Quando sono tornati erano entusiasti e dicevano: "Che notte che abbiamo passato!" e io, che sapevo tutto, dentro di me dicevo: "Cazzo, che notte che avete passato!".
E non se ne erano accorti perché lei aveva fatto l'operazione; anche se si vedeva che era fabbricata: aveva un seno che andava di lì e un altro che andava di là."
Cesare Canevari
Fonte: Nocturno (prima serie n.2), dichiarazioni rilasciate dal regista ad Andrea Giorgi, Manlio Gomarasca e Davide Pulici