Rassegna estiva:
Postatomica-L'estate italiana del dopobomba Castellari (anche con un budget risicatissimo messogli a disposizione dal Fabrizio De Angelis post Fulci) adombra il post atomico con il suo stile ruvido e riconoscibilissimo (e non solo per i ralenti): trascinato nel fango come
Keoma, le sparatorie e gli scontri in puro
Bronx style, i dettagli sulla gang dei Templars in modalità
Il grande racket, mentre il possente (e sempre incisivo ) Luigi Montefiori si prodiga in uno stupro omo (ai danni di Giancarlo Prete, sorta di
Kowalski del futuro prossimo venturo) di
verhoeveniana memoria, e le ritualità funebri di
1990.
Il Mad Max castellariano vive di momenti registicamente straordinari (la morte di Ennio Girolami, una sottospecie di
Welz, con la faccia ridotta ad un hamburger, con Prete che le spara attraverso la parete, in un'abilità tecnico/narrativa che rimanda al
Giorno del cobra) e del cinema muscolare dell'autore di
Keoma (l'impianto western surclassa la post apocalisse), sottolineato dal ritmato score simonettiano, piuttosto anonimo rispetto ad altri suoi lavori, ma sempre gradevole all'orecchio.
Ambientazioni brulle, spoglie e squallide della campagna romana (che, paradossalmente, danno riverberi suggestivi della desolazione post atomica) dove non può mancare la solita cava con laghetto, un cattivo fighissimo impersonato da uno straordinario Montefiori sempre sul pezzo (ormai eccellente habituè in quasi tutti i post atomici all'amatriciana) dalle sfumature gaye e con l'ossessione di mandare al macero la letteratura come insegna il futuro dispotico di
Ray Bradbury (la bibbia strappata con disprezzo), corpi che esplodono letteralmente, teste mozzate, motociclisti decapitati, frecce esposive scoccate da un Fred Williamson ammantato dalla luce divina da dio della guerra.
Tolto il Castellari touch (che si ritaglia pure un ruolo cameo nella parte dell'uomo morente che supplica Prete di finirlo), emergono i difetti: uno script banale e abborracciato, l'insopportabile bimbetto di Giovanni Frezza, un finale sbrigativo, le penose macchinette mal bardate con accessori da poveristico 007, gli effetti sonori da cartone animato, il terribile scudo anti proiettile che non sfigurerebbe in uno spettacolo da gay pride e l'inutile parentesi "amorosa" tra Williamson e una legnosa Yris Peynado.
E se la perfezione latita drasticamente e se non bastasse l'animo castellariano, rimane la bellezza e l'aura da dea di Anna Kanakis e i costumi della "tribù" dei Templars, misto punkettoso/lucasiano tra creste alla
Classe 1984 e le armature degli
stormtrooper.
E aldilà di tutto, quello che davvero resta, e la pura essenza del cinema di Enzo G. Castellari.
Negli Stati Uniti distribuito dalla New Line Cinema con il titolo
Warriors of the wasteland