Uno degli incipit più intensi e coinvolgenti mai girati (dai sapori quasi depalmiani) con la ragazza suicidia in una serata, come tante, nel brulicare di Seul, tra ristoranti e karaoke.
Sordido e feroce teatro della crudeltà tutto al femminile (l'altezzosità glaciale e diabolica della suocera, vera e propria dark lady della situazione, shakespeariana "mater terribilis" che manipola la figlia e ricatta psicologicamente la domestica ingravidata dal genero, procurando incidenti domestici ad un passo dal delitto), dove gli uomini (uno soltanto, che va dopo lo porta il suo organo sessuale) restano sullo sfondo e rimangono fantocci nelle mani di streghe manipolatrici.
Lusso e morbosità, erotismo carnale e sudaticcio (i dialoghi italiani ne aumentano la lascivia, sfiorando frasi da film porno) tra fellatio e orgasmi interrotti per non ingravidare l'ingenua governante (la seduzione inconsapevole, mentre lei pulisce la vasca da bagno, è un must, così come indossare sempre le stesse scarpette con il tacco, che si sfila parecchie volte, o fermarsi in auto per fare pipì), la mogliettina/bambolina imprigionata dentro un grottesco e ingombrante pancione (l'attesa di due gemelli), la severa, cinica e impenetrabile colf anziana, la dolcezza mesta della bambina.
L'angelo sterminatore teoremico, nel fascino indiscreto, squallido, immorale e guasto della borghesia, tanto cara ai vari Chabrol e Bunuel tra aborti al veleno, mazze da golf, cattiverie femminee, umiliazioni a suon di schiaffi, sottili e sottaciute perversioni e la ricchezza ostentata che nasconde il marcio sotto al tappeto.
E quando il melò sembrava adagiarsi sui soliti clichè "matarazziani" (la povera servetta usata e gettata come una bambola rotta, dopo la perdita del bambino) ecco che arriva uno straordinario colpo di scena fiammeggiante (in tutti i sensi), magnificamente delirante e inaspettato, che travalica il surrealismo e sconfina nei territori dell'horror, una via di mezzo tra le impiccagioni
presagistiche e le immolazioni non dissimili dalle "follie" di un Lars von Trier. E per qualche strano livello incoscio, anche se nulla c'entra, chissà per quale misterioso meccanismo, mi è balenato , come un flash, quello altrettanto terrifico e dirompente di
Hereditary.
Valore aggiunto la bellezza estetica e il rigore formale dell'elegante e raffinata regia di Im Sang-soo, che si muove sinuosa tra le stanze, i bagni e i salotti nella sontuosità della splendida dimora.
Meno viscerale di un Park Chan Wook (anche se rimane impresso lo spirito della vendetta), ma non per questo meno incisivo.
Ipnotico e raggelante, sensuale e sottilmente crudele, distante anni luce da qualsiasi psycho-thriller americano sullo stesso tema.
Gioco al massacro tra donne disposte a tutto, melò andato in acido, con quella svolta orrorifica e agghiacciante che spiazza, incendia lo schermo e grida di disperazione.