Ennesimo spaghetti-western dello specialista Sergio Corbucci. I tre del titolo sono: Giuliano Gemma (il Bianco, Blanc de Blanc), Tomas Milian (il Giallo, Sakura), Eli Wallach (il Nero, Black Jack). Tre grossi calibri del western all'italiana, quindi. Perché allora il film fatica a decollare? Probabilmente il difetto maggiore sta nella sceneggiatura, zeppa di battute infelici e giochi di parole grossolani. Peccato, perché soprattutto Tomas Milian nella parte di Sakura, samurai mancato, è veramente bravo e alle prese con un personaggio a lui particolarmente congeniale (che infatti riprenderà pari pari qualche anno dopo in DELITTO AL RISTORANTE CINESE...Leggi tutto). Anche Gemma è simpatico come sempre, mentre chi dà l'impressione di essere poco a suo agio in un western tanto dissacrante è Eli Wallach, spento e stanco. La storia è molto semplice: gli Apache attaccano un treno e rapiscono un prezioso pony, simbolo dell'imperatore giapponese. Sakura si dispera e parte alla ricerca dell'animale assieme al Bianco e al Nero. Inutile dire che dopo una serie di disavventure i tre riusciranno a riprendersi il pony e anche i soldi con cui avrebbero dovuto pagare il riscatto agli Apache. Corbucci gioca la carta dell'ironia a tutti i costi, ma siamo anni luce di distanza rispetto ai Trinità di Spencer e Hill. Le gag non centrano quasi mai il bersaglio, la sceneggiatura è troppo scarna e l'unico vero motivo di divertimento restano gli atteggiamenti e le smorfie di Tomas Milian, davvero impagabile in una caratterizzazione che pare nata su misura per lui. Belle le scenografie e i paesaggi, le musiche un po' meno. Superfluo.
Western all'italiana, girato quando il genere stava morendo, appartenente al sottogenere comico. La parte più divertente di tutto il film si ha in all'inizio, quando la moglie di Eli Wallach gli fa una filippica interminabile nella quale inserisce i titoli (e qualche nome di regista) di molti spaghetti western. Gli attori sono bravi, soprattutto Gemma e Milian, ma quest'ultimo per tutto il film sfoggia una nenia lamentosa che stufa presto. Quasi un remake in chiave parodistica di Sole rosso.
Leggerino, ma di gran lunga fra i migliori del filone comico, grazie a un cast di primordine e a un Corbucci che si impegna. Milian irresistibile Sakura, giapponese aspirante samurai figlio di "giapposotta" (crasi), che riapparirà anni dopo, questa volta come cinese, in Delitto al ristorante cinese (appunto).
Divertente spaghetti western contaminato con la comicità, ben diretto dall'esperto Corbucci, con un ottimo ritmo, diverse gag gustose e un terzetto d'attori in grande spolvero. Wallach sornione come suo solito; Milian istrione come sempre e Gemma a suo agio nel ruolo del cowboy di turno (ma poteva essere altrimenti?). L'inizio è a dir poco esplosivo.
Nel genere western-comico, parodia, commedia o semplicemente avventura è uno dei migliori, dopo i capolavori di Trinità. Si sorride (e non è poco) e si gode della bravura di Tomas Milian. È inevitabile però, a distanza di anni, pensare a quello che avremmo potuto avere da tale cast e da tale regista in un vero filmone western spaghetti. Ci accontentiamo di qualche trovata, del gioiellino Sakura, del simpatico Gemma e del mitico Wallach (già in là con gli anni). L'inizio-citazione di titoli western vale già il biglietto.
La trama è banale e sciocca ma il film diverte molto per i seguenti motivi: l'inizio con la donna che si lamenta col marito citando un sacco di film western, la voce e l'interpretazione di Giuliano Gemma, il cavallino che scorreggia, il giapponese che non ne azzecca una quando parla; anche Eli Wallach sa essere spiritoso. Ma, sopra ogni cosa, è la colonna sonora a mettere allegria. Naturalmente firmata Guido e Maurizio De Angelis. Il film ricorda Là dove non batte il sole.
Francamente una sciocchezza anche se girata in maniera professionale dal solito Corbuci, che col west andava a nozze. Tra caratterizzazioni eccessive e situazioni comiche (pur non scadendo nel Provvidenzialismo) siamo in un cinema colla mente in vacanza. Milian, truccato come il cinese di Delitto al ristorante cinese, dice scemenze tipo "Il bambino FREGNA" e Wallach lo corregge "Frigna, non fregna". Addio Grande silenzio, addio Django; Corbucci saluta lo spag nel peggiore dei modi.
Spaghetti western condito di commedia. Sergio Corbucci è bravo a metterli insieme. Film spassoso e con irresistibili battute (l'italiano storpiato di Milian...). Non è il solito western girato da Corbucci, ma comunque ha un suo filo logico e viene seguito con interesse. Milian si dimostra un bravo caratterista, nonchè il migliore dei tre.
Film comic-western che fa ridere e tiene svegli. La storia di un giapponese, un italo-svizzero e un americano che dopo diverse vicissitudini riescono a rendere quella giustizia, macchiata dalle stesse autorità. I tre protagonisti sono veramente bravi ed esilaranti. Anche se guadagnano più punti Milian (che sa fare anche il giapponese) ed Eli Wallach che resta simpaticissimo.
MEMORABILE: "La cattiveria non si distingue dal colore delle palle".
Già l’incipit, in cui vengono citati vari titoli di gloriosi western italiani, è come un’ammissione dell’imminente morte del genere, che proprio in Sergio Corbucci ebbe uno dei massimi fondatori. Ecco quindi una specie di parodia del multietnico Sole rosso, che apre all’anacronismo (Milian che canta “O sole mio”…), alle burle demenziali e alle bassezze del trash vernacolare. Però brio e inventiva non mancano e il trio di professionisti Gemma-Milian-Wallach è ben assortito ed affiatato.
Sarebbe stato bello vedere i tre mostri sacri alle prese con un film serio. A metà Anni Settanta però i veri western erano fuori tempo massimo e per fare cassetta Corbucci si affida a una commedia ambientata nel Far West. La storia è così scema da sembrare rubata ad un soggetto destinato a Franco e Ciccio. Non rimane che ammirare il trio, dotato nel complesso di buone potenzialità comiche. Il più a suo agio è Gemma, la solita simpatica canaglia. Wallach fa il compitino con professionalità mentre Milian alla lunga stanca col suo Sakura, futuro Cin Ciu Ciao.
MEMORABILE: L'incipit con la moglie di Wallach che nomina una quindicina di famosi titoli dello spaghetti western (e non).
Western decisamente scanzonato, con giuste musichette, atmosfera quasi alla Bud e Terence e tre attori che se la cavano piuttosto bene. C'è però da dire che, solo quando apre bocca Milian, in versione servo giapponese, ci scappa il sorriso. La storia, ovviamente, è un pretesto per dare libero sfogo al nipponico Milian e gli altri due, più che completare, tendono a rubargli prezioso spazio (quando non fungono da spalla), sintomo che, per funzionare, questa pellicola avrebbe avuto bisogno di qualcosa di più. Comunque, nel complesso, è sicuramente vedibile e, se non altro, lascia di buon umore.
MEMORABILE: Milian, versione giapponese: "Sono figlio di giapposotta... giapponese mignotta"; "Loro rapito per fare ricotta". E lo sceriffo: "Si dice ricatto!".
Spaghetti comico quasi pessimo (*½), che a stento strappa un paio di sorrisi (uno con la bara, autocitazione da Django). Fa tristezza vedere il trio composto da Gemma - Wallach - Milian (e diretti da Corbucci) in questo guazzabuglio, che ha nella scena "en travesti" il punto più basso. Qua e là si salva Milian, in edizione orientaleggiante. Che malinconia.
Il film uscì al crepuscolo del western all'italiana: capolavori non se ne facevano più e anche le parodie erano decisamente tirate via. E' il caso appunto di questo film, che si fa vedere e strappa qualche risata grazie a un superlativo Tomas Milian e al suo Sakura, finto samurai alla ricerca di un cavallino sacro e a un Giuliano Gemma simpaticissimo bandito. Il resto è quasi patetico. Se lo spunto per una trama discreta ci sarebbe, lo svolgimento è decisamente mediocre. Insomma, un ottimo cast sprecato. Peccato.
MEMORABILE: La moglie del "Nero" che costruisce il monologo iniziale con tutti i titoli degli sapghetti-Western. Ma la fantasia degli sceneggiatori finisce qui...
Allineandosi alla marea che ormai spingeva inesorabilmente il western verso la parodia Corbucci dirige un film nel complesso riuscito e, a tratti, divertente: merito di un Gemma in formissima e di un Milian memorabile trasformista, stavolta nei panni del tontolone pseudo-samurai giapponese. Wallach invece un po' sottotono, salvato solo dal doppiaggio. Tra battutine e doppi sensi (su tutte la "giapposotta" e la "svizzerana") si arriva alla fine senza annoiarsi. Simpatiche le musiche degli inossidabili De Angelis brothers. Insomma, non male.
MEMORABILE: La moglie di Black Jack che compie in 2 minuti un excursus sullo spaghetti western sciorinando una ventina di titoli.
Dopo otto anni Eli Wallach da Brutto diventa nero e trova due compagni molto particolari, il bianco e il giallo appunto, in questa commedia-parodia abbastanza divertente. Sergio Corbucci cita e si auto-cita facendo capire, fin dall'inizio, di voler togliere ogni veste seriosa allo spaghetti western, andando più sullo stile di Enzo Barboni Clucher, già collaboratore del regista. Dei tre protagonisti senz'altro il giallo di Tomas Milian è quello più incisivo e divertente, con la sua parlata zeppa di strafalcioni; Gemma tiene bene, Wallach spaesato.
Lo spassosissimo incipit iniziale ci dice già qualcosa riguardo a ciò che vedremo e sullo stile dell'intera opera. Tre grandi attori impersonano un trio di personaggi differenti tra loro ma alla lunga complementari. Il divertimento è assicurato grazie alle gag di cui è infarcita la sceneggiatura (il linguaggio di Milian, le scazzottate in stile Spencer/Hill, i continui ribaltamenti di situazione). C'è da dire però che si arriva alla fine con una certa stanchezza dovuta alla ripetitività di alcune situazioni. Godibile.
Troppo lungo. Cast di assi riunito per una pellicola che sulla carta doveva essere vincente, ma che malgrado qualche momento indubbiamente divertente risulta alla fine meno accattivante della sua stessa locandina. Infarcito di frasi fatte e giochi di parole che sarebbero stati irresistibili ai tempi dei fratelli De Rege (o dei loro epigoni televisivi Walter Chiari e Carlo Campanini), ma che sentite oggi stancano ben presto. Meglio vederlo in home video che in TV: con l'aggiunta della pubblicità diventa infinitamente lungo e noioso!
MEMORABILE: Milian: "Figlio di una gualdrappa" (e Gemma che prontamente lo corregge).
Il commiato allo spaghetti western di quello che è stato un maestro del genere vira verso la corrente Trinitiana senza eccessiva convinzione. Il film si regge tutto sui calembour surreali di Milian in versione nipponica ben spalleggiato da un Gemma in buona forma, mentre il comico poco si adatta alle corde di Wallach. A conti fatti il tono scanzonato qualche risata la strappa, le musiche dei De Angelis sono appropriate ma se si deve parlare di idee originali è meglio rispondere con un Grande Silenzio (quello sì che era un capolavoro). Routinario e, suo malgrado, crepuscolare.
MEMORABILE: Il monologo iniziale della moglie del Nero; Giapposotta e Svizzerana.
Lo spaghetti western al tramonto decide di ironizzare su se stesso e prenderci in giro... e ci riesce. Una buona parodia del genere, con anche un'affettuosa autocitazione nell'incipit quando la moglie di Eli Wallach nel suo discorso inserisce titoli e registi di punta del western nostrano. Il film ha buoni momenti comici, anche se alcuni sono troppo tirati per le lunghe (vedi Tomas Milian che sbaglia tutte le parole). La trama la si è già vista in altri film di questo tipo, ma appare solo un pretesto per divertirsi, e questo vale anche per il terzetto di protagonisti.
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