Avventure picaresche multitemporali per un Candido (Christopher Brown) che con l'originale di Voltaire condivide giusto il nome e l'ingenuità caratteristica del personaggio. In realtà l'obiettivo degli ex-documentaristi e “mondo makers” Gualtiero Jacopetti e Franco Prosperi è creare un'opera incatalogabile, surreale, folle, entro cui liberare il proprio estro sfruttando ogni tipo di diverso scenario venga loro in mente, senza vincoli di spazio né di tempo. Si parte dalla Westfalia, in cui Candido approfitta della bella Cunegonda (Michelle Miller) venendo cacciato di castello dall'irritatissimo barone (un Gianfranco D'Angelo spiritato in...Leggi tutto partecipazione straordinaria) e si arriva a New York, in Irlanda, in Medio Oriente tra i fedayn dopo esser passati per l'inquisizione, un Attila chitarrista rock e orgiastiche feste di corte. Candido, nelle diverse epoche, è sempre alla ricerca della sua Cunegonda e incontra più volte il filosofo Pangloss, teorico del "migliore dei mondi possibili". Da una parte si può anche apprezzare la libertà espressiva degli autori (che si associa a una perizia fotografica riconosciuta), dall'altra si resta abbastanza freddi di fronte alle velleità autoriali frustrate da una sceneggiatura inconsistente e dall'approssimazione registica. La frammentarietà eccessiva, la mancanza di vera poesia in un film che punterebbe a farne, rende l'operazione godibile solo a sprazzi, quando cioè la forza delle immagini riesce a sovrapporsi, nascondendola, alla pochezza dei dialoghi. Un film indubbiamente insolito, ma non per questo assolvibile.
Curiosissimo film, col quale Jacopetti e Prosperi abbandonano il documentario e si lanciano nel grottesco interpretando 'Candido' di Voltaire. L'inizio è formidabile, quasi felliniano, poi il film procede con sbalzi disomogenei, regalando immagini interessanti, talora vividissime, ma anche momenti in cui il grottesco finisce in overdose. Lo stesso Autera, che criticò il film in chiave politica, giudicò ottime le interpretazioni, la musica (Ortolani) e la fotografia (Ruzzolini). Per me è il migliore di Jacopetti e Prosperi ed è l'unico che non sia del genere "Mondo". Da vedere: **½
Film modesto e probabilmente pretenzioso, visto che il regista scimmiotta lo stile felliniano. Considerato che quel genere mi annoia parecchio (scusate la puerilità), posso dire che Jacopetti lo imita piuttosto bene, ma se nei film di Fellini c'era una drammaturgia di fondo inossidabile, e spesso nobili pensieri celati, qui si scade spesso nel pecoreccio, creando dunque la reale differenza.
Atroce (ma comprensibile, visto il nome del regista) il titolo, che richiama ai "mondo-movies", ma ormai è cosa nota a tutti che non c'entri nulla.
Che un film sia ben fatto, interpretato e diretto non significa, sulla base dell'effetto intrattenimento in particolare, granché. E quindi, visto lo stile prettamente felliniano ed il fatto che, in sostanza, non ci si capisce nulla della trama (con tutto il rispetto per l'autorevole fonte che ne sta alla base, ovvero Voltaire) il film si candida (gioco di parole inevitabile) ad essere incoronato come cinema alto, colto e autoriale. Non c'entrano nulla i film del filone "Mondo", ma è bene ricordarli nel titolo, dato che tanta fortuna hanno portato nelle tasche degli scaltri registi.
Che sia sovraccarico, sbilanciato, troppo lungo è innegabile. Che il trash sia in agguato a ogni angolo, vuoi per il cast, vuoi per le imbarazzantissime sequenze "d'amore" che, fra flou e sdilinquimenti di Ortolani, ci precipitano in pieno Mondaini-Vianello, pure. Tuttavia il film ha una sua follia visionaria, una certa incoscienza, una sua singolarità, che ne fanno un UFO non solo dell'epoca. Premio al tentativo.
Anarcoide film che lambisce il grottesco, la satira, intenzioni autoriali e quant'altro (viene da dire) avesse in mente Jacopetti. Non privo di fascino, di una bella fotografia e di buone interpretazioni, è un tipo di cinema che a mio avviso era (paradossalmente) concepibile solo negli Anni Settanta, pieno di eccessi ma con quella carica visionaria ed eversiva figlia di quei tempi. C'è un po' disomogeneità che alterna sequenze notevoli a momenti di trash puro ma, a mio avviso, film così sono da ammirare per l'intento.
Passato tra le maglie deformanti del mondo movie di Prosperi e Jacopetti, il voltairiano Candido si piega alla struttura frammentaria di un pastiche picaresco e acronico, davanti al quale si provano sensazioni contraddittorie: fastidio, per il pessimo gusto e la violenza gratuita che, pur sotto il tampone del grottesco, impregnano tutta la prima parte; attrattiva, per le estrose scelte registiche (dai soldati di cartone ai caleidoscopi), le scenografie immaginifiche e i ribollenti cromatismi che lo ricollegano al Satyricon di Fellini. All'uopo candido e sprovveduto il saltellante Brown.
MEMORABILE: L'incontro con Atlante; la vittima resa piatta e incollata sul libro di storia; la nave con le celebrità; il campo di rosseggianti papaveri.
Il Candide di Voltaire sotto la lente d'ingrandimento di Jacopetti e Prosperi si traduce in un film farsesco, grottesco e surreale, molto interessante soprattutto nel primo tempo. Sono presenti incongruenze e ingarbugliamenti, ma la pellicola riesce comunque a farsi apprezzare per i movimenti di macchina, lo stile felliniano e la visionarietà, non comune a questi livelli in pellicole italiane. Stilisticamente eccentrico, con una trama che latita ma pervaso di una piena libertà sessuale. Orgasmico.
Mondo-movie meets Fellini! Grandiosa cialtronata di Jacopetti & Prosperi, ovvero quando si tenta di affrontare temi alti e filosofici senza le dovute basi culturali. Il simbolismo risulta greve e pacchiano, eppure la straordinaria carrellata di trovate follemente pop, gli sprazzi genialoidi, l'indiscussa libertà (e amoralità) creativa fanno passare in secondo piano tutto il resto, rendendo il film un'icona dell'estetica (e dell'etica?) anni '70. Anarchico e reazionario al tempo stesso.
MEMORABILE: La tortura-dance dell'Inquisizione.
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Secondo varie fonti "Mondo candido" fu l'ultimo film visto dall'attivista greco (all'epoca in Italia per motivi di studio) Mikis Mantakas, la sera del 27 Febbraio 1975. Morì il giorno dopo in séguito ad una ferita d'arma da fuoco alla testa.
sulla travagliata gestazione del progetto, così si è espresso Giampaolo Lomi in un'intervista raccolta nel 2001 da Billi e Griner:
«Zio Tom non era andato bene come Africa Addio e Mondo Cane, ma aveva riportato i soldi a casa. L’Euro International, malgrado il discreto successo del film, soprattutto in Giappone, non ebbe il coraggio di affrontare un’altra avventura con Jacopetti.
Jacopetti, con uno dei suoi colpi di magia, riuscì allora ad affascinare il Dott. Spagnoli della Perugina, che si convinse a finanziare e produrre Mondo Candido a condizione che Jacopetti si fosse affidato, diciamo così, a una troupe “normale” con la quale avrebbe dovuto portare a termine l’impresa in tempi ragionevoli. Fu così che Gualtiero, si mise alla ricerca di gente del “mestiere” e pensò bene di rivolgersi a Sergio Leone per l’ennesimo consiglio. Leone, non si sa se per dispetto o in buona fede, lo mise in mano a Claudio Mancini, che aveva lavorato per lui all’epoca dei western, e a Camillo Teti.
Iniziò così la più incredibile avventura cinematografica, con un Jacopetti da una parte che voleva girare come aveva scritto sulla sceneggiatura, con i tempi di sempre, e il produttore esecutivo Mancini, che voleva il film in 7/8 settimane al massimo. Svanirono nel nulla i sogni di girare il film al Mont Saint Michel, in Irlanda, in Turchia, etc. e poco a poco il regista si trovò stretto nella morsa di una produzione che ragionava solo in termini di riportare i soldi a casa con profitto. I tagli che furono fatti alla sceneggiatura furono enormi e quello che rimase fu girato a Caprarola, alle terme di Caracalla, sul greto del Tevere e in teatro negli studi di Rizzoli a San Giovanni e Paolo. Jacopetti si disamorò presto di quest’avventura. La produzione, che malgrado tutto non riusciva a piegarlo alle sue esigenze, fece leva su Prosperi, che prese in mano le redini della regia e terminò il film come Mancini e Teti volevano. Jacopetti andava sul set più che altro per guardare e si divertiva a riaggiustare il trucco degli attori per passare il tempo.
Il colpo di mano segnò la fine di un’amicizia, quella tra lui e Prosperi, che aveva dato risultati eccellenti in passato. Ovviamente il film fu un tonfo pauroso e il povero Spagnoli andò praticamente fallito. Da quel giorno Prosperi e Jacopetti non si sono più parlati e si odiano tuttora.»
Da quel giorno Prosperi e Jacopetti non si sono più parlati e si odiano tuttora.
Aggiungiamo che si videro negli Anni Duemila a Roma, ad una retrospettiva, dandosi la mano, prima dei noti contatti in ospedale, negli ultimi giorni di vita di Jacopetti.