È la vicenda Murri, veramente accaduta all'inizio del Novecento. Un Bolognini minore. Girato benissimo, con splendide immagini, nell'ottenere le quali il regista è maestro, ma il film manca, in parole povere, della capacità di conquistare lo sguardo appassionato dello spettatore, cosa invece mirabilmente ottenuta con l'imperdibile Gran Bollito. C'è, conturbante come sempre, Tina Aumont.
Si respira un’aria da feuilleton ottocentesco in questo dramma familiare e giudiziario ispirato ad un fatto di cronaca dell’inizio del secolo scorso: gli intrighi, le morbosità, i costumi, il décor decadente, le calli veneziane, il processo finale. I personaggi sono stereotipati e facilmente riscontrabili in molti romanzi, ma interpretati in modo impeccabile sotto l’esperta guida registica di Bolognini: spiccano il vesatile e impegnato Giannini e l'inquisitorio ed aggressivo Bozzuffi.
Fascino figurativo lampante; carica atmosferica plumbea e morbosa sin dai primi fotogrammi (le scene iniziali, sotto la pioggia, in una Bologna d'altri tempi perfettamente ricostruita); fotografia ammaliante (pittorica: di fulminante espressività); Catherine Deneuve affascinante (pallida e languida, turbata e disfatta); note morriconiane ambigue (quasi da horror). Bolognini si muove e si districa con estro armonico nel trattare il caso Murri (una vicenda da torbido romanzo d'appendice). Il retrogusto emotivo amaro vale come ricevuta di ritorno.
Una pellicola che sembra anticipare, per Bolognini, un nuovo percorso: quello erotico, mai affrontato in maniera esplicita, ma in seguito presente con nudi che crearono certo clamore (Per le antiche scale, ad esempio con le apparizioni senza veli della Bouchet). Fatti di gente perbene è lento, ma l'atmosfera grava di degradazione, dissolutezza e scontri (sociali, politici e di costume). Il clima ispirato da fatti reali è verosimile e l'Italia dannunziana ne esce sconfitta nell'immagine, grazie all'ottima prestazione offerta dal cast artistico: attori, scenografie e musica (di Ennio Morricone).
Il caso Murri illustrato da Mauro Bolognini in una ricerca impossibile di oggettività storica che non sa rinunciare ai cascami dannunziani, magistralmente illanguiditi dalle note di Morricone e dalla fotografia sbalorditiva, fosforica di Ennio Guarnieri. Se il diaframma tra immagini e dialoghi divelle la verosimiglianza dai personaggi, l'affettazione cede poi il passo al disarmo melodrammatico che lascia spazio a un florido, ammaliante turbinio di morbosità. Splendida l'evocazione ambientale di Venezia e Bologna. La critica ufficiale non ha gradito: testimone ottusa di un autore sottostimato.
Vedere la Deneuve mora e sempre triste è "pesa"... Molto interessante per farsi un'idea del quadro storico e sociale degli inizi del secolo scorso, da shock pensare di potere demonizzare politicamente il più insigne clinico d'Europa, meravigliosamente interpretato dal sublime Rey. Eccellente anche Bozzuffi nel ruolo dell'investigatore. Colpiscono i punti fermi delle culture di ambo le parti in contrasto, che dinanzi a degli eventi catastrofici vibrano fino a saltare e il rapporto così sentito tra fratello e sorella, fino a creare un'alleanza estrema.
Una vicenda come quella dei Murri poteva essere narrata meglio: coinvolge davvero poco. Si deve dire però che è girata benissimo, utilizzando una splendida fotografia. Giannini è ai suoi livelli standard, ma la vera nota positiva è Catherine Deneuve, che oltre ad essere altamente affascinante è anche brava.
Un'amara riflessione sull'impossibilità di coniugare giustizia morale e impunità civile. Le figure di fratello e sorella, mirabilmente rese dalle interpretazioni di Giannini e Deneuve, si meritano sin da subito le attenzioni benevole dello spettatore. Coraggiosa la scelta del regista di togliere qualsiasi suspence alla vicenda criminosa (del resto legata a un fatto di cronaca) che si consuma, infatti, in modo fin troppo prevedibile. Il dramma, che deflagra impietoso dalle conseguenze, travolge ma non spegne la vulnerabile luce dei sentimenti.
Il caso Murri, secondo l'ottica di un maestro del cinema italiano, si traduce in una pellicola classicheggiante dove impera una forte eleganza (non solo formale) che si rispecchia appieno in quello che è lo stile del maestro Bolognini. Un delitto che dà adito a diverse interpretazioni e congetture nasconde un movente "nobile". Giannini al top della sua forma incarna l'attore italiano per eccellenza. Ambientazioni di gran classe, specie quelle relative alla città lagunare coronano una storia offuscata da ragioni complesse.
Raramente un film affascina per il contributo corale degli attori; altrettanto di rado accade che un'opera cinematografica risulti amara da assimilare di fronte a un amore così disperato e alla difesa di un pensiero, indipendentemente dal fatto che sia o meno condivisibile. Splendidi costumi, scenografia e fotografia, coraggioso per quegli anni sfidare la censura di stato con le sole idee. Morricone affida il languido tema conduttore alla viola, sublime nel sottolineare i momenti drammatici con cromatismi dolenti e necessari.
Il caso Murri (uno dei primi processi mediatici e strumentalizzati in chiave politica) poteva offrire i più disparati spunti di riflessione, rispetto ai quali Bolognini resta però in superficie, privilegiando la raffinatezza della messa in scena e la puntualità della ricostruzione d'epoca. Il risultato è un film dalla confezione eccellente (fotografia di Guarnieri, musiche di Morricone), ma piuttosto lento e poco coinvolgente. Cast notevole, ma Giannini e Pani li avrei visti meglio a ruoli invertiti; di rara antipatia il magistrato di Bozzuffi.
Il caso dell'omicidio perpetrato da Murri è sviscerato dando ampio spazio alle interpretazioni e pasticciando con le implicazioni politiche della vicenda. La prima parte è barocca; la morbosità tra fratelli non sembra nemmeno giustificata e la Deneuve sembra masochista, nel tornare dal marito. Poi si passa al versante giudiziario e i vari arresti divengono schematici, con indagini da simil sceneggiato. Accorato Giannini mentre la Deneuve va a strappi. Straordinaria fotografia che non necessita di sfruttare al meglio Venezia.
MEMORABILE: La messa in scena del delitto; L’accusa della Betti al processo; La richiesta della legittima difesa.
Buon film di Mauro Bolognini sulla vicenda Murri, realmente avvenuta all'inizio dello scorso secolo. Dovrebbe essere una messa in scena fedele dei fatti avvenuti allora e del relativo processo e per grandi tratti lo è, anche se la mano del regista non manca completamente in questo senso, vedasi la figura marcatamente odiosa dell'ispettore Stanziani. Comunque sia è un mirabile resoconto, girato ottimamente e fotografato in chiaroscuro, come la vicenda, con un parterre di attori notevole e un Giancarlo Giannini che svetta più che in altri film. Un documento da vedere.
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CuriositàZender • 25/02/09 13:43 Capo scrivano - 48852 interventi
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