Sull'ondata dell'ottima critica, il film dell'esordiente Cholodenko si presenta con un misto di commedia e dramma. Una coppia lesbica alle prese col desiderio dei rispettivi figli di conoscere colui che donò lo sperma. Questi è Ruffalo, farfallone, sorridente e realizzato; il personaggio meno credibile della pellicola. Nessuno degli altri avrà gran catarsi o rivelazioni; la pellicola preferisce soffermarsi a narrare le difficoltà di ogni giorno nei rapporti, senza scalfire o andare oltre. Occasione sprecata, soprattutto per il cast.
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Se il film di Lisa Cholodenko rappresentasse lo stato di salute della moderna società civile ci sarebbe di che stare allegri, perché a suo modo rappresenta un traguardo: la virtù della leggerezza senza il rischio della superficialità, l'essere circostanziati senza incorrere nell'ovvio. L'empatia fa a turno con ciascuno dei protagonisti, e non era impresa facile. I dialoghi, della miglior scuola di sceneggiatura, scoppiettano e la narrazione, pur senza imprevisti, è puntuale nel porre le giuste questioni con tatto e ironia. Ottima Annette Bening, eccellente il doppiaggio. Accattivante.
Buon film grazie alle ottime interpretazioni di tutto il cast e alla scelta, da parte di chi ha scritto la sceneggiatura, di non ricorrere a patetismi o drammoni già visti troppe volte. Il tutto viene invece giocato in bilico tra una sottile ironia e i problemi concreti di un gruppo familiare messo di fronte allo specchio.
Il motivo della riuscita di questo bel film di Lisa Cholodenko (già autrice del buon Laurel Canyon) è nella indovinata commistione dei diversi toni, la commedia, il film sentimentale, il dramma. Il merito è di una sceneggiatura che si pone di fronte al nucleo familiare dei protagonisti come assolutamente normale, nonostante sia guidato da una coppia lesbica, inquadrando problemi tipici di tutte le coppie (crescita dei figli, incomprensioni, gestioni della casa ed altro). Inoltre il cast dà vita ad una prova corale davvero notevole.
Come danza bene, questa Lisa Cholodenko, sul confine tra generi. Potrebbe essere dramma, commedia, film sulla libertà, su un nuovo concetto di famiglia; in realtà è un film sulla comunicazione. Sulle parole (soprattutto quelle dal cuore), sull'onestà dei sentimenti e delle passioni (anche con qualche sorriso). E, in tutto ciò, riesce nell'intento di tenere al minimo il carico retorico e prestarsi a molteplici letture, in tutta la sua onestà.
Mi domando come abbia fatto la regista a riuscire laddove molti altri hanno fallito, ovvero a raccontare la storia di una coppia gay trasmettendo in pieno allo spettatore la sensazione di assistere alla storia di una famiglia tradizionale. Vengono rappresentati in modo assolutamente realistico le dinamiche familiari, i problemi, l'amore e non mancano i momenti divertenti. Ulteriore pregio: tutti i personaggi sono ben caratterizzati e molto interessanti.
Il matrimonio è sconvolto dall’arrivo di un terzo: un plot classicissimo. Ma qui la coppia è lesbica e i figli sono del terzo: un donatore di sperma. Una storia bizzarra? No, perché Cholodenko manipola le “stranezze” non come assurdità ma come realtà oggettiva (come è nella società attuale), riuscendo a rappresentare una condizione universale di sofferenza dei sentimenti e delle relazioni: specchio intenso e fedele di tante famiglie, genitori, figli. Le formidabili interpretazioni di Bening e Moore (ottimo anche Ruffalo) aggiungono spessore umano e arricchiscono il film di grandi emozioni.
Interessante commistione di registri, questa commedia agrodolce che riesce ad addentrarsi con pudica lucidità nelle dinamiche famigliari e annesso microcosmo, fatta di relazioni interpersonali, disguidi sentimentali, sofferenza e piccole gioie. Cholodenko affonda il suo sguardo nel quotidiano raccontandoci un affresco reale e partecipe di uno spaccato di vita, lasciando da parte retorica e melassa, rappresentando invece il lato più intimo e contraddittorio (in una parola: umano) della società odierna. Empatiche e viscerali Moore e Bening.
La serena vita di una coppia lesbica con due figli viene sconvolta dall'apparizione del padre biologico dei due ragazzi con conseguenze sorprendenti. Una pellicola tratteggiata con mano felice ed attenta a cogliere tutte le sfumature familiari in cui si miscelano gli umori della commedia e del dramma. Cast coeso in cui la Bening mostra grandi doti.
La forza del film è una splendida sceneggiatura. Riesce a descrivere la quotidianità della famiglia nelle sue sfumature (sessuali o lavorative, educative o sentimentali). Un buon messaggio per i "bacchettoni", ma con stile. Interpretazioni del duo femminile di alto livello, favorite da scene drammatiche o più leggere. Gli attori di contorno sono un gradino sotto, ma non si può pretendere troppo. Battuta finale di grande impatto, nella sua normalità.
Un film che non volendo raccontare niente di sconvolgente (perché una famiglia gay non dev'essere sconvolgente) finisce per non raccontare proprio nulla. Una sceneggiatura ben fatta ma che non avrebbe sfigurato in un più bistrattato filmetto della serie "Se scappi ti... ". Le belle prove attoriali a mio avviso non alzano il tiro del film anche perché tra qualche anno, quando davvero non troveremo niente di strano in coppie di donne sposate con figli, questo film finirà nel mucchio, in cima ma nel mucchio.
L'opera, di chiara matrice "liberal", ha la capacità di intrattenere con garbo e scorrevolezza per merito di una sceneggiatura frizzante che analizza le dinamiche familiari universali con un pizzico di ironia, rendendo il girato molto emozionante. Gran merito del sucesso è del cast, che vede una stupefacente coppia lesbo formata dalla Bening e dalla Moore e un donatore "fra le nuvole" interpretato magistralmente dal solido Ruffalo. Essenziale la regia della Cholodenko, che evita inutili ellissi per mettersi al pieno servizio della storia. Elegant.
Un bel film fino a cinque minuti dall’epilogo, quando le figure così ben tratteggiate e interpretate sino allora subiscono una sterzata cinica, risolvendo il tutto in un manifesto alle coppie gay sposate e con prole. Un peccato gettare alle ortiche quanto di buono fatto prima in un film che viene indicato come commedia ma che spesso (e soprattutto nel finale) ha i tratti del dramma. Sarà forse questo uno dei motivi che non hanno permesso a quattro nomination di concretizzarsi?
La Cholodenko è senz'altro una regista cui non mancano qualità; in questo caso, nel trattare un argomento importante e che avrà sempre più spazio nelle società evolute (ognuno la può pensare come vuole in proposito, ma non si può negare che sia emergente) si avvale di sue esperienze personali; si può dire quindi che ne parla con cognizione di causa. Il cast è veramente all'altezza, la sceneggiatura è buona e la vicenda rimane pur sempre contenuta, perché vista e vissuta da personaggi di cultura medio alta (perciò sentimenti veri ma dominati).
Un esempio di come si può trattare il tema delle coppie gay con intelligenza, brillantezza e, soprattutto, normalità. La Cholodenko descrive con cognizione di causa le dinamiche di una famiglia americana composta da due lesbiche e dai due figli avuti tramite il seme di un donatore. Quando quest'ultimo entra in contatto con la famiglia si generano imbarazzi, tensioni, pulsioni, che alterano gli equilibri. La sceneggiatura è ben supportata da un cast azzeccato di attori bravi e convincenti.
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