Se THE RING era stato un remake innovativo e sorprendente, rispetto all'equivalente giapponese, DARK WATER è al contrario molto fedele, al secondo lavoro di Hideo Nakata. Il regista Walter Salles e lo sceneggiatore Yglesias sono stati molto attenti a riproporre senza mutamenti sostanziali lo spirito del raffinato horror di Nakata. Già la scelta di un'attrice delicata, dalla bellezza quasi eterea come Jennifer Connelly (ancora splendida) denota la volontà di accantonare il facile spettacolarismo in favore di un...Leggi tutto più premiante lavoro sulle atmosfere. Grande cura nella scelta dei suoni quindi, delle musiche; una fotografia d’effetto e una quasi totale rinuncia (proprio come nell'originale) al colpo di scena che fa saltare sulla sedia. DARK WATER è orrore psicologico, è un bel ritratto di madre e un'approfondita indagine nei rapporti tra lei e la figlia, che col passare dei minuti acquistano sempre più caratteri universali. E’ una bella prova d’attori (molto bravi John C. Reilly nel ruolo dell'agente immobiliare e Tim Roth in quello dell'avvocato), uno splendido lavoro sulle scenografie che molto ricordano quelle dell'originale ma allo stesso tempo vi aggiungono ulteriore senso di abbandono e disfacimento (siamo in un cupo complesso residenziale di Roosevelt Island, periferia newyorkese). Il finale è l'unica concessione alle esigenze commerciali, ma non stona troppo e ci prepara a un epilogo straziante. Mantenuto il carattere minimalista dell’opera di Nakata, con l’inquietante strabordare dell'acqua nera da soffitti, rubinetti, pareti... Classe e, certo, molta staticità. Marcel M.J. Davinotti jr. Chiudi
Grandi nomi per un remake senza infamia e senza lode. Atmosfere cupe e inevitabilmente umide, che trasportano lo spettatore dalla rutilante New York ricca di vita al quartiere dormitorio dove i newyorkesi vivono come separati in casa dai loro concittadini. Con un abile gioco psicologico, basato più sui tormenti infatili della protagonista che sull'instabilità emotiva aggravata dal divorzio, seguiamo l'inevitabile scontro con il fantasma di turno. Più politicamente corretto rispetto all'originale, non offre però nulla di nuovo.
Sulla scia del gelido The Ring, un film coinvolgente e ben fatto. L'umido delle ambientazioni, il marcire dei muri, rivoli d'acqua putrida negli interni e una noiosa pioggia negli esterni: tutti gli elementi lavorano insieme e, esaltati dall'ottima fotografia, ti corrodono al punto giusto. Ti aspetti da un momento all'altro uno schizzo di sangue o qualche viso deturpato, invece vincono la disperazione e l'amore di una madre. Sotto cascate di acqua lercia, bellissima e brava la Connelly. Grazie.
Nonostante la recitazione impegnata negli attori e una fotografia "acquosa" come si conviene alla trama, questo film è reso soporifero da un ritmo lentissimo, da una trama banale e dall'abuso di atmosfere, soluzioni e tormenti riciclati da altri thriller-horror già visti; per non parlare del finale, palese citazione del fulciano Quella villa accanto al cimitero. Ennesima occasione sprecata per il poco fantasioso horror moderno.
Lontano dalla staticità dell'originale, il remake a stelle e strisce funziona molto meglio. In primo luogo, grazie alla presenza della ex bambina prodigio di Phenomena, una Jennifer Connelly matura e dai lineamenti sconsolati; a seguire per via di una regia calibrata e alla scelta di location particolarmente esplicative. Il malessere esistenziale, l'isolamente dell'individuo ed il legame madre/figlia vengono espressi brillantemente da una fotografia tendente al blu e all'arancio. Roswell Island è, insomma, la vera protagonista del film, con la sua archittettura (bagnata) pessimista e desolante.
MEMORABILE: l'emicrania della protagonista, rappresentata da un fastidioso accompagnamento sonoro.
Bisogna riconoscere a Salles almeno lo sforzo di aderire al modello di Nakata, vale a dire un horror intimista, femmineo, dove il terrore scaturisce da un trauma reale: la paura dell'abbandono. Di per sé il soggetto non è nulla di trascendentale e necessiterebbe di una solida definizione ambientale per funzionare: qui la fotografia melmosa e marcescente ha un effetto solo oleografico, i personaggi si appiattiscono e l'effettistica è opinabile; malgrado cresca la tensione, il film resta confinato nei limiti delle ghost story più convenzionali con finale consolatorio. Splendida Jennifer Connelly.
Buon horror psicologico che più che su scene ad impatto si basa sulla tensione emotiva che si crea nel rapporto tra una giovane madre (una fantastica Connelly che più invecchia più diventa bella e brava) che combatte con i demoni del suo passato e la figlia. La New York dormitorio è fotografata ottimamente, scegliendo i toni cupi che accompagnano le giornate di cielo plumbeo in una città senza anima, così come sono più che discrete le interpretazioni dei personaggi di contorno (comunque tutti ottimi gli attori, vedi Roth o Postlethwaite).
Film dichiaratamente sullo stile nipponico (ma firmato made in USA) che sfrutta in modo bilanciato l'aspetto psicologico ed emotivo dei protagonisti senza esagerazioni negli animi e nelle apparizioni. Si basa su una sorta di pacata suspance ben confezionata, su una efficace ambientazione dark e punk e quel pizzico di psicosi che non invade lo schermo. La Conelly credibile e brava, la bambina è un prodigio di espressività. Buon film davvero, pur non conoscendo l'originale nipponico.
Rispetto all'originale, la pellicola può contare su una grande interpretazione di Jennifer Connelly che, come è spiegato tra gli extra del dvd, ha improvvisato i caratteri della stessa immedesimandosi nella parte (poche attrici lo sanno fare). Ancora l'acqua è l'elemento dominante e inquietante per questo ottimo rimaneggiamento in cui lo stile è uno dei punti di forza.
Notevole remake dell'opera nakatiana, Dark water si segnala per il perfetto mix fra elementi tipicamente drammatici (l'amore filiale, sindrome d'abbandono) e atmosfere care al genere horror. Salles, dal canto suo, gira con estremo rigore approfittando di una scelta intelligente e funzionale delle location. Phenomenale l'espressione della Connelly: un misto di dolcezza, ansia e rassegnazione. Sopra lo standard la scelta dei comprimari: su tutti si segnala infatti un atipico Reilly alle prese con un ruolo insolito. Buone le musiche del "lynchiano" Badalamenti.
Netto miglioramento dell'originale, riesce a imprimere un tocco più pregevole nell'articolazione della storia tramite l'inserimento di dettagli non trascurabili, pur rimanendo fedele all'originale. La presenza della Connelly e la scelta di una cupa residenza in Roosevelt Island sono determinanti per la riuscita del remake. Consigliato.
Altro remake di un horror giapponese, ma stavolta il soprannaturale si sposa con orrori molto più concreti come la solitudine e l'abbandono, regalando alla pellicola una credibilità insolita per il genere. Raffinato e intimista, non terrorizzante ma percorso da una sottile inquietudine e inevitabilmente lento. Efficace e ben valorizzata dalla fotografia, l'ambientazione in una New York desolante e piovosa. Ottima la prova della Connelly, ma tutto il cast (bambina compresa) si esprime bene.
Il film originale di Hideo Nakata era già di per sé abbastanza gradevole, così questo remake americanizzato l'ho trovato un'occidentalizzazione inutile e pretenziosa, che dalla sua può contare solo sulla location resa squallidamente giusta, ma non c'è forza nella recitazione e nella suspence. Nemmeno i jump-scare sono riusciti a fare bene. Da bocciare.
Più che un horror trattasi di banalissimo e blando ghost-movie dai risvolti intimisti e psicologici. A nulla serve l'ottima recitazione della Connelly e della bambina, purtroppo. Lento e soporifero il ritmo, abusata e piatta la sceneggiatura. Ancora una volta il cinema horror Usa pesca in quello nipponico e propone un remake; segno evidente di idee che ormai non ci sono più. E se l'horror moderno passa obbligatoriamente per certi mockumentary di infimo livello non si può dire meglio di queste operazioni vaghe. Camei di Roth e Reilly irrilevanti.
Remake di un horror giapponese di discreto successo, Dark water conserva l'atmosfera e i tempi dell'originale nipponico, non mostando mai troppo e cercando di mantenere la tensione viva nelle piccole attese, nei silenzi e in tutto ciò che precede la paura vera e propria. Buono il cast, con la bella e brava Connelly e la presenza carismatica di attori come Postlethwaite, Reilly e Roth.
La confezione "fighetta", con ambientazioni inquietanti e una fotografia degna di nota, non salva un film che trita e ritrita le stesse banalità e gli stessi stereotipi di molte accozzaglie tra il "fantasmatico" e lo psicologico: presenze sinistre, voci nelle orecchie e pochissimi spaventi. Anzi, qualche risata scappa in certi momenti di overacting della protagonista Connelly. Delude anche Tim Roth nella particina dell'avvocato divorzista; meglio Reilly e Postlethwaite. La trama non sorprende mai e il finale consolatorio delude ancora di più.
Donna appena divorziata alle prese con gli avvocati per la tutela della figlia, si trasferisce con la piccola in un appartamento di un gigantesco e malandato complesso residenziale; fin da subito si verificheranno problemi di infiltrazioni e muffa causate da non si sa bene cosa. Thriller/horror paranormale non particolarmente esaltante ma sorretto egregiamente da una convincente Jennifer Connelly e dalle altre star di contorno. Suggestiva l'ambientazione putrescente e uggiosa. Nel complesso non è poi così male.
Horror psicoanalitico sviluppato fra le ramificazioni di un terrore tutto interiore, pudico, rarefatto, quasi senza (reali) manifestazioni. L’ambientazione fatiscente è il modus vivendi dei personaggi, tutti infausti e accovacciati su se stessi. Ma la pellicola di Walter Salles vuole anche incoronare la sua creatura: Jennifer Connelly, madre del buio, bellissima, straziata e attraversata dal freddo. Volti come il suo nascono solo una volta.
L’America ritenta il gioco della dichiarata appropriazione culturale con un altro horror sfornato giusto giusto dalla smaniosa brama di reinterpretazione. Salles però non è uno sprovveduto, e lascia alla straordinaria performance di Jennifer Connelly il compito di glorificare una storia monocorde e assai risaputa. Un’attrice, e un personaggio, che indiscutibilmente s’impone. Accuratissimo nella direzione estetica.
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Pregevole e decorosa (nonché meritata) l'edizione in DVD targata Buena Vista, che propone Dark Water in un perfetto riversamento digitale, in grado di valorizzare l'ottimo lavoro di fotografia realizzato dagli autori.
Il formato video è un perfetto anamorfico 2.35:1 e la traccia audio viene proposta in un potente e coinvolgente dolby 5.1.
La durata totale, titoli di coda compresi, si ferma a 100 minuti.
Vano extra più che buono, costituito da:
Making of
Il suono del terrore
Scene eliminate
Una squadra straordinaria
Analisi delle scene
Sequenza alternativa
DiscussioneLodger • 26/01/17 21:49 Pulizia ai piani - 1532 interventi
segnalo che alcuni sostengono che questo film presenta delle curiose e inquietanti analogie con la morte di Elisa Lam, ragazza cinese il cui cadavere è stato trovato nel 2013 all'interno di un serbatoio dell'acqua in cima al Cecilia Hotel di Los Angeles:
https://en.wikipedia.org/wiki/Death_of_Elisa_Lam
"La storia di Elisa Lam è stranamente simile al film horror del 2005, Dark Water. Dahlia, la protagonista principale, abita in un condominio con la sua giovane figlia Cecilia. Dopo essersi trasferita nel suo appartamento, Dahlia si accorge che il soffitto del suo bagno perde acqua scura. Dunque scopre che una giovane ragazza di nome Natasha Rimsky è annegata proprio nel serbatoio d’acqua sul tetto dell’edificio. Il proprietario del palazzo sapeva di questo fatto, ma ha rifiutato di agire. Anche il finale del film presenta delle coincidenze raccappriccianti: malfunzionamenti degli ascensori dell’appartamento e strane presenze nei corridoi. Dunque la morte di Elisa è stata descritta 8 anni prima da un film di Hollywood? Infine, poco dopo la scoperta del corpo di Elisa Lam, un’epidemia mortale di tubercolosi scoppiò in Skid Row, vicino al Cecil Hotel. E’ incredibile il nome usato per il kit di intervento usato in questi casi: ELISA.".
DiscussioneDaniela • 26/01/17 22:47 Gran Burattinaio - 5903 interventi
Il film con Jennifer Connelly è un remake di un film giapponese con lo stesso titolo uscito nel 2002, che a sua volta è ispirato ad un racconto pubblicato nello stesso anno dalls scrittore giapponese KMji Suzuki. Se di "premonizione" si è trattato, allora bisogna risalire più indietro nel tempo...