Famosissimo film diretto da David Lean che risulta, visto oggi, un poco inferiore rispetto alla sua fama e alla messe di premi vinti. Intendiamoci, è un buon film e il duello psicologico tra gli antagonisti è notevole, però il ritmo è lento e la trama stenta a coinvolgere in modo totale lo spettatore. Ottime, ovviamente, le interpretazioni di tutti gli attori, con una menzione speciale per il grande Alec Guinness. Rimane un film da conoscere.
Di guerra c'è ne poca, si svolge per intero in un campo di prigionia dove i fieri soldati britannici sono vessati da un capo giapponese in ritardo con la consegna del ponte. Senza troppe rivendicazioni sindacali, Guinness e i suoi riusciranno a sabotare il suo piano. Da ricordare i duelli psicologici tra i due capi e il motivo fischiettato di “The Colonel Bogey March”. Ma per diversi tratti non mi è sembrato avvincente e all'altezza della sua fama (7 Oscar vinti).
Uno dei più memorabili film bellici mai realizzati per il cinema, magistralmente diretto dal grande David Lean che lo ha realizzato utilizzando il respiro dei grandi classici (a lui ben noti). Film imperniato più sul duello psicologico tra gli ufficiali delle diverse truppe che sull'azione pura (che è infatti relegata al minimo) e capace di mantenere alto il livello della tensione per tutta la sua durata. Eccellenti interpreti (specie Guinness) e la colonna sonora. Capolavoro.
Americani prigionieri di guerra sono costretti dai giapponesi a costruire un ponte strategico, che però dovrà essere sabotato. Un classico del cinema di guerra, dove la guerra non consiste tanto nel conflitto bellico quanto nella dialettica tra le diverse posizioni in campo. Un film memorabile, con una regia capace di orchestrare in chiave maestosa e epocale un episodio così infinitesimale, e con un cast di spicco guidato da un efficace Guinness. La marcetta fischiettata è diventata, giustamente, una hit.
“Pazzia, pazzia, pazzia”. Le ultime parole indicano la morale del film, amaro nel descrivere l’assurdità della guerra e delle sue conseguenze. Un kolossal, uno sforzo senza precedenti, vincitore di sette oscar, lunghissimo e lentissimo, con le scene d’azione concentrate nell’ultima mezz’ora. Quella folle esplosione finale, tutta vera senza il minimo effetto speciale, lascia il dubbio che anche la produzione sia stata, almeno in parte, una vera pazzia. Inferiore alla fama.
Kolossal con l'anima, spettacolare, avvicente, rende omaggio al coraggio individuale ma mostra soprattutto l'assurdità della guerra attraverso una concezione dell'onore tanto miope da diventare collaborazionismo con il nemico - soldati di professione, il comandante del campo Saito e il colonnello Nicholson (Guinness in una delle sue più celebri interpretazioni) hanno più punti in comune fra loro di quanto non ce ne siano fra lo stesso Nicholson e Shears (Holden), che vorrebbe soltanto sopravvivere e si ritrova a dover fare l'eroe suo malgrado.
MEMORABILE: Lo schiaffo; L'esplosione; Il dottore che pronuncia più volte "pazzia... pazzia".
Classico. Un film che ha mantenuto inalterata negli anni un'ottima tensione per tutta la sua durata; inoltre vi sono ottime interpretazioni del grandioso cast (Holden e soci). Buone anche la regia e le scene d'azione. Si fa sempre vedere con estremo piacere.
Film monumentale sia per la sua durata non a caso fluviale che per la grandiosità della messa in scena. Stupendi infatti i paesaggi naturali in cui è immersa la storia e davvero gagliarda la regia Lean, da far invidia a molti cineasti di oggi. Oltre a questo il contenuto è di rilevanza fondamentale: una visione totalmente antiepica della guerra, in netto vantaggio sui tempi. I protagonisti infatti escono tutti sconfitti dall'indimenticabile finale. Dialoghi un po' ampollosi ma intelligenti e ricchi di sarcasmo. Da applausi l'intero gruppo di attori.
MEMORABILE: La marcia fischiettata dai prigionieri (ovviamente); il "forno".
Invece di tediarci con quintalate di scene di guerra, Lean decide di mostrare la battaglia morale tra i colonnelli e l'assurdità del distruggersi a vicenda senza motivo. Così pure, dal finale tutte le parti usciranno con le pive nel sacco, dimostrando così ancora una volta che, in questi casi, nessuno vince. Splendida pellicola con un gruppo di attori strepitosi (Guinness e Holden su tutti) e ambientata in maniera perfetta. Da riconoscere come uno dei grandi capolavori del cinema di ogni tempo, obbligatoria per ogni cinefilo che si rispetti.
La messa in scena dell'assurdità della logica militare (qualunque essa sia... di ragione tattica o legata all'onore) portata al limite estremo da una trama inesorabile e da grandi intepretazioni (Alec Guinnes su tutti). Senza pezzi di carne da macelleria cinematografica, squartamenti o colonne sonore strappalacrime.
David Lean dimostra, grazie a una ficcante narrazione, di saper infondere nel kolossal le caratteristiche di un cinema morale, dove viene messo amaramente in risalto la completa assurdità e la cocciutaggine del rigore militarista, nonché della guerra in generale. Mitica l'entrata in scena della compagnia inglese capeggiata da Alec Guinness (bravissimo) al ritmo fischiettato della "Colonel Bogey March". Nota di merito per il montaggio e l'attore protagonista.
Monumentale film bellico imperniato non tanto sulle scene di battaglia quanto sui contrasti psicologici dei protagonisti - un drappello di soldati fatti prigionieri dai giapponesi e obbligati a costruire un ponte che è stato preso di mira per un attacco. Lean unisce il suo gusto per la spettacolarità (ambienti maestosi, durata fluviale, riprese audaci) ad un'introspezione difficile da trovare in film di questo genere per analizzare le logiche del più grande conflitto della storia, partendo da un episodio in sé piccolissimo. Il cast è ottimo.
MEMORABILE: La marcia fischiettata dai prigionieri; "Pazzia... pazzia! "
Grandioso ed atipico film bellico: la guerra vera e propria si vede poco ma se ne respira appieno tutto l'odore mefitico e folle. In questo senso il finale dice più di
mille parole e scene violente. Poca azione (ma la tensione emotiva e narrativa resta altissima e non solo nel vibrante finale) e molta introspezione che mira a scandagliare nel profondo i personaggi mettendone in luce tutte le contraddizioni. Chiara la condanna della guerra e di un'etica militare francamente ridicola e schizofrenica. Grande regia (tipicamente inglese) di Lean e superba prova di Alec Guinness. Imperdibile!
MEMORABILE: Le parole finali del medico: "Follia, follia, follia".
Nella prima parte vi è la contrapposizione della severità amorale di Saito alla rigida etica militare di Nicholson, che alla fine riesce ad averla vinta. Ma nella guerra la morale conta poco: è tutto un gioco di compromessi, di calcolo su guadagni e perdite (di uomini, mezzi, posizioni) e si tralascia qualsiasi principio. Il pensiero dell'autore, un'aspra critica della guerra, viene ottimamente riassunto dalla filosofia di Shears. Nonostante il finale un po' romanzesco (ma passabile) è sicuramente un'opera ben fatta. Lodevoli Guinness e Lean!
MEMORABILE: "Coraggiosi a ogni costo, per cosa? Per morire da eroi, anzi da gentiluomini, quando quello che importa è VIVERE da essere umani!"
Gli italiani ricorderanno (con un sorriso) un altro colonnello inglese "attacchino" alla Convenzione di Ginevra (I due colonnelli), ma qui Alec Guinness la mette quasi sul personale, dando prova di essere disposto a morire piuttosto che infrangere il regolamento. Diretto in maniera ferrea e attenta da Lean, è un affresco magniloquente che scansa l'azione bellica e riporta il tutto a una dimensione nella quale, in un campo di prigionia, si è ormai fuori gioco. Lunghetto ma grandioso. ****
Bellico atipico, che cerca più i punti di contatto, le similitudini tra i nemici, che seppur tanto diversi
dal punto di vista culturale, possono persino coesistere, davanti a uno scopo comune, dando vita a una formidabile sinergia. La pellicola offre vari spunti, soprattutto dettati dall’antagonismo, che sfocerà in collaborazione, tra i due capi. Peccato per le scene extracampo di prigionia con annessi lavori, che vedono il “comandante” scampato. Risultano infatti di scarso interesse e poco realistiche nella costruzione. Ma nel complesso, è comunque un film riuscito e meritevole di visione.
MEMORABILE: Saito "Se il ponte non venisse terminato, io dovrei uccidermi. Lei cosa farebbe al mio posto?". E Nicholson "Mi ucciderei"; Sul ponte, a opera finita.
Memorabile esempio di film bellico senza guerra, essendo centrato quasi esclusivamente sullo scontro psicologico tra il sadico colonnello giapponese e i comandanti alleati. La costruzione del ponte, un'operazione a metà tra l'orgoglio patriottico e un atto di prepotenza è, ovviamente, il nervo centrale della storia nella quale il grande Lean dirige magistralmente attori straordinari (Hayakawa e Guinness su tutti) in scene di ampio respiro. Il motivetto "Colonel Bogey march" è diventato celeberrimo.
Un kolossal del film bellico avventuroso. Spiegamento di mezzi e uomini incredibile. Trama che si basa su fatti realmente accaduti durante la Seconda Guerra Mondiale. Ovviamente, guerra romanzata con buoni contro cattivi e "pseudo" lieto fine. Unico difetto, a mio avviso, l'estrema lungaggine. Bellissime le ambientazioni nella giungla e gli effetti speciali. Da antologia la colonna sonora.
La guerra sotto diversi punti di vista, tutti "militari". L'intransigente ufficiale inglese, il furbetto della situazione che diverrà eroe; e poi l'ufficiale britannico prigioniero che fa un po' di confusione sul suo ruolo. In mezzo ci stanno il ponte e una visione critica comprensibile sull'inutilità generale della guerra e delle sue conseguenze sugli uomini. Ben fatto e ben interpretato, con la scena finale molto spettacolare. Aggiungerei però che quando c'è un "cattivo" che vuole impadronirsi di una parte del mondo, forse è meglio tralasciare il pacifismo.
MEMORABILE: La comprensione finale: "Che cosa ho fatto"...
Un film di guerra quasi senza azioni belligeranti con i due personaggi “nemici” alle prese con una parallela e complessa presa di coscienza sull'inutilità della guerra. Singolare accordo stilistico tra la maestosità della messa in scena, la profondità letteraria della sceneggiatura, l’energia della regia di Lean, la forza figurativa della fotografia, la sinfonia recitativa di un gruppo di attori di incredibile maestria in un film, nel quale, pian piano, prendono forma, in modo concreto, i fantasmi e i tormenti interiori dei due colonnelli antagonisti.
MEMORABILE: La marcetta fischiettata dai prigionieri.
Il primo film hollywoodiano dell’inglese Lean è un kolossal bellico destinato a fare incetta di Oscar. Ma è anche uno dei primi film di guerra a offrire una riflessione non corriva sulla follia della guerra. Mai prima di allora un’opera di questo tipo aveva esposto in modo così evidente l’assurdità dell’etica militare e anche il finale è decisamente più amaro della media. Uno dei migliori esempi di cinema hollywoodiano classico al capace di coniugare spettacolo, avventura e impegno. Indimenticabile il motivetto fischiettato dai prigionieri.
MEMORABILE: L’arrivo dei prigionieri al suono della Colonel Bogey March; Nicholson rinchiuso nel forno; La marcia di Shears nella giungla; “Pazzia, pazzia”.
Tratto dall'omonimo romanzo di Pierre Boulle, è un film che si prefigge l'obiettivo di far comprendere l'insesatezza e le assurdità della guerra. Data la "mostruosità" della durata abbinata al genere della guerra si poteva attendere un film "pesante", invece è l'esatto contrario: scorrevole e addirittura ilare in alcuni tratti. Alec Guinness sopra le righe.
Un grande esempio di cinema che riesce a conciliare spettacolarità, tensione e messaggi di ordine morale legati alle contraddizioni e all'indecidibilità proprie dell'etica militare, sia per i vinti che per i vincitori. La struttura narrativa tripartita (il campo di prigionia, l'incursione sabotatrice, il finale) offre un respiro più ampio e una rarefazione dei punti focali, rendendo l'attesa e l'ansia più vive, anche per la varietà ambientale (l'avvicinamento attraverso la giungla). Uno straordinario dramma corale incentrato sulla strepitosa prova di Guinness, Holden e non solo.
Lean entra nella storia del cinema con un film bellico in cui la guerra è soprattutto psicologica, e contrappone due colonnelli (un giapponese e un inglese) a loro modo entrambi inflessibili, l'uno nella durezza, l'altro nel rispetto della parola d'onore anche a discapito dell'interesse nazionale; terzo incomodo un soldato americano la cui priorità è invece la sopravvivenza. Ottimo negli interpreti, risulta leggermente inferiore alla sua fama a causa di un finale non del tutto convincente, ma è comunque invecchiato meglio di tanti altri prodotti intrisi di retorica patriottarda.
Peccato per la lunga durata che lo rende oggi di difficile digestione, perché il film risalta senza dubbio rispetto ai film dello stesso genere per il modo perfetto nel coniugare all'azione un'ottima psicologia di fondo. L'azione passa da momenti di stasi ben studiati ad altri di grande tensione. La psicologia è onnipresente, e nessun personaggio è lasciato a se stesso in questo studio introspettivo. Straordinari in questo senso i personaggi di Alec Guiness e di Sessue Hayakawa. La feroce critica al militarismo sta tutto nel finale, il più bello del cinema di guerra. Grande film.
Gruppo di prigionieri dei giapponesi deve costruire un ponte in due mesi. Film di guerra basato sull'epicità dei valori militari e sulle contraddizioni a cui portano certi comportamenti. La retorica è presente a sprazzi (l'orgoglio inglese, il comandante giapponese che si piega, il non capire del sabotaggio), ma la sceneggiatura sa di essere di ampio respiro nel tratteggiare i personaggi e raggiunge un ottimo climax nell'epilogo. Il catastrofismo è mantenuto asciutto e funzionale alla pazzia citata come battuta finale.
MEMORABILE: L'uscita del colonnello dalla prigione; Il comandante giapponese che beve whisky al posto del sake; La targa sul ponte.
Classicissimo prisoner movie, sontuosamente architettato da un Lean in stato di kolossal(e) grazia. Perfettamente scelte le location, rese ancor più congruenti dalla nitida fotografia, dal clamoroso formato panoramico e dal punto di vista "British" del regista. Inappuntabile lo script del blacklisted Foreman dal libro di Bouille, che dona a Guinness e Hayakawa un memorabile confronto tra due modi di vedere la vita e due mondi culturali, accomunati dall'old style, che saranno deposti non a caso dallo spiantato, enfatico americano di Holden, unica nota troppo alta di un film in marcia.
MEMORABILE: La colonel Bogey March; La crisi isterica prima trattenuta e poi esplosa in solitaria da Saito; Guinness nel "forno".
Titolo arcinoto di quella Hollywood classica che, pur conservando la tipica perfezione tecnica, cerca di avviarsi verso soluzioni meno scontate, in questo caso mettendo in scena un film di guerra riducendo al minimo essenziale la guerra vera e propria. Quest'ultimo elemento rappresenta, insieme a dialoghi sempre incalzanti e cast impeccabile, il maggior pregio del film, che a ben vedere sconta qualche minuto di troppo e un certo calo non appena si allontana dalla sua location principale. Anche se, a ben vedere, a visione ultimata ciò che resta maggiormente è la nota marcetta.
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CuriositàColumbo • 20/08/11 11:16 Pulizia ai piani - 1097 interventi
Ultimo film di Lean come regista-autore e primo film importatnte britannico finanziato da Hollywood.
CuriositàColumbo • 20/08/11 11:18 Pulizia ai piani - 1097 interventi
Carl Foreman e Michael Wilson, intellettuali di sinistra finiti sulla lista nera maccartista, si videro esclusi dai titoli di testa, dove appare solo Pierre Boulle, autore del romanzo dal quale è stata tratta la sceneggiatura scritta dai due.
MusicheColumbo • 20/08/11 11:27 Pulizia ai piani - 1097 interventi
Magnifiche musiche scritte dal compositore inglese Malcolm Arnold:
L'intera colonna sonora si trova su disco Chandos, diretta da Richard Hickox con la LSO:
Dudley Moore fece una divertente e geniale parodia/pastiche di una ipotetica sonata beethoveniana che aveva come soggetto tematico la celebre melodia fischiettata della Colonel Bogey March da Bridge Over the River Kwai:
Disponibile in edizione Blu-Ray Disc per Sony Pictures:
DATI TECNICI
* Formato video 2,40:1 Anamorfico 1080p
* Formato audio 5.1 DTS HD: Italiano Inglese Spagnolo
* Sottotitoli Italiano Inglese Inglese NU Finlandese Hindi Norvegese Portoghese Spagnolo Svedese Danese
* Extra Traccia "Picture-in-Graphics":
- L'attraversamento del ponte
- La realizzazione de Il ponte sul fiume Kwai
- William Holden e Alec Guinness al The Steve Allen Show
- Inedito: William Holden commenta la premiere del film
- L'ascesa e la caduta di un gigante
HomevideoXtron • 16/04/12 17:11 Servizio caffè - 2215 interventi
L'edizione Columbia 2DVD ha una durata di 1h18m04s + 1h17m24s
HomevideoRocchiola • 5/01/20 09:54 Call center Davinotti - 1300 interventi
Il bluray della Sony-Columbia uscito nel 2010 presenta splendide immagini restaurate e rimasterizzate in 4K. Si vedano soprattutto certe scene nella giungla particolarmente nitide e dettagliate (si noti la colorazione ed il dettaglio della vegetazione). Ottimo anche l'audio italiano 5.1 pulito e non troppo basso. Le varie riedizioni successive in home-video utilizzano sempre questo master.