La dimensione della convenzionalità viene attenuata dai virtuosisitici tocchi di regia del giovane regista francese (notevole, in questo senso, Douglas riflesso nella pupilla di un Irvine semi morto) che sposta l'asse dell' "hunted movie" al sapor di deja vù verso lidi lisergici e allucinati (tutto il prefinale notturno nella grotta, illuminato dai fari del mostruoso mezzo di Douglas, con Irvine che regredisce allo stato brado e primitivo armato solo di una rudimentale fionda).
Douglas gigioneggia con sopraffina perfidia e squisito cinismo (sorseggiando un Martini mentre la sua "preda" cuoce sotto il sole battente) seguendo passo passo il destino funesto della sua vittima a bordo di un'accessoriato suv a sei ruote.
Suvivior movie (e western moderno) che ha al suo arco frecce notevoli (i flashback sulla famiglia sterminata dall'arsura, il tiro a segno sui televisori abbandonati nel bel mezzo del deserto, seguendo i pali della luce, le risorse nascoste fatte trovare dall'amico morto, il bidone dall'acqua preso a fucilate, l'oasi occultata nella grotta letteralmente prosciugata. la beffarda, e inaspettata, fuga in elicottero) e soprattutto il momento nuove
Colline hanno gli occhi, con il ritrovamente del fetido tugurio che sembra uscito da
Non aprite quella porta parte 2, con al suo interno inquietanti manichini semoventi, un'ossessiva fissazione per una donna orientale e un giradischi che non smette di suonare una musichetta snervante.
Irvine (con quella faccia da bravo ragazzotto americano) patisce il martirio "cristologico" imposto da un Douglas al di là di tutti i sadismi, tra piante dei piedi spellate, corpo ridotto ad un tizzone arso dal sole, flacche sulla faccia e disidratazione.
Basterebbe questo per elevare
The Reach qualche spanna sopra alle solite
pericolose partite, e anche il tanto criticato finale ha dalla sua riverberi boormaniani (il sopravvissuto che torna a casa dall'amata dopo la traumatica avventura e gli incubi che lo perseguitano che fanno tanto
Deliverance) nonchè il colpo di coda aggiuntivo, magari evitabile
SPOILERSe si concludeva al risveglio del brutto sogno il film ne avrebbe guadagnato
FINE SPOILERMa con sapori e umori non dissimili dalla resa dei conti manniana di
Manhunter.
Le splendide e assolate location del deserto del Mojave, l'abbagliante fotografia di Russell Carpenter e la OST potentissima di Dickon Hinchliffe sono indissolubile valore aggiunto.