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Commenti L'IMPRESSIONE DI MMJImpressione Davinotti

TOTO’ CHE VISSE DUE VOLTE è la seconda esperienza cinematografica di Daniele Ciprì e Franco Maresco dopo LO ZIO DI BROOKLYN. Nati da quella costola impazzita della trasmissione-cult “Blob” chiamata “Cinico tv”, i due non fanno altro che riportare quell'esperienza sul grande schermo seguendo una serie di regole ferree che hanno creato uno stile assolutamente personale (pur se di chiara derivazione pasoliniana): fotografia in un superbo bianco e nero, personaggi esclusivamente di sesso maschile, paesaggi squallidi di sordida e desolata periferia palermitana, storie incentrate sul sesso, la mafia, la cultura locale. Già LO ZIO DI BROOKLYN...Leggi tutto aveva sollevato un vespaio di polemiche per la grettezza e la volgarità dei messaggi, ma qui si sorpassa ogni limite; si tirano in ballo questioni religiose e, si sa, l'argomento è scottante: vedere un angelo sodomizzato da quattro bruti e una statua della Madonna presa di mira dagli espliciti desideri sessuali di un mentecatto non è cosa da poco; tant’è vero che, dopo anni che una soluzione simile non si prendeva, la commissione di censura non si è limitata a imporre il divieto ai minori di 18 anni, ma ha inizialmente impedito la diffusione del film nelle sale cinematografiche italiane. L'appello degli autori ha smosso però qualcosa, perché è addirittura intervenuto il governo per liberare il film e sopprimere nel contempo l’assurda legge che permetteva alle commissioni di bloccare le pellicole più oltraggiose. Pubblicità enorme per Ciprì e Maresco, che quindi ritornano nelle sale col loro bravo divieto ai 18 ma la loro opera integra. TOTO’ CHE VISSE DUE VOLTE è presumibilmente il titolo del terzo dei tre episodi (in realtà preceduti solo da un numero romano) di cui è composto il film, ed è sicuramente il momento migliore (occupa tutto il secondo tempo). E’ la rielaborazione, in chiave palermitana, della vita di Gesù Cristo, con lo squallido Totò (niente da spartire col principe De Curtis, ovviamente) impegnato a risvegliare Lazzaro (sciolto nell’acido dai mafiosi) e a proporre i suoi “insegnamenti”. Gli altri due episodi (specialmente il secondo) sembrano piuttosto un riempitivo e non possiedono la stessa carica dirompente del terzo. La lingua usata è il siciliano stretto, con tanto di (indispensabili) sottotitoli. Se fosse possibile giudicare un film solo per il suo valore estetico parleremmo di quasi capolavoro, tanto sono evocativi alcuni paesaggi sottolineati da cori religiosi eccezionali; purtroppo invece, dovendo analizzare anche molti altri aspetti (in primis sceneggiatura e dialoghi)... Troppo lento il film, mancante di vere idee... Tutti difetti che dopo pochi minuti cominciano già a farsi sentire.

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Il Gobbo 17/09/07 10:27 - 3015 commenti

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Squilibrato, duro, sgradevole, il film di Ciprì e Maresco ha tuttavia una innegabile forza espressiva e una sincerità di fondo che riscatta il disagio (quando non il vero e proprio orrore) suscitato dalle immagini (in particolare nel primo e terzo episodio, il secondo essendo quello meno riuscito e più inutilmente lungo). E seppure pervertita, aspra, blasfema, emerge dall'ultima parte una sofferta religiosità, che avrebbe probabilmente meritato, anche dai credenti (forse distratti dalla polemica spicciola sui fondi ministeriali), altre riflessioni.

Pigro 24/08/09 08:07 - 9624 commenti

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Le due "vite" di Totò sono quella di un Cristo e di un mafioso, mentre i due ladroni sono poveracci spinti al furto uno dal sesso e l'altro dalla fame. Cinica, beffarda, pauperista, nichilista, ma anche citazionista ed estetizzante: è la visione degli autori, che uniscono l'ispirazione per un caustico apologo dagli echi pasoliniani e bunueliani con la determinazione allo scandalismo. Il fim ha una sua poesia, ancorché disturbante e demodé, e le belle facce degli interpreti, su cui spicca l'espressivo mutismo di Marcello Miranda.

Pinhead80 3/05/11 14:21 - 4716 commenti

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Ciprì e Maresco tornano al cinema, dopo Lo zio di Brooklyn, con un'altra incursione nel loro mondo cinico e crudele. La storia questa volta è suddivisa in tre parti (le migliori sono la prima e la terza) che corrispondono alle tre persone che verranno issate sulla croce. Due ladroni mossi da sesso e fame e un Totò in veste di messia (eufemisticamente parlando). La comicità surreale e grottesca colpisce nel segno ed esclusa la seconda parte, noiosa e lunghetta, il film colpisce nel segno. Blasfemo e pungente.
MEMORABILE: La riproposizione dell'ultima cena...

Giùan 24/11/11 15:24 - 4528 commenti

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E’ un cinema inconfondibile e tombale quello di Ciprì e Maresco. Cinema di cui non si vorrebbe sentire il bisogno e che pure è là presente come richiamo della foresta affatto latente. In tal senso questa loro opera seconda è da considerarsi assoluta, definitiva anche di una certa loro maniera “cinica”. E’ impossibile andare oltre Totò, un film così dominato dalla reiterazione onanistica e in cui è esclusa qualsiasi funzione riproduttiva, compresa quella della provocazione e dello "scandalo". Un film da vedere e di fonte a cui restar muti e perplessi.
MEMORABILE: L’intero terzo episodio e la incantevole interpretazione del Messia da parte di Salvatore Gattuso "grazie a sta minchia" "grattami i cugghiuni".

Mickes2 4/12/12 23:56 - 1670 commenti

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Più in là dell’Apocalisse quest’opera di Ciprì e Maresco interessante e sperimentale, che vive di simbolismi, di una messinscena straniante dall’anima profondamente provocatoria e blasfema. Si potrebbe storcere il naso di fronte alle programmatiche sgradevolezze mostrate, ma ciò che emerge è un assoluto sentimento nei confronti di un’umanità affranta, di chi si sente abbandonato (da Dio); è un partecipe urlo di dolore che mescola carnalità e ritualità tra echi neorealisti riaffacciandosi su un mondo surreale e religioso. Pressochè unico.
MEMORABILE: L'incipit; La sodomia ai danni dell'angelo e alla gallina; Gattuso e il personaggio del boss.

Saintgifts 2/05/13 16:16 - 4098 commenti

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Non essendo di certo un'opera di intrattenimento nel senso più comune del termine, rimane l'alternativa che sia un prodotto che abbia qualcosa da dire, qualcosa che faccia riflettere e quindi di una certa profondità e utilità per la vita dell'uomo; più semplicemente un'opera d'arte. Visto come si è ampliato (giustamente) il confine di ciò che viene considerata arte, questo film lo è senz'altro. Cosa abbia poi da dire è lasciato alla sensibilità e alla preparazione dello spettatore. Un merito l'ha avuto: l'abolizione della censura.

Deepred89 11/10/14 00:00 - 3701 commenti

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Come spesso accade nell'universo del weirdo-cinema, dopo cinque minuti iniziali di suggestione e straniamento la noia subentra e affossa il film. Tra Gummo, John Waters, Pasolini (ma con schegge di Tsukamoto, come nello stupro al ralenti), con qualche sprazzo interessante e un mare di sbadigli, senza contare che anche i tanto strombazzati rimandi cristologico-blasfemi (ps: e basta con questa ultima cena!) mi sono sembrati giusto un tentativo di nobilitare un mero freaksploitation magari realizzato non male, ma molto molto noioso.
MEMORABILE: I tre uomini obesi che stuprano l'angelo (con fugace dettaglio hard); La divertente scena onirica con la fotografia che ruota.

Schramm 11/06/15 14:40 - 3490 commenti

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L’iconoclastia non è forse l’altra faccia del sacro (e viceversa)? Terreno e trascendentale, sacrilegio e metafisica, mistica del laido e miserere per il finis hominis. Non Dio è morto, ma l’idea speculare che l’uomo ne ha. Il cinema è morto? E Ciprì&Maresco lo illazzariscono con una compieta estetica che passando per Milton ci ricorda che il mondo (del cinema) non è un Paradiso Perduto, ma un Paradiso espropriato ove tutti gli ossimori (etici, estetici, teologici) si fanno tao. Bigazzi alla propria sommità fa il resto, rendendo edenico e trasognato un cosmo corroso dal degrado.

Paulaster 1/06/18 09:51 - 4375 commenti

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Tre episodi in una Sicilia desolata, maschilista, tra la mafia e le credenze religiose. Ambientazione apocalittica dove i registi propongono il loro stile cinico e provocatorio: se da un lato può catturare per la crudezza (l’ottima fotografia aiuta), sono i contenuti che mancano. Il primo episodio è il migliore, il secondo è noiosetto, il terzo rimanda al già detto pasoliniano (accenni a Ricotta e Salò) con uno sberleffo che vuole solo creare inutile blasfemìa.
MEMORABILE: Il Gesù che fa miracoli e insulta i miracolati; La prostituta sul balcone.

Didda23 22/08/18 01:42 - 2424 commenti

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Meraviglioso il casting, con volti ricercatissimi di fortissimo impatto visivo e adattissimi allo stile surreale del duo registico. In un contesto così weird, si soprassiede su temi scabrosi quali la blasfemia di talune situazioni. Se si ha dimestichezza con la lingua, non si può che apprezzare la naturalezza di certe espressioni gergali che invadono lo schermo e che scaturiscono una risata dissacrante. Da un punto di vista tecnico si ammira la capacità del grendissimo Bigazzi di donare una forma all'altezza del contenuto. Terzo capitolo memorabile.
MEMORABILE: La proposta sessuale fatta a Paletta; Le risposte pungenti di Totò; I flashback di Fefè; Il ricordo del padre di Pitrinu; Vendetta!

Franco Maresco HA DIRETTO ANCHE...

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Bubobubo 16/04/19 23:47 - 1847 commenti

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Con la potenza devastante di un ciclone, lo sguardo iperrealista di Ciprì e Maresco lambisce gli abitanti di una terra abbruttita nella morfologia e nelle viscere: deformi nel corpo, turpi nello spirito, scissi tra passioni bestiali e reconditi istinti di sopravvivenza. Tra i rifiuti, nei putridi antri di sottosuoli dostoevskijani, lungo campagne riarse e bruciate dal sole, serpeggia un muto grido d'aiuto, il lascito di un'umanità che ha sciolto dio nell'acido e ora strimpella un requiem alla fisarmonica. Se ne esce distrutti come mai prima.

Giufox 30/11/21 22:19 - 324 commenti

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"Opera aliena", citando gli stessi autori, più facilmente collocabile in avanguardie precedenti che nel panorama cinematografico italiano di fine secolo, tra falli, macerie e grafismi. Allegoria sporca e grottesca, abitata da meccanismi già collaudati nel film precedente e qui spinti oltre, verso quel dissacrante punto di non ritorno che lo ha reso l'ultimo film italiano censurato. A suo modo un capolavoro, che vive di tante inquadrature che potrebbero figurare degnamente in un volume di Klein o Cartier-Bresson; per tessuto umano e chirurgica intelligenza compositiva.
MEMORABILE: La veglia funebre; I volti scavati e consumati di tutto il cast; La masturbazione di gruppo al manicomio; La fotografia sgranata di Bigazzi.

Pessoa 26/09/22 01:06 - 2476 commenti

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Forti del successo in tv Ciprì e Maresco riportano al cinema la loro comicità disturbante dopo il polemico esordio e rincarano la dose fino a diventare un vero e proprio caso. In realtà, al netto delle provocazioni tutte di testa, troviamo momenti geniali che s'inseriscono a fatica in un racconto piuttosto scomposto, reso ancor più arduo dall'uso del dialetto siciliano. Di grande effetto la luce di Bigazzi e la scelta delle facce degli interpreti non professionisti, che creano un unicum da vedere comunque, se non altro per curiosità. Si astengano stomaci delicati e anime sensibili.
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  • Curiosità Schramm • 27/05/15 17:07
    Scrivano - 7693 interventi
    Per il ruolo di Don Totò Ciprì e Maresco pensarono inizialmente a Ciccio Ingrassia, ma al momento della proposta questi rifiutò, tenendo risolutamente fede alla decisione di abbandonare per sempre le scene.

    Fonte: gli stessi Ciprì e Maresco all'interno de Come inguaiammo il cinema italiano
  • Discussione Samuel1979 • 23/09/15 18:13
    Addetto riparazione hardware - 4153 interventi
    Nel film c'è anche Angelo Prollo, (Quello con la maglia bianca), già conosciuto soprattutto per aver recitato in Ragazzi Fuori nelle vesti del padre di Claudio (Maurizio Prollo). Forse c'è una parentela fra i due

    Ultima modifica: 24/09/15 08:57 da Zender